[MI 183] Saluto all'Autunno

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Traccia 1: La terza stagione


Alle prime luci dell’alba di quell’inizio d’autunno il vento cominciò a soffiare piano,  con circospezione, lungo i viali alberati della Scuola Militare di Natajenska dove si era posata una leggera nebbia. Sarebbe stata la giornata di un sole lontano, nascosto, il cui chiarore avrebbe oltrepassato le nuvole grigio piombo che incombevano, ma non avrebbe fatto freddo. Non ancora. Le foglie degli alberi, dai caldi colori rossastri e aranciati, che potevano essere rassicuranti in queste loro tonalità fuori dell’ordinario,  che pure all’ordinario riportavano, avevano cominciato a cadere sulle  strade lastricate di pietra, lucide di una leggera pioggerella notturna e sui prati verdi che si diramavano attraverso i vari caseggiati bianchi della Scuola.

Il ragazzo guardava dalla finestra dell’infermeria.
─ Come mai siete in uniforme, cadetto Georgij Taraschoskj?
Il ragazzo si voltò. L’ufficiale medico era anziano e nonostante l’aspetto severo appariva comprensivo. Doveva essere un padre di famiglia e forse aveva un figlio dell’età di Georgij che a quell’ora ancora dormiva, in una bella casetta fuori della Scuola. Istintivamente il cadetto si irrigidì sull’attenti.
─ Sembrate aspettare qualcuno ─ disse l’ufficiale guardando dalla finestra.
─ Sissignore. Voglio dire: la mia compagnia passerà qui sotto fra un po’. Andrà a salutare l’autunno.
─ Come ogni anno, cadetto. Come a ogni stagione.
─ Io… Signore, con il vostro permesso, signore, vorrei andare con i miei compagni a fare il saluto.
─ Non vi siete ancora ripreso del tutto. Si tratta di una lunga marcia fino alla collina. Siete ancora debole.
─ No… Cioè, signore, mi sento in forze signore. Posso farcela. È molto importante per me.
Il medico annuì pensieroso.
─ Da quanto tempo siete alla scuola?
─ Da quasi due anni, signore.
─ Quindi avete fatto diversi saluti alle stagioni.
─ Sissignore.
─ Evento speciale, vero?
─ Oh si! Cioè: certo signore. Come a ogni stagione.
─ Sempre allo stesso posto?
─ Sissignore.
─ Sempre gli stessi compagni? Non avete mai cambiato?
─ Mai.
─ E per questa circostanza sentite la mancanza di qualcuno in particolare?
Il cadetto Georgij chinò il capo.
L’ufficiale annuì guardando a lungo Georgij negli occhi. Poi guardò l’orologio.
─ Passeranno fra non molto. Dovrete fermare la vostra compagnia in marcia e si può fare solo in determinate circostanze, come da regolamento, lo sapete. Una di queste contempla il vostro desiderio di partecipare al saluto dell’autunno. Dovrete mettere la fascia verde sul braccio. Sanno che siete ricoverato in infermeria e senza la fascia non si fermerebbero per farvi unire a loro e rischiereste di essere messo in punizione. Venite con me.
Andarono in segreteria, l’ufficiale parlò con un militare che aprì un cassetto della scrivania estraendo una fascia verde con i simboli dorati della Scuola, porgendola a Georgij che la fissò al braccio sinistro, con le mani tremanti per l’emozione, tanto che l’ufficiale lo aiutò a fissare il cordoncino sotto la spallina dell’uniforme.
─ Al termine della cerimonia, dopo il rientro alla vostra compagnia, dovrete però ritornare qui.
─ Sissignore! Grazie signore!

Georgij arrivò di corsa a un incrocio di strade sentendo il rumore dei tacchi dei suoi stivali sulla strada lastricata e trovandolo strano: non era abituato a camminare da solo negli ampi spazi della Scuola. Una folata di vento più forte delle altre sollevò in quel momento mucchi sparsi di foglie cadute dagli alberi formando  piccoli mulinelli che si rincorrevano vorticando. Georgij le guardò sospirando, inebriandosi del loro odore che inspirò a occhi socchiusi: sapeva ancora dell’umido della notte, della profondità di un bosco. Gli venne in mente la sua piccola casa nel paese lontano in campagna, in mezzo ai campi di grano e ai frutteti. Ricordò i suoi genitori, che non vedeva da tanto tempo, i suoi fratelli, i parenti, gli amici d’infanzia. Gli venne un groppo alla gola, gli occhi si inumidirono.
Ora si sentivano in lontananza dei passi di marcia cadenzata. Si mise a un lato della strada, con gli stivali quasi a ridosso dell’erba che non osava calpestare.

Dalla nebbia emerse lentamente una compagnia di cadetti in uniforme nera che venivano marciando verso di lui. Erano a capo scoperto, i berretti agganciati al cinturone. I loro alamari, i bottoni sul petto della divisa luccicavano, la mano sinistra poggiata sulla cintola mentre intonavano  un canto a bocca chiusa, un lamento cupo e imperioso allo stesso tempo, cadenzato dal battere dei tacchi. Ma non era la sua compagnia. Quando gli passarono di fianco scattò sull’attenti portando la mano alla visiera del berretto. Qualcuno lo guardò incuriosito; vedendo la fascia verde al braccio capirono quello che doveva fare.

Passarono altre compagnie che si recavano alla collina per salutare l’autunno, Georgij le salutò tutte. A un certo punto sentì, ancora avvolto dalla nebbia, emergere il canto della sua compagnia, uguale eppure diverso da quello delle altre, accompagnato dal battere dei tacchi.  Ogni reparto aveva un modo particolare di cantare e Georgij li conosceva tutti.
Il cuore cominciò a battergli forte dalla felicità, quasi gli mancò il fiato e pregò di non sentirsi male proprio in quel momento. La testa gli girava appena un po’, l’aria umida e imputridita delle foglie gli pizzicò il naso e lo fece starnutire.
Ma la sua compagnia era ancora lontana, non potevano averlo sentito. Poi dalla nebbia emersero a poco a poco le uniformi nere, si avvicinarono a lui. Erano loro, non c’era alcun dubbio. Il passo cadenzato, il mugolio sordo del canto.
Guidava il reparto il cadetto Vasiloff, facente funzioni di capitano comandante di compagnia.
Quando furono abbastanza vicini Georgij si mise di fronte a loro, scattò sull’attenti e fece il saluto militare.
Il cadetto Vasiloff ordinò al reparto di fermarsi.
─ Signore! ─ urlò Georgij togliendosi il berretto. ─ Cadetto Georgij Taraschoskj agli ordini! Sono ricoverato in infermeria! Ho avuto il permesso di unirmi alla compagnia per il saluto d’autunno, signore!
Il cadetto Vasiloff rispose al saluto militare.
─ Molto bene, cadetto Taraschoskj. Prendete pure il vostro posto.
Georgij andò quasi alle ultime file, essendo uno dei più alti. Gli altri scalarono dal loro ordine per fargli posto. Il cadetto Nikolai Veredieskj accennò un rapido sorriso nel vederlo, altri si scambiarono i posti  per fare in modo che fossero vicini. Furono movimenti veloci, quasi impercettibili. Il cadetto facente funzione di capitano non se ne accorse o fece finta di non accorgersene. Georgij agganciò il sottogola di cuoio del suo berretto al cinturone, mise la mano sinistra sopra la fibbia  e quando il cadetto capitano Vasiloff diede l’ordine di partenza batté all’unisono con gli altri il piede sinistro a terra per dare inizio alla marcia cadenzata, cantando assieme agli altri con la bocca chiusa. Al suo fianco sentiva il canto di Nikolai ed era felice.

Le varie compagnie della Scuola Militare di Natajenska giunsero una alla volta ai piedi della collina delle adunate, posizionandosi a formare un grande emiciclo nero circondato dalle rosse foglie d’autunno. Sopra la collina un imponente bosco di vecchi alberi guardava paziente mentre dai loro rami continuavano a cadere foglie rossastre, inondando gli slarghi e le strade della Scuola. Come sempre.
Il generale comandante venne a cavallo, seguito dai suoi subalterni. Disse qualcosa, il solito altisonante discorso di circostanza per tutte le stagioni, con alcuni opportuni cambiamenti, che i cadetti conoscevano a memoria. Ma il momento più atteso da molti era quando veniva dato l’ordine di rompere le righe per salutare quest’autunno che era entrato nelle loro vite. Tutte le compagnie si sparsero liberamente, pur senza mischiarsi con le altre e tutti i cadetti, a coppie o in vario numero strinsero la mano del loro vicino e uniti le sollevarono in alto urlando tre fragorosi hurrà con l’entusiastica gioia e aspettativa della loro giovinezza.
Il cadetto Georgij Taraschoskj strinse solo la mano del cadetto Nikolai Veredieskj, il motivo principale per cui aveva voluto partecipare ad ogni costo al saluto dell’autunno. Erano compagni di camerata, avevano le brande vicine, sin dai primi giorni della scuola si erano affiatati erano diventati amici. Mangiavano, studiavano, si esercitavano alle armi cercando di stare sempre vicini, provando piacere uno della compagnia dell’altro, passando lunghi momenti silenziosi nelle pause di studio senza scambiarsi una parola, quasi senza guardarsi, gomito a gomito. Talvolta le loro mani si toccavano nelle normali incombenze quotidiane; entrambi cercavano di prolungare il più a lungo possibile questa vicinanza, questo calore, cercando di non farsi scorgere dagli altri perché eccessivi contatti fisici non inerenti alle loro mansioni di allievi erano severamente proibiti e puniti.  Ma essere vicini dava loro forza, gioia. Anche sentimenti che non  sapevano o non volevano esprimere ma che riuscivano a trasmettersi in silenzio con gli sguardi, con i sorrisi, con il lieve sollevamento di un labbro o di un sopracciglio, talvolta con qualche sospiro.
Georgij e Nikolaj  urlarono il loro hurrà con tutto il fiato che avevano, fino a sentir male alla gola; avrebbero voluto che quella stretta di mano davanti a tutti, il calore che sentivano uno dell’altro, il momento dei tre hurrà durasse per sempre, ma così non poteva essere, lo sapevano. La cerimonia finì.

Tutte le compagnie rientrarono a passo di marcia ai loro rispettivi reparti, questa volta indossando il berretto e senza cantare. Il saluto all’autunno era finito.

─ Devo ritornare in infermeria ─ disse Georgij a Nikolaj quando arrivarono al terzo piano della loro compagnia, fermandosi in un angolo delle scale per far passare tutti i loro compagni.
─ Lo so. Ti ringrazio per essere venuto.
─ Non resterò molto ricoverato. Devo riposare ancora un paio di giorni.
─ Passeranno.
─ Devo andare.
─ Va bene.
In quel momento non c’era nessuno, nessun cadetto o superiore che salisse o scendesse le scale, tutti gli allievi erano entrati nelle loro camerate. Un silenzio quasi assoluto sembrava diluirsi nel lungo corridoio scuro, mescolandosi all’aria austera, rotto ogni tanto da qualche voce ovattata che proveniva da dentro le camerate.
Georgij aveva cominciato a scendere le scale. Si fermò e si voltò vedendo l’amico che rimaneva fermo a guardarlo.
─ Nikolaj.
─ Si.
─ Volevo dirti una cosa.
─ Anche io.
Georgij tornò indietro. I due ragazzi si guardarono a lungo negli occhi.
Incuranti che qualcuno potesse vederli si presero le mani, tremanti. Poi, con un movimento repentino e reciproco si avvicinarono e si scambiarono un bacio sulle labbra.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Bravo @Alberto Tosciri. Mi è proprio piaciuta questa tua storia d’amore. Come sempre le descrizioni sono molto sensoriali, leggendo è facile immergersi nelle circostanze  e nelle ambientazioni. Tutti i sensi sono coinvolti: la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto… e per questo motivo anche un ambiente che personalmente non conosco, mi è sembrato familiare. Non solo le descrizioni ma emerge la capacità di dare spessore ai protagonisti con poche parole. La compassione del medico che di certo ha capito quale sia il reale motivo per cui il cadetto vuole unirsi alla compagnia nel saluto all’autunno.
Delicato e anche sensuale il bacio che conclude un racconto che parla d’amore pur raccontando la vita di caserma. L’amore compassionevole del medico, l’amore per la famiglia e la terra, l’amore che fa scaldare il cuore e non conosce genere. 

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Alberto Tosciri ha scritto: mer set 25, 2024 6:10 pmAlle prime luci dell’alba di quell’inizio d’autunno il vento cominciò a soffiare piano,  con circospezione, lungo i viali alberati della Scuola Militare di Natajenska dove si era posata una leggera nebbia. Sarebbe stata la giornata di un sole lontano, nascosto, il cui chiarore avrebbe oltrepassato le nuvole grigio piombo che incombevano, ma non avrebbe fatto freddo. Non ancora. Le foglie degli alberi, dai caldi colori rossastri e aranciati, che potevano essere rassicuranti in queste loro tonalità fuori dell’ordinario,  che pure all’ordinario riportavano, avevano cominciato a cadere sulle  strade lastricate di pietra, lucide di una leggera pioggerella notturna e sui prati verdi che si diramavano attraverso i vari caseggiati bianchi della Scuola.
Un incipit sontuoso che non sfigurerebbe in un racconto russo.
Mi piacerebbe molto sapere se il saluto alle stagioni è davvero in uso nei corpi militari. Mi affascina perché anch'io cerco sempre di celebrarle, con successi scarsi. Questo rituale che tu descrivi è sorprendente, penso che lo adotterò in un modo o nell'altro.
Grazie per la bella lettura, @Alberto Tosciri, e un saluto.
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Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Grazie @@Monica

Sono molto contento che questo  racconto ti sia piaciuto.
Sì, tutti i sensi sono coinvolti nello spaccato di una  girandola della vita.

Grazie @Ippolita
Ippolita ha scritto: Un incipit sontuoso che non sfigurerebbe in un racconto russo.
Amo molto la letteratura russa. Amano i particolari, come me.
Ippolita ha scritto: Mi piacerebbe molto sapere se il saluto alle stagioni è davvero in uso nei corpi militari. Mi affascina perché anch'io cerco sempre di celebrarle, con successi scarsi. 
Sono contento che questo saluto all'Autunno (nota il maiuscolo non in uso nella parola in italiano) ti sia piaciuto. Non è in uso nei corpi militari, che io sappia,  è una mia invenzione, ma l'idea mi venne fin da giovane quando si salutava ogni giorno la bandiera con migliaia di soldati nell'immensa piazza d'armi, in tutte le stagioni e con le montagne sullo sfondo.
Una vera e propria cerimonia con una sua particolare tenebrosa bellezza, nel senso che dava Buzzati ai suoi romanzi e racconti di ambientazione militare come Il deserto dei Tartari e Il segreto del bosco vecchio.
L'ambientazione del racconto ricorda la Russia, ma i nomi sono soltanto simili nel suono, in realtà non esistono. La Russia del racconto me la sono figurata come l'immensa e barocca Tartaria che è  esistita  in quei territori ed ebbe una grande storia ed influenza.
Ippolita ha scritto: Questo rituale che tu descrivi è sorprendente, penso che lo adotterò in un modo o nell'altro.
Hai sollevato la mia curiosità.  I risvolti saranno fantastici.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Bellissimo incipit.
Forse aggiungerei una piccola cosa:
Alle prime luci dell’alba di quell’inizio d’autunno il vento cominciò a soffiare piano,  quasi con circospezione (...)
Cioè, a me la circospezione dà una sensazione di volontà di chi ce la mette. In questo modo sposteresti sulla percezione di chi osserva (il narratore e, quindi, il lettore, del quale il narratore è l'occhio) quella volontà, come a dire "si sarebbe detto che il vento giungesse con circospezione".
ma è un dettaglio quasi insignificante.
Alberto Tosciri ha scritto: Il ragazzo guardava dalla finestra dell’infermeria.
Qui c'è subito la rivelazione: si mostrerà, sì, un cadetto modello, sì un militare. Ma è un ragazzo, e tale resterà per tutto il racconto. Amore e fedeltà per il corpo e, in particolare per la propria compagnia, traspariranno, inevitabili e forti, ma lui è un giovane, con i suoi sentimenti ed il suo cuore.
L'amore per il commilitone a me pare un po' un destino obbligato, visto l'ambiente. E anche un poco (perdonami) un luogo comune (classico di eserciti non in battaglia, seminari e altri luoghi nei quali non esiste la promiscuità di genere). Verosimile, ma triste, secondo me. L'amore che sboccia ed erompe, all'età di quei cadetti, trova sfogo e delicata soddisfazione nell'amore omosessuale che è triste perché non è scelta, bensì quasi unica possibilità. Non ho proprio nulla contro l'amore omosessuale (che è Amore e basta, e con pieno diritto supera ogni bigotta visione), ma così, personalmente, lo leggo come forzato dalle condizioni. E offusca un po' il bel sentimento che (molto bene) mostri nel tuo narrare la breve storia.
Non ne sto facendo un giudizio morale sul tuo racconto: è semplicemente ciò che questa lettura fa sentire a me e cioè, fortissimo, il bisogno di amare e di essere amati, ma: non importa tanto da chi: qui ci sono solo altri ragazzi e chi mostrerà il mio stesso sentimento, andrà bene. Questa la mia immagine del giovane Georgij.

Scritto, comunque, in modo superlativo.
Leggo che la festa è una tua invenzione: ottima davvero, e credibile.

A rileggerti.

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao @queffe e bentornato.
Ti ringrazio tanto per il giudizio positivo.
queffe ha scritto: L'amore per il commilitone a me pare un po' un destino obbligato, visto l'ambiente.
Sì, si è portati a pensare in questo modo. Caserme, seminari… ma questo tipo d’amore c’è anche in luoghi dove la libertà è totale, a cominciare dalle ultra liberissime  scuole del mondo “esterno”.
queffe ha scritto: Verosimile, ma triste, secondo me. L'amore che sboccia ed erompe, all'età di quei cadetti, trova sfogo e delicata soddisfazione nell'amore omosessuale che è triste perché non è scelta, bensì quasi unica possibilità.
Condivido. Gli uomini dovrebbero essere liberi ovunque e non essere comunque costretti da “uniche possibilità”.
queffe ha scritto: Non ho proprio nulla contro l'amore omosessuale (che è Amore e basta, e con pieno diritto supera ogni bigotta visione), ma così, personalmente, lo leggo come forzato dalle condizioni.
Io invece ero contro l'amore omosessuale, un’altra vita fa. Ero irremovibile sotto questo punto di vista, anche per motivi ed educazione religiosa. Ma nel corso degli anni dovetti assistere a veri e propri drammi, finiti anche in tragedia, che mi scossero perché erano coinvolti degli amici e cominciai a pormi domande.
La lettura casuale di un romanzo francese mi fece capire, cambiare opinione. Forse il libro non sarà un capolavoro, si tratta di “Les Amitiés Particulars” di Roger Peyrefitte, da cui venne anche tratto  un bellissimo film da Jean Dellanoy nel 1964, ma era la risposta a quello che cercavo, che intendevo, che forse temevo di scoprire.
Il libro e il film sono casti, niente di scabroso come si potrebbe intendere ai giorni nostri e, specie nel film, si capisce molto bene perché in quella realtà, ambientata in una severa scuola religiosa cattolica, non un seminario, non ci poteva essere posto per le donne.
queffe ha scritto: il bisogno di amare e di essere amati, ma: non importa tanto da chi: qui ci sono solo altri ragazzi e chi mostrerà il mio stesso sentimento, andrà bene.
Certamente. Ma Georgij vuole amare non uno qualunque, tanto per essere amato perché non può uscire fuori liberamente a cercarsi una ragazza, ma vuole proprio e unicamente Nikolai. E pensare che potrebbe scegliere. Ma vuole solo Nikolai e gli altri cadetti della compagnia, che forse avranno alcuni anche le loro storie personali, lo sanno bene , tanto che fanno in modo che Georgij si posizioni vicino a Nikolai quando chiede di andare al saluto dell’Autunno. E il cadetto comandante, che è sempre uno di loro, forse finge di non vedere questa situazione.
Vorrei dire che la scelta di amare di Georgij non è dettata principalmente da quella vita claustrofobica di caserma ma anche da una sua ben precisa disposizione, nonostante la giovanissima età. Penso che per lui sarebbe stato lo stesso anche se fosse vissuto fuori.
queffe ha scritto: Leggo che la festa è una tua invenzione: ottima davvero, e credibile.
Un giorno, non molto lontano, il saluto alle stagioni sarà una consuetudine.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Alberto Tosciri ha scritto: una sua particolare tenebrosa bellezza, nel senso che dava Buzzati ai suoi romanzi e racconti di ambientazione militare come Il deserto dei Tartari
Sì, @Alberto Tosciri anche a me ha ricordato quell'universo tutto interiore, eppure così radicato al resto, dove il tempo si fa respiro, quindi necessità dell'umano sentire, e dunque ordine e regola di ogni cosa.
Racconti sontuosi i tuoi, come già ti hanno detto, non riesco mai a commentarli.
Li leggo, li ascolto, me li faccio risuonare dentro come si fa davanti al mare. E mi taccio, che altro sarebbe di troppo.
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Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ehi ciao, carissima @aladicorvo

Mi fa piacere che ti piace come scrivo, ti ringrazio... Quando ti va commentami pure tranquillamente, non farti problemi, ti prego di non impressionarti  per come presento le cose,   è solo il mio modo di vedere. Sono contento quando vengo capito, quando riesco a far "vedere" qualcosa, ed è un occasione per scambiare quattro chiacchiere.
Io  cito come uno dei grandi a cui mi ispiro il Maestro Dino Buzzati,  mica ci arrivo a quei livelli.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Caro @Alberto Tosciri , complimenti sia per la storia sia per l'originalità del rito del saluto all'Autunno, che hai inventato nel contesto di un'accademia militare.  (y)

Se proprio devo farti un'osservazione, dato che sono una tua assidua lettrice, e dato che tu ricorri con frequenza a pochi temi fissi a rotazione, devo
dirti che ho capito presto dove sarebbe andata a parare la storia. 

Quello che vorrei leggere (e ogni tanto lo fai) è un brano che si discosti da quei tre, quattro temi che prediligi e che sempre ripproponi.



 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao carissima @Poeta Zaza

Ti ringrazio per l'apprezzamento e per la giusta osservazione. In effetti hai ragione: sono molto prevedibile in quello che scrivo. Vedrò di mettere qualcosa di nuovo nei prossimi contest e se riesco nella sezione Racconti.

Dunque, vediamo :libro: : qualcosa che si discosti da ambientazione militare, religiosa, infanzia problematica, pentimenti vari per azioni commesse, castighi e premi umani e divini, rimorsi di vita... cos'altro rimane della vita? Ah si: amore, amore, amore.
Eh... ma io non so. Sfortunatissimo in amore, in pace, in guerra, in ogni luogo. Ci sarebbe da scriverne in effetti. Roba noiosissima, credo.  Ma ci proverò.  :)
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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@Alberto Tosciri ciao!
ho trovato il tuo racconto molto bello nella sua linearità. Raccontato con i tempi giusti e con quel briciolo di enfasi che non guasta.
In particolare ho apprezzato il fatto che sin dalle prime battute con il dottore, si capisca dell’amore del protagonista verso qualche suo commilitone: così diventa una storia d’amore molto efficace; avrei trovato banale e ormai è troppo abusato un colpo di scena finale che lo rivelasse. Quindi bravo!

mi permetto segnalarti tre cose che mi hanno fatto pensare e che voglio condividere con te

Innanzitutto non mi convince l’incipit messo hai fatto così, come se vi fosse una voce narrante che introduce nella scena. Un po’ come la voce all’inizio dei film su Don Camilla e Peppone (scusami ma mi hai fatto venire in mente proprio quello, che tra l’altro, adoro). Mi chiedo se non funzionerebbe meglio se a raccontare quello che vede fosse il protagonista mentre guarda fuori dalla finestra.
Alberto Tosciri ha scritto: che la fissò al braccio sinistro, con le mani tremanti per l’emozione, tanto che l’ufficiale lo aiutò a fissare il cordoncino sotto la spallina dell’uniforme.
Nella frase qui sopra sostituirei il primo fissò con legò. Sia perché mi sembra più appropriata come azione, sia perché così eviteresti il ripetersi del verbo fissare poche parole dopo.

la frase qui sotto invece è una delle poche, pochissime, che ho trovato un po’ ridondanti. Secondo me così com’è non funziona molto, forse una delle ipotesi potrebbe essere quella che ti ho rappresentato direttamente dentro il testo
Alberto Tosciri ha scritto: Una folata di vento più forte delle altre sollevò in quel momento mucchi sparsi di foglie cadute dagli alberi , formando piccoli mulinelli che si rincorrevano vorticando vorticanti
Alberto Tosciri ha scritto: l’aria umida e imputridita delle foglie gli pizzicò il naso
Infine, (ti ho scritto che erano proprio tre cose in croce) penso “Imputridita” andrebbe tolta perché in contrasto con il piacere del protagonista ad annusarle poco prima.

spero di non essere stato troppo pedante e la chiudo qui: di nuovo mi complimento per il bel racconto.

a rileggerti!
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Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao @Alberto Tosciri bentrovato. Mi piace molto il tuo modo di narrare, semplice, intimo, delicato. Riesci a far immergere il lettore nell'atmosfera ricca di sensazioni che descrivi.
Alberto Tosciri ha scritto: ─ Evento speciale, vero?
─ Oh si! Cioè: certo signore. Come a ogni stagione.
─ Sempre allo stesso posto?
─ Sissignore.
─ Sempre gli stessi compagni? Non avete mai cambiato?
─ Mai.
─ E per questa circostanza sentite la mancanza di qualcuno in particolare?
Il cadetto Georgij chinò il capo.
L’ufficiale annuì guardando a lungo Georgij negli occhi. Poi guardò l’orologio.
Questo passaggio mi ha fatto pensare anche a un lutto, o qualcosa di misterioso che poi si andrà a svelare. Quindi sembra che l'ufficiale sia a conoscenza?
L'idea del saluto all'autunno è molto bella. Visto che si tratta di un'invenzione avrei trovato forse qualcosa che legasse il significato a questo saluto. Un evento simbolico, una leggenda. Credo che ne avresti parecchie di cose da sviscerare. L'impressione che questo benvenuto alla fine sia un po' precipitoso e si esaurisce con degli hurrà che mi ricordano un po' i saluti dei gruppi scout. Niente di male, per carità, anzi, l'esperienza scout la trovo davvero interessante.
E' sempre un piacere leggerti
A presto

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao @L'illusoillusore

Ti ringrazio per l'apprezzamento e i complimenti e condivido le tue notazioni, posso rivedere come ho scritto e cambiare.
Il bello dei commenti è che sulla loro base possiamo vedere cose che al momento di scrivere, invariabilmente  talvolta sfuggono.

Ciao @Kasimiro

Ti ringrazio per il tuo commento.
Kasimiro ha scritto: sembra che l'ufficiale sia a conoscenza?
Sì, ma volevo lasciarlo fra le righe, senza essere troppo  esplicito.
Kasimiro ha scritto: L'idea del saluto all'autunno è molto bella. Visto che si tratta di un'invenzione avrei trovato forse qualcosa che legasse il significato a questo saluto. Un evento simbolico, una leggenda. Credo che ne avresti parecchie di cose da sviscerare.
Ci ho pensato, ma lo spazio di un racconto non sarebbe stato sufficiente. E se mettiamo che le stagioni sono quattro, per ognuna ci sarebbe stata un'atmosfera diversa, un tempo (atmosferico) diverso, diverse tipologie di aria, di aspetattive dei partecipanti,  anche della stoffa delle uniformi, invernale ed estiva... un mare di particolari, un mare di roba.
Kasimiro ha scritto: L'impressione che questo benvenuto alla fine sia un po' precipitoso e si esaurisce con degli hurrà che mi ricordano un po' i saluti dei gruppi scout.
Sì, in effetti sembrerebbe qualcosa del genere. Ma sai come sono i militari: sono molto formali e si atteggiano a duri anche davanti alla bellezza della natura.

A presto
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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ciao @Alberto Tosciri . Ecco una storia dove non ci sono i mitici carabinieri! :D Molto bella la parte dedicata alla natura propria dell'autunno. L'ambiente militare è fatto di troppi "Sissignore", fatto che indurisce il carattere. Roba da uomini duri e valorosi, così spesso siete dipinti. Questa deriva d'amore omosessuale mi ha sorpreso! Stai meditando sull'argomento e per questo ti sei trattenuto dal postare subito, dato che come stratega della vita, è meglio non farsi notare? :D

Io sinceramente sono dubbioso di questa scelta e non ti chiederò ulteriori spiegazioni. Avrei preferito un finale diverso, la scoperta di un amore con una commilitona, magari una infermiera che l'assiste. Questa non me l'aspettavo da te! Sei stato audace, vecchio mio, contro la tua stessa regola! A si biri. (y)
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao @bestseller2020

Anche altre volte ho raccontato storie del genere. Perchè no? Un tempo ero "contro". Ma con la vita ho imparato a guardare, ascoltare, cercare di capire dappertutto. Ho anche visto sofferenze reali, assistito a drammi.
Ricordi sublimati.
bestseller2020 ha scritto: Avrei preferito un finale diverso, la scoperta di un amore con una commilitona, magari una infermiera che l'assiste.
In una scuola del genere non c'erano donne soldato. E nemmeno infermiere.  Non poteva essere. Ho immaginato, ripreso fugacemente altri luoghi, situazioni e storie che amo seguire, che sono esistite, sepolte da letterali alluvioni di fango mondiali...
Roba molto noiosa e specialistica che amo seguire... :D
 
bestseller2020 ha scritto: Sei stato audace, vecchio mio, contro la tua stessa regola! A si biri. (y)
No, non si tratta di nessuna audacia... non farmi ridere però...   :D
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao @Alberto Tosciri, bel racconto, scritto bene.
Non so quanto sia plausibile il saluto all' autunno da parte dei militari, ma sarebbe bello.
Voglio essere sincera, mi stupisce la delicatezza della storia d'amore tra i due ragazzi e la comprensione, solidarietà dei commilitoni.
Tra le righe dei tuoi scritti, soprattutto dei tuoi commenti, ti ho sempre percepito poco inclusivo, per usare un termine che va di moda ma che, per la mia visione del mondo, esiste solo per chi crede possa esserci una superiorità, o una normalità.
Mi farebbe piacere essermi sbagliata.
<3

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Ciao @Modea72

  ha scritto:Modea72bel racconto, scritto bene.
Grazie.
  ha scritto:Modea72 Non so quanto sia plausibile il saluto all' autunno da parte dei militari, ma sarebbe bello.
Non è plausibile infatti, ho detto di averlo inventato di sana pianta. Fai conto che sia in una dimensione favolistica.
O in un mondo perfetto.
  ha scritto:Modea72 Voglio essere sincera, mi stupisce la delicatezza della storia d'amore tra i due ragazzi e la comprensione, solidarietà dei commilitoni.
Mi piace la sincerità.  La storia dei due ragazzi è la mia personale visione e opinione della vita nei suoi infiniti aspetti. Nella realtà non è esattamente così, lo so.
  ha scritto:Modea72 Tra le righe dei tuoi scritti, soprattutto dei tuoi commenti, ti ho sempre percepito poco inclusivo, per usare un termine che va di moda ma che, per la mia visione del mondo, esiste solo per chi crede possa esserci una superiorità, o una normalità.
Posso aver dato questa impressione, ne sono consapevole. E ho avuto i miei problemi per questo, credimi.
Li ho tuttora a quanto vedo. In un recente passato, in questo forum,  qualcuno mi definì come se fossi una dose quotidiana di qualcosa da espiare da parte degli utenti e questo mi ferì.

L'unica superiorità in cui credo è quella del Dio cristiano; se anche non esistesse  crederei  alla superiorità morale  e giuridica dei soli dieci comandamenti, che sono la negazlone dell'odierno modo di pensare e di vivere della maggioranza delle persone e questo mi basta. Poi nessuno è obbligato a seguire i comandamenti, figuriamoci.

La normalità?  Per me è uscire di casa con la famiglia e parcheggiare dove voglio senza rischiare di essere rapinato o assassinato  da chichessia nell'impunità e nell'indifferenza di tutti. Ammetto in passato di essermi lamentato contro ladri e  assassini e contro chi li protegge. Forse da lì il fatto di non essere "inclusivo". Ora non mi lamento più. Non serve a niente.

Chesterton diceva che un giorno gli uomini si sarebbero combattuti fra di loro perché alcuni avrebbero continuato ad asserire che l'erba era verde.

Non so: ho detto ancora qualcosa di male?
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Gran bel racconto, che affronta un tema veramente spigoloso come quello dell'omosessualità nell'esercito. Il tema è vincente, al punto che sul conflitto latente del protagonista potrebbero schiudersi mondi abbastanza grandi per un "romanzo"; anche bello corposo. Il racconto a mio parere funziona bene, ottimo incipit, ottime le descrizioni.
 
Mi piace molto questa parte:
"Sarebbe stata la giornata di un sole lontano, nascosto, il cui chiarore avrebbe oltrepassato le nuvole grigio piombo che incombevano, ma non avrebbe fatto freddo. Non ancora. Le foglie degli alberi, dai caldi colori rossastri e aranciati, che potevano essere rassicuranti in queste loro tonalità fuori dell’ordinario,  che pure all’ordinario riportavano," Personalmente mi sarei fermato qui, senza andare oltre nella descrizione. L'immagine costruita ha un gusto "moraviano" straordinario. Ricorri a questa costruzione scenica ogni volta che ti è consentito, sono queste secondo me le parti che appagano di più il lettore.
Le descrizioni sono sempre fatte bene, e riescono a salvare l'incipit che risente, purtroppo a mio parere, di quel sapore antico tipico del romanzo ottocentesco. 

I dialoghi sono ben fatti e le voci date ai personaggi abbastanza realistiche:

    Da quanto tempo siete alla scuola?

─ Da quasi due anni, signore.
─ Quindi avete fatto diversi saluti alle stagioni.
─ Sissignore.
─ Evento speciale, vero?
─ Oh si! Cioè: certo signore. Come a ogni stagione.
─ Sempre allo stesso posto?
─ Sissignore.

Per quanto ritenga realistico questo dialogo, tuttavia lo trovo già sentito. A mio modesto parere dovresti cercare di elevare il contenuto dei dialoghi. Dalla voce dei personaggi dopo quell'incipit e quelle descrizioni mi aspetto toni e frasi di un altro livello. Non voglio essere frainteso. Ritengo che hai fatto dei bei dialoghi, ma non all'altezza del resto del racconto.
Piace molto anche a me l'invenzione "del saluto d'autunno", dà al racconto una dimensione immaginaria sottile, rafforza l'idea nel lettore di avere davanti un esercito "diverso", migliore certamente.
Il finale lo trovo azzeccato in primo luogo perché consegna con immediatezza e senza equivoci il senso del racconto, ma anche perché con poche parole descrive una scena veramente nitida.

Per il mio metro di giudizio è un 4/5. Ottimo per trama e immagini, buono per i personaggi e dialoghi.
Grazie di aver pubblicato il racconto, spero di rileggerti presto.

E. 

Re: [MI 183] Saluto all'Autunno

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Davvero grazie @Ettore Navarra per il tuo apprezzamento e per gli utili consigli di cui farò tesoro.
È raro che qualcuno vada a commentare racconti di contest del passato ed è un peccato, perché i racconti sono sempre lì, basta andare a cercare qualche autore o argomento che ci interessa.

Sono daccordo con te che sul tema del racconto se ne potrebbe ricavare un testo più lungo, ci ho pensato, come per altri piccoli racconti che ho scritto che potrebbero essere delle bozze, spunti di partenza.
Il tema dell'omosessualità, specie in ambienti chiusi come esercito, scuole religiose, convitti eccetera e  comunque situazioni di vita circoscritte, con regole apparentemente contro, a mio parere va trattato come un qualunque momento della vita umana, beninteso non sono contro; è sempre esistito nella storia dell'umanità pur senza le esasperazioni e i parossismi fuori senso e fuori controllo dei giorni nostri che vanno a cercare e porre problemi dove non ce ne dovrebbero essere. È una situazione come ce ne sono infinite altre nella vita umana,  da sempre. I contrasti nascono per infiniti motivi che sarebbe pleonastico elencare.
Ettore Navarra ha scritto: Le descrizioni sono sempre fatte bene, e riescono a salvare l'incipit che risente, purtroppo a mio parere, di quel sapore antico tipico del romanzo ottocentesco. 
È voluto. Amo moltissimo la letteratura ottocentesca e dei primi decenni del Novecento.
Ambiento sempre quello scrivo in luoghi realistici ma inventati, come in questo caso. Costruisco associazioni di nomi di luoghi e persone che pur ricordando la realtà non hanno nulla a che fare con essa, una sorta di grammelot  il più delle volte drammatico.

Ti ringrazio ancora.

p.s.

Volevo chiederti: Navarra è solo un nik o è il tuo cognome? La Navarra spagnola, dei paesi baschi, ha a che fare con la mia vita. Mille anni fa una principessa navarrese naufragò davanti a casa mia, sulla costa orientale sarda, e per ringraziare dello scampato pericolo costruì una chiesa, tutt'ora in piedi, circondata da olivastri millenari. La vedo tutti i giorni.

A risentirci.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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