[Lab12] Il Fato misterioso
D'in sul proscenio d'un teatro vero
il Fato misterioso alla ventura
brigando va finché dimora il tempo
ed errano i suoi ruoli in questo spazio.
Che fa il Fato in questa sceneggiata,
sai cosa fa, lettore perspicace?
Il Fato passa e scruta, pensa e agisce
ma soprattutto guida ogni frangente.
Il suo strumento è il verbo che si piega
a far da azione al Caso.
Il Fato cura e inquadra lo scenario
delle nostre avventure e fissa il punto
di vista da regista.
- Forse -
Era stato un collega di ritorno dall'ultima sua corsa a ritrovare il corpo senza vita di Gustavo T., alias Apollo 11, tassista alla Stazione Piazza Principe di Genova, verso le ventidue e trenta. Sembrava riposasse, con la testa riversa sul volante e le chiavi inserite a motore dell'auto spento. Il corpo era ancora caldo. L'incasso sembrava intatto.
La registrazione dell'ultima corsa lo dava, verso le venti, a Voltaggio, nell'entroterra genovese, per portare il cliente a prendere il treno per Milano delle 21,45. Da questo treno e da quelli successivi non sembrava che lui avesse accolto, a Principe, nessun ulteriore cliente, i colleghi non lo avevano notato, e comunque né lui né il suo taxi figurava nelle riprese delle telecamere. Fatalità quell'angolo cieco... Chiunque si sarebbe potuto infilare sul sedile posteriore e aggredire da dietro il tassista. Inoltre, il lampione acceso più vicino era a diversi metri.
D'in sul proscenio d'un teatro vero
il Fato misterioso alla ventura
brigando va finché dimora il tempo
ed errano i suoi ruoli in questo spazio.
Che fa il Fato in questa sceneggiata,
sai cosa fa, lettore perspicace?
Il Fato passa e scruta, pensa e agisce
ma soprattutto guida ogni frangente.
Il suo strumento è il verbo che si piega
a far da azione al Caso.
Il Fato cura e inquadra lo scenario
delle nostre avventure e fissa il punto
di vista da regista.
- Forse -
Era stato un collega di ritorno dall'ultima sua corsa a ritrovare il corpo senza vita di Gustavo T., alias Apollo 11, tassista alla Stazione Piazza Principe di Genova, verso le ventidue e trenta. Sembrava riposasse, con la testa riversa sul volante e le chiavi inserite a motore dell'auto spento. Il corpo era ancora caldo. L'incasso sembrava intatto.
La registrazione dell'ultima corsa lo dava, verso le venti, a Voltaggio, nell'entroterra genovese, per portare il cliente a prendere il treno per Milano delle 21,45. Da questo treno e da quelli successivi non sembrava che lui avesse accolto, a Principe, nessun ulteriore cliente, i colleghi non lo avevano notato, e comunque né lui né il suo taxi figurava nelle riprese delle telecamere. Fatalità quell'angolo cieco... Chiunque si sarebbe potuto infilare sul sedile posteriore e aggredire da dietro il tassista. Inoltre, il lampione acceso più vicino era a diversi metri.
Il maresciallo competente aveva chiamato l'ultimo numero arrivato in derivazione sul cellulare della vittima e aveva parlato col probabile ultimo cliente:
"Buonasera, sono il Maresciallo Forti di Genova, la chiamo in proposito alla richiesta di taxi di stasera. Posso sapere il suo nome, per cominciare?"
"Paolo Bianchi. Che problema c'è? Sono in treno".
"La chiamo per la morte del tassista, trovato nel parcheggio della stazione. Mi racconti il suo viaggio in taxi".
" Oh no... Come? Quando?" resta qualche secondo senza parole e poi, con un sospiro: "Il tassista mi ha portato in anticipo di mezz'ora a Principe. Ho pagato e sono sceso con la valigia, Lui era ancora fermo a bordo quando l'ho lasciato e mi sono diretto al bar. Non l'avevo mai visto prima, era un tipo simpatico, molto ciarliero... Ma com'è morto? Quando?" chiede il Bianchi con apprensione e partecipazione.
"Per il momento ci basta. Domani mattina, per cortesia, si presenti per la deposizione alla Caserma Montebello di Via Monti che avviserò. Grazie".
Era stata setacciata la vita della vittima. Stato civile libero, diverse avventure sentimentali e poche amicizie. Queste non sapevano segnalare particolari eventi o persone che avessero avuto un peso particolare nella vita dell'amico. Non aveva questioni con nessuno. Per loro, era un gran compagnone, sempre allegro e ciarliero, ma molto riservato nelle faccende private e di cuore. Per esempio, un anno prima, durante una partita a carte, gli era sfuggito un "Cica mia", con un sospiro, ma aveva scrollato le spalle quando gli avevano chiesto delucidazioni. Per assurdo, era molto più aperto sui fatti suoi coi clienti. Qualcuno ne aveva parlato in giro e gli amici erano stati curiosi di sapere i suoi motivi per quella scelta. "A volte mi va di confidarmi con un estraneo dei fatti miei: è catartico, come dice qualcuno, e poi cosa volete gliene freghi a quelli? Gli entra in un orecchio e gli esce dall'altro." era stata la sua risposta.
Il collega che lo aveva trovato giocava la schedina del totocalcio con lui ogni settimana e quella sera lo stava cercando per consegnargli la quota vinta con la schedina di gruppo, venti euro.
L'inchiesta si era concentrata in contemporanea su quell'ultimo cliente conosciuto, interrogato il giorno dopo tramite la Caserma di Montebello a Milano. Paolo Bianchi: era stato in visita ai genitori e agli amici d'infanzia per passare qualche giorno con loro. Vedovo da due anni, la moglie si era suicidata per motivi ignoti. A detta di lui, non vi erano mai stati dissapori di coppia. Negli ultimi tempi, lei era entrata in una fase depressiva e lui non era stato in grado di aiutarla a uscirne.
Acquisiti agli atti impronte digitali e Dna.
Non erano risultati collegamenti col fatto delittuoso, salvo quelli ovvi (e confusi) dalla frequentazione di un mezzo pubblico.
Non erano risultati collegamenti col fatto delittuoso, salvo quelli ovvi (e confusi) dalla frequentazione di un mezzo pubblico.
A questo punto...
Che fa il Fato in questa sceneggiata,
sai cosa fa, lettore perspicace?
Il cliente ha prenotato in mattinata un taxi per lasciare la casa dei genitori a Voltaggio in tarda serata e farsi accompagnare alla stazione principale della città di Genova. Ha già il biglietto per Milano. Ha salutato amici e parenti con la promessa di rivedersi presto.
Si è accomodato sul sedile posteriore col borsone a terra nel posto accanto, come preferisce, mentre ha salutato l'autista e dato le indicazioni necessarie: il tassista non è quello dell'andata che, quindici giorni prima, lo aveva accompagnato a destinazione, purtroppo; questo si mette a parlare a macchinetta sin da subito.
"Di questo periodo, l'anno scorso c'erano dieci gradi in più... Un fantastico dicembre, almeno la prima metà... Vuole sentire le ultime?... No? Ha ragione, solo brutte notizie..."
"No, non accenda la radio, voglio stare tranquillo, grazie".
Ma il concetto non sembra essere stato chiaro perché il tassista si ritiene con ciò autorizzato a intrattenere lui il cliente.
"La sa quella del tassista che sobbalza quando un cliente gli posa una mano sulla spalla all'improvviso?"
"No, ma adesso immagino lo saprò..."
"Appena sfiorato, perde il controllo dell'auto e va a sbattere. Pochi danni, ma il cliente gli chiede di spiegargli il motivo della sua paura e lui risponde: - Ho cambiato macchina. Fino a ieri, guidavo un carro funebre - ."
Dietro, si ride per educazione.
Non pago, l'autista sembra proteso ad afferrare qualsiasi spunto nel tragitto per infiocchettarlo con qualcosa di autobiografico.
Il cliente ha prenotato in mattinata un taxi per lasciare la casa dei genitori a Voltaggio in tarda serata e farsi accompagnare alla stazione principale della città di Genova. Ha già il biglietto per Milano. Ha salutato amici e parenti con la promessa di rivedersi presto.
Si è accomodato sul sedile posteriore col borsone a terra nel posto accanto, come preferisce, mentre ha salutato l'autista e dato le indicazioni necessarie: il tassista non è quello dell'andata che, quindici giorni prima, lo aveva accompagnato a destinazione, purtroppo; questo si mette a parlare a macchinetta sin da subito.
"Di questo periodo, l'anno scorso c'erano dieci gradi in più... Un fantastico dicembre, almeno la prima metà... Vuole sentire le ultime?... No? Ha ragione, solo brutte notizie..."
"No, non accenda la radio, voglio stare tranquillo, grazie".
Ma il concetto non sembra essere stato chiaro perché il tassista si ritiene con ciò autorizzato a intrattenere lui il cliente.
"La sa quella del tassista che sobbalza quando un cliente gli posa una mano sulla spalla all'improvviso?"
"No, ma adesso immagino lo saprò..."
"Appena sfiorato, perde il controllo dell'auto e va a sbattere. Pochi danni, ma il cliente gli chiede di spiegargli il motivo della sua paura e lui risponde: - Ho cambiato macchina. Fino a ieri, guidavo un carro funebre - ."
Dietro, si ride per educazione.
Non pago, l'autista sembra proteso ad afferrare qualsiasi spunto nel tragitto per infiocchettarlo con qualcosa di autobiografico.
Il passeggero ha da un po' innescato l'ascolto automatico, quello che si riattiva, per cortesia, quando il tono di chi parla assume la forma interrogativa, quando...
"Vuole sapere dove ho preso questo ciondolo?"
Dietro, il passeggero è ben desto, perché vede solo ora spuntare, dietro gli anelli di Saturno e una falce di Luna che lo nascondevano, quel ciondolo che lui conosce bene. Apollo 11 continua:
"Me l'ha regalato chi l'ha fatto per me, una grande donna: la mia Cica", e intanto sfiora la bambolina di corda appesa allo specchietto retrovisore. E lì il disco si ferma, purtroppo, proprio mentre lampi di interesse nudi e crudi attraversano, non visti, lo sguardo del cliente. Questi, impietrito, ricorda la notte in cui la moglie, nel sonno, aveva gridato un nome: Cico!
La moglie del passeggero faceva le bamboline di corda e paglia con le sue iniziali M. V. (Maria Viola) applicate con un nastrino rosso su ogni prodotto di corda e paglia. Li rivendeva tramite il negozio di un'amica e aveva successo perché erano graziosi e originali. Quello appeso era di certo suo.
Il tassista, che gli ha già rivelato di essere un appassionato dei misteri dello Spazio (è nato nel giorno dello sbarco dell'uomo sulla Luna, vedi il caso) gli dice che ha perduto la sua Cica il giorno della partenza per lo Spazio della prima donna italiana, Samantha Cristoforetti, il 23 novembre 2014.
Dietro, sul taxi, c'è una statua di sale: la sua Viola era morta qualche giorno prima, nello spazio sotto un ponte.
Dietro, sul taxi, c'è una statua di sale: la sua Viola era morta qualche giorno prima, nello spazio sotto un ponte.
Il passeggero ricorda:
dopo avere litigato in macchina su chi era Cico, lei aveva fermato l'auto (guidava sempre lei, lui non aveva la patente). Aveva ammesso il tradimento. Lui aveva reagito con rabbia e l'aveva aggredita verbalmente: "Sei una puttana" e l'aveva liquidata così, senza nemmeno vedere quel lampo folgorante che attraversava i profondi occhi neri. Lei era scesa dall'auto, correndo, e di punto in bianco si era gettata dal vicino ponte, senza lasciarsi fermare da nessuno. Dopo avergli detto, amara: "Avevo scelto te".
L'ultimo cliente ha in testa i fotogrammi di un match dentro se stesso su un ring da pesi massimi: Odio e Compassione si sono alzati dai rispettivi angoli per sfidarsi sotto gli occhi dell'arbitro. Dopo il primo round, in cui gli sfidanti hanno debuttato a freddo, lui si spalma all'angolo della Compassione mentre l'arbitro conta e riconta, incombendo su di lui, esanime, che si sente già al tappeto.
Il tassista, ignaro del dramma che ha scatenato, sta riandando, commosso, al ricordo della sua Cica e pensa a voce alta: al tempo, lavorava a Milano, e l'aveva conosciuta perché un giorno l'aveva quasi investita a un passaggio pedonale. Erano finiti in un bar dove lui l'aveva coperta di dolci e di scuse. Si erano rivisti diverse volte, anche solo per del jogging nel parco. Poi, lei si era presa una pausa di riflessione per scegliere tra lui e il marito. Se si fossero incontrati un mese esatto dopo, in un certo bar, avrebbe significato che sceglieva lui. Ma lei quel 23 novembre non si era presentata e lui aveva capito di averla persa. D'altronde, era un amore rubato sottobosco, tanto che lui non ne sapeva il cognome, né l'indirizzo, di proposito. L'aveva ancora cercata sul cellulare, che risultava muto. Avrebbe saputo tutto di lei, e lei di lui, solo dopo, solo se gli avesse detto "sì".
L'ultimo cliente non parla: sta assistendo alla fine del match nella sua testa. L'arbitro lo sta contando: non è nell'angolo; peggio, è al tappeto, dopo il ko dell'altro. Sta vincendo l'odio e lui sa che può reagire solo sopraffacendo l'odio con la compassione dell'altro e di sé.
Ma si sente impotente a soverchiare l'Odio, come se l'esito fosse diretto dal Fato, più forte di lui.
Sono arrivati alla stazione.
dopo avere litigato in macchina su chi era Cico, lei aveva fermato l'auto (guidava sempre lei, lui non aveva la patente). Aveva ammesso il tradimento. Lui aveva reagito con rabbia e l'aveva aggredita verbalmente: "Sei una puttana" e l'aveva liquidata così, senza nemmeno vedere quel lampo folgorante che attraversava i profondi occhi neri. Lei era scesa dall'auto, correndo, e di punto in bianco si era gettata dal vicino ponte, senza lasciarsi fermare da nessuno. Dopo avergli detto, amara: "Avevo scelto te".
L'ultimo cliente ha in testa i fotogrammi di un match dentro se stesso su un ring da pesi massimi: Odio e Compassione si sono alzati dai rispettivi angoli per sfidarsi sotto gli occhi dell'arbitro. Dopo il primo round, in cui gli sfidanti hanno debuttato a freddo, lui si spalma all'angolo della Compassione mentre l'arbitro conta e riconta, incombendo su di lui, esanime, che si sente già al tappeto.
Il tassista, ignaro del dramma che ha scatenato, sta riandando, commosso, al ricordo della sua Cica e pensa a voce alta: al tempo, lavorava a Milano, e l'aveva conosciuta perché un giorno l'aveva quasi investita a un passaggio pedonale. Erano finiti in un bar dove lui l'aveva coperta di dolci e di scuse. Si erano rivisti diverse volte, anche solo per del jogging nel parco. Poi, lei si era presa una pausa di riflessione per scegliere tra lui e il marito. Se si fossero incontrati un mese esatto dopo, in un certo bar, avrebbe significato che sceglieva lui. Ma lei quel 23 novembre non si era presentata e lui aveva capito di averla persa. D'altronde, era un amore rubato sottobosco, tanto che lui non ne sapeva il cognome, né l'indirizzo, di proposito. L'aveva ancora cercata sul cellulare, che risultava muto. Avrebbe saputo tutto di lei, e lei di lui, solo dopo, solo se gli avesse detto "sì".
L'ultimo cliente non parla: sta assistendo alla fine del match nella sua testa. L'arbitro lo sta contando: non è nell'angolo; peggio, è al tappeto, dopo il ko dell'altro. Sta vincendo l'odio e lui sa che può reagire solo sopraffacendo l'odio con la compassione dell'altro e di sé.
Ma si sente impotente a soverchiare l'Odio, come se l'esito fosse diretto dal Fato, più forte di lui.
Sono arrivati alla stazione.
Il buio li avvolge e non c'è che poca gente nei paraggi. Il tassista, già nel parcheggio, tira il freno a mano. L'ultimo cliente allunga una banconota. Mentre l'altro cerca il resto, lui circonda e supera con le braccia il poggiatesta davanti, e nel mentre cinge le mani guantate al collo del rivale e stringe con tutta la sua forza, integrata da un'acerrima rabbia. Un minuto di impegno, non prima di avergli detto, preda dell'odio più amaro: "Aveva scelto me".