[H24] Quattro per cento - Costruttori di Mondi
La scelta Pt.4
Per andare all’incontro con l’atipica spogliarellista della finestra decisi di uscire con un’ora di anticipo dall’ufficio per passare a prenderla.
Alle diciassette e quindici ero in auto, diretto verso la pasticceria Peyrano-Pfatisch, in corso Vittorio Emanuele: non mi andava di presentarmi a mani vuote.
Questa volta, anziché una rosa, le avrei donato dei cioccolatini.
Quelli della storica pasticceria torinese erano rinomati per la qualità del prodotto e la raffinatezza della confezione.
Quanto meno ero certo che questi li avrebbe mangiati, senza conservarli come reliquia fra le pagine di qualche libro.
Fatto l’acquisto, lasciai l’auto nel parcheggio a pagamento di corso Re Umberto: avventurarsi tra le vie del centro per trovare posto a quell’ora era un’impresa improba.
Regalino infiocchettato in mano, mi diressi all’appuntamento: il luogo si trovava in una traversa di via Lagrange, a meno di duecento metri.
L’ufficio notarile era situato in un prestigioso palazzo d’epoca, un edificio austero, con pavimenti in pregiato marmo e passatoia rossa nell’androne.
Ciò che accomunava questi antichi palazzi padronali era l’intenso profumo di cera con cui si tiravano a specchio i pavimenti e le boiserie lungo le scale.
Questo odore era la nota abituale dell’alta borghesia sabauda o della nobiltà decaduta.
Un effluvio in grado di ispirarti soggezione, al pari dell’aroma d’incenso in una cattedrale.
Targhe di studi professionali in lucido ottone, con iscrizioni in Times New Roman o Bodoni, rivestivano una parete laterale dell’androne, su cui si apriva un elegante portoncino con vetrata all’inglese.
Erano le diciotto, quindi suonai al campanello dello studio indicatomi.
Dopo una manciata di attimi, la sua voce risuonò nel ronzio del citofono:
- Chi è?
- Ciao Roberta, sono qui, scendi. Ti aspetto.
- Ciao. Vieni pure su. Sono sola. Secondo piano.
Lo scatto dell’apriporta non mi lasciò replica.
Ignorai l’artistico ascensore liberty posto nella tromba delle scale; con una rapida escursione guadagnai i due piani e mi trovai davanti alla porta dello studio: lei già attendeva sull’uscio.
Entrai, ci salutammo con un abbraccio e un bacio sulle guance, poi chiuse la serratura a doppia mandata.
- Non ci disturberà nessuno fino alle ventidue, quando verranno per le pulizie – disse in un fiato, con aria complice.
Le porsi la scatola dei cioccolatini; la prese sorridendo.
- Grazie, sei sempre gentile.
Mi prese per mano, conducendomi lungo il corridoio.
Disse che voleva mostrarmi il suo posto di lavoro.
Il profumo di cera d’api del parquet e degli scuri arredi classici dava al posto l’idea di un tempo fermo a un secolo prima.
L’archivio in cui mi introdusse era un enorme stanzone con soffitti molto alti, caratteristica comune a tutti i vecchi palazzi barocchi del centro città.
File di scaffali zeppi di faldoni e raccoglitori per documenti si alzavano a sfiorare la volta della stanza.
Qui l’odore di cera lasciava il campo a quello stantio delle antiche biblioteche e della carta stagionata e polverosa.
Una portafinestra dotata di tenda alla veneziana dava luce all’ambiente.
Si voltò repentinamente, mi mise le braccia al collo e mi stampò le labbra sulla bocca.
Era molto decisa, addirittura travolgente; mi appoggiai al grande tavolo che avevo alle spalle per non perdere l’equilibrio.
Risposi a quel bacio con passione, quasi in autodifesa a un attacco.
Staccandosi, osservò nei miei occhi l’esitazione e sorrise con aria soddisfatta:
- Lo vedi? – disse – Ti avevo detto che sono molto cambiata.
Era vero! Ora baciava alla perfezione, l’uso della lingua era magistrale.
Non vi era più traccia della ragazzina insicura che avevo conosciuto; c’era davanti a me una giovane donna, consapevole e molto decisa. Ero spiazzato.
L’atteggiamento quasi paternalistico usato nel nostro primo incontro lasciava il posto alla sensazione di trovarmi su una precaria barchetta in mare aperto, con onde improvvisamente alte.
- Ma la cioccolata che dovevamo prendere? – chiesi, cercando un tono frivolo.
- Quella la prendiamo un’altra volta – rise. – Se ci tieni, scartiamo i tuoi cioccolatini.
Vi erano due lunghi tavoli ingombri di carpette, affiancati da una bassa cassettiera e una piccola scrivania, su cui stava una moderna macchina da scrivere elettronica.
Era la sua postazione di lavoro; sulla scrivania: un sottomano in similpelle, una tazza in acrilico trasparente per la cancelleria, una lampada da tavolo orientabile e un telefono.
- Dunque, questo è il tuo regno? – chiesi, brillando d’ovvietà.
- Sì, come vedi è la parte meno prestigiosa del reame – rispose ironica, ma senza ombra di scontento.
Nel seguirla avevo notato i suoi mutamenti esteriori: si era raffinata.
Indossava con eleganza uno chemisier blu notte, chiuso da una sequenza di bottoncini perlati, piuttosto chic.
Aveva adottato un disinvolto taglio di capelli a trapezio con frangia, che le incorniciava il viso; il trucco era discreto e il mefitico profumo Charly era stato sostituito da una più ricercata eau de toilette Classique pour femme di Jean Paul Gaultier.
Una fragranza diffusa di recente tra le donne più abbienti, simbolo di seduzione e di estrema, conturbante sensualità.
- Davvero credevi che saremmo andati a bere una cioccolata? – disse con malizia.
Annuii, sorridendo e sentendomi un perfetto cretino.
Poi, con flemma, fissandomi negli occhi con aria di sfida, iniziò a sbottonare la lunga fila di bottoncini dell’abito; a occhio dovevano essere una decina.
Il sangue iniziò a pulsarmi nelle orecchie: stava accadendo quello che, a voler essere sinceri fino in fondo, avevo desiderato dal momento in cui l’avevo vista denudarsi dietro i vetri.
Sapevo che fosse questo, nonostante le balle che mi ero raccontato per convincermi di mille altre benefiche intenzioni.
Avevo davanti agli occhi i gesti e le movenze invitanti della ragazza a quella finestra; mancava solo la musica silenziosa che allora accompagnava la sua esibizione.
Tutto si stava compiendo ed era lei, non io, a condurre il gioco.
La mia presunzione di adulto navigato si dissolveva davanti all’iniziativa di una ragazza di vent’anni che aveva deciso di sedurmi.
Dentro mi sentivo regredito a un quindicenne alla sua prima esperienza, davanti a una donna che si denudava.
Lentamente, senza pudore, si liberava degli abiti, ma ero io a sentirmi spogliare.
Al termine di quel lento spogliarello avremmo fatto l’amore.
La mia mente apprezzava quanto mi stava offrendo: era un sogno erotico che si materializzava, ma quel corpo generoso che mi aveva intrigato ora mi prendeva in contropiede.
Non ero mai stato uno da una botta e via; non comprendevo quelli capaci di passare da una donna all’altra, collezionando avventure come si cambia una cravatta.
Non ero da sesso estemporaneo: mi necessitavano empatia della mente e dei corpi; ero certo che, se fossi stato con una prostituta, avrei gettato inutilmente i miei soldi.
Forse, con quindici anni di fedeltà da ippocampo e di sesso con la stessa donna, non ero pronto a un tradimento, a consumare sesso in un luogo tanto insolito con una donna incontrata due volte.
I suoi indumenti ora giacevano ai suoi piedi; io iniziai a spogliarmi con altrettanta lentezza, non per sedurla, ma per darmi il tempo di elaborare interiormente la situazione.
- L’ho desiderato fin dal nostro primo appuntamento – disse. – Avrei voluto fossi tu il primo. Ma non è andata così. – C’era una nota di rimpianto.
Queste parole vibrarono così sincere che mi toccarono, mi scossero come se mi fossi destato da un sogno.
Non avevo davanti una donna con fantasie trasgressive, ma una ragazza che si era innamorata di me, mi desiderava e lo confessava.
Un’onda di rimorso e tenerezza mi travolse.
Mi avvicinai e la strinsi tra le braccia, la baciai con passione e dolcezza.
Nel contatto con la sua pelle, il suo calore, il profumo conturbante che emanava, sentii risvegliare i miei sensi.
(Continua)
Re: La scelta Pt.4
2Nightafter wrote: Per andare all’incontro con l’atipica spogliarellista della finestra virgola decisi di uscire con un’ora di anticipo dall’ufficio per passare a prenderla.prendi la pausa
Nightafter wrote: L’ufficio notarile era situato in un prestigioso palazzo d’epoca, un edificio austero, con pavimenti in pregiato marmo e passatoia rossa nell’androne.Dopo "palazzo d'epoca", meglio aprirne la descrizione coi due punti esplicativi.
Nightafter wrote: L’atteggiamento quasi paternalistico virgola usato nel nostro primo incontro virgola lasciava il posto alla sensazione di trovarmi su una precaria barchetta in mare aperto, con onde improvvisamente alte.meglio fare un inciso
Nightafter wrote: Dentro virgola mi sentivo regredito a un quindicenne alla sua prima esperienza, davanti a una donna che si denudava.
Nightafter wrote: Al termine di quel lento spogliarello avremmo avremo fatto l’amore.Ci vedo meglio il futuro del condizionale: lui è certo della cosa.
Nightafter wrote: Forse, con quindici anni di fedeltà da ippocampoBella metafora!
Nightafter wrote: Non avevo davanti una donna con fantasie trasgressive, ma una ragazza che si era innamorata di me, mi desiderava e lo confessava.Bello anche "rimorso e tenerezza" insieme.
Un’onda di rimorso e tenerezza mi travolse.
Mi avvicinai e la strinsi tra le braccia, la baciai con passione e dolcezza.
Nel contatto con la sua pelle, il suo calore, il profumo conturbante che emanava, sentii risvegliare i miei sensi.
Vai al quinto, @Nightafter

Re: La scelta Pt.4
3Grazie delle segnalazioni e della pazienza con cui mi segui mia dolce @Poeta Zaza 
