Pur avendo dormito poche ore, Brendan aprì gli occhi alla solita ora, sette e mezzo. Si sentiva un po’ stordito: la festa di commiato organizzata dagli amici, vivace e rumorosa, era andata avanti fino a tarda notte.
Si avviò scalzo alla doccia avvertendo il consueto e lieve fluttuare del pavimento. L’acqua quasi fredda contribuì a schiaririgli le idee. Sgradevolmente: doveva partire nel pomeriggio e il luogo in cui avrebbe trascorso ben cinque anni non gli piaceva per niente.
A cominciare da paesaggio: i campus della UCLA distavano meno di dieci chilometri dal mare, ma alle spalle incombevano le montagne di Santa Monica, non le più alte della zona , che però a lui, abituato alle sterminate pianure di Vuilnis apparivano quasi minacciose.[/left] non erano certo il maggior problema, riflettè mentre si strofinava quasi con rabbia.
“Ma perché devo studiare negli Usa? Tu e mamma vi siete laureati qui!”
“Lei perché suo nonno, uno dei fondatori, ci teneva a dimostrare che la nostra università non era di serie B o peggio, come sostenevano i detrattori del progetto, io per solidarietà e poi… ero già un po’ innamorato. Di lì a poco ci siamo fidanzati. “
Brendan non aveva potuto neppure far leva sugli ipotetici residui del romanticismo genitoriale: Greetje, con la quale aveva avuto una breve storia, era già partita per Amsterdam, dove vivevano alcuni zii. Si sarebbe iscritta ad architettura.
Né gli aveva dato appoggio sua sorella maggiore: rimasta in sede, e però biologa marina. L’ateneo di Vilnius era giustamente noto, e frequentato anche da studenti stranieri, per l’eccellenza delle facoltà naturalistiche.
“Nel progetto Vuilnis Two, il nostro ambito disciplinare si occupa, ognuno per il suo settore, dei problemi di base: oceanografia, meteorologia, chimica, riciclo, eccetera. È di lungo termine, tu farai in tempo a partecipare alla costruzione degli edifici. Perciò non stare a lagnarti e sbrigati a diventare un bravo ingegnere!”
Non stare a lagnarti… Ma lo sapeva come sarebbe stato trattato fuori da lì?
Male comunque: dai colleghi più rozzi per via della “ripugnante” provenienza, mentre i più colti ritenevano i viulniani degli snob arroganti, fissati con le citazioni filosofiche. Per non parlare delle ragazze, prevenute e beffarde.
Il quadro a fosche tinte glielo aveva tratteggiato Daan, un parente laureato proprio a New York, la città, -data l’origine - in teoria meno ostile alla loro isola. Figurarsi altrove!
I suoi avevano minimizzato: giovane dotato, però pedante e poco socievole
Inutile riprendere il discorso, così Brendan si presentò al tavolo della colazione con un’espressione tranquilla, riferì della festa e, rassicurata la madre a proposito del bagaglio ormai completo, disse che sarebbe uscito per salutare alcuni amici, assenti “giustificati” al congedo.
La giornata settembrina era perfetta: non troppo calda, brezza leggera, nuvolette fioccose all’orizzonte. Il ragazzo si avviò, un po’ rasserenato, lungo uno degli innumerevoli canali della città. Attraversò il settore dei trasporti, che esponeva bici ultramoderne e auto di ridotta dimensione, ovviamente ecologiche e, percorsi alcuni viali alberati, un ameno giardino pubblico dove un pallone gli finì tra i piedi. Lo rinviò con un sorriso ai bambini che giocavano.
Il suo umore andava migliorando: cinque anni passano in fretta -si disse - e lui sarebbe ritornato per rendere ancora più bella e moderna la grande isola in cui era nato.
Scelse di visitare per primo Noah, a riposo per via di una caviglia lussata. Avrebbe studiato chimica a Vuilnis e ne era, come lui, estimatore convinto. Non così Sophie, un’amica comune che non vedeva l’ora di andare a Londra a perfezionare il suo inglese. Le mancava ancora un anno di scuola superiore e non perdeva occasione per lamentarsene.
Lui era sdraiato sul divano, mentre lei passeggiava nel soggiorno gesticolando, e avevano ripreso i battibecchi abituali. Esauriti i convenevoli, Brendan prese posto in una poltrona e, in viso una smorfia divertita, si dispose a riascoltarli per un po’.
“A sentire te viviamo nella repubblica di Platone, governati da grandi saggi, nutriti come si deve, ben educati e opportunamente distribuiti negli scompartimenti di una società che procede come un treno. Io invece sono convinta che la pensiamo così perché, “ingabbiati” fin dalla nascita, non siamo in grado di uscire dagli schemi calati dall’alto. Proviamoci almeno!”
“Be’, un’infarinatura filosofica male non fa. Ma non sovrapporre la pianta della città a quella della nostra testa. L’insieme urbano, per quanto indovinato, è appunto schematico, ma noi abbiamo un cervello in grado di rendersene conto ed escogitare altro.
Siamo in numero limitato, mezzo milione o poco più, per ora con un sola città, le occasioni di confronto scarseggiano. Però, grazie a una tecnologia d’avanguardia, possiamo essere informati su tutto ciò che avviene nel mondo e spostarci virtualmente ovunque.”
Brendan, più avvezzo alla politica in quanto suo padre era stato membro del Consiglio Direttivo, si sentì in dovere di intervenire.
“Perché te la prendi con Platone? Serve giusto da riferimento culturale, e lui non proponeva la democrazia, mentre la nostra lo è: l’unica al mondo integralmente realizzata.
Abbiamo una libertà totale, diritti e doveri giustamente bilanciati, partecipazione attiva, sostanziale uguaglianza, anche economica, istruzione, solidarietà… E i reati, anche di poco conto, sono rari come le mosche bianche. Trovami un solo paese, anche piccolo, così ben messo.”
“Rimane che siamo quattro gatti arroccati su un continente di spazzatura – borbottò Sophie- e possiamo muoverci senza affogarci dentro solo in un’area ristretta.”
Noah fu pronto a ribattere.
“La stiamo allargando, e anche alla svelta considerando l’eccezionalità del luogo: abbiamo un suolo sotto i piedi perché i nostri bisnonni hanno realizzato un prodigio della chimica.
E ti rendi conto di quale miracolo di autosufficienza siamo? Case di plastica riciclata, energia tutta eolica o solare, le alghe ci forniscono bio-carburanti e fertilizzanti. Ne ricaviamo cibo, vario e abbondante, e siamo i primi del pianeta quanto a norme anti-inquinamento.
Nel prendere congedo, Brendan abbracciò entrambi: non avrebbero perso i contatti. Fece visita ad altri due amici, afflitti da malanni banali, e una passeggiata in centro con un terzo, impegnato la sera prima per una ricorrenza familiare.
Pranzò a casa con i suoi, dispose meglio il contenuto della borsa a mano, giocò mezza partita a scacchi con la sorella, più brava di lui. In breve fu l’ora di recarsi all’aeroporto.
Aveva già volato un paio di volte: l’isola galleggiante gli si mostrò il tutta la sua variegata vastità, piatta, gli orli sfrangiati; Vuilnis, città vasta per i suoi abitanti, di lassù emergeva appena con le sue molteplici vie d’acqua a raggiera e i bassi edifici ben ordinati.
«Quattro gatti arroccati su un continente di spazzatura?» si chiese Brendan a fior di labbra. L’avrebbe pensata così anche lui dopo cinque anni in America?
Scese dall’aereo più afflitto che alla partenza. Per giunta il ritiro bagagli andava a rilento anche perché era atterrato in contemporanea un volo dalle Hawaii. Uno dei suoi grandi trolley apparve infine sul nastro trasportatore; Brendan si accingeva a tiralo giù, ma una ragazza bruna e snella fu più rapida di lui, che lo reclamò.
«È mio, guarda qui!» mostrò la targhetta: Akela Judd – UCLA «Il tuo dev’essere quello...» indicò uno identico che si allontanava.
Brendan gli corse dietro, poi ritornò accanto a lei, in attesa dell’altro, che questa volta giunse per primo. Però rimase dov’era e si fece coraggio.
«Vai alla Ucla, ho visto. Anch’io: mi chiamo Brendan, ti va di prendere un taxi insieme?»
Akela stava recuperando il secondo trolley. Lo squadrò da capo a piedi e annuì.
[CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.
1" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com