“Mi puoi aggiungere un po' di vodka nella flebo? Va bene anche del rum. Ma se ci fosse dell'LSD, ah... sarebbe il top.”
“Cosa dice signora Adele?”
“Mi piacerebbe andarmene facendo un bel viaggio.”
“Non dica così, dopo le porto qualcosa di speciale: un bel budino al cioccolato.”
“Sai dove te lo puoi spalmare?”
“Sempre la battuta pronta! Tenga una caramella, sono buonissime, con un ripieno di crema al pistacchio.”
“Mi fa male ai denti.”
“Ma, Adele... non perde mai il buonumore.”
“Prima che mi rinchiudessero in questa gabbia, sai quante ne ho combinate? Altro che buonumore.”
“Perché, cosa ha fatto?”
“Tanto per dirne una, mi piaceva girare dipinta come un fiore, come natura mi ha fatto, per le chiese, non tutte, solo alcune.”
“Cosa intende, che era nuda?”
“Già, per vedere se potevo essere un diversivo per alcuni preti pedofili.”
“Ma era proprio matta!”
“Io? Infatti, è così che è andata a finire.”
“Stasera c'è un menù speciale, se lo ricorda?”
“No, cosa c'è?”
“Il signor Papetti offre la pizza a tutti.”
“Oh!”
“Mi hanno detto che era già successo, tanti anni fa.”
“Ah sì, ricordo, Papetti faceva il suo ingresso. Ma come mai offre la pizza?”
“Perché oggi è il suo ultimo giorno.”
“E dove va?”
“Eh... gli hanno approvato la partenza.”
“Ma porca miseria! Perché a lui sì? Comunque a me la pizza frullata fa schifo.”
“Come darle torto, ma se ci pensa è come risulta all'interno del nostro stomaco, si risparmia la fatica della masticazione.”
“Se la può mangiare lei allora. Voglio parlare con Papetti.”
“Disgraziato, stronzo, bastardo, come hai potuto fare una cosa simile? Ti ammazzerei io. Ma non lo faccio solo perché hanno tolto la pena di morte. E non fissarmi con quei due occhi che so già cosa vogliono dire. Dovevamo andarcene insieme, tanto tempo fa, quando eravamo ancora felici.”
Adele accarezza dolcemente il viso di Marco.
“Ecco, ti sto bagnando.” Prende un panno e delicatamente tampona le lacrime che gli ha versato sul viso.
Adele e Marco avevano toccato il cielo, giovani, belli, spensierati. Una piccola vacanza in Nepal si era trasformata in anni volati come un battito d'ali di farfalla. Dovettero venire a cercarli per riportarli a casa. Il padre di Adele e la madre di Marco. Si erano fermati mesi, prima di riuscire a rintracciarli in un tempio buddista sulle montagne.
Poi, il trauma del ritorno. Persero l'armonia che li aveva uniti. Presero vie diverse per rincontrarsi, strano gioco del destino, a Villa Serena.
Al rientro, Adele fece fatica a riadattarsi. Non le andava giù nulla di quello che vedeva attorno. Gente che urlava sempre senza motivo, sguardi inchiodati su piccoli schermi, aria irrespirabile e orrende musiche che doveva subire ogni volta che entrava in un posto. Ma quello di cui non si capacitava erano quelle bordure di finta edera di plastica che celavano piccoli quadrati tutti in fila, di due metri per lato, nel quartiere vicino al suo, con un fazzoletto di prato rasato e un tavolino con sedie pieghevoli che si incastravano a fatica. E pensare che quelle gabbie erano considerate un privilegio.
Per un po' si chiuse in se stessa, poi decise di combattere a modo suo, con l'arte. Appariva in performance e installazioni per cercare di scardinare qualche coscienza. Si era specializzata nella body art.
Si mostrava sempre nuda. Una volta nella piazza nella posizione del fiore di loto con una mano che reggeva un vassoio con dei cellulari conficcati in cumulo di escrementi. Altre, danzava indossando delle cuffie con il corpo sapientemente dipinto a imitare macchie, pustole, bubboni, più inquietanti dell'Elephant man di Lynch.
Il segno senza dubbio lo lasciava. Riscuoteva un tale successo che venne invitata nelle maggiori città del mondo a esibirsi. Ma in alcuni posti non la presero bene. Venne arrestata, torturata, umiliata, violentata; rinchiusa per mesi, anni, in vari buchi, in quei paesi che per molto meno portavano sul patibolo nella pubblica piazza chi aveva letto un libro considerato proibito oppure aveva lasciato intravedere la chioma dei capelli.
Infine venne liberata dopo una serie di petizioni internazionali. Ma la sua psiche fu per sempre segnata.
In una delle sue ultime performance, si dipinse imitando il tronco di un albero con i rami: si tagliò in più punti con una lametta a simboleggiare il sangue che sgorga dalle piante. La salvarono per un pelo prima che se ne andasse per dissanguamento.
Subì diversi TSO, farmaci su farmaci finché anche il suo fisico cedette.
Marco viceversa era diventato un ingegnere biomedico di un'importante azienda all'avanguardia nella sperimentazione di nuove tecnologie che, lentamente, ironia della sorte, si era presa anche il suo fisico: una neuropatologia degenerativa lo avrebbe portato alla paralisi completa.
Il loro destino fu una struttura residenziale. Adele, ormai con il fisico raggrinzito, reagì a modo suo: una notte si strappò tutti i denti, quei pochi rimasti, legandoli con un filo uno a uno alla maniglia della porta. Voleva apparire come le anziane che aveva conosciuto sull'Himalaya. Poi, qualche defenestrazione finita miracolosamente senza conseguenze per il suo esile corpo che quasi planava sospinto dal vento.
Un giorno lo vide arrivare su una carrozzina. I suoi occhi erano rimasti gli stessi. Il tempo non aveva scalfito l'animo. Il corpo lo aveva abbandonato ma si percepiva che stava già volando in quegli spazi infiniti che un tempo avevano già provato insieme.
Lo stava aspettando.
Lui non riusciva più a parlare ma lei non ne aveva bisogno. Quando i loro sguardi si incrociavano era come se gli elettroni di due atomi venissero risucchiati per formare un legame indissolubile.
La loro unione rimase un segreto.
Adele aveva conservato un taccuino: riflessioni, schizzi, poesie di un tempo passato. Glieli leggeva di nascosto, quando furtivamente rimanevano soli.
L'acqua limpida e pura
scivola nel mio animo
e la segue
su pendii di un verde accecante.
II mio canto arriva al cielo
e si perde
tra la pace di uno jak
che contempla il cosmo ruminando.
Sorrisi sdentati di pelle ramata
ci danno il benvenuto
di una luce
che fatichiamo a comprendere.
Le dita incerottate
devono ancora farne di cammino
e il mio respiro vibra nel tuo corpo
leggero tra le nuvole.
Marco rimaneva impassibile ma il suo indice che sembrava porcellanato, liscio e lucido, dava sempre un accenno di movimento nella parte terminale della falange. E Adele contemplava in silenzio.
“Adele! Ma cosa combini? Andiamo a fare la doccia.” diceva una inserviente mentre con una traversa tamponava l'urina sul pavimento.
“Ci rivediamo dopo” mimando di dare un bacio.
“Sì, sì, forse è meglio domani” continuava la tarchiata signora con l'accento dell'est.
C'è sempre un domani che arriva, atteso o disatteso, tragico o di speranza. Adele quel giorno era serena, come la villa; sembrava che un peso le fosse scivolato giù senza più appigli. Si era seduta su una poltrona in giardino e guardava i fiori impollinati da un corteo di api; rimase lì tutto il giorno.
“E tu chi sei?”
“Corrado, piacere, ho iniziato ieri.”
“Ma chi te lo fa fare?”
“Nessuno, è una mia scelta.”
“Sei tutto matto o sei un ricco sfondato che si annoia tutto il giorno.”
“Sa che è simpatica. Ho sentito parlare di lei. Sono appassionato di teatro e mi piacerebbe organizzare un laboratorio, sarebbe molto bello se ne facesse parte, un'artista come lei.”
“Teatro... ricordo un bel auditorium a Doha, si stava svolgendo una convention sulle emissioni di CO2. Mi ero intrufolata e nel momento dell'esposizione delle decisioni finali, feci uno scatto: mi infilai due dita in gola e vomitai addosso a un relatore tutto incravattato che stava dicendo un sacco di cazzate.”
“Ah però! E poi cosa è successo?”
“Una piccola scarica elettrica da 50.000 volt. Avevano pensato a un attentato. Alla fine ero ringalluzzita più di prima.”
“Veramente? Lei è una risorsa. Cosa ne dice se prepariamo qualcosa, come ai vecchi tempi?”
“Sì, partirei con un grande rutto, con un microfono amplificato con effetto eco.”
“Ci sto, facciamo uno spettacolo su questo schifo di paese dove uno morto lo tengono in vita contro la sua volontà e uno vivo lo uccidono in mille modi, uno peggio dell'altro.”
“Sarebbe fantastico!”
“Ma non ho più energie, ormai. Mi è rimasta solo un'ultima promessa da portare a termine.”
“Che cosa?”
“Ce l'eravamo fatta molto tempo fa: chi dei due sarebbe andato più avanti doveva esaudire il desiderio dell'altro. E temo che toccherà a me.”
“Adele, io la conosco da tanto tempo.”
“Ah sì?”
“Sì. Siamo parenti.”
“Io non ho parenti”
“Beh, una zia l'aveva.”
“E tu come lo sai?”
“Mi sono informato.”
“Zia... sì, zia Maria, l'ho conosciuta da piccola.”
“E la cuginetta?”
“Costanza... ricordo un'unica vacanza estiva al mare, sola con la madre. Eravamo due bambine, siamo state benissimo. Poi strade diverse, vite diverse, città diverse. E la tragica fine. Io ero oltreoceano e l'ho saputo mesi dopo. Ma tu chi sei?”
“Sua cugina aveva un figlio...”
“Mi piacerebbe portarti via da qui, mi occuperò di tutto io. Vivo in un posto immerso nella natura, e staresti benissimo.”
“Solo se mi aiuterai nella mia promessa.”
“Tutto quello che vuoi.”
Aria tersa e freddo pungente. Sullo sfondo creste e cime innevate.
Adele era stata accompagnata utilizzando tutti i mezzi a disposizione: asini, jak, portatori con teli infilati in dei bastoni, per dare un po' di sollievo al corpo: sembrava il Dalai Lama in fuga dal Tibet.
Dopo giorni di marcia arrivarono al punto in cui avevano trascorso giornate infinite. Sembrava che il tempo si fosse fermato. La vallata era come dipinta.
Adele tirò fuori la scatola di legno di sandalo intarsiata.
Seguirono canti e riti che si protrassero a lungo.
Poi, le ceneri furono disperse al vento.
“Buon viaggio amore mio, ci rivedremo presto.”
Re: [Lab16] Torneremo ancora
2Kasimiro wrote: Adele e Marco avevano toccato il cielo, giovani, belli, spensierati. Una piccola vacanza in Nepal si era trasformata in anni volati come un battito d'ali di farfalla. Dovettero venire a cercarli per riportarli a casa. Il padre di Adele e la madre di Marco. Si erano fermati mesi, prima di riuscire a rintracciarli in un tempio buddista sulle montagne.attenzione alla consecutio inoltre la frase risulta poco scorrevole nel punto in cui parli dei genitori di Adele e Marco. Riformulerei in modo più lieneare e usando il trapassato come nel resto del periodo.
Kasimiro wrote: Ma quello di cui non si capacitava erano quelle bordure di finta edera di plastica che celavano piccoli quadrati tutti in fila, di due metri per lato, nel quartiere vicino al suo, con un fazzoletto di prato rasato e un tavolino con sedie pieghevoli che si incastravano a fatica. E pensare che quelle gabbie erano considerate un privilegioStrano questa “location”. Non riesco a inquadrarla in un luogo e in un tempo preciso. Dove vive Adele?
Kasimiro wrote: C'è sempre un domani che arriva, atteso o disatteso, tragico o di speranza. Adele quel giorno era serena, come la villa; sembrava che un peso le fosse scivolato giù senza più appigli. Si era seduta su una poltrona in giardino e guardava i fiori impollinati da un corteo di api; rimase lì tutto il giorno.Bella questa immagine!
Un racconto dai toni fiabeschi che ti appartengono @Kasimiro anche quando affronti argomenti “tosti”. Il conflitto credo tu lo abbia trattato come “conflitto nei confronti della società e delle convenzioni” e mi piace questo taglio che gli hai dato.
A livello di struttura, la storia mi ricorda un alveare, fatto di pieni e vuoti (vuoti a tratti riempiti con il miele della poesia che si trova non solo nei versi ma in alcune descrizioni dalle quali emerge uno sguardo sensibile) La storia di Marco e Adele si svolge al tramonto delle loro vite e, per certi versi, ricorda appunto una favola. Fa un po’ deus ex machina la figura del parente che permette ad Adele di mantenere la promessa fatta al suo Marco.
Ecco, il finale, anchorché poetico, lo trovo poco credibile. Magari avrei fatto immaginare ad Adele il viaggio anziché renderlo possibile e reale.
La figura di Adele mi ha ricordato, nella sua forma di arte trasgressiva, quella di Marina Abramović.
L’uso dei verbi è e della consecutio è da rivedere. Ci sono periodi (più di uno) in cui passi dal trapassato prossimo al p. remoto. In totale la lettura, benché molto si debba “ricostruire” con la nostra fantasia di lettore, risulta piacevole. La parte più debole è il finale dall’arrivo del parente in poi.
Mi sarei soffermata di più sul desiderio di Adele di soddisfare la promessa e sulla impossibilità di mantenerla senza il provvidenziale intervento del figlio della cugina che, oltretutto, rimane un personaggio tutto da scoprire.
A rileggerci!
Re: [Lab16] Torneremo ancora
3KasimiroKasimiro“Cosa dice signora Adele?”Manca una virgola prima del vocativo.
KasimiroKasimiroMi hanno detto che era già successo, tanti anni fa.”Non vedo troppo l'utilità di questa parte. Non è scorrevolisima e il fatto che in precedenza Papetti abbia già offerto una pizza non aggiunge nulla. Riprenderei dalla domanda (come mai offre la pizza?)
“Ah sì, ricordo, Papetti faceva il suo ingresso
KasimiroKasimiro“Eh... gli hanno approvato la partenza.”Ti avverto, questa partenza potrebbe non capirsi troppo, ma forse è voluto. Così nel paragrafo che segue; non sono riuscita a capire se mentre Adele parla con Marco lui è già "partito", se è cosciente...
KasimiroKasimiroPresero vie diverse per rincontrarsi, strano gioco del destino, a Villa Serena.
Al rientro, Adele fece fatica a riadattarsi.
Nomini per la prima volta Villa Serena, e subito dopo parli di rientro. Qui il lettore può essere confuso, e credere che Adele faccia fatica ad adattarsi a Villa Serena e che la descrizione che fai dopo sia ancora riferita a Villa Serena, soprattutto visto che parli di gente che urla senza motivo e che sta davanti agli schermi, immagini tipiche di una casa di riposo/ospedale psichiatrico.
Altre osservazioni:
-La poesia a mio gusto è un po' troppo lunga rispetto alla taglia de racconto, e inoltre, siccome non parla troppo esplicitamente del vissuto comune di Adele e Marco (almeno nella prima parte), non aggiunge elementi utili alla narrazione e interrompe un po' il ritmo.
-Fosse per me, toglierei il paragrafo dove Corrado propone ad Adele di fare uno spettacolo insieme. Mi sembra tenda pericolosamente ad un lieto fine mieloso e un po' ritrito, dove l'anziana ritrova il senso e la gioia di vivere dopo la morte del compagno di vita. Inoltre porta un po' la storia fuori dai binari, nel senso che la sviluppa in una direzione che abortisce poche righe dopo (perchè lo spettacolo non si fa) e la distoglie dal suo corso principale, quello della promessa da mantenere. Se quello che ti serve è solo l'assist per arrivare a far dire ad Adele che ha ancora una promessa da mantenere, ci sono sicuramente modi meno contorti di farlo.
-In generale il racconto mi è piaciuto molto, la protagonista è ben caratterizzata, è un personaggio che resta a lungo nella mente e nel cuore del lettore. Il ritmo della narrazione è buono, grazie allo stratagemma dei micro-scenari che coincidono con paragrafi brevi e intervallati sovente da dialoghi. Complimenti.
Re: [Lab16] Torneremo ancora
4A me le storie di vecchi squilibrati sono sempre piaiute, per cui la signora Adele mi ha conquistato immediatamente.
La trama per me non é stata di facile lettura, ma arrivata alla fine mi sono commossa, tutti i fili a tracciare il disegno di un meraviglioso amore perduto e ritrovato come a dire che davvero l'amore é per sempre almeno nei nostri cuori.
Mi sono piaciuti molto gli squallidi intermezzi, di cibo frullato e urina persa per strada, per il semplice fatto che davvero la realtá é questa.
Cosí come é assolutamente reale la testardaggine degli anziani che ormai non danno piú importanza a tutta una serie di cose e guardano solo all'essenziale.
A mio avviso anche il finale é credibile. Dipende dal fatto che ho avuto una nonna mezza cieca, diabetica, infartuata e osteoporotica munita di stampelle, ultraottentenne dispotica ed egoista, che a tutti costi é voluta tornare a Vulcano dove aveva passato dei rgan momenti con il nonno defunto. L'unica concessione che mi ha fatto, dopo avermi tartassato l'anima e ottenuto il mio accompagnamento, é stato che in caso di dipartita avrei potuto buttare il cadavere nel cratere con la coscienza a posto. Comunque é sopravvissuta ed é stato un meraviglioso pellegrinaggio.
Cosí ammetto, forse non fa parte di un commento comme il faut, che alla fine mi sono commossa di questa straordinaria vecchina che avrebbe preferito essere ospite dell'urna.
Ho apprezzato anche il figlio della cugina poco tratteggiato, perché non é importante di che abiti si veste un destino favorevole che allunga una mano per realizzare il sogni; conta solo ció che fa.
Una bella storia, che anche a me ha ricordato la Abramovic, bella fino in fondo e in ogni dettaglio.
Grazie per questa lettura.
La trama per me non é stata di facile lettura, ma arrivata alla fine mi sono commossa, tutti i fili a tracciare il disegno di un meraviglioso amore perduto e ritrovato come a dire che davvero l'amore é per sempre almeno nei nostri cuori.
Mi sono piaciuti molto gli squallidi intermezzi, di cibo frullato e urina persa per strada, per il semplice fatto che davvero la realtá é questa.
Cosí come é assolutamente reale la testardaggine degli anziani che ormai non danno piú importanza a tutta una serie di cose e guardano solo all'essenziale.
A mio avviso anche il finale é credibile. Dipende dal fatto che ho avuto una nonna mezza cieca, diabetica, infartuata e osteoporotica munita di stampelle, ultraottentenne dispotica ed egoista, che a tutti costi é voluta tornare a Vulcano dove aveva passato dei rgan momenti con il nonno defunto. L'unica concessione che mi ha fatto, dopo avermi tartassato l'anima e ottenuto il mio accompagnamento, é stato che in caso di dipartita avrei potuto buttare il cadavere nel cratere con la coscienza a posto. Comunque é sopravvissuta ed é stato un meraviglioso pellegrinaggio.
Cosí ammetto, forse non fa parte di un commento comme il faut, che alla fine mi sono commossa di questa straordinaria vecchina che avrebbe preferito essere ospite dell'urna.
Ho apprezzato anche il figlio della cugina poco tratteggiato, perché non é importante di che abiti si veste un destino favorevole che allunga una mano per realizzare il sogni; conta solo ció che fa.
Una bella storia, che anche a me ha ricordato la Abramovic, bella fino in fondo e in ogni dettaglio.
Grazie per questa lettura.
Re: [Lab16] Torneremo ancora
5Kasimiro wrote: L'acqua limpida e puraquel "la segue" dovrebbe essere "lo segue", giusto?
scivola nel mio animo
e la segue
su pendii di un verde accecante.
Kasimiro wrote: II mio canto arriva al cieloChe bello immaginare di confondersi insieme, lui e lei, alla fine di tutto. Bei versi, bravo @Kasimiro
e si perde
tra la pace di uno jak
che contempla il cosmo ruminando.
Sorrisi sdentati di pelle ramata
ci danno il benvenuto
di una luce
che fatichiamo a comprendere.
Le dita incerottate
devono ancora farne di cammino
e il mio respiro vibra nel tuo corpo
leggero tra le nuvole.

Kasimiro wrote: “Teatro... ricordo un bel auditorium a Doha,bell'auditorium
Kasimiro wrote: Aria tersa e freddo pungente. Sullo sfondo creste e cime innevate.Hai scritto un racconto triste su due innamorati che la vita ha diviso presto, travolti da sfortunate circostanze e qualche fragilità e tanti, forse troppi, conflitti interiori.
Adele era stata accompagnata utilizzando tutti i mezzi a disposizione: asini, jak, portatori con teli infilati in dei bastoni, per dare un po' di sollievo al corpo: sembrava il Dalai Lama in fuga dal Tibet.
Dopo giorni di marcia arrivarono al punto in cui avevano trascorso giornate infinite. Sembrava che il tempo si fosse fermato. La vallata era come dipinta.
Adele tirò fuori la scatola di legno di sandalo intarsiata.
Seguirono canti e riti che si protrassero a lungo.
Poi, le ceneri furono disperse al vento.
“Buon viaggio amore mio, ci rivedremo presto.”
Si ritrovano in una casa di riposo, senza poter comunicare tra loro, a causa delle condizioni di lui, ma riconoscendo entrambi, l'uno nell'altra,
l'amore della vita.
Una promessa fatta da entrambi in gioventù: chi muore per primo dovrà avere le sue ceneri sparse sul paesaggio nel Nepal che aveva fatto da cornice al loro amore.
E lei, Adele, riesce a mantenere la promessa fatta a Marco, aiutata dall'unico parente rimastogli, che le promette anche di portarla con sé in un posto immerso nella natura, per i giorni che le restano da vivere.
Grazie della lettura, @Kasimiro

Re: [Lab16] Torneremo ancora
6Ciao, @Kasimiro, non me ne volere, ma per quanto ci abbia provato, proprio non sono riuscita a empatizzare con la tua Adele.
La cosa di per sé non sarebbe un male, se non fosse che, a parer mio, dipende dalla mancata centratura della consegna.
Conflitto, elaborazione, mutamento.
Adele non si confronta con nessuno di questi aspetti. Anzi, li evita.
Ci viene presentata come un’indomita ribelle, ma si rivela soltanto una personalità affetta da narcisismo patologico.
Incapace di tessere relazioni costruttive con gli altri e con l’ambiente, scambia i conflitti per conferme del suo modo di essere e dei suoi comportamenti. Tanto che, nell’arco di tutta la sua pur movimentata esistenza, resta inchiodata al punto di partenza.
Non impara, dunque non elabora, quindi non si evolve. Negando così alla sua contestazione globale la dignità critica.
Se ne va in Nepal, non da notizie per anni (i narcisisti se ne fregano di chiamare casa) la riacchiappano in un tempio buddista, ma l’incontro con questa spiritualità, al posto della sintonia cosmica, pare le abbia lasciato solo una generica antipatia per il mondo che la circonda, unita all’incapacità di comprenderlo.
Frequentemente nuda, brandisce cellulari immersi nello sterco, esibisce bubboni dipinti e tagli a simboleggiare il sangue che esce dalle piante, si mette nei guai oltraggiando quella che somiglia a una cultura islamica.
Adele non argomenta, non parla, non scrive, si caccia due dita in gola e vomita addosso ai relatori di un congresso, che è il massimo della dialettica concessa.
Non chiede, non ascolta, nemmeno da vecchia riesce a dire per piacere o grazie a chi la accudisce con pazienza eroica, troppo compiaciuta di sentirsi un gradino sopra gli altri.
Marina Abramovic, chiamata in causa più volte, parlava alla e della cultura occidentale, smascherandone gli automatismi codardi, spesso feroci, inconsapevoli sempre.
Performance complesse, frutto di lavoro e riflessione, dove il corpo dell’artista diviene opera e agnello sacrificale al tempo stesso.
Adele vuole la ribalta dello scandalo, la cerca ovunque. Come se il mondo, tutto, le fosse estraneo, oltre che nemico, prigioniera della sua eterna crisi adolescenziale.
Ma alla fine ritrova il suo bello, ormai inchiodato al letto, praticamente un vegetale.
Ecco, da un punto di vista narrativo, questa poteva essere l’occasione per dipanare la matassa. Anzi, avrei cominciato il racconto proprio da lì. Con un’Adele che finalmente vive il conflitto e riesce a farsi le domande necessarie a misurare lo spazio che ha messo tra sé e la vita. Dopotutto si può crescere in un istante.
Invece arriva Corrado a cui propina il solito numero compiaciuto per poi chiedergli l’ultimo scarrozzo fino in Nepal.
Che dirti, @Kasimiro ? Non tutti i buchi riescono con la ciambella intorno.

La cosa di per sé non sarebbe un male, se non fosse che, a parer mio, dipende dalla mancata centratura della consegna.
Conflitto, elaborazione, mutamento.
Adele non si confronta con nessuno di questi aspetti. Anzi, li evita.
Ci viene presentata come un’indomita ribelle, ma si rivela soltanto una personalità affetta da narcisismo patologico.
Incapace di tessere relazioni costruttive con gli altri e con l’ambiente, scambia i conflitti per conferme del suo modo di essere e dei suoi comportamenti. Tanto che, nell’arco di tutta la sua pur movimentata esistenza, resta inchiodata al punto di partenza.
Non impara, dunque non elabora, quindi non si evolve. Negando così alla sua contestazione globale la dignità critica.
Se ne va in Nepal, non da notizie per anni (i narcisisti se ne fregano di chiamare casa) la riacchiappano in un tempio buddista, ma l’incontro con questa spiritualità, al posto della sintonia cosmica, pare le abbia lasciato solo una generica antipatia per il mondo che la circonda, unita all’incapacità di comprenderlo.
Frequentemente nuda, brandisce cellulari immersi nello sterco, esibisce bubboni dipinti e tagli a simboleggiare il sangue che esce dalle piante, si mette nei guai oltraggiando quella che somiglia a una cultura islamica.
Adele non argomenta, non parla, non scrive, si caccia due dita in gola e vomita addosso ai relatori di un congresso, che è il massimo della dialettica concessa.
Non chiede, non ascolta, nemmeno da vecchia riesce a dire per piacere o grazie a chi la accudisce con pazienza eroica, troppo compiaciuta di sentirsi un gradino sopra gli altri.
Marina Abramovic, chiamata in causa più volte, parlava alla e della cultura occidentale, smascherandone gli automatismi codardi, spesso feroci, inconsapevoli sempre.
Performance complesse, frutto di lavoro e riflessione, dove il corpo dell’artista diviene opera e agnello sacrificale al tempo stesso.
Adele vuole la ribalta dello scandalo, la cerca ovunque. Come se il mondo, tutto, le fosse estraneo, oltre che nemico, prigioniera della sua eterna crisi adolescenziale.
Ma alla fine ritrova il suo bello, ormai inchiodato al letto, praticamente un vegetale.
Ecco, da un punto di vista narrativo, questa poteva essere l’occasione per dipanare la matassa. Anzi, avrei cominciato il racconto proprio da lì. Con un’Adele che finalmente vive il conflitto e riesce a farsi le domande necessarie a misurare lo spazio che ha messo tra sé e la vita. Dopotutto si può crescere in un istante.
Invece arriva Corrado a cui propina il solito numero compiaciuto per poi chiedergli l’ultimo scarrozzo fino in Nepal.
Che dirti, @Kasimiro ? Non tutti i buchi riescono con la ciambella intorno.

Re: [Lab16] Torneremo ancora
7Grazie @@Monica, @Mirna Lacadai, @Almissima, @Poeta Zaza per le vostre interessanti note e riflessioni e per l'apprezzamento.
Infine @aladicorvo Grazie per questa tua lucida analisi in cui hai sviscerato dei punti che io non avevo neanche immaginato.
E' una storiellina semplice in cui sono condensate tante cose, un po' favolistica che appartiene al mio modo di narrare.
Lo spunto mi è stato dato da una coppia che realmente è stata in Nepal e ci è rimasta per anni prima che venissero a prenderla i familiari. Tornati al loro paese ricordo che, aiutati forse dai parenti, hanno aperto un baretto di periferia. Andai all'inaugurazione e mi colpirono i loro sguardi assenti, tristi. Il bar era squallido, senza anima, mancava solo una slot per completare il quadretto.
Sarà successo trent'anni fa ma lo ricordo benissimo, poi mi trasferii e non seppi più nulla.
Certo che andare in Nepal può sembrare un cliché ma io non ci ho visto questo aspetto dominante narcisistico in Adele, o perlomeno non era nelle mie intenzioni. C'è una sorta di teatralità narrativa anche fine a se stessa.
Il fatto che possa aver ricordato Marina Abramovic non ha nessun intento da parte mia di voler emulare la sua arte anzi, non ci avevo neanche pensato, almeno consciamente. È come se che uno disegna un volto con due occhi storti e a un altro gli ricorda Picasso.
Sono piuttosto le case di riposo che devono ringraziare i pazienti visto che pagano delle rette da 3000 euro mensili in su per poi essere alimentati, (per esempio i disfasici, e non sono pochi) per fare prima, con delle pappine cremose iniettate con delle siringhe direttamente in bocca (quando hai 10 minuti per dar da mangiare a ognuno è difficile trovare di meglio) o vedere corpi ribaltati su è giù nel momento dell'igiene manco fossero dei manichini. Poi passano il resto della giornata in una sala seduti uno vicino all'altro ad annoiarsi e chi può, a relazionarsi verbalmente con gli altri. Mentre gli allettati vengono dimenticati. Ma la colpa non è delle persone che ci lavorano che possono anche essere “eroiche” ma del sistema che riduce sempre più il personale.
Forse Adele si è sentita accudita quando è stata in Nepal e non ha avuto bisogno di ringraziare, era insito nell'esperienza. Dove il dare e il ricevere sono valori puri, senza nulla in cambio.
Per quanto poi L'Abramovic possa essere un'artista geniale, quando diventi una “star” si entra in una sfera elitaria dalla quale non si può esimersi. Non sorprende che workshop da lei organizzati (che non includono la sua presenza, ma di formatori) prevedano dei partecipanti che devono digiunare per cinque giorni senza parlare al costo di 2.500 euro a testa. Non potrebbe essere questa una roba per ricchi narcisisti? Un business basato su un'esperienza artistica per privilegiati? L'esperienza di Adele non aveva nulla a pretendere.
Corrado lo vedevo come il principe azzurro delle favole. Appare all'improvviso e da l'opportunità di portare a termine un desiderio in una situazione senza via d'uscita.
Quando Adele rincontra il suo amore diventato un “vegetale” (che poi è un termine infelice: i vegetali si muovono, eccome!) per lei non fa differenza la sua condizione fisica e continua a donargli l'amore anche in quella situazione, fuori dai riflettori, solo tra loro. Non sappiamo cosa sia successo in quegli anni in Nepal come non sappiamo della storia d'amore tra la Abramovic e Ulay, ma quando lui le fa la sorpresa e si siede di fronte a lei durante la famosa performance al MoMa di New York, dopo molti anni in cui si erano lasciati e non più visti, le sue lacrime commuovono il mondo e parte un applauso collettivo in diretta. Mi sono commosso anch'io vedendo il video. Un grande artista ha questo potere.
Ti sono grato per le tue riflessioni e per avermele trasmesse, mi hanno fatto riflettere anche a me. Da parte mia non c'è stata l'intenzione di scavare a fondo nei personaggi, non sarei stato in grado e non c'erano i caratteri, ma solo quello di offrire degli spunti su il disagio di una persona che si ritrova in un mondo che, come dici, fatica a comprendere.
Alla prossima
Mirna Lacadai wrote: Ti avverto, questa partenza potrebbe non capirsi troppo, ma forse è voluto. Così nel paragrafo che segue; non sono riuscita a capire se mentre Adele parla con Marco lui è già "partito", se è cosciente...Sì, è ancora cosciente. L'appuntamento è per il giorno seguente. Infatti Adele dice che lo ammazzerebbe lei...
Almissima wrote: Dipende dal fatto che ho avuto una nonna mezza cieca, diabetica, infartuata e osteoporotica munita di stampelle, ultraottentenne dispotica ed egoista, che a tutti costi é voluta tornare a Vulcano dove aveva passato dei rgan momenti con il nonno defunto. L'unica concessione che mi ha fatto, dopo avermi tartassato l'anima e ottenuto il mio accompagnamento, é stato che in caso di dipartita avrei potuto buttare il cadavere nel cratere con la coscienza a posto. Comunque é sopravvissuta ed é stato un meraviglioso pellegrinaggio.Ma è fantastico.
Infine @aladicorvo Grazie per questa tua lucida analisi in cui hai sviscerato dei punti che io non avevo neanche immaginato.
E' una storiellina semplice in cui sono condensate tante cose, un po' favolistica che appartiene al mio modo di narrare.
Lo spunto mi è stato dato da una coppia che realmente è stata in Nepal e ci è rimasta per anni prima che venissero a prenderla i familiari. Tornati al loro paese ricordo che, aiutati forse dai parenti, hanno aperto un baretto di periferia. Andai all'inaugurazione e mi colpirono i loro sguardi assenti, tristi. Il bar era squallido, senza anima, mancava solo una slot per completare il quadretto.
Sarà successo trent'anni fa ma lo ricordo benissimo, poi mi trasferii e non seppi più nulla.
Certo che andare in Nepal può sembrare un cliché ma io non ci ho visto questo aspetto dominante narcisistico in Adele, o perlomeno non era nelle mie intenzioni. C'è una sorta di teatralità narrativa anche fine a se stessa.
aladicorvo wrote: Se ne va in Nepal, non da notizie per anni (i narcisisti se ne fregano di chiamare casa)Non credo di aver detto che non danno notizie o che non chiamano casa,(anche se i cellulari è plausibile che non c'erano al tempo in cui soggiornarono) può essere una tua interpretazione e suggestione lecita e comprensibile.
Il fatto che possa aver ricordato Marina Abramovic non ha nessun intento da parte mia di voler emulare la sua arte anzi, non ci avevo neanche pensato, almeno consciamente. È come se che uno disegna un volto con due occhi storti e a un altro gli ricorda Picasso.
aladicorvo wrote: Non chiede, non ascolta, nemmeno da vecchia riesce a dire per piacere o grazie a chi la accudisce con pazienza eroica, troppo compiaciuta di sentirsi un gradino sopra gli altri.Devo fare un appunto a questa tua credo ingenuità: non esistono ospiti che per loro scelta decidano di andare in una casa di riposo; vengono sistemati (con biglietto di solo andata) dai familiari per convenienza, per non essere più di peso per loro e per non avere più problemi organizzativi. Nel caso di Adele sarà stato un tutore. Gli ospiti avrebbero tanto desiderato di essere accuditi dai loro figli o persone care, ma evidentemente il tempo in cui viviamo non lo permette.
Sono piuttosto le case di riposo che devono ringraziare i pazienti visto che pagano delle rette da 3000 euro mensili in su per poi essere alimentati, (per esempio i disfasici, e non sono pochi) per fare prima, con delle pappine cremose iniettate con delle siringhe direttamente in bocca (quando hai 10 minuti per dar da mangiare a ognuno è difficile trovare di meglio) o vedere corpi ribaltati su è giù nel momento dell'igiene manco fossero dei manichini. Poi passano il resto della giornata in una sala seduti uno vicino all'altro ad annoiarsi e chi può, a relazionarsi verbalmente con gli altri. Mentre gli allettati vengono dimenticati. Ma la colpa non è delle persone che ci lavorano che possono anche essere “eroiche” ma del sistema che riduce sempre più il personale.
Forse Adele si è sentita accudita quando è stata in Nepal e non ha avuto bisogno di ringraziare, era insito nell'esperienza. Dove il dare e il ricevere sono valori puri, senza nulla in cambio.
Per quanto poi L'Abramovic possa essere un'artista geniale, quando diventi una “star” si entra in una sfera elitaria dalla quale non si può esimersi. Non sorprende che workshop da lei organizzati (che non includono la sua presenza, ma di formatori) prevedano dei partecipanti che devono digiunare per cinque giorni senza parlare al costo di 2.500 euro a testa. Non potrebbe essere questa una roba per ricchi narcisisti? Un business basato su un'esperienza artistica per privilegiati? L'esperienza di Adele non aveva nulla a pretendere.
Corrado lo vedevo come il principe azzurro delle favole. Appare all'improvviso e da l'opportunità di portare a termine un desiderio in una situazione senza via d'uscita.
Quando Adele rincontra il suo amore diventato un “vegetale” (che poi è un termine infelice: i vegetali si muovono, eccome!) per lei non fa differenza la sua condizione fisica e continua a donargli l'amore anche in quella situazione, fuori dai riflettori, solo tra loro. Non sappiamo cosa sia successo in quegli anni in Nepal come non sappiamo della storia d'amore tra la Abramovic e Ulay, ma quando lui le fa la sorpresa e si siede di fronte a lei durante la famosa performance al MoMa di New York, dopo molti anni in cui si erano lasciati e non più visti, le sue lacrime commuovono il mondo e parte un applauso collettivo in diretta. Mi sono commosso anch'io vedendo il video. Un grande artista ha questo potere.
Ti sono grato per le tue riflessioni e per avermele trasmesse, mi hanno fatto riflettere anche a me. Da parte mia non c'è stata l'intenzione di scavare a fondo nei personaggi, non sarei stato in grado e non c'erano i caratteri, ma solo quello di offrire degli spunti su il disagio di una persona che si ritrova in un mondo che, come dici, fatica a comprendere.
Alla prossima