Pacco n8 – Colpo di scena
Voleva un Natale ai Caraibi, Laura, come nei film dei Vanzina, ma lui aveva prenotato la sorpresa: Finlandia, anzi di più: Lapponia. Non c’è da stupirsi che l’abbia mollato ancora prima di partire.
E adesso eccolo lì, Marco Strambelli, della Strambelli Mangimi- Zootecnia di qualità, che arrancava nella tormenta con la neve fino alle ginocchia, dietro a un biondo belloccio che si faceva chiamare Valdo.
«Ti ci porto io a Rovaniemi. E ti assicuro che non te la scordi più.»
Perché mai avesse accettato di salire su quel fuoristrada sgangherato, resterà per sempre un mistero.
«Niente circuito turistico» aveva detto il biondo con una gran pacca sulla spalla. «Ti faccio fare un giro speciale».
Il che aveva significato, dopo nemmeno un centinaio di chilometri, assistere all’agonia e poi al decesso del motore, più o meno al centro del nulla.
«Dobbiamo proseguire a piedi» fece Valdo, prese gli zaini dal portabagagli e si incamminò.
Proseguire per dove? Ovunque guardasse c’era solo bianco e foresta.
«Le vedi quelle luci?» disse Valdo.
Con gli occhi trafitti dal gelo, vedere era una parola grossa.
«Quanto dovremo camminare?» chiese Marco.
«Poco, saranno sette, massimo otto chilometri.»
Va bene. Moriremo.
Invece arrivarono a Maan Loppu, che in finlandese significa qualcosa come Fine della Terra.
Un villaggio di case basse col tetto spiovente, agghindato di lucine sorridenti, che a Marco sembrò il posto più bello del mondo, non tanto per l’aspetto, quanto per il tepore carezzevole del Musta Hirvi, che sarebbe Cervo Nero, locanda, bar, emporio, praticamente l’unico negozio del paese.
«Ah,Valdo, toit ystävän!» disse un donnone biondo dal bancone.
«Hän on italialainen» fece quello.
Marco sorrideva con aria ebete. Aveva capito solo che parlavano di lui. Ne ebbe la conferma quando la donna posò la tazza che stava asciugando e gli tese la mano: «Italia, che bello paese! Tanto piacere. Sono Kasia.»
«Marco. Anche lei parla italiano. È per via del turismo, immagino.»
«Oh, no. Qui non ci arrivano tanto.»
«È colpa mia» disse una voce, e dalle scale scese un uomo che pareva Babbo Natale in borghese. «Cioè di mia madre. Lei era italiana. Ciao, sono Heimo, il suocero di questa bella signora.»
In quel momento la porta si spalancò e una folata di vento gelido spinse dentro una donna.
Kasia aggrottò la fronte: «Anja, mikä on?» disse. E iniziò un parlottio serrato che, a giudicare da quello che passava dagli scaffali al bancone, doveva riguardare salsa di mirtillo, aringhe affumicate e formaggio. Ma anche qualcosa che non c’era e che in breve scatenò una crisi di pianto.
Marco guardò Heimo interdetto. Devono tenerci molto alla gastronomia.
«Non sono tornati» fece lui con aria grave. «Diglielo, Kasia, dille che va tutto bene, che sarebbero sciocchi a mettersi in cammino con questa bufera, che avranno trovato riparo da qualche parte.»
«Gliel’ho detto, ma non serve. Sono tornati solo i cani. Non l’avrebbero fatto se non fosse successo qualcosa.»
Anja singhiozzava ormai senza ritegno, poi si accorse di Marco. Tirò su col naso e abbozzò un sorriso: « Voi muukalainen! Mitä sinä teet täällä, rakas?»
Kasia le disse qualcosa e lei: «Ah, italialainen!» E riprese a piangere. Mise la spesa in un borsone, pagò e uscì.
«In quanti sono fuori?» chiese Valdo.
«Ma che domanda è?» fece Heimo irritato. «Tutti.»
«Eh già. Caccia al cervo, caro Marco» disse l’altro. «Alla brace, al forno, affumicato, non sarebbe Natale senza.»
Kasia gli lanciò un’occhiata risentita. Perché sei qui? Perché tu invece del mio Petri? Perché non torna? E mentre si faceva queste domande, prendeva i bicchieri dallo scaffale e li disponeva sul vassoio. Un bicchiere una domanda, una domanda, un bicchiere. Finché furono troppi e crollarono a terra.
Lei non disse una parola. Guardava i cocci mentre le lacrime le bagnavano il viso.
Heimo la raggiunse, scrutò il pavimento, si chinò e riemerse con quattro bicchieri: «Questi ce l’hanno fatta. Non tutti, ma questi sì.» Prese una bottiglia dallo scaffale e spinse delicatamente Kasia verso i tavoli. «Adesso cerchiamo di stare tranquilli» disse riempiendo i bicchieri. «Prendi, Marco. Scommetto che non l’hai mai assaggiata.»
Lui dette una sorsata, sgranò gli occhi e diventò paonazzo.
«Ti piace?» chiese Valdo sornione.
L’altro annuì: «Un po’ fortina…»
«Ma no, che fortina. Sono solo quaranta gradi.»
«Ah ecco. La fate con l’antigelo?»
«No, è Kossu» fece Heimo. «Oggi la fanno con l’orzo, ma qui usiamo ancora le patate.»
In quel momento, dalle scale precipitò un orso di pezza e subito dietro, il rumore di piedi piccoli che saltavano da un gradino all’altro.
«Io glielo avevo detto che non poteva volare» disse il bambino. «Ma lui non mi ha dato retta.»
Quattro, massimo cinque anni, paffutello e, manco a dirlo, biondo, si fermò col pupazzo in braccio a scrutare lo straniero. «Tu non sei Joulupukki.»
«No, non è Babbo Natale» disse Kasia. «È un ospite e dobbiamo essere gentili con lui.»
«Gentili quanto?»
«Tutto il possibile. Tanto per cominciare potresti salutarlo.»
«Con la mano e tutto il resto?»
Kasia annuì e il bambino si avvicinò col braccio teso: «Tanto piacere, io sono Uljas.»
«Ciao, io sono Marco. Come sta il tuo amico?» disse indicando l’orso.
«Non si è fatto niente, però vado a medicarlo lo stesso. Non si sa mai.» E corse su per le scale.
Rimasti soli, Kasia si incupì di nuovo: «Dovevano tornare ieri» disse tetra.
«Tranquilla» fece Heimo. «Lo faranno appena finisce la tormenta.»
«Dobbiamo solo aspettare» disse Valdo riempiendo il bicchiere.
«Ma aspettare cosa?» inveì lei strappandogli la bottiglia di mano. «No, io vado a cercarli» disse e corse verso l’attaccapanni.
Heimo l’afferrò per un braccio: « Fermati. Non fare sciocchezze. Ti dico di aspettare. Se domani non sono qui, andremo noi.»
«Voi, ma voi chi? Al villaggio sono rimaste solo le donne e… quelli come te.»
«Come me, cosa?»
«Vecchi, Heimo. Vecchi! E secondo te, cinque, sei vecchi sono meglio di dieci donne? No, spiegamelo, che proprio non lo capisco!»
Heimo abbassò gli occhi: «Non sono meglio, ma se ne può fare a meno» disse sottovoce. «Le donne invece devono restare.» Le prese il viso tra le mani: «Per i bambini, Kasia. I bambini, capisci?»
Lei lasciò cadere il giaccone per terra e tornò a sedersi. «Domani. Solo fino a domani.»
«Certo.»
«Vengo anch’io» fece Marco. «Un uomo in più può essere utile.»
«Va bene, ma devi restare col gruppo. Non sai niente di questi posti e se ti cacci nei guai dovremmo occuparci anche di te.»
«Tranquillo, non creerò alcun problema.»
Heimo si girò a guardare Valdo che, fronte aggrottata e labbra strette, armeggiava con tabacco e cartine. Mai stato capace di rollarsene una senza fare un pollaio. «E tu?»
«Ci vengo, ci vengo. Se non altro per sgranchirmi le gambe.» E nel dirlo, cartina e tabacco gli scapparono di mano. «Vittu!!» grugnì.
«Bene, allora comincia subito. Fatti una corsetta e avvertili tutti. Jorma, Alvar, Kaleva, Taneli, tutti, hai capito?»
«Pure Olavi?»
«Olavi è zoppo. Vuoi portartelo in braccio?»
«Va bene, tutti meno Olavi.»
Il giorno seguente il villaggio si svegliò nel silenzio. Mute le case e la foresta, muto il vento, il cielo e mute le stelle.
Kasia non aveva chiuso occhio. Tutta la notte sue giù, dal bancone alla porta. La socchiudeva, sporgeva fuori la testa, pregando di sentire il bramito di Petri, sperando di dirgli ancora che era scemo a fare quel verso.
«È il canto d’amore del cervo reale» le diceva ogni volta. Chiudeva il fucile nello stipo, l’afferrava per la vita e la baciava da toglierle il fiato.
Invece no. Nessun canto, nessun rumore. Nessun Petri.
A metà mattina cominciò il viavai delle donne. Farina di segale, pesce, maiale salato, si dovrà pur cucinare, è quasi Natale. E poi torneranno. Torneranno coi cervi. Torneranno di sicuro.
Si fece scuro, poi notte, poi ancora chiaro. E sempre silenzio.
I vecchi si radunarono davanti alla porta e aspettarono. Non lo avevano mai fatto, dopotutto era un bar. Ma era un giorno speciale e quella adesso era solo la casa di Petri.
Dopo poco Heimo li fece entrare.
Kasia fece trovare a tutti pane appena sfornato, burro salato, prosciutto e formaggi.
Mangiarono parlottando sottovoce, poi si alzarono, salutarono con un sorriso e uscirono.
«Cerca di stare tranquilla» le disse Heimo. «Andrà tutto bene.»
Lei gli accarezzò la barba e lo guardò allontanarsi con gli altri sul sentiero innevato.
Per tutto il giorno Kasia si dette da fare. Mettere ordine. Senza fermarsi. Ordine al mondo, ai pensieri, all’ansia che si cacciava dappertutto, prepotente e sempre fuori posto.
A sera i vecchi tornarono. Loro soltanto. A passi lenti, con lo stesso silenzio di quando erano partiti.
All’improvviso un urlo.
«È Anja!» disse Kasia. Fece per correre da lei e quasi inciampò in qualcosa davanti alla porta.
Un pacco, avvolto in un telo di iuta. Chi? Come? Si guardò intorno per capire e vide che ogni casa, vicino alla sua, ne aveva davanti uno identico.
«I regali! I regali!» gridò Uljas dalla finestra. Un attimo ed era già fuori, ancora in pigiama, lui e tutti i bambini del villaggio, tutti per strada, ridendo e gridando: «È passato Joulupukki!»
Uljas si chinò per sollevarlo, ma quello pesava e gli cadde per terra.«Aiutami, nonno!»
Heimo guardò il pacco e impallidì. «Fermo!» tuonò. «Fermatevi tutti! Portate i bambini in casa, che nessuno esca!»
«Ma come, perché?» piagnucolò Uljas, mentre Kasia lo prendeva in braccio e lo portava dentro.
Il pacco era lì. Dall’ammaccatura usciva qualcosa che si allargava e arrossava la neve.
«Cos’è? Sembra…» disse Marco e non riuscì a finire la frase.
«Forse dovremmo aprirlo» sussurrò Valdo col tono di chi non lo farebbe manco pagato.
In quel momento un altro urlo. Veniva dalla casa di Tanja. E poi un altro dalla parte di Matleena. E un altro ancora. E poi trambusto, agitazione, voci disperate.
Poi nulla.
Kaleva si avvicinò a Heimo e gli mise una mano sulla spalla.
«È come penso, vero?» fece quello indicando la chiazza nella neve.
Kaleva chiuse gli occhi e annuì.
E allora Kasia, che aveva guardato dalla porta socchiusa, emise un urlo acutissimo «Nooo!» Si precipitò fuori, afferrò i lembi del pacco, li strappò, lacerò, squarciò. E alla fine restò impietrita, con gli occhi sgranati a fissare quello che c’era dentro.
Gli abiti di Petri. Le scarpe di Petri. Il cappello di Petri.
Il sangue di Petri.
In piedi, appoggiato al bancone, Heimo guardava la piccola folla assiepata nel bar. I volti sgomenti, le lacrime silenziose. C’erano tutti.
«Bene, metà del villaggio ha ricevuto quel dono terribile. A questo punto è chiaro che i nostri ragazzi non sono stati fermati dalla tormenta, ma dalla mano di un mostro assassino. È molto probabile che torni a completare l’opera. Dobbiamo fermarlo.»
«Ma come?» fece una voce dal fondo.
«Ci apposteremo e aspetteremo tutto il tempo che serve. Tornerà e noi lo prenderemo.»
Notte di giaccio. Luna di ghiaccio. Il vento sussurrava tra i rami.
Marco, rannicchiato dietro una catasta di legna. Giaccone, cappuccio di pelo, guanti, scarponi, i cuscini di noccioli caldi nelle tasche, legati al petto e al torace. Inutile, morirà lo stesso. Eppure, per niente al mondo avrebbe voluto essere altrove.
All’improvviso un fruscio. Si sporse cauto e lo vide. Lui, il mostro assassino davanti alla casa di Hilla, pronto a fare un’altra consegna.
Scattò in piedi, urtò la catasta di legna. «Fermati, maledetto!» e mentre gridava queste parole, i pensieri gli si affollavano in testa: Ma che uomo è uno che fa quest’orrore a Natale?
Che il postino impegnato a trascinare il pesante sacco di juta fosse un uomo non era affatto scontato. E infatti quando si girò e strappò la barba posticcia comparve il viso di una ragazza bellissima dagli occhi color verde smeraldo.
Cuore di ghiaccio, Marco riuscì solo a guardarla correre via e sparire nel folto della foresta.
«Hai fatto quello che potevi» gli disse Heimo. «Adesso cerchiamo di riposare. Domani penseremo al da farsi.»
Sonno di pietra. Notte agitata.
Sognò di correre in mezzo alla foresta, a perdifiato, fino alle rive di un lago. Sognò di continuare a camminare nell’acqua smeraldina, come gli occhi della ragazza. Sognò che, ad ogni passo, sentiva il cuore riempirsi di un dolore così profondo da farlo piangere, urlare. E implorare perdono. Sognò. E l’indomani, quando scese per colazione, era stremato come avesse corso davvero tutta la notte. Come avesse pianto davvero.
In cucina Heimo era in piedi davanti alla finestra.
«Bongiorno» disse Kasia, ma dal tono si capiva che non lo era per niente. Mise il latte a scaldare, riempì un piatto di biscotti allo zenzero e nascose un singhiozzo dentro un fazzoletto.
«Che succede?» chiese Marco.
«Ha preso Uljas» disse il vecchio con aria cupa.
«Come? Chi?» Domanda stupida. E subito un’altra, ancora più stupida: «Qualcuno è andato a cercarlo?» Poi finalmente qualcosa di sensato.
L’immagine di quegli occhi smeraldini, pieni di lacrime come le acque del lago. Come quelli di Kasia. «Lo so io dov’è» disse.
«Come lo sai?» fece Heimo «Sei appena sceso dal letto.»
«Credimi, lo so.»
«E allora andiamo!»
«No. Devo farlo da solo» disse risoluto.
Trovò il lago senza fatica, appena oltre la foresta. Come lo conoscesse, come ci fosse già stato mille volte. Come l’avesse sognato tutta la notte.
E sulla riva, la ragazza e Uljas. Seduti, a chiacchierare placidamente. Come si conoscessero. Come l’avessero già fatto mille volte.
Sentendolo arrivare, lei si girò e gli sorrise: «Vieni, siediti con noi. C’è ancora un po’ di succo di mirtillo caldo.»
Restarono così, a guardare gli alberi specchiarsi sull’acqua ghiacciata.
«È bello qui, non trovi?»
Marco annuì e poi: «Devo chiedertelo.»
«Lo so» disse lei. Fece un gran respiro e cominciò a raccontare.
Gli disse che quella era la sua casa, come Maan Loppu lo era per Uljas, ma che ormai non era rimasto quasi più niente. Solo lacrime e dolore.
«E lo sai perché?» disse con voce rotta. «Per puro piacere.»
«Non è possibile! Chi può essere così crudele?»
«Siamo animali, tutti. Ma il più spietato è l’uomo. Mi chiedi il perché di tutto quell’orrore? Vi ho soltanto restituito la stessa malvagità che ci avete insegnato.»
«Ma no, la gente di qui non è cattiva, credimi!»
«Lo pensi davvero? Li hai mai guardati negli occhi quando imbracciano un fucile, quando prendono la mira… quando sparano e portano a casa la preda? Li hai mai guardati?» E mentre lo diceva, la sua pelle di seta si ricopriva di un manto ambrato e lucente, il volto si allungava fino a diventare il muso grazioso di una cerva. «Cosa pensi che faranno i tuoi amici quando vedranno questo?»
Marco non credeva ai suoi occhi.
«Lo sapevo, lo sapevo che eri magica!» gridava Uljas felice.
«Tutti lo siamo» disse lei. «Solo che voi l’avete dimenticato.»
Ad un tratto Marco scattò in piedi: «Ho un’idea. Ti fidi di me?»
«Nemmeno un po’» disse lei.
«Perfetto. Allora adesso torneremo al villaggio, ma voi due resterete indietro. Mi darete qualche minuto di vantaggio e poi vi farete vedere. E tu Uljas, mi raccomando, stalle vicino.»
«Vicino quanto? Così?» disse mettendole una manina sul dorso.
«Esattamente. Non devi allontanarti nemmeno di un passo.»
«E papà? Può venire anche lui?»
«Beh… veramente…»
«Certo che può venire» fece lei. «A patto che si comporti bene.»
«Ma come? Allora non…»
«I pacchi dici? Oh, un trucchetto da poco. Magari un giorno ti spiego come si fa.»
«Un trucchetto?»
«Ma sì, più o meno come questo.» E in quel momento, dal lago, emersero gli uomini. Sorridenti, eppure spaesati come li avessero svegliati nel cuore della notte.
«Non ci credo» disse Marco. «E sono persino asciutti!»
«Ecco, quello è stato un filino più complicato» fece lei sorridendo. «Andiamo?»
A questo punto si potrebbe narrare di baci, abbracci, discussioni, concessioni e ripicche. In sostanza di come la gente affrontò la questione.
Si potrebbe, ma discutere di caccia coi cacciatori è come spalare acqua con un forcone.
Vi basti sapere che da allora a Maan Loppu, a Natale, le tavole si riempiono di ogni ben di Dio.
Ma non cervo arrosto.
C’è da chiedersi come l’abbiano presa le renne. Ancora uccise, cucinate, appese come trofeo nei salotti delle case per bene.
Una in particolare.
Con gli occhi verde smeraldo.
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
2Scrittura controllata in una fiaba quasi ecologista, buona lettura adatta al periodo. Poche osservazioni:
1) Se dopo un dialogo prosegui con la narrazione, a fine dialogo devi comunque mettere un segno d’interpunzione; per esempio in questi brani: «Tranquilla» fece Heimo. / «Non sono meglio, ma se ne può fare a meno» disse sottovoce. / «Vengo anch’io» fece Marco, eccetera; in questi tre esempi occorre una virgola ma, in altri casi, potrebbero essere utili altri segni; questa necessità, oltre che sintattica, è anche prosodica, aiuta il lettore;
2) Il ruolo di Marco nella vicenda è poco plausibile; certo, è una fiaba, e quindi non si sta tanto a guardare a questo aspetto…
3) Non ho capito il finale: la ragazza magica è una cerva che ammonisce la comunità lappone di non dare la caccia a questi animali; la comunità impara l’antifona e caccia invece le renne (qui c’è un’apprezzabile nota ironica); ma nelle ultime tre righe lasci intendere che la ragazza magica sia invece una renna. Quindi ci sono e possibilità: i) io non ho capito, scusa; ii) tu ti sei sbagliato e devi cambiare qualcosa; iii) la ragazza è uno spirito magico più “alto”, non è solamente un cervo ma rappresenta tutti gli animali; spiegazione tortuosa che andrebbe meglio esplicitata.
Complimenti.
1) Se dopo un dialogo prosegui con la narrazione, a fine dialogo devi comunque mettere un segno d’interpunzione; per esempio in questi brani: «Tranquilla» fece Heimo. / «Non sono meglio, ma se ne può fare a meno» disse sottovoce. / «Vengo anch’io» fece Marco, eccetera; in questi tre esempi occorre una virgola ma, in altri casi, potrebbero essere utili altri segni; questa necessità, oltre che sintattica, è anche prosodica, aiuta il lettore;
2) Il ruolo di Marco nella vicenda è poco plausibile; certo, è una fiaba, e quindi non si sta tanto a guardare a questo aspetto…
3) Non ho capito il finale: la ragazza magica è una cerva che ammonisce la comunità lappone di non dare la caccia a questi animali; la comunità impara l’antifona e caccia invece le renne (qui c’è un’apprezzabile nota ironica); ma nelle ultime tre righe lasci intendere che la ragazza magica sia invece una renna. Quindi ci sono e possibilità: i) io non ho capito, scusa; ii) tu ti sei sbagliato e devi cambiare qualcosa; iii) la ragazza è uno spirito magico più “alto”, non è solamente un cervo ma rappresenta tutti gli animali; spiegazione tortuosa che andrebbe meglio esplicitata.
Complimenti.
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
3Ciao @aladicorvo , mica male il finale.. ambiguoooooo!!
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Parhaat toivotukset hyvää vappua [/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Parhaat toivotukset hyvää vappua [/font]
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
4Ciao @bezzicante.
Ho voluto un apparente lieto fine, zuccheroso oltre la decenza, per anticipare le prevedibili rivendicazioni del Comparto Renne.
Insomma, per dire che la faccenda non è risolta manco per niente (troppo comodo cavarsela con un cambio menù).
Grazie del passaggio.
Ho voluto un apparente lieto fine, zuccheroso oltre la decenza, per anticipare le prevedibili rivendicazioni del Comparto Renne.
Insomma, per dire che la faccenda non è risolta manco per niente (troppo comodo cavarsela con un cambio menù).
Grazie del passaggio.
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
5wrote:aladicorvoVoleva un Natale ai Caraibi, Laura, come nei film dei Vanzina, ma lui aveva prenotato la sorpresa: Finlandia, anzi di più: Lapponia.Meglio citare soltanto Lapponia, questa regione comprende anche parte della Norvegia e della Svezia, non è né più né di meno delle parti degli altri due stati, o forse io non sono informata della differenza.
wrote:aladicorvo’abbia mollato ancora prima di partire.L'avrei mollato anch'io!
wrote:aladicorvo«Ti ci porto io a Rovaniemi. E ti assicuro che non te la scordi più.»Mi fa ridere, sembra una minaccia.
wrote:aladicorvoE iniziò un parlottio serrato che, a giudicare da quello che passava dagli scaffali al bancone, doveva riguardare salsa di mirtillo, aringhe affumicate e formaggio. Ma anche qualcosa che non c’era e che in breve scatenò una crisi di piantoÈ una scena strana, mi ha costretto a rileggere. Non è per essere pedante, ma se non arriva subito si può renderla più chiara.
wrote:aladicorvo Mise la spesa in un borsone, pagò e uscì.Qui ho compreso la scena dei barattoli che vanno a finire sul bancone dagli scaffali.
wrote:aladicorvo Perché sei qui? Perché tu invece del mio Petri? Perché non torna?Brutto pensiero, qualcosa di brutto che riguarda Valdo, ma che poi non trova riscontro. Oppure la caccia è obbligatoria per tutti i maschi, da quelle parti.
wrote:aladicorvootte di giaccio. Luna di ghiaccio. Il vento sussurrava tra i rami.Ghiaccio
wrote:aladicorvoBongiorno» disse Kasia, ma dal tono si capiva che non lo era per niente. Mise il latte a scaldare, riempì un piatto di biscotti allo zenzero e nascose un singhiozzo dentro un fazzoletto.Qui arriva la parte magica. perché Marco? Lui non è un cacciatore, ha rapito il nipote di Heimo, la magia riguarda quelli del posto credo.
«Che succede?» chiese Marco.
«Ha preso Uljas» disse il vecchio con aria cupa.
«Come? Chi?» Domanda stupida. E subito un’altra, ancora più stupida: «Qualcuno è andato a cercarlo?» Poi finalmente qualcosa di sensato.
L’immagine di quegli occhi smeraldini, pieni di lacrime come le acque del lago. Come quelli di Kasia. «Lo so io dov’è» disse.
«Come lo sai?» fece Heimo «Sei appena sceso dal letto.»
«Credimi, lo so.»
«E allora andiamo!»
«No. Devo farlo da solo» disse risoluto.
Quando ha rapito il bimbo?
Mise il latte a scaldare, riempì un piatto di biscotti allo zenzero e nascose un singhiozzo dentro un fazzoletto.
No conosco la gente di quei posti, temprati dalla neve e dal gelo fino al centro del cuore. Nelle più calde latitudini,Kasia sarebbe distrutta dal dolore.
wrote:aladicorvoCome si conoscessero. Come l’avessero già fatto mille volte.Una normalità che mi spiazza, mi aspettavo una specie di battaglia, e mi domandavo perché va Marco da solo? forse gli altri lo seguiranno.
Sentendolo arrivare, lei si girò e gli sorrise: «Vieni, siediti con noi. C’è ancora un po’ di succo di mirtillo caldo.»
Restarono così, a guardare gli alberi specchiarsi sull’acqua ghiacciata.
«È bello qui, non trovi?»
Marco annuì e poi: «Devo chiedertelo.»
Invece Marco arriva e viene invitato a un pic nic non sembra per niente allarmato.
wrote:aladicorvoMa il più spietato è l’uomo. Mi chiedi il perché di tutto quell’orrore? Vi ho soltanto restituito la stessa malvagità che ci avete insegnato.»Mi chiedo ancora perché Marco e non Valdo, omaccione lappone fino nelle ossa che non gli piace la caccia al cervo?
«Ma no, la gente di qui non è cattiva, credimi!»
wrote:aladicorvoAd un tratto Marco scattò in piedi: «Ho un’idea. Ti fidi di me?»Il finale mi ha lasciato stordita: Marco propone una camminata fino al villaggio col bambino che deve stare a una certa distanza dalla ragazza/cerva. Non ne ho compreso l'intenzione.
«Nemmeno un po’» disse lei.
«Perfetto. Allora adesso torneremo al villaggio, ma voi due resterete indietro. Mi darete qualche minuto di vantaggio e poi vi farete vedere. E tu Uljas, mi raccomando, stalle vicino.»
«Vicino quanto? Così?» disse mettendole una manina sul dorso.
«Esattamente. Non devi allontanarti nemmeno di un passo.»
«E papà? Può venire anche lui?»
«Beh… veramente…»
«Certo che può venire» fece lei. «A patto che si comporti bene.»
«Ma come? Allora non…»
«I pacchi dici? Oh, un trucchetto da poco. Magari un giorno ti spiego come si fa.»
«Un trucchetto?»
«Ma sì, più o meno come questo.» E in quel momento, dal lago, emersero gli uomini. Sorridenti, eppure spaesati come li avessero svegliati nel cuore della notte.
«Non ci credo» disse Marco. «E sono persino asciutti!»
«Ecco, quello è stato un filino più complicato» fece lei sorridendo. «Andiamo?»
Il bambino sa che i cacciatori sono vivi. Tornano tutti a casa felici e contenti.
L'ecologia, e la solidarietà verso tutti gli animali va a farsi fottere, non si ammazzano più cervi ma daje co le renne, scoiattoli, passerotti, tutto quello che capita a tiro, basta che è bono sulla brace.
In conclusione, @aladicorvo nulla da dire sulla tua abilità nella scrittura, l'inizio promette bene, ma dopo lo stacco magico tutto diventa inverosimile, un po' troppo.
Nelle frasi sottolineate, la cerva parla come la ragazza che fa le unghie quando gli chiedi uno stamping art millimetrico.
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
6Bella fiaba, davvero davvero originale e scritta come piace a me. Grazie per questo gioiellino e complimenti per come hai inserito il tuo dono nel racconto. Tanti cari auguri @aladicorvo
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
7Albascura wrote: Mon Jan 06, 2025 4:57 amse non arriva subito si può renderla più chiara.Quanto hai ragione, @Albascura. Temo di essere tra quelli che se la cantano e se la suonano e poi si stupiscono che gli altri non seguano la canzone.
Nelle mie intenzioni c’era l’idea che non dovrebbe aver senso dividere il mondo in Noi e Loro, che si è tutti fette dello stesso pane (figurati che ai miei ragazzi del liceo cercavo di spiegare così il Neoplatonismo di Michelangelo, roba da pazzi!)
Albascura wrote: Mon Jan 06, 2025 4:57 amMi chiedo ancora perché Marco e non ValdoValdo è cretino e, come gli altri, prono alla regola del Si è sempre fatto così. Marco invece, figlio dell’incontaminata purezza metropolitana , è l’unico che avrebbe potuto fare la differenza. L’unico che intuisce il nesso tra sogno e realtà. L’unico a cui, come al bambino, è concesso il dono di una provvisoria innocenza.
Per tutti è il Mostro che ha preso il bambino. Ma il Mostro beve succo di mirtillo, guarda ciò che resta della sua casa e accetta il rischio di dare all’Uomo un’altra possibilità.
Tutto questo Uljas l’ha capito, nessuno deve spiegarglielo. E tornare al villaggio accanto alla cerva, con la manina sul dorso peloso, dovrebbe farlo capire alche agli altri. Dovrebbe…
Vabbè, ci devo lavorare.
Grazie, cara
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
8aladicorvo wrote: Sat Jan 04, 2025 6:18 pmChe il postino impegnato a trascinare il pesante sacco di juta fosse un uomo non era affatto scontato. E infatti quando si girò e strappò la barba posticcia comparve il viso di una ragazza bellissima dagli occhi color verde smeraldo.Una donna, quindi: e poi depisti il lettore qui sotto. Brava!
Cuore di ghiaccio, Marco riuscì solo a guardarla correre via e sparire nel folto della foresta.
aladicorvo wrote: Sat Jan 04, 2025 6:18 pmL’immagine di quegli occhi smeraldini, pieni di lacrime come le acque del lago. Come quelli di Kasia. «Lo so io dov’è» disse.Kasia?
aladicorvo wrote: Sat Jan 04, 2025 6:18 pm«Siamo animali, tutti. Ma il più spietato è l’uomo. Mi chiedi il perché di tutto quell’orrore? Vi ho soltanto restituito la stessa malvagità che ci avete insegnato.»Una cerbiatta, quindi?
«Ma no, la gente di qui non è cattiva, credimi!»
«Lo pensi davvero? Li hai mai guardati negli occhi quando imbracciano un fucile, quando prendono la mira… quando sparano e portano a casa la preda? Li hai mai guardati?» E mentre lo diceva, la sua pelle di seta si ricopriva di un manto ambrato e lucente, il volto si allungava fino a diventare il muso grazioso di una cerva. «Cosa pensi che faranno i tuoi amici quando vedranno questo?»
aladicorvo wrote: Sat Jan 04, 2025 6:18 pmA questo punto si potrebbe narrare di baci, abbracci, discussioni, concessioni e ripicche. In sostanza di come la gente affrontò la questione.Una renna, quindi?
Si potrebbe, ma discutere di caccia coi cacciatori è come spalare acqua con un forcone.
Vi basti sapere che da allora a Maan Loppu, a Natale, le tavole si riempiono di ogni ben di Dio.
Ma non cervo arrosto.
C’è da chiedersi come l’abbiano presa le renne. Ancora uccise, cucinate, appese come trofeo nei salotti delle case per bene.
Una in particolare.
Con gli occhi verde smeraldo.
Non capisco. Facendo l'ultimo riferimento, rimandi il lettore alla "postina" che ha narrato la storia a Marco e a Uljas, che hai descritto mentre si ritrasforma in cerva. Allora perché, tra le renne-trofeo, ci metti anche lei?
Comunque, penso sia una svista e poco toglie alla bellezza e al messaggio di questa fiaba. Brava, @aladicorvo
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
9Piacevolissima lettura, brava. Marco privo di esperienza che si avventurra da solo? Be' ci sta per due motivi: ha sognato il luogo ed è il personaggio di una favola.
Il tuo testo ci suggerisce, in sintesi, che: Gli animali sono meno animali degli uomini.
Bella scrittura, come sempre.
Auguri di buon anno
Il tuo testo ci suggerisce, in sintesi, che: Gli animali sono meno animali degli uomini.
Bella scrittura, come sempre.
Auguri di buon anno
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
10Llink ai miei commenti (più approfonditi quelli in grassetto):
https://www.costruttoridimondi.org/forum/viewtopic.php?p=69860#p69860
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Re: [CN24] Fiaba d'inverno
12Ciao @aladicorvo , ho letto con passione, come sempre, anche questo racconto. Un'invidiabile capacità di scrittura e di tenere in tensione il lettore fino alla fine.
Visto che è una favola anche il messaggio finale è giustamente favolistico. Provo a spiegarmi. Mi è piaciuta la discriminazione che evidenzi tra renne e cervi, ma se vogliamo fare un'analisi ad ampio raggio, i peggiori di tutti a farne le spese, nell'irrazionalità dell'uomo, credo siano i poveri topolini. A parte qualche tempio induista in India e qualche freakettone che se li tiene sulla spalla, è l'animale più sterminato nella storia della terra senza aver fatto del male a nessuno. Vabbè, solo per colpa di una pulce che si è fatta trasportare diffondendo la peste, viene ancora visto come il male assoluto.
Non riterrei però il racconto con un finale prettamente ecologista, come è stato fatto presente. In quelle terre impervie forse cacciare un animale selvatico fa parte di una lotta per la sopravvivenza. Non a caso parli di prede, lo stesso concetto che hanno i lupi o gli orsi. Devo aver visto tanti anni fa un documentario (lo ricordo ancora adesso) in cui dei lapponi, dopo aver ucciso una renna facevano una preghiera per la sua anima o qualcosa del genere.
La cosa raccapricciante sono gli allevamenti e mattatoi... ma entriamo in un tunnel.
Purtroppo anch'io faccio parte di quel controsenso che pervade l'essere umano. Non uccido neanche le zanzare ma ogni tanto mangio il prosciutto o la scatoletta di tonno, ignorando o dimenticando il loro percorso che li ha portati fino alle tavole. Questo dovrebbero insegnare ai bambini.
Pardon per la divagazione.
Sempre bello leggerti.
Visto che è una favola anche il messaggio finale è giustamente favolistico. Provo a spiegarmi. Mi è piaciuta la discriminazione che evidenzi tra renne e cervi, ma se vogliamo fare un'analisi ad ampio raggio, i peggiori di tutti a farne le spese, nell'irrazionalità dell'uomo, credo siano i poveri topolini. A parte qualche tempio induista in India e qualche freakettone che se li tiene sulla spalla, è l'animale più sterminato nella storia della terra senza aver fatto del male a nessuno. Vabbè, solo per colpa di una pulce che si è fatta trasportare diffondendo la peste, viene ancora visto come il male assoluto.
Non riterrei però il racconto con un finale prettamente ecologista, come è stato fatto presente. In quelle terre impervie forse cacciare un animale selvatico fa parte di una lotta per la sopravvivenza. Non a caso parli di prede, lo stesso concetto che hanno i lupi o gli orsi. Devo aver visto tanti anni fa un documentario (lo ricordo ancora adesso) in cui dei lapponi, dopo aver ucciso una renna facevano una preghiera per la sua anima o qualcosa del genere.
La cosa raccapricciante sono gli allevamenti e mattatoi... ma entriamo in un tunnel.
Purtroppo anch'io faccio parte di quel controsenso che pervade l'essere umano. Non uccido neanche le zanzare ma ogni tanto mangio il prosciutto o la scatoletta di tonno, ignorando o dimenticando il loro percorso che li ha portati fino alle tavole. Questo dovrebbero insegnare ai bambini.
Pardon per la divagazione.
Sempre bello leggerti.
Re: [CN24] Fiaba d'inverno
13Ciao @aladicorvo originale e ben pensata, la tua fiaba di Natale che mette zizzania tra cervi e renne
Mi sono divertita a leggerla e la trovo ben riuscita, il solo aspetto su cui mi permetto di fare un'osservazione è la presenza di Marco. Inserire un personaggio italiano, e farne l'elemento centrale della soluzione del problema, ti obbliga a fare sì che lui comprenda cosa dicono gli abitanti del villaggio. E se, con un po' di forzature, è verosimile che il bambino con bisnonna italiana parli spontaneamente in italiano, non si capisce perché Valdo e tutti gli altri nel bar si mettano a discutere della situazione e delle loro inquietudini e progetti in italiano. Solo perché sono molto cortesi e non vogliono far sentire escluso l'ospite? Vista la tensione di tutti, mi sembra più probabile che parlino nella propria lingua.
Insomma, secondo me, eliminando il personaggio straniero, e tenendo solo i personaggi locali, puoi farli parlare normalmente tra loro nella loro lingua, che per ovvi motivi nel racconto è tradotta in italiano, ma è ben chiaro al lettore che stiano tutti parlando in suomi (o quel che è, spero di non offendere nessun lappone, sono ignorante). Il ruolo di Marco nell'interazione con la "postina" e la soluzione del problema può svolgerlo un altro personaggio, magari il bambino, se serve un personaggio "estraneo" alla cerchia dei cacciatori. Il piccolo, normalmente, non dovrebbe ancora avere abbattuto cervi.
Come al solito, se la mia riflessione ti sembra insensata, f****tene senza problemi.
Un saluto
Mi sono divertita a leggerla e la trovo ben riuscita, il solo aspetto su cui mi permetto di fare un'osservazione è la presenza di Marco. Inserire un personaggio italiano, e farne l'elemento centrale della soluzione del problema, ti obbliga a fare sì che lui comprenda cosa dicono gli abitanti del villaggio. E se, con un po' di forzature, è verosimile che il bambino con bisnonna italiana parli spontaneamente in italiano, non si capisce perché Valdo e tutti gli altri nel bar si mettano a discutere della situazione e delle loro inquietudini e progetti in italiano. Solo perché sono molto cortesi e non vogliono far sentire escluso l'ospite? Vista la tensione di tutti, mi sembra più probabile che parlino nella propria lingua.
Insomma, secondo me, eliminando il personaggio straniero, e tenendo solo i personaggi locali, puoi farli parlare normalmente tra loro nella loro lingua, che per ovvi motivi nel racconto è tradotta in italiano, ma è ben chiaro al lettore che stiano tutti parlando in suomi (o quel che è, spero di non offendere nessun lappone, sono ignorante). Il ruolo di Marco nell'interazione con la "postina" e la soluzione del problema può svolgerlo un altro personaggio, magari il bambino, se serve un personaggio "estraneo" alla cerchia dei cacciatori. Il piccolo, normalmente, non dovrebbe ancora avere abbattuto cervi.
Come al solito, se la mia riflessione ti sembra insensata, f****tene senza problemi.
Un saluto
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)
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