[Lab15] Carillon

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Occhi infuocati, sudore sulla fronte, muscoli tesi, i tuoi, i miei. Il tuo fiato sul mio collo, il mio respiro affannoso, le mani, le tue, addosso.


Non è la prima volta che danziamo questa coreografia di sospiri e corpi intrecciati. Quando per la prima volta ballammo eri tu a condurre, partner esperto, mentre al ritmo dei nostri cuori innamorati ci toglievamo i vestiti, ci toccavamo, gridavamo in un crescendo di piacere, volteggiando in una perfetta pirouette. Il tuo fiato sul mio collo, mentre mi baciavi; mani ovunque, addosso. Mi sollevavi con la grazia e la potenza di un primo ballerino. Ed io, come da sempre mi è stato insegnato, ti lasciavo sempre aprire le danze e mi facevo guidare, mi facevo sostenere, eterea, leggerissima ballerina, nata e cresciuta per essere piuma al vento fra le tue braccia. Sono stata la femmina del pavone, piccola e dal piumaggio scuro, ammirando la bellezza della tua ruota variopinta, accettando il tuo suadente invito.
Il primo tango irresistibile è divenuto il valzer rituale della vita di coppia, arte difficile, da perfezionare dopo lunghi anni di studio e complicità. Ancora tu apristi le danze ed io, candida debuttante, mi lasciai guidare dal tuo passo in sei ottavi, una carezza alla volta, un compromesso alla volta, una rinuncia alla volta. Il mio compito era essere bellissima, nel mio lungo vestito scintillante, e lo sono stata, senza mai pestarti i piedi.

Non è mai stata mia la prima mossa. La danza lasciva del pavone mi è ignota, soppressa da quella voce interiore che sempre mi dice: “lascia fare a lui”. Questa nostra ultima danza, dunque, non potevi che iniziarla tu quando, al culmine dell’ennesimo litigio, mi hai messo le mani intorno al collo e hai iniziato a stringere.

L’orchestra ha iniziato a suonare. Il primo pedone bianco ha fatto il suo passo sulla scacchiera. I tuoi occhi non sono più infuocati di eccitazione, ma di rabbia. Le tue mani addosso vogliono uccidermi, il fiato che ho sul collo è quello del mio amore e del mio assassino.
Fare sesso, ballare un tango, giocare a scacchi, vivere la vita, tirare un pugno, strangolare la tua fidanzata: è la stessa cosa, ora lo vedo. “Lascia fare a lui”, e così ho fatto: in questa danza assurda che viviamo dal primo momento, conosco alla perfezione le tue aperture, la tua strategia.
Questa volta conduco io: o ballo o muoio.
La prima cosa che vedo è il tuo collo. Colpisco con un pugno, più forte che posso, là dove tante volte ti ho baciato; colto di sorpresa, tu gemi, stavolta di dolore, e allenti la presa.
Sulla musica incessante del mio battito impazzito sferro il secondo colpo, mirando ai tuoi azzurri, bellissimi occhi. Mentre affondo chirurgicamente due polpastrelli nell’occhio sinistro e ti sento emettere un grido di dolore e rabbia, ripenso al nostro primo bacio. “Hai degli occhi bellissimi”, ti avevo detto, e mi perdevo in quei tuoi profondi laghi di montagna, specchio delle mie illusioni, pozzo senza fine in cui sono stata certa di trovare amore. E tu rispondesti solo: “anche tu”, e mi baciasti con forza. Ma li avevi almeno guardati, i miei occhi? Non ricordo, non so più.
“Puttana, ti ammazzo!”, stai gridando adesso, ma io non sento nulla se non l’aria che è tornata nei miei polmoni, dopo che le tue mani mi hanno lasciata.
“Troia! Devi morire come un cane!”, sei caduto in ginocchio. Non è la prima volta che ti vedo da questa prospettiva; l’ultima volta è stato proprio contro questo muro e non mi hai nemmeno tolto i vestiti, hai infilato la testa sotto la mia gonna. Ora, però, l’incontro è tra la tua faccia e il mio ginocchio; sento qualcosa di caldo, è il mio sangue. L’incisivo colpevole di avermi tagliato ora è spezzato in due. Qualunque cosa accada sono contenta, almeno, di aver rovinato il tuo sorriso crudele.
 
Ora è il momento del climax, il gran finale, sei per terra e io ti salto sopra, come in Dirty dancing, il mio cuore batte fortissimo, il collo mi fa male, respiro a fatica, mi lacrimano gli occhi, non vedo, non vedo niente, una grande macchia rosa, un punto di azzurro e uno di rosso dove una volta c’era il tuo secondo occhio blu, stiamo ansimando, stiamo gridando, ti blocco le mani ma sono debole sono debole sono troppo debole e ho paura, non voglio farti male, ti liberi dalla mia presa, rivoglio tutto come prima, ma era solo un'illusione?, ci vedo nitido, le mie lacrime sono cadute sulla tua faccia, mi dispiace mi dispiace scusami scusami voglio tornare indietro, ho paura, voglio ucciderti qui andare avanti scappare via, rivoglio i tuoi occhi che mi guardano dolcissimi, no, era tutto falso non mi hai mai amata non mi hai mai amata io ero trasparente e tu guardavi oltre me, io non ero lì, ma io ti ho scelto ti ho amato ti ho trovato in mezzo a tutti gli altri, sono stata una stupida, aveva ragione la mamma, mamma, mamma ti prego salvami
 
Male alla testa. Bruciore in faccia. Non riesco a muovere le braccia. Tutto è accaduto in un secondo e ora sei di nuovo tu alla guida, sopra di me.
Fare sesso, ballare come in Dirty dancing, tirare un pugno, giocare a scacchi, sopravvivere al tuo fidanzato. Sono arte, strategia, memoria muscolare. Ma non mi sono allenata abbastanza.
Mentre le tue mani mi soffocano ancora, ho paura e mi pento. Ma gli occhi che ti ho tolto erano così belli.

Avevi ragione tu, mamma, quando odiavi mio padre, quando odiavi tuo padre. Ma allora perché mi hai fatta nascere? Certo, anche papà ha dei bellissimi occhi.
Mi gira la testa, non riesco a respirare. Il tuo viso sfregiato e bello non lo vedo più, i pensieri mi abbandonano, il mio corpo non è più mio, in verità non lo è mai stato. E penso al tuo carillon, mamma, quello d’argento, con i due ballerini che giravano e giravano sulle note del Lago dei cigni, stretti in un abbraccio. “Voglio essere come lei”, dicevo, “no, non devi girare a vuoto”. “Ovvio che no, mamma!”, ma solo ora capisco.
Giriamo tutte a vuoto, bellissime, i nostri corpi fusi insieme a quel ballerino di gelido argento. O balli o muori? No, non sei tu a scegliere di poterti muovere. Perdonami, mamma. Sopravvivi almeno tu a questa danza macabra dove mi hai gettata, dove tua madre ti ha gettata, dove sua nonna l’ha gettata.

“Tu sei mia. E adesso muori.”

Re: [Lab15] Carillon

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Areeanna ha scritto: Occhi infuocati, sudore sulla fronte, muscoli tesi, i tuoi, i miei. Il tuo fiato sul mio collo, il mio respiro affannoso, le mani, le tue, addosso.
Dopo "muscoli tesi" i due punti aprirebbero, meglio di una virgola, la descrizione.

Occhi infuocati, sudore sulla fronte, muscoli tesi: i tuoi, i miei. 

Un buon incipit, che apre a una storia oscura. 
Areeanna ha scritto: Non è mai stata mia la prima mossa. La danza lasciva del pavone mi è ignota, soppressa da quella voce interiore che sempre mi dice: “lascia fare a lui”. Questa nostra ultima danza, dunque, non potevi che iniziarla tu quando, al culmine dell’ennesimo litigio, mi hai messo le mani intorno al collo e hai iniziato a stringere.
Brava! Qui sorprendi il lettore, ance quello preparato al climax.
Areeanna ha scritto: Questa volta conduco io: o ballo o muoio.
Ti suggerisco:
Questa volta sono io a condurre le danze!
Areeanna ha scritto: Sulla musica incessante del mio battito impazzito sferro il secondo colpo,
Ti consiglio:

Sulla musica incessante del mio cuore che batte impazzito, sferro il secondo colpo.
Areeanna ha scritto: Ora è il momento del climax, il gran finale, sei per terra e io ti salto sopra, come in Dirty dancing, il mio cuore batte fortissimo, il collo mi fa male, respiro a fatica, mi lacrimano gli occhi, non vedo, non vedo niente, una grande macchia rosa, un punto di azzurro e uno di rosso dove una volta c’era il tuo secondo occhio blu, stiamo ansimando, stiamo gridando, ti blocco le mani ma sono debole sono debole sono troppo debole e ho paura, non voglio farti male, ti liberi dalla mia presa, rivoglio tutto come prima, ma era solo un'illusione?, ci vedo nitido, le mie lacrime sono cadute sulla tua faccia, mi dispiace mi dispiace scusami scusami voglio tornare indietro, ho paura, voglio ucciderti qui andare avanti scappare via, rivoglio i tuoi occhi che mi guardano dolcissimi, no, era tutto falso non mi hai mai amata non mi hai mai amata io ero trasparente e tu guardavi oltre me, io non ero lì, ma io ti ho scelto ti ho amato ti ho trovato in mezzo a tutti gli altri, sono stata una stupida, aveva ragione la mamma, mamma, mamma ti prego salvami
So che l'hai fatto apposta, per il ritmo dell'azione incalzante, per renderlo ancora più turbinoso, come una folle danza, appunto. E senza il punto finale in cui sbattere e fermarsi.
Però, questa raffica di virgole, personalmente, mi disturba. Meglio alternare qualche punto e virgola per far riprendere fiato al lettore.
Areeanna ha scritto: Mentre le tue mani mi soffocano ancora, ho paura e mi pento. Ma gli occhi che ti ho tolto erano così belli.
Dici che ti penti di avergli cavato gli occhi e poi aggiungi "ma" che dovrebbe anticipare una giustificazione. Perché erano belli? Non capisco... Per conservarseli?
Areeanna ha scritto: dom nov 24, 2024 3:27 pmAvevi ragione tu, mamma, quando odiavi mio padre, quando odiavi tuo padre. Ma allora perché mi hai fatta nascere? Certo, anche papà ha dei bellissimi occhi.
Mi gira la testa, non riesco a respirare. Il tuo viso sfregiato e bello non lo vedo più, i pensieri mi abbandonano, il mio corpo non è più mio, in verità non lo è mai stato. E penso al tuo carillon, mamma, quello d’argento, con i due ballerini che giravano e giravano sulle note del Lago dei cigni, stretti in un abbraccio. “Voglio essere come lei”, dicevo, “no, non devi girare a vuoto”. “Ovvio che no, mamma!”, ma solo ora capisco.
Giriamo tutte a vuoto, bellissime, i nostri corpi fusi insieme a quel ballerino di gelido argento. O balli o muori? No, non sei tu a scegliere di poterti muovere. Perdonami, mamma. Sopravvivi almeno tu a questa danza macabra dove mi hai gettata, dove tua madre ti ha gettata, dove sua nonna l’ha gettata.

“Tu sei mia. E adesso muori.”
Alla fine, la forza bruta dell'uomo è destinata a vincere.
Una triste fine che si ripete di generazione in generazione... salvo un caso.

Brava @Areeanna   :)

Bella anche la metafora del carillon. 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab15] Carillon

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Un testo che giunge a proposito nella giornata del 25 novembre, cara @Areeanna 
Inutile dire che ogni giorno dovrebbe essere così, ma il mondo ha preso questa piega e insieme alla vecchia e lieta festa della mamma ci ritroviamo a riflettere sulla giornata contro la violenza sulle donne. 
Analizzando ll’incipit c’è da tenere conto di un aspetto rilevante: la traccia “danza” che abbiamo tutti in testa. Mi sono chiesta cosa avrei capito da un incipit così se lo avessi letto senza il pregiudizio del tema…
Areeanna ha scritto: Occhi infuocati, sudore sulla fronte, muscoli tesi, i tuoi, i miei. Il tuo fiato sul mio collo, il mio respiro affannoso, le mani, le tue, addosso.
A una prima lettura non si capisce se chi parla sia un uomo o una donna.  Nel primo periodo le immagini suggeriscono l’attimo prima di una “lotta”  (gli occhi infuocati’, i muscoli tesi). La seconda parte però sembra leggermente più morbida e potrebbe suggerire un possibile incontro sensuale.

Poi il racconto si sviluppa in crescendo drammatico dall’epilogo tragico. 
Mi è piaciuta l’idea della danza d’amore che assume tonalità via via più scure col passare del tempo. La resa di questa parte la trovo ben riuscita. 
La descrizione della violenza reciproca mi ha convinta di meno. Ci sono un po’ di luoghi comuni che potresti rivedere (per esempio gli occhi come laghi di montagna) e anche un po’ di eccessivo moralismo (per mio gusto) e ciò fa sì che la cruenza delle  immagini non sia sufficientemente accompagnata dall’emozione, appare tutto un po’ artefatto. Ma forse è per colpa della realtà che ogni giorno ci presenta veri incubi che superano di gran lunga le più macabre fantasie.

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao @Areeanna  :) Il racconto mi è piaciuto. Un frammento molto crudele e vivido. Le descrizioni ti riescono benissimo, mi piace come hai reso in modo nitido i momenti concitati della lotta e il parallelismo tra il prima e il dopo. Lo chiamo frammento perché narri di un istante, non ci dai modo di conoscere i personaggi e familiarizzare con loro; direi che non ce n'è bisogno, lo vedo più come un corto contro la violenza, e penso funzioni benissimo in quanto tale.
Bella  :D

Re: [Lab15] Carillon

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  ha scritto:AreeannaOcchi infuocati, sudore sulla fronte, muscoli tesi, i tuoi, i miei. Il tuo fiato sul mio collo, il mio respiro affannoso, le mani, le tue, addosso.
Ciao, @Areeanna, troppo poco per considerarlo un incipit. Mancano informazioni perfino intorno al protagonista. Vediamo due corpi ma chi sono?

Unito al resto però:
Non è la prima volta che danziamo questa coreografia di sospiri e corpi intrecciati. Quando per la prima volta ballammo eri tu a condurre, partner esperto, mentre al ritmo dei nostri cuori innamorati ci toglievamo i vestiti, ci toccavamo, gridavamo in un crescendo di piacere, volteggiando in una perfetta pirouette. Il tuo fiato sul mio collo, mentre mi baciavi; mani ovunque, addosso.

Sono due amanti, la scena  è bella e forse nel sotto testo la danza è una metafora, non è danza ma un rapporto che vibra come tale.
Dici questa coreografia,  quindi devo tornare indietro perché a quanto pare nella frase iniziale non ci sono cuori innamorati ma occhi infuocati. In questa parte fai la differenza:
Quando per la prima volta ballammo eri tu a condurre, partner esperto, mentre al ritmo dei nostri cuori innamorati ci toglievamo i vestiti, ci toccavamo, gridavamo in un crescendo di piacere,
due coreografie molto diverse.
  ha scritto:AreeannaEd io, come da sempre mi è stato insegnato, ti lasciavo sempre aprire le danze e mi facevo guidare, mi facevo sostenere, eterea, leggerissima ballerina, nata e cresciuta per essere piuma al vento fra le tue braccia. Sono stata la femmina del pavone, piccola e dal piumaggio scuro, ammirando la bellezza della tua ruota variopinta, accettando il tuo suadente invito.
Il primo tango irresistibile è divenuto il valzer rituale della vita di coppia, arte difficile, da perfezionare dopo lunghi anni di studio e complicità. Ancora tu apristi le danze ed io, candida debuttante, mi lasciai guidare dal tuo passo in sei ottavi, una carezza alla volta, un compromesso alla volta, una rinuncia alla volta. Il mio compito era essere bellissima, nel mio lungo vestito scintillante, e lo sono stata, senza mai pestarti i piedi.
E io non vorrei dirtelo ma troppe metafore stritolano la narrativa. Proprio così, è un mio problema lo so. 
Ritengo che raccontare con chiarezza sia la migliore cosa. Le metafore sono un po' di colore, non di più, meglio non eccedere.
  ha scritto:AreeannaLa prima cosa che vedo è il tuo collo. Colpisco con un pugno, più forte che posso, là dove tante volte ti ho baciato; colto di sorpresa, tu gemi, stavolta di dolore, e allenti la presa.
Ecco così, vedo la scena senza doverla inventare tra parole da decifrare.
  ha scritto:AreeannaSulla musica incessante del mio battito impazzito sferro il secondo colpo, mirando ai tuoi azzurri, bellissimi occhi. Mentre affondo chirurgicamente due polpastrelli nell’occhio sinistro e ti sento emettere un grido di dolore e rabbia, ripenso al nostro primo bacio. “Hai degli occhi bellissimi”, ti avevo detto, e mi perdevo in quei tuoi profondi laghi di montagna, specchio delle mie illusioni, pozzo senza fine in cui sono stata certa di trovare amore. E tu rispondesti solo: “anche tu”, e mi baciasti con forza. Ma li avevi almeno guardati, i miei occhi? Non ricordo, non so più.
“Puttana, ti ammazzo!”, stai gridando adesso, ma io non sento nulla se non l’aria che è tornata nei miei polmoni, dopo che le tue mani mi hanno lasciata.
“Troia! Devi morire come un cane!”, sei caduto in ginocchio. Non è la prima volta che ti vedo da questa prospettiva; l’ultima volta è stato proprio contro questo muro e non mi hai nemmeno tolto i vestiti, hai infilato la testa sotto la mia gonna. Ora, però, l’incontro è tra la tua faccia e il mio ginocchio; sento qualcosa di caldo, è il mio sangue. L’incisivo colpevole di avermi tagliato ora è spezzato in due. Qualunque cosa accada sono contenta, almeno, di aver rovinato il tuo sorriso crudele.
Questa parte mi piace molto, mi hai fatto ricordare il recente film di Paola Cortellesi, C'è ancora domani.
Gli schiaffi e i pugni rappresentati in passi di danza, ma gli sguardi infuocati non erano distorti.
  ha scritto:AreeannaOra è il momento del climax, il gran finale, sei per terra e io ti salto sopra, come in Dirty dancing, il mio cuore batte fortissimo, il collo mi fa male, respiro a fatica, mi lacrimano gli occhi, non vedo, non vedo niente, una grande macchia rosa, un punto di azzurro e uno di rosso dove una volta c’era il tuo secondo occhio blu, stiamo ansimando, stiamo gridando, ti blocco le mani ma sono debole sono debole sono troppo debole e ho paura, non voglio farti male, ti liberi dalla mia presa, rivoglio tutto come prima, ma era solo un'illusione?, ci vedo nitido, le mie lacrime sono cadute sulla tua faccia, mi dispiace mi dispiace scusami scusami voglio tornare indietro, ho paura, voglio ucciderti qui andare avanti scappare via, rivoglio i tuoi occhi che mi guardano dolcissimi, no, era tutto falso non mi hai mai amata non mi hai mai amata io ero trasparente e tu guardavi oltre me, io non ero lì, ma io ti ho scelto ti ho amato ti ho trovato in mezzo a tutti gli altri, sono stata una stupida, aveva ragione la mamma, mamma, mamma ti prego salvami
Non voglio farti male; il pentimento, darsi della stupida, rivolerei suoi occhi in quel momento…ummh mi sembra poco realistico.
Penso che la paura in quel momento le abbia tolto ogni ragione.
  ha scritto:AreeannaAvevi ragione tu, mamma, quando odiavi mio padre, quando odiavi tuo padre. Ma allora perché mi hai fatta nascere? Certo, anche papà ha dei bellissimi occhi.
Mi gira la testa, non riesco a respirare. Il tuo viso sfregiato e bello non lo vedo più, i pensieri mi abbandonano, il mio corpo non è più mio, in verità non lo è mai stato. E penso al tuo carillon, mamma, quello d’argento, con i due ballerini che giravano e giravano sulle note del Lago dei cigni, stretti in un abbraccio. “Voglio essere come lei”, dicevo, “no, non devi girare a vuoto”. “Ovvio che no, mamma!”, ma solo ora capisco.
Consapevolezza tardiva, uguale per tante donne. 
Ho un'amica che tempo fa ha vissuto una storia al limite, si è salvata, ha salvato i suoi bambini, Ma non c'erano padri padroni dietro, non c'era il patriarcato, no niente di tutto questo. La mancanza d'amore, di educazione all'amore le ha fatto incontrare un uomo "maleducato" all'amore almeno quanto lei. Quando parlano di patriarcato ci vedo soprattutto disattenzione, fare la morale agli uomini non mi sembra giusto.
Gli uomini sono figli delle donne, proprio come le donne. A tutti va insegnato l'amore. 
Mi fermo perché non è questo il luogo, scusa la digressione. 
L'incipit funziona se prendiamo in considerazione anche il periodo che lo succede. 
Il racconto, secondo me funziona anche senza troppe metafore, e senza moralismo che accusa i padri dei padri dei padri…

Re: [Lab15] Carillon

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E niente. Hai vinto tutto.
cara @Areeanna  noto con estremo piacere che anche tu segui la politica di "prendere a mazzate sulle gengive" il lettore, psicologicamente parlando. Aldilà degli scherzi, quello che voglio dire è che il tuo pezzo riesci a lavorare splendidamente su emozioni molto forti, potenzialmente negative, per consegnare un messaggio di sensibilizzazione molto valido. Di più: riesci a portarci come lettori dentro l'orrore quotidiano di una dinamica tossica di coppia, facendoci vedere entrambe le parti in lotta.
Questo è quello che dovrebbe fare ogni vero Scrittore/Scrittrice e tu lo fai davvero bene con questo testo.
Da appassionato e scrittore anche di poesia, aggiungo che lo stile che hai scelto (rischiando) per mettere in scena il dramma è anche altamente poetico e il risultato è ancora più coinvolgente.
Faccio davvero fatica a trovare qualche osservazione negativa, perciò mi limiterò a dire che (inevitabilmente) lo sbarramento dei 10'000 caratteri ha giocato decisamente a tuo sfavore: la tematica avrebbe meritato più spazio, soprattutto per approfondire i vari meccanismo nascosti dietro le dinamiche di coppia.

L'incipit regge benissimo il confronto con il ritmo dell'intera narrazione: apre con una digressione poetica, con una peritassi serrata, da cardiopalma.
Complimenti per tutto. Una bomba :)

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao a tutte/i @Nerio @Albascura @Monica @Poeta Zaza @Mina e grazie per i vostri pareri  :love:

Rispondo innanzitutto alla questione che riguarda la mia scelta di uno stile "poetico", con tante metafore e la "raffica di virgole" giustamente definita così  :asd: . Ho fatto questa scelta perché mi sembrava che avesse maggiori potenzialità espressive, dovendo condensare in pochi caratteri tante emozioni. Inoltre, la scena si svolge nel giro di pochissimi secondi e, in momenti così concitati e al limite, si potrebbe vivere una sorta di "blackout" in cui ci si immobilizza e il cervello si spegne, ma succede anche di provare un groviglio di emozioni impossibili da districare e distinguere tra loro, situazione che ho cercato di esplorare, anche se probabilmente ho scalfito solo la superficie delle possibilità. Ma certamente avete ragione, il risultato è stato criptico dal punto di vista di chi legge. 

Albascura ha scritto: Non voglio farti male; il pentimento, darsi della stupida, rivolerei suoi occhi in quel momento…ummh mi sembra poco realistico.
Penso che la paura in quel momento le abbia tolto ogni ragione.
Sicuramente, se dovessi ampliare il racconto a livello di caratteri, sarebbe bene sviluppare meglio queste "contraddizioni" dei sentimenti della protagonista. Ma nella mia idea, specialmente in situazioni di violenza e paura, le emozioni finiscono per accalcarsi e sovrapporsi, rivelando che le differenze che noi cerchiamo di trovare nella quotidianità fra amore, odio, rimpianti, sensi di colpa, autoassoluzione e così via, sono per lo più illusioni. Alla resa dei conti, la distanza che poniamo tra esse si riduce e tende allo zero. E quindi è possibile amare ancora una persona ma odiarla per la violenza che ti ha usato, volerle fare del male e rimpiangere il rapporto con lei che non tornerà più, tutto insieme. 


Albascura ha scritto: Ma non c'erano padri padroni dietro, non c'era il patriarcato, no niente di tutto questo. La mancanza d'amore, di educazione all'amore le ha fatto incontrare un uomo "maleducato" all'amore almeno quanto lei. Quando parlano di patriarcato ci vedo soprattutto disattenzione, fare la morale agli uomini non mi sembra giusto.
Non posso essere d'accordo con questo, @Albascura. Maleducato è un termine adeguato per descrivere un bambino immaturo che si comporta male in pubblico, non un uomo violento. Rivendico pienamente, rispondendo anche a @Monica, quello che dal vostro punto di vista è moralismo, altra questione da voi sollevata. Il mio racconto voleva cercare di immedesimarsi nel punto di vista dolorosissimo e tragico che innumerevoli donne vivono (negli attimi prima di essere uccise...) ogni singolo giorno. Purtroppo il femminicidio è un fatto, un problema reale e sistemico, a prescindere dal mio minuscolo "contributo". Se descriverlo banalmente per quello che è - un uomo che uccide una donna perché donna - è moralismo, allora mi prendo volentieri il titolo di moralista. 
Albascura ha scritto: Questa parte mi piace molto, mi hai fatto ricordare il recente film di Paola Cortellesi, C'è ancora domani.
Gli schiaffi e i pugni rappresentati in passi di danza,
Sono contenta di essere riuscita a trasmettere questa sensazione; era esattamente questa la sovrapposizione che avevo in mente quando scrivevo.


Grazie ancora degli apprezzamenti e delle critiche costruttive  (y) e grazie a chi ha visto l'importanza che questa tematica ha per me, in questi tempi difficili

Re: [Lab15] Carillon

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Areeanna ha scritto: Maleducato è un termine adeguato per descrivere un bambino immaturo
Vero, ma anche per un adulto! La mancanza di educazione all'amore, al rispetto, all'empatia, ecc.  produce giovani, maschi e femmine, irrispettosi e maleducati in qualsiasi contesto. 
Io mi riferivo soprattutto alla comune idea che si è divulgata in questo ultimo periodo, e  cioè che la colpa dei femminicidi è da attribuire esclusivamente al patriarcato e che si trasmette di padre in figlio, così non è, secondo me. E non era così nemmeno ai tempi di mio nonno, quando il patriarcato, in Italia, era davvero radicato in certi ambienti, altrimenti  sarebbe stato molto più comune di adesso il femminicidio. 
Sono ben più radicate le ragioni di questa strage in atto, sono ragioni che coinvolgo la famiglia, madre compresa, la società, i social, e via dicendo…Un discorso troppo articolato per esporlo qui in modo esaustivo.
 

Re: [Lab15] Carillon

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Albascura ha scritto: la colpa dei femminicidi
Che comunque il concetto di colpa è un po' troppo cristiano, non credo che esista davvero la colpa, al massimo la responsabilità. Non mi piace il termine colpa.
Che poi comunque quello che hai descritto dopo è la definizione da dizionario di patriarcato... Questione di semantica. Il patriarcato è un problema sistemico, un po' come il capitalismo, e allo stesso modo può essere perpetrato dalle donne, come le stronzate capitaliste sono snocciolate dai financial guru che non hanno mezza lira bucata. Qual è il punto?

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao, @Areeanna .
Il racconto è intenso. Prende alla gola e non molla.
Tuttavia ci sono aspetti che non mi hanno convinto del tutto.
L’uso delle metafore, per esempio. Troppe e forse per questo poco controllate.
Ben venga l’afflato poetico, ma va gestito fino in fondo.
 
Il primo tango irresistibile è divenuto il valzer rituale della vita di coppia,
Il mio compito era essere bellissima, nel mio lungo vestito scintillante, e lo sono stata, senza mai pestarti i piedi.
sferro il secondo colpo, mirando ai tuoi azzurri, bellissimi occhi. Mentre affondo chirurgicamente due polpastrelli
un punto di azzurro e uno di rosso dove una volta c’era il tuo secondo occhio blu
La ruvidezza prosaica di certi termini stride.
Areeanna ha scritto: Fare sesso, ballare come in Dirty dancing, tirare un pugno, giocare a scacchi, sopravvivere al tuo fidanzato.

Sono  metafore con significati e funzioni diverse. Quella della partita a scacchi, mi lascia perplessa.
Cerco di spiegarmi.
Se la relazione diventa una partita a scacchi, dunque strategia della sopraffazione, poco si attaglia alla passività di lei, che a un certo punto si oppone, è vero, ma sembra reagire più per bisogno di simmetria che di ribellione.
 
Areeanna ha scritto: stiamo ansimando, stiamo gridando, ti blocco le mani ma sono debole sono debole sono troppo debole e ho paura, non voglio farti male, ti liberi dalla mia presa, rivoglio tutto come prima, ma era solo un'illusione?, ci vedo nitido, le mie lacrime sono cadute sulla tua faccia, mi dispiace mi dispiace scusami scusami voglio tornare indietro, ho paura, voglio ucciderti qui andare avanti scappare via, rivoglio i tuoi occhi che mi guardano dolcissimi, no, era tutto falso non mi hai mai amata non mi hai mai amata io ero trasparente e tu guardavi oltre me, io non ero lì, ma io ti ho scelto ti ho amato ti ho trovato in mezzo a tutti gli altri, sono stata una stupida, aveva ragione la mamma, mamma, mamma ti prego salvami
Al netto dell’invocazione mamma, mamma, che rischia di franare dalla tragedia alla canzone nazional popolare, la scelta del flusso di coscienza è perfetta. Dice, contraddice e si perde nel caos della tempesta.
Un po’ meno l’uso della punteggiatura che, per fare il suo lavoro, andava eliminata del tutto. Oppure esasperata con frasi convulse, separate da punti fermi, così come è la scena.
Hai fatto entrambe le cose, col risultato di irrigidire quello che invece doveva dilagare inarrestabile e selvaggio.
Eppure la soluzione ce l’avevi in mano, lo sentivi, al punto che gli hai affidato il titolo, vero incipit di tutto il racconto.
L’ottima idea del carillon.
Filo rosso sangue tra generazioni di donne, con la sua musica leggiadra e la spietata prepotenza del meccanismo. Ripetitivo, incessante. 
Fino al giorno in cui si rompe.
Avresti dovuto fidarti, le intuizioni sono fatte per questo, e invece di farlo apparire solo alla fine, avresti potuto proporlo dall’inizio e poi continuare, con un ritmo incalzante, che bene avrebbe supportato la mutazione degli scambi tra i personaggi e il climax che, perdona l’antipatica pedanteria, è l’incremento progressivo della tensione narrativa, non il suo culmine.
Avremmo visto allora i due rivelarsi per quel che sono: pupazzetti mossi da un ingranaggio che li trascende e li disumanizza.
Fino all'epilogo.
Senza scuse, senza perdono.
Secco come una coltellata.
Areeanna ha scritto: “Tu sei mia. E adesso muori.”
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Re: [Lab15] Carillon

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Ciao @aladicorvo, ti ringrazio del tuo bel commento. Sono tutti spunti utilissimi e interessanti.
aladicorvo ha scritto: Ben venga l’afflato poetico, ma va gestito fino in fondo.
Giusto ieri sera parlavo di questo con Mina. La prosa mi è infinitamente più familiare della poesia e quindi, come hai notato giustamente, ho finito per tornare alla mia zona di comfort.
aladicorvo ha scritto: Se la relazione diventa una partita a scacchi, dunque strategia della sopraffazione, poco si attaglia alla passività di lei, che a un certo punto si oppone, è vero, ma sembra reagire più per bisogno di simmetria che di ribellione
Nella mia testa, mentre scrivevo, la partita a scacchi era assimilata più alla colluttazione per la sopravvivenza che non alla relazione nel suo complesso. Ma nel testo non è mai esplicitato. 
aladicorvo ha scritto: Un po’ meno l’uso della punteggiatura che, per fare il suo lavoro, andava eliminata del tutto. Oppure esasperata con frasi convulse, separate da punti fermi, così come è la scena.
Bello questo suggerimento, ora che me lo fai notare ti do ragione. Quel passaggio è stato un po' come cercare di dare uno schiaffo, ma frenarlo all'ultimo e non riuscire a sferrarlo a piena potenza. (Sono forse un po' fissata forse con i pugni e il combattimento ma è dovuto anche al fatto che le arti marziali sono uno dei mie hobby  :asd: )
aladicorvo ha scritto: L’ottima idea del carillon.
Filo rosso sangue tra generazioni di donne, con la sua musica leggiadra e la spietata prepotenza del meccanismo. Ripetitivo, incessante. 
Fino al giorno in cui si rompe.
Avresti dovuto fidarti, le intuizioni sono fatte per questo, e invece di farlo apparire solo alla fine, avresti potuto proporlo dall’inizio e poi continuare, con un ritmo incalzante, che bene avrebbe supportato la mutazione degli scambi tra i personaggi e il climax che, perdona l’antipatica pedanteria, è l’incremento progressivo della tensione narrativa, non il suo culmine
Innanzitutto io apprezzo sempre la pignoleria, è con i suggerimenti precisi che si migliora. Comunque è vero, rendere l'immagine del carillon un filo rosso in tutto il testo, anziché limitarla ad un pensiero finale, poteva essere molto bello. Ancora una volta, ho parzialmente frenato.

Infine, grazie della tua bellissima interpretazione: ha colto nel segno quello che cercavo di dire.

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao @Areeanna


Ho personalmente delle difficoltà nel commentare racconti dove ci sono rapporti conflittuali tra un uomo e una donna. Per me è ostico giudicare queste situazioni che, per come la penso io, da sempre, non devono mai avvenire nemmeno come estrema ratio. Mai.
Per me non centra niente dare la colpa al “patriarcato” e ancora meno al “matriarcato” che nell’accezione pura di questi termini significavano altre cose, altri atteggiamenti. Al limite nel passato l’autorità del pater familias, qualcuno doveva pure avere un’autorità nell’ambito di una famiglia e se non ce l’aveva il padre chi avrebbe dovuto averla in questo mondo? Ma non discuto su eventuali fittizie autorità che oggi non hanno più ragione d’essere avendo perso il senso del termine. Le parole, i loro significati cambiano nei tempi, così come il concetto di moralità.
Purtroppo non passa quasi giorno senza che da qualche parte non venga uccisa una donna da un uomo, un marito geloso, che non vuole separarsi, un fidanzato possessivo che non vuole questo, che non vuole quello.
Provo un senso di sgomento e fastidio quando annunciano alla televisione l’ennesimo omicidio. Sgomento per l’atto cruento, fastidio al pensiero di tutto il bailame che i media ne trarranno fuori con inchieste, talk show, ricostruzioni al limite della fiction e talvolta purtroppo anche vera fiction con attori e ipotesi e protagonisti per cui fare il tifo.
Questo per me non è sopportabile,  e non posso fare nulla per impedirlo. La società è affetta da follia comportamentale ed è convinta di essere addentro ai problemi, ma non li risolve, non li vuole risolvere.

Nel tuo racconto si passa da un iniziale amore totale, io direi più che amore attrazione fisica, puramente sessuale, con tutti i suoi riti d’obbligo, stereotipati almeno quanto la biancheria intima rossa a natale o capodanno, guai a non adeguarsi, fino ai litigi, alle mani addosso, al farsi del male, quasi sempre con esiti fatali per le donne, come in questo caso. La colpa a mio parere oltre che della furia “cieca” dell’uomo è anche della concezione di vita in cui è cresciuto, senza controllo, senza una parvenza di morale, di capacità di distinguere il bene dal male.

Non ti sono stato molto utile e mi scuso ma come ho detto all’inizio ho delle difficoltà a commentare questo tipo di conflitti inseriti in un alveo comportamentale che pare quasi una sorta di iniziazione, un rito senza via di scampo che deve per forza finire in tragedia, con la società che rimane a guardare imbelle, stupirsi e indignarsi, assistendo morbosamente in attesa del prossimo episodio.
Visto che facciamo  l’esame d’obbligo se si è idonei a guidare  l’auto o gestire un negozio alimentari lo si potrebbe anche fare se si è idonei a convivere senza dare di matto, ma non mi addentro oltre.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao @Alberto Tosciri
Vedo che il mio racconto ha portato più di una persona ad una discussione più ampia, che di base mi fa molto piacere. Credo però che per affrontare costruttivamente questo tema (come tanti altri) si debba cercare di non avere paura delle parole. "Patriarcato" sembra un termine astratto o un retaggio del passato, ormai lontano. Ma sta ad indicare un sistema culturale la cui persistenza è difficile da scardinare, tant'è che ancora oggi ne vediamo gli effetti. Ci sono i più piccoli e apparentemente innocui: stereotipi e luoghi comuni, battutine varie a danno delle donne, catcalling ecc. Poi, salendo in cima alla piramide, quelli sempre più gravi, fino ad arrivare all'irrimediabile che avviene nel mio racconto ma soprattutto nella realtà di ogni giorno. 
È un sistema talmente pervasivo che spesso non ci accorgiamo che c'è. Il nome "patriarcato" sembra quasi apocalittico ma in realtà è subdolo, come un sottofondo perenne a cui non facciamo caso ma che ci raggiunge sempre. Il punto di riconoscere il suo nome è di prendere atto che non è un caso che gli uomini uccidano le donne. È perché c'è dietro un sistema culturale complesso, non la devianza di un singolo individuo.
Poi, sulla questione dei teatrini immondi che ne vengono fuori sui media (e non solo), ti do pienamente ragione e condivido il tuo disgusto verso l'indifferenza e la morbosità di società e istituzioni. Insomma è uno schifo, ma a mio parere per iniziare a tirarcene fuori dobbiamo prima guardarlo in faccia.

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao @Areeanna, grazie per questo racconto.
Hai saputo trasmettere un ritmo che porta a leggere tutto d'un fiato, la drammaticità degli eventi tristemente noti, sono qui raccontati facendo percepire la cruda disperazione della protagonista, mettendo totalmente in secondo piano alcune parti migliorabili.
Partiamo dall' incipit, forse troppo breve e fuorviante, ma credo sia voluto. Pensavo di leggere un romanzo rosa, ma i colori si sono presto mescolati con una predominanza di nero e rosso.
Areeanna ha scritto: Il primo tango irresistibile è divenuto il valzer rituale della vita di coppia, arte difficile, da perfezionare dopo lunghi anni di studio e complicità
Questa parte stona con quanto ci racconti successivamente, quando anche lei arriva alla conclusione di non essere mai stata amata.
Areeanna ha scritto: sferro il secondo colpo, mirando ai tuoi azzurri, bellissimi occhi. Mentre affondo chirurgicamente due polpastrelli nell’occhio sinistro
Areeanna ha scritto: una grande macchia rosa, un punto di azzurro e uno di rosso dove una volta c’era il tuo secondo occhio blu, stiamo ansimando, stiamo gridando, ti blocco le mani ma sono debole sono debole sono troppo debole e ho paura, non voglio farti male
Descrivi azioni di difesa, plausibili, ma aggiungi una forte aggressività qui citata, a mio parere poco credibile, considerando gli abusi già subiti. Mi viene da pensare che chi sia in grado di reagire con una tale violenza, sarebbe stato capace di non arrivare a quel punto e stride con quanto poi le fai affermare: "non voglio farti male".

Traccia assolutamente rispettata.

Mi è piaciuto questo racconto. 
Che fosse l'ultima volta. Che siano solo storie.
Non una di meno.

A presto.
<3

Re: [Lab15] Carillon

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Ciao @Areeanna 

Hai scelto il tema giusto di questi giorni. Mi rendo conto come sia facile scrivere di violenza, data la quantità di episodi che messi assieme fanno un lunghissimo film. Non è stato facile scrivere il pezzo descrivendo tutta una vita e, la sua fine, in presa diretta. Su questo sei stata brava. Anche la danza di sangue finale, si unisce ai ricordi di ballerina di lei, del suo carillon. Come un film di horror le scene sono quasi un cult. Sulla questione violenza permettimi questa triste osservazione. Tutto è iniziato da quando la donna ha rotto quel delicato rapporto costruito da millenni. Stravolgerlo in pochi decenni, ha portato tutto questo. Non serviranno a nulla le leggi ancor più punitive. Spesso l'uomo uccide e poi si uccide, fregandosene dell'ergastolo.
Credo che senza un dialogo diretto con l'uomo, al difuori delle recriminazioni, non si approderà a nulla. Forse siamo solo agli inizi delle vostre perdite sul campo. Mi spiace davvero tanto questa tragedia. Ciao. <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab15] Carillon

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A contest concluso, ci tenevo a lasciare qui un ultimo commento.
Innanzitutto volevo ringraziare @Modea72@Nerio. Grazie per i vostri commenti con cui, oltre a prendere in considerazione alcuni punti del racconto, avete dimostrato sensibilità per una tematica per me importantissima sotto ogni punto di vista, oltre che quello personale. 
@
@Monica , @Albascura@bestseller2020@Alberto Tosciri, ad alcuni/e di voi ho già parzialmente risposto, ma non vi ho detto tutto. Taggo voi solo perché siete voi che avete sollevato, chi più chi meno, la questione tematica del racconto. 
Voglio solo parlare con sincerità. Ho riflettuto per giorni sulla possibilità di scrivere o meno questo commento e come. Alla fine ho deciso di dire quel che penso, anche se verrà percepito come polemico, visto che questo è un forum che si dice votato alla sincerità (nei limiti dell'educazione, come è ragionevole). 

Nel commentare il mio racconto avete scelto di non soffermarvi unicamente sul mio testo, ma di portare in causa la tematica "patriarcato" nel suo complesso. Cosa che mi sta benissimo, ovviamente, visto che il racconto parla proprio di questo. Ma nel farlo avete scelto parole (particolarmente importanti qui: un forum di scrittura) che, pur riconoscendo in teoria la tragedia e la violenza della situazione, nella pratica pongono un freno ai toni che ho scelto di usare ma soprattutto alla portata del contenuto nel suo complesso. Parlare di una forma di violenza attuata su scala sistemica e pervasiva dagli uomini (cosa che è un fatto evidente) è diventato moralismo. Perché, vi chiedo? La scrittura è fatta per parlare di tutto e, a mio parere, a maggior ragione per parlare di cose anche scomode: è fatta per dire qualcosa. Ma se avventurarsi fuori da certi limiti anche solo con delle parole scritte a computer diventa moralismo, perché scriviamo?

bestseller2020 ha scritto: Tutto è iniziato da quando la donna ha rotto quel delicato rapporto costruito da millenni. Stravolgerlo in pochi decenni, ha portato tutto questo.
E ancora chiedo: perché viene così spontaneo commentare, sotto un racconto che parla di una donna uccisa da un uomo (un fatto reale e tutt'altro che isolato, per l'ennesima volta) una frase dalle implicazioni così violente? Perché sì, dietro una frase apparentemente formulata con garbo si può benissimo celare la violenza ed è questo l'effetto che mi ha fatto. Postare un racconto sul femminicidio e leggervi sotto una frase che lascia intendere che sia quasi colpa delle donne se vengono uccise, o comunque contenuti di questo tenore, mi ha ferita. E ha reso sofferta la mia partecipazione al contest, anziché divertente. 


So bene che non avevate l'intenzione che questo accadesse, ma nei fatti è così che mi sono sentita. Io apprezzo sempre i punti di vista diversi dal mio, ma non se si parla di diritti umani. E, ribadisco, mi chiedo come mai sia stato così spontaneo (in una percentuale significativa sul totale dei commenti) commentare un racconto su una violenza quotidiana e tragica scegliendo di sminuirla, quella violenza. Peraltro, in taluni casi, senza nemmeno fare alcun accenno al mio racconto nello specifico per darmi critiche costruttive.
Un mondo maschilista non è rassicurante, è vero. Ma è quello in cui viviamo. 

Ciò che vorrei davvero chiedervi, in sostanza, è di riflettere sul fatto che esprimere un'opinione è sempre lecito, ma non tutte le opinioni sono uguali. Molte riguardano la vita concreta di tante persone, che hanno bisogno che la violenza ai loro danni sia riconosciuta e poi contrastata. Io adoro confrontarmi con punti di vista diversi dal mio, ma mi sembra che molti commenti sotto al mio racconto, invece, non abbiano voluto farlo. Mi è sinceramente dispiaciuto. Eppure penso che dovrebbe essere questo lo spirito della scrittura. 

Re: [Lab15] Carillon

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Areeanna ha scritto: Avevi ragione tu, mamma, quando odiavi mio padre, quando odiavi tuo padre. Ma allora perché mi hai fatta nascere? Certo, anche papà ha dei bellissimi occhi.
Ecco la parte che mi ha dato fastidio e mi ha fatto pensare all'enorme stupidata del patriarcato. 
Mi dispiace se ti sei sentita presa in causa, ma le parole che ti ho citato sopra non sono per niente realistiche. È su quelle che io non volevo più intervenire per non inquinare i commenti sotto il tuo racconto. 
È sulle responsabilità reali dei femminicidi  che non avrei voluto nemmeno accennare qui sotto. 
E ti spiego il perche: 
Io credo che nessuno sia così limpido nell'anima da poter sventolare bandiere contro qualsiasi categoria, nemmeno chi scrive racconti dovrebbe farlo. Nelle frasi che ho citato tu l hai fatto. 
Noi femmine cediamo tutto per dei begli occhi? A me, e voglio essere sincera, come tu puntualizzi sopra nel tuo commento, a me ha dato molto, ma molto fastidio la rappresentazione che ha descritto. 
Io lho inteso così, il messaggio che viene fuori: 
Donna, fatti bastare gli sguardi dolci, quegli occhi bellissimi, altrimenti non sai come finirà. 
Lo so che tu sicuramente non volevi, ma lei mentre sta morendo da ragione a sua madre, le chiede addirittura perchè l ha fatta nascere, e il qualunquismo dilaga quando dice: certo anche papà aveva occhi bellissimi. 
Come si fa, a ridurre una tragedia così enorme a frasi del genere. 
Mi dispiace moltissimo, mai, mai avrei esternato qui il mio punto di vista, ma mi hai chiamato in causa. Io non volevo offenderti nel primo commento e tantomeno voglio farlo in questo. 
Il patriarcato non esiste , Areanna, oggi esiste, sopra ogni cosa, un totale abbandono dei valori umani. 
Ti porto un esempio di quanto affermo:
La giornalista Rai intervista la nonna della povera Giulia Cecchettin. La nonna continua a parlare del suo libro appena promosso, confonde il momento tragico della morte di sua nipote col suo momento di gloria. 
Alla  domanda specifica della giornalista:
-Ci parli di Giulia, un ricordo.. 
La nonna risponde, sul viso un lieve sorriso. 
-e ma, sa, noi abitiamo a cinquanta chilometri di distanza... Non so... E poi ricomincia col suo libro. 
Ecco, se non è totale abbandono dei valori questo comportamento... 
Mi scuso se la mia risposta ti turberà, mi scuso con chiunque rimarrà turbato. Io non sventolo bandiere, sto bene attenta a non mettermi su un piedistallo quando si tratta di temi così toccanti. 

Re: [Lab15] Carillon

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@Areeanna ciao carissima. Io adoro le donne coraggiose, e tra queste ci sei tu! @Albascura mette in evidenza come tu stessa affronti la questione.
Io non ho fatto nessun moralismo e se mi conoscessi sul serio, a parte come ogni volta scrivo, vedendomi apostrofato di fottermene di presentare personaggi immorali... Come potrai vedere tu stessa, io la penso esattamente come te. Noi scriviamo e basta e i moralismi li buttiamo nel cesso.
Bukowski diceva che i moralisti sono candidati peccatori a cui è mancata l'occasione. Quindi, credo tu abbia travisato il mio commento che era di stampo storico e sociale e non morale. Io do una mia personale giustificazione a quello che sta succedendo, ma è solo  a quel livello: quello sociale. Pare ovvio che senza l'avvento del femminismo, le donne di oggi sarebbero ancora sottomesse. Ma le nostre nonne lo erano, non perché avevano paura, ma perché la scelta del matrimonio implicava quel ruolo. E non mi sembra che le buscassero ogni giorno o finissero morte ammazzate. Il femminicidio è un male moderno, ed è, lo ripeto, la conseguenza della rottura di quel ruolo che prima si accettava, oggi non più! I matrimoni durano niente, alla prima prova, al primo screzio, tutto si rompe. Non vi è più lo spirito di sacrificio. Se alle donne non sta più bene, non si sposassero e invece di coltivare rapporti con gli uomini, facessero altro. Invece di cercare il principe azzurro, quello che ti dice ogni secondo "amore mio" cerchino l'uomo qualunque a cui dedicare la propria vita, nel bene e nel male, come si giura  di fronte all'altare a Dio. Gli uomini non sono tutti uguali. Io sto dedicando quello che mi rimane da VIVERE  a mia moglie che da vent'anni sta male. Non sono scappato dal fare il mio dovere. Questo è il vero problema: scansare il male della vita dal matrimonio nella credenza di avere il diritto di avere una vita tutta in discesa. Concludo con questa riflessione. Ciao, @Areeanna
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab15] Carillon

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Un racconto che mi lascia sensazioni contrastanti.
L'elemento che trovo più soddisfacente è il ritmo narrativo: tramite la metafora del ballo (a tratti un po' troppo insistente), hai saputo dosare bene il crescendo che trasforma un amore passionale in uno malato, fino all'epilogo tragico.
Da qui in poi, però
Areeanna ha scritto: Avevi ragione tu, mamma, quando odiavi mio padre, quando odiavi tuo padre. Ma allora perché mi hai fatta nascere? Certo, anche papà ha dei bellissimi occhi.
la narrazione perde forza e, a mio parere, si rifugia in stereotipi che vorrebbero trasformare il racconto, un bel racconto, in denuncia sociale, senza riuscirci. Avresti ottenuto un risultato migliore limitandoti alla descrizione dei fatti: un amore che si trasforma in amore "malato" – quindi un amore che non è tale – fino alle sue estreme conseguenze. Un femminicidio, a cui siamo purtroppo dolorosamente abituati, e lo scrivo in corsivo per sottolineare quanto ciò sia moralmente e umanamente deprecabile.
Tu hai voluto generalizzare, calcando sul tema tanto di moda della società patriarcale fino a raggiungere delle esagerazioni, come qui
Areeanna ha scritto: Sopravvivi almeno tu a questa danza macabra dove mi hai gettata, dove tua madre ti ha gettata, dove sua nonna l’ha gettata.
come se tutti gli uomini da Caino e Abele in poi fossero fossero stati dediti a uccidere le donne della propria vita.
Stona, a mio avviso, questo finale, che trovo grossolano.
Non sono un sociologo e lungi da me l'idea di innescare un dibattito sulla società patriarcale: era nella nostra cultura (perché in altre culture sono esistite anche società matriarcali), una forma di società in cui al pater familias era demandata ogni decisione importante relativa alla famiglia, questo tuttavia non faceva di lui un assassino o uno stupratore.  Giudicare questa forma di società con la mentalità odierna, credo sia un errore però. La famiglia dei miei nonni (parlo di persone nate a cavallo tra la fine del diciannovesimo secolo e l'inizio del ventesimo) era ancora una famiglia patriarcale: mio nonno, tuttavia, in novanta anni e passa non si è mai sognato di alzare un dito sulla moglie e sulle due figlie. 
Certo, mi dirai che la società patriarcale esiste tutt'oggi, al Sud ma non solo, e tuttavia è mia convinzione che i femminicidi abbiano poco a che vedere con quella forma di società e si basino sul concetto abominevole di proprietà dell'essere amato che non faceva parte di quella società. 
È cambiato tutto negli ultimi cinquant'anni, dove ogni forma di autorità si è indebolita al punto in cui figure istituzionalmente degne del massimo rispetto, medici e insegnanti solo per fare un esempio, sono diventate quasi carne da macello. Per non parlare di quello che succede sui campi di calcio delle squadre giovanili, dove genitori di bambini di dieci o undici anni incitano i figli a spezzare le gambe degli avversari e sono pronti a malmenare l'allenatore che ha dato poco spazio in campo al proprio pargoletto.
Io l'ho vissuta tutta sulla mia pelle questa evoluzione (compio sessantotto anni fra pochi giorni), ma se dovessi dirti che so spiegarmi come siamo arrivati a questo punto, mentirei. 
Forse proprio perché non sono un sociologo  :P
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Re: [Lab15] Carillon

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Avrei voluto rispondere ai tuoi interrogativi @Areeanna, ma non me la sento, non volermene: sono troppo stanco.
Questa società parossistica in tuttte le sue manifestazioni, distopica nel senso più deleterio, mistificatrice di termini, non mi piace.
Non pensare che sia retrogrado, insensibile o cattivo. Sarei stato un fantastico marito e un fantastico padre, ma lei se ne è andata in Cielo prima del tempo. Vivo sperando che questo mondo sia solo un incubo e che mi risvegli in un altra dimensione e vivere una vita serena, in armonia con tutti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab15] Carillon

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@Areeanna
scusa, ritorno perché mi ero dimenticato di segnalarti una cosa.
Tra le tante metafore, quella degli scacchi non c'entra nulla con la sopraffazione e il femminicidio. Te lo dico da giocatore ormai nemmeno più amatoriale: si tratta di un gioco di intelligenza e di strategia, che simula due eserciti in battaglia. L'obiettivo è cercare di indebolire le difese del nemico, senza prestare il fianco a un suo possibile attacco: il giocatore che nel dislocare i pezzi riesce a ottenere la posizione migliore risulta quasi sempre vincitore. Ad alti livelli la maggior parte degli incontri finisce con una patta, quindi l'atto di violenza individuale non fa parte del gioco.
Nell'ottica di una futura revisione ti consiglio di togliere qualsiasi riferimento agli scacchi.  
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Re: [Lab15] Carillon

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@Areeanna ciao.
Ho riletto il mio commento e francamente non riesco a rilevare il motivo del tuo disappunto. Tra l’altro credo di averti espresso le mie impressioni di lettore con l’intento di esserti di aiuto in modo onesto. Sapere cosa i lettori comprendono dei messaggi che cerchiamo di veicolare coi nostri testi credo sia importante. Senza contare che credo di essermi concentrata in particolare proprio sulla struttura del racconto.  In ogni caso, se il mio commento ti ha recato dispiacere o qualche tipo di malessere, ti chiedo scusa.
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