[Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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La prima a parlarne fu la sua compagna.
Stavano lavorando insieme alla carcassa di un grosso animale che lui aveva appena cacciato. Era impegnato nella parte più pesante del lavoro, tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia, quando lei parlò: "La prima luna nuova dovremmo farla qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera". 
Le parole gli fecero l'effetto di un colpo in pieno viso. Rimase senza fiato, gli occhi spalancati come quelli dei gufi che cacciava. 
Aprì la bocca per parlare ma la sua compagna fu più veloce: "Ogni anno qualcuno dei nostri giovani si perde o viene sbranato dalle bestie durante la prima luna nuova. Questa volta lo faremo succedere qui davanti, dove tutta la tribù può proteggerli". 
Tentò di rispondere ma era troppo tardi: con la scusa di cucinare il fegato appena estratto dalla bestia, se ne stava già andando. Quando trovò la lucidità per rispondere, lei era scomparsa.

Nei giorni successivi fu meno impreparato. 
La voce era circolata, ma decise di affrontare il problema con serenità. Davanti alle famiglie della tribù, quando si fermavano a colloquiare, trovava sempre il modo di parlare della notte della prima luna nuova. Allora, con toni nostalgici, ricordava la sua prima luna nuova e con tale scusa ribadiva che anche quell’anno le cose avrebbero seguito la tradizione. Prima sarebbero uscite le femmine, vestite di ornamenti bianchi: si sarebbero allontanate dalle tane, verso l’esterno, nel grande buio. Poi, molto più tardi, sarebbe stata la volta dei maschi, equipaggiati con armi e torce accese, che sarebbero usciti a cercarle. Ogni maschio per sé, senza competizione e senza formare gruppi, “cacciando” una sola femmina, di modo che da quell’incontro sarebbero nate nuove famiglie. Come da tradizione. Nelle sue parole ostentava sicurezza, eppure sul viso dei suoi interlocutori passava spesso un’ombra d’incertezza. 
Non ci mise molto a capire che qualcosa stava succedendo e che ancora una volta la sua compagna si era mossa in anticipo.

Quando mancava ancora una settimana alla notte della prima luna nuova, decise di affrontarla a viso aperto.
“È una cosa schifosa”, le gridò mentre erano coricati. “Cosa dovrei fare secondo te? Stare a guardare mentre lo faranno davanti ai nostri rifugi?”. Al buio credette di distinguere i denti della donna scoperti in un sorriso.
“Nient’affatto. Salteremo solo la parte della caccia al buio: si sceglieranno qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera e non in una foresta. Dopodiché, quando si saranno formate le coppie, andranno ognuno dove gli pare”. Le ultime parole furono pronunciate in uno sbadiglio. L’uomo strinse i pugni e serrò le mascelle.
“E le fiaccole? Maledizione, che cosa ne sarà della tradizione?”. Per tutta risposta lei si voltò dall’altre parte.
“Le fiaccole le metteremo intorno allo spiazzo. Sarà anche meglio”.
Aveva voglia di urlare, afferrarla per le spalle e scuoterla. Si trattenne a stento, pensando allo scandalo che avrebbe dato se l’avessero sentito. Ormai ne era certo: la cosa gli era sfuggita definitivamente di mano. Al colmo della disperazione tentò il tutto per tutto: “Gli altri non accetteranno mai”.
“Le donne della tribù sono già d’accordo. Degli uomini invece una metà è d’accordo, mentre l’altra metà cederà fra poco”. Poi aggiunse divertita: “Un’intero ciclo lunare senza giacere con la propria donna è troppo per chiunque, sai?!”.

Due giorni prima cominciarono i preparativi. 
Per tutto quel tempo fu scontroso, di cattivo umore. Del resto fu sempre preso da lavori pesanti: la parte più difficile fu spostare tutte le carcasse di ferro dal grande spiazzo di pietra nera, molte delle quali erano lì da sempre. Poi c’erano i detriti che erano caduti dalle grandi scatole di pietra da spostare. Infine, bisognava estirpare le piante e gli arbusti che erano cresciuti, spaccando la superficie nera dello spiazzo in più punti. Fu un lavoro terribilmente faticoso che lui e gli altri uomini si sobbarcarono in un silenzio cupo e colmo di risentimento. Se il loro lavoro avveniva controvoglia, quelle delle loro donne invece avveniva come in una festa, ridendo e chiacchierando. Mentre loro faticavano con i carichi pesanti, quelle disponevano torce e fiori alle pareti che circondavano lo spiazzo.


Il giorno prima, l’uomo tentò la sua ultima mossa: “I miei uomini hanno scoperto molte bestie feroci fuori dallo spiazzo. Se la prima luna nuova si terrà qui davanti, le attireremo su di noi e nessuno sarà al sicuro”.
Capì di aver fallito nel vederla sorridere di nuovo. “Allora, durante i festeggiamenti, tu e i tuoi uomini li spaventerete”.
“Spaventarli? Come?”.
Per tutta risposta la donna picchiò un pugno contro un secchio: “Facendo quanto più rumore possibile”.


Quando giunse la notte della prima luna nuova il suo umore aveva toccato il fondo. 
La primavera imminente aveva riempito l’aria fuori dalle loro tane di un odore dolciastro e una spossatezza febbrile si era impossessata di lui. Sentiva gli occhi umidi e le membra calde. Ma la parte peggiore venne più tardi. 
Non quando il sole andò a coricarsi dietro le scatole di pietra, ricoprendo lo spiazzo di ombre lugubri. 
E nemmeno quando un vento fresco si sollevò dai lontani panorami verdeggianti, là dove torreggiavano le sagome in disfacimento delle grandi scatole di ferro. 
La parte peggiore fu quando le femmine, creature giovani, ai suoi occhi ancora dei cuccioli, uscirono dalle tane e fra di loro c’era sua figlia.
Quando la vide prendere posto sorridendo nello spiazzo di pietra nera, indossando gli stessi ornamenti d’osso che anni prima aveva portato sua madre, quando era stato a lui “cacciarla” facendola divenire la sua donna, i suoi occhi si riempirono di lacrime.


Non fu per scacciare le bestie feroci, ma il peso che sentiva crescergli in petto: diede il primo colpo contro il suo guscio di ferro con una violenza esagerata. Il rumore fu quasi assordante, eppure nessuno trasalì. Rispondendo all’eco di quel primo colpo, i suoi compagni di caccia gli vennero dietro, picchiando su gusci metallici, pizzicando le corde degli archi o soffiando dentro ossa cave. Dallo spiazzo di pietra nera si levò così un suono confuso, fatto di altri suoni.
I maschi vennero fuori subito dopo, emergendo come sonnambuli dalle tane. Per qualche tempo si guardarono attorno come instupiditi: niente della loro esperienza pregressa li aveva preparati a quel momento. Tutta la tribù era presente e li guardava, come aspettandosi qualcosa da loro. Nell’impaccio del momento i giovani si fronteggiavano: da un lato i maschi e dall’altro le femmine. Curiosi eppure incapaci di avvicinarsi.

Ma a lui tutti quei dettagli non importavano. 
Seguendo l’onda delle sue emozioni, i colpi che assestava sul guscio di ferro si erano fatti meno confusi e più profondi. Nello stesso modo, anche i suoi compagni si erano messi a imitarlo, usando ognuno il proprio strumento in un tentativo di copiare il suo suono. Quando il peso che provava nel petto fu troppo forte, alzò lo sguardo e i suoi occhi si fissarono sua quelli della sua compagna. 
Negli ultimi giorni aveva evitato di guardarla in faccia, un po' per rabbia, un po' per fastidio. In quel momento la vide come la prima volta, chiusa in un'espressione sorridente che allo stesso tempo era anche triste e di colpo capì come anche lei avesse temuto quel momento. 
Qualcosa si ruppe dentro di lui, trasformandolo per sempre.

Nessuno si rese conto di come e quando, ma di fatti il suono cambiò.
I colpi, i fischi e gli sfregamenti che fino a un attimo prima erano stati solo rumori per scacciare le bestie, divennero una cosa viva e piacevole. 
Fu la scoperta di qualcosa di nuovo eppure antichissimo. 
Qualcosa che era sempre stato dentro di loro ma che avevano dimenticato o che avevano aspettato fino a quel momento di riscoprire.
I colpi si fecero più dolci e veloci, gli sfregamenti più acuti e i fischi più simili ai versi d’insetti in amore.

Accadde allora qualcos’altro di strano e piacevole.
Alla luce tenue delle fiaccole, nel confuso mescolarsi di suoni e sensazioni, sua figlia cominciò a muoversi dondolando. A scatti, come seguendo il loro suono. E in breve non fu la sola. 

Come pervase da una febbre contagiosa, anche le altre femmine la imitarono e rapidamente l’intero gruppo si dispose al centro dello spiazzo, ondeggiando e sussurrando. Il resto accadde troppo in fretta perché qualcuno potesse spiegarselo. Ma del resto, quella era la notte della prima luna nuova, un momento sacro in cui le cose cambiavano rinnovandosi. Persino le tradizioni. 
Seguendo il suono, il gruppo dei maschi e quello delle femmine cominciarono finalmente a si mescolarsi. Giovani con giovani, sfiorandosi e osservandosi, prima lontani, poi vicini. Ogni tanto una coppia si allontanava dallo spiazzo, formando una nuova famiglia, lasciando sempre meno giovani al centro dello spiazzo. Continuarono così fino a quando le fiaccole non si spensero vacillando e anche l’ultima coppia non fu formata.

Quando ormai troppo stanco, smise di colpire il guscio di ferro, erano rimasti solo gli adulti a osservare il buio dello spiazzo nero. Sua figlia non c’era più persa chissà dove. Ma l’idea ora non lo atterriva più. La spossatezza degli ultimi giorni aveva lasciato il passo a una sensazione nuova, lieta.
Non ebbe bisogno di parlare o spiegare nulla: raggiunse la sua compagna e con lei fece ritorno alla loro tana. E lì, nella solitudine di un rifugio ormai senza più figli, si unirono come non era successo da molto tempo, con un abbandono e una voluttà mai provati prima.



Vi furono ancora altre notti come quelle, notti di prima luna nuova e non solo, in cui gli uomini cercarono il suono per ripetere il rito del grande movimento. Ma non gli accadde più di rimpiangere le vecchie tradizioni: ora sapeva che la loro natura non era fatta per obbedire cecamente a vecchie regole, ma per adattarsi al meglio di sempre nuove condizioni di vita.
Come del resto era già successo e ancora sarebbe avvenuto, nella storia della loro razza. 
La razza umana.

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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@Nerio    Bentrovato fra i Contest CdM!  :super:

Mi permetto di darti i miei modesti suggerimenti, consigli, note ecc., e dirti le sensazioni che mi ha trasmesso il tuo racconto.

Comincio dal titolo su cui di rado mi soffermo, ma mi ha colpito sfavorevolmente quel superlativo assoluto. Anche prima di sapere l'argomento.

Mi suonava male: Qualcosa di nuovo eppure antichissimo.

Subito, l'ho cambiato d'istinto con: Qualcosa di nuovo eppure di antico. (Forse per la mia formazione poetica, mi suona meglio.)

Dopo aver letto il testo, sapendo il riferimento alla musica e alla danza come istinti e suoni interiori in ognuno, come qualcosa di arcaico, primordiale, atavico, ecco la mia versione finale che ti suggerisco:

Qualcosa di nuovo eppure ancestrale.

Passo all'incipit:
Nerio ha scritto: La prima a parlarne fu la sua compagna.
Stavano lavorando insieme alla carcassa di un grosso animale che lui aveva appena cacciato. Era impegnato nella parte più pesante del lavoro, tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia, quando lei parlò: "La prima luna nuova dovremmo farla qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera". 
Le parole gli fecero l'effetto di un colpo in pieno viso. Rimase senza fiato, gli occhi spalancati come quelli dei gufi che cacciava. 
Un incipit che fotografa la situazione con tante informazioni importanti:
- di certo siamo nella Preistoria, e, come in ogni era dell'Umanità, il sesso femminile è quello che fa il Progresso, o che ne dà l'input.
Proprio perché il lettore intuisce si tratti di un rito antico, cambiargli l'ambientazione fa parte di quegli eventi che scuotono le certezze di una comunità che ha dovuto faticare, e continua a farlo, in un ambiente ostile. 

Un unico appunto: la precisazione "nel grande spiazzo di pietra nera" detta al suo uomo mentre ci si trovano sopra, la cambierei con:
"La prima  luna nuova dovremmo farla qui, perché è lo spazio comune e più sicuro."
Della pietra nera  ne parlerei dopo, quando si parla del perché e del percome e dove, come hai fatto qui:
Nerio ha scritto: la parte più difficile fu spostare tutte le carcasse di ferro dal grande spiazzo di pietra nera, molte delle quali erano lì da sempre. Poi c’erano i detriti che erano
Comunque, un incipit efficace.
Ma di cosa si tratterà, si chiede infatti il lettore incuriosito che continua di sicuro.   :libro:
Nerio ha scritto: Quando mancava ancora una settimana alla notte della prima luna nuova, decise di affrontarla a viso aperto.
“È una cosa schifosa”, le gridò mentre erano coricati. “Cosa dovrei fare secondo te? Stare a guardare mentre lo faranno davanti ai nostri rifugi?”. Al buio credette di distinguere i denti della donna scoperti in un sorriso.
“Nient’affatto. Salteremo solo la parte della caccia al buio: si sceglieranno qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera e non in una foresta. Dopodiché, quando si saranno formate le coppie, andranno ognuno dove gli pare”. Le ultime parole furono pronunciate in uno sbadiglio. L’uomo strinse i pugni e serrò le mascelle.
“E le fiaccole? Maledizione, che cosa ne sarà della tradizione?”. Per tutta risposta lei si voltò dall’altre parte.
“Le fiaccole le metteremo intorno allo spiazzo. Sarà anche meglio”.
Aveva voglia di urlare, afferrarla per le spalle e scuoterla. Si trattenne a stento, pensando allo scandalo che avrebbe dato se l’avessero sentito. Ormai ne era certo: la cosa gli era sfuggita definitivamente di mano. Al colmo della disperazione tentò il tutto per tutto: “Gli altri non accetteranno mai”.
“Le donne della tribù sono già d’accordo. Degli uomini invece una metà è d’accordo, mentre l’altra metà cederà fra poco”. Poi aggiunse divertita: “Un’intero ciclo lunare senza giacere con la propria donna è troppo per chiunque, sai?!”.
Fatto molto bene questo "capitolo" sulla battaglia dei sessi e sulla vittoria senza se e senza ma delle donne.

(Occhio al refuso un intero scritto con l'apostrofo)

Nerio ha scritto: gio nov 21, 2024 12:43 amVi furono ancora altre notti come quelle, notti di prima luna nuova e non solo, in cui gli uomini cercarono il suono per ripetere il rito del grande movimento. Ma non gli accadde più di rimpiangere le vecchie tradizioni: ora sapeva che la loro natura non era fatta per obbedire cecamente a vecchie regole, ma per adattarsi al meglio di sempre nuove condizioni di vita.
Come del resto era già successo e ancora sarebbe avvenuto, nella storia della loro razza. 
La razza umana.
Bel finale! Didascalico come piacciono a me (la vecchia "morale della favola"). Piacevole racconto, con la narrazione di un gigantesco passo in avanti della condizione umana.  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Ciao @Nerio. 

Partiamo con l'analisi del tuo incipit:

  ha scritto:NerioLa prima a parlarne fu la sua compagna.
Stavano lavorando insieme alla carcassa di un grosso animale che lui aveva appena cacciato. Era impegnato nella parte più pesante del lavoro, tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia, quando lei parlò: "La prima luna nuova dovremmo farla qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera". 
Le parole gli fecero l'effetto di un colpo in pieno viso. Rimase senza fiato, gli occhi spalancati come quelli dei gufi che cacciava. 
Senz'altro la scena ci catapulta in uno scenario arcaico. La frase che mi ha fatto pensare a un rito è questa: La prima luna nuova. 

Però i termini con cui hai descritto la scena non trasportano del tutto il lettore. Dove siamo? E quando?
Per spiegare cosa intendo:
Stavano macellando la carcassa di un grosso bisonte, un leone delle caverne, oppure una gazzella? Grosso animale poteva riferirsi anche a un mammut, ma non l'avrebbe cacciato da solo. Lui aveva inciso la pelle dell'animale e lo stava scuoiando tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia quando lei parlò. Avresti anche potuto accennare al tipo di lama che stava usando per far in modo di capire al volo il luogo e il tempo in cui si svolge la scena.
Poi mi viene il dubbio che gli uomini di cui racconti non sono nemmeno troppo antichi. Sono stanziali, non cacciatori raccoglitori, forse sono un'antica tribù che visse isolata da altre civiltà o addirittura siamo in un contesto post apocalittico? Avrei messo più elementi per farci capire meglio. 

Ora passiamo al racconto:

Avrei voluto commentarti come faccio di solito, ossia citando i periodi sui quali ho qualcosa da dire, ma davvero, mi resta più facile parlare del racconto in generale, delle cose che non ho capito una per una.
Le scatole di pietra: ho pensato fossero montagne, ma mi sono chiesta non hanno un nome per le montagne ma conoscono le scatole?
Stessa cosa per le scatole di ferro, cosa sono? Ho pensato a vecchie carcasse di automobili, allora forse il racconto è collocato più avanti nel tempo e non indietro. Si spiegherebbero i dialoghi un po' moderni per un contesto preistorico.
  ha scritto:NerioNon ci mise molto a capire che qualcosa stava succedendo e che ancora una volta la sua compagna si era mossa in anticipo.
 Le femmine, mi piace come hai rappresentato la compagna dell'uomo, anche questa volta ci ho visto modernità. Un po' mi ha fatto ridere la reazione spaesata del maschio.

Insomma, il racconto è molto bello però avrei voluto capire meglio, e forse adesso, rileggendo il finale
  ha scritto:NerioCome del resto era già successo e ancora sarebbe avvenuto, nella storia della loro razza. 
 credo che siamo proprio in un contesto post apocalittico. Però avrei voluto capirlo subito.

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Nerio ha scritto: La prima a parlarne fu la sua compagna.
Stavano lavorando insieme alla carcassa di un grosso animale che lui aveva appena cacciato. Era impegnato nella parte più pesante del lavoro, tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia, quando lei parlò: "La prima luna nuova dovremmo farla qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera". 
Le parole gli fecero l'effetto di un colpo in pieno viso. Rimase senza fiato, gli occhi spalancati come quelli dei gufi che cacciava. 
Aprì la bocca per parlare ma la sua compagna fu più veloce: "Ogni anno qualcuno dei nostri giovani si perde o viene sbranato dalle bestie durante la prima luna nuova. Questa volta lo faremo succedere qui davanti, dove tutta la tribù può proteggerli". 
Tentò di rispondere ma era troppo tardi: con la scusa di cucinare il fegato appena estratto dalla bestia, se ne stava già andando. Quando trovò la lucidità per rispondere, lei era scomparsa.
Ciao @Nerio eccomi qui a commentare il tuo incipit. Si tratta di un classico "in media res". Mostra subito una donna che dice qualcosa ("La prima a parlare fu la sua compagna") e di seguito un uomo impegnato in un lavoro manuale.  Lo stordimento che l'uomo prova alle affermazioni della donna ci fa pensare a un cambiamento epocale. Siamo nella preistoria, e definirei simpatica l'idea del rito della caccia (ti sei rifatto alla famoso detto "l'uomo è cacciatore" ?  :D). L'incipit qui si estende a tutto il paragrafo dove è possibile rintracciare gli elementi del prosieguo della storia.  Nel complesso trovo il tuo racconto un elogio alla donna, capace di fare evolvere l'uomo troglodita! 
Mi è piaciuta anche l'idea dell'abbellimento dello spiazzo, 
Nerio ha scritto: Se il loro lavoro avveniva controvoglia, quelle delle loro donne invece avveniva come in una festa, ridendo e chiacchierando. Mentre loro faticavano con i carichi pesanti, quelle disponevano torce e fiori alle pareti che circondavano lo spiazzo.
anche la bellezza è evoluzione. Mi piace pensare come dall'abbellimento di uno spiazzo davanti a una caverna si sia arrivati alla Cappella Sistina.

N.b. ci sono almento tre refusi, ma non li ho segnati e spero te li facciano notare gli altri.
Ne approfitto per ringraziarti ancora per il commento fatto alla mia poesia.  :rosa:

Non sto partecipando a questo contest, ma sto provando (non senza fatica) a ritagliarmi qualche minuto per leggere e commentare almeno l'incipit dei vostri racconti.
In bocca al lupo e alla prossima.

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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(lol, questa in pochi la capiranno)

Una raccomandazione, se potete, di ascoltare "Ethiopia" dei Baustelle come sottofondo musicale di questo racconto.
Che nostalgia  :)

Vabbè, serio adesso...

@Poeta Zaza i tuoi suggerimenti sono sempre super ben accetti. Grazie per il consiglio sul titolo. Confesso che qui ho cercato di imitare il buon vecchio Carver, che prendeva frasi dai suoi racconti per farle diventare il titolo stesso. L'impressione doveva essere, secondo le mie intenzioni, di prendere un particolare marginale del racconto, per farlo diventare invece cruciale. Sulla scelta del superlativo o meno, non so... mi piaceva l'idea dell'iperbole storica. Forse non si è notato molto, ma il racconto NON è ambientato nella preistoria, bensì in un futuro remoto in cui una catastrofe a letteralmente 'resettato' l'umanità a livello di uomini delle caverne. I cosiddetti neoprimitividi Battiato. Quel "Antichissimo" in realtà identifica il nostro tempo: siamo noi. Ma vabbè... se devo spiegarlo qui, significa che da qualche parte ho fallito nel racconto.
Sulla superiorità strategica delle donne, sì: era esattamente il mio obiettivo quello di raccontare una storia dal loro punto di vista. Anzi: una storia come opera di manipolazione della donna. Mi piace pensare che il gioco dei ruoli dei generi lascia all'archetipo femminile il ruolo di innovazione e promozione. Contro il luogo comune che vorrebbe farci credere che nella storia esistono solo esploratori, condottieri e innovatori.
Grazie per la tua lettura e la tua valutazione positiva. Molto obbligato <3 

Cara @Albascura   mi hai sgamato subito ahahahah
Ecco, ho volutamente giocare con questo bias del cervello, cioè con l'idea di ingannare il lettore, facendogli credere che la scena "preistorica" fosse effettivamente ambientata nella preistoria. Se ti avessi detto subito che l'uomo stava usando dei rottami di ferro temprato staccati dalla carcassa bruciata di un'auto distrutta, avrei perso l'effetto sorpresa. In particolare, questo racconto parte dalla famosa massima di Albert Einstein che dice: "Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clave e pietre".
Ecco, noi siamo diretti lì: a un remoto futuro che sembra spaventosamente simile al nostro nadir evolutivo.
Per fare questo bel gioco di prestigio, la rivelazione distopica doveva arrivare dopo, quando ormai il lettore pensava di aver capito tutto. Per questo ho fatto una fatica bestia a evitare parole come 'asfalto' (="spiazzo di pietra nera" BINGO! :) ), 'palazzi' (="scatole di pietra") e 'carcasse di automobili' (="scatole di ferro"). A onor del vero c'era una scena che avevo messo all'inizio dove le donne abbellivano i palazzi entrando dentro e mettendo le torce al loro interno, davanti alle finestre (=buchi tutti uguali, con la stessa forma precisa e dritta). Ma poi ho dovuto tagliare per stare dentro i 10k caratteri.
E niente... grazie per le tue belle parole d'apprezzamento :love: 

Cara @Adel J. Pellitteri 
ma ben ritrovata anche qui :)
Peccato tu non voglia partecipare... ma vabbè, vorrà dire che tornerò a cercarti e a leggerti in poesia :D
Sono felice che tu abbia colto e apprezzato l'elogio all'archetipo femminile, che io riconosco e rispetto come vero motore di crescita e innovazione 'silenziosa' nella società umana. E' così: la donna è al centro di ogni grande trasformazione sociale, anche se, ahimè, la narrazione canonica tende a interpretare tutto in una logica imperialista fallocentrica.
Mia cara, i refusi io ce li metto sempre :asd: 
Purtroppo ho sempre poco tempo per scrivere: questo l'ho buttato giù in 1h e 30 perché moglie e figlia erano via di casa. Il tempo che sono rientrate e sono tornato a essere "produttivo". In generale vedo questo forum come un laboratorio dove far valutare le idee. Sulla tecnica, pazienza... quella arriva dopo, con l'editing e la correzione.
Grazie mille per la tua lettura. A rileggerti presto!

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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  ha scritto:NerioPer fare questo bel gioco di prestigio, la rivelazione distopica doveva arrivare dopo, quando ormai il lettore pensava di aver capito tutto
Certo, la sorpresa ci stava. Forse dovevi avvalorare la tesi della preistoria nella mente del lettore, lasciare che un vago dubbio salisse riguardo al fatto che non erano proprio Neanderthal, visto che la tribù era stanziale. Anche i dialoghi insinuano un po' che c'è qualcosa da scoprire. Forse era meglio  non nominare nemmeno le scatole di pietra o di ferro, solo alla fine, magari qui, 
  ha scritto:NerioQuando ormai troppo stanco, smise di colpire il guscio di ferro, erano rimasti solo gli adulti a osservare il buio dello spiazzo nero. Sua figlia non c’era più persa chissà dove.
avresti potuto inserire il dettaglio che avrebbe fatto saltare il lettore sulla sedia:

Quando ormai troppo stanco, smise di colpire il guscio di ferro, erano rimasti solo gli adulti a osservare il buio dello spiazzo nero. Sua figlia non c’era più. L'aveva vista allontanarsi col ragazzo che l'aveva scelta, l'aveva vista entrare in una delle antiche tane in rovina: la luce della loro torcia illuminava il loro passaggio all'interno del vecchio rifugio attraverso i fori sulle pareti lisce e squadrate. Poi la luce svani. 

Una cosa del genere.
Spero di essere stata d'aiuto, alla prossima @Nerio 
 

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Nerio ha scritto: La prima a parlarne fu la sua compagna.
Stavano lavorando insieme alla carcassa di un grosso animale che lui aveva appena cacciato. Era impegnato nella parte più pesante del lavoro, tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia, quando lei parlò: "La prima luna nuova dovremmo farla qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera". 
Le parole gli fecero l'effetto di un colpo in pieno viso. Rimase senza fiato, gli occhi spalancati come quelli dei gufi che cacciava. 
Aprì la bocca per parlare ma la sua compagna fu più veloce: "Ogni anno qualcuno dei nostri giovani si perde o viene sbranato dalle bestie durante la prima luna nuova. Questa volta lo faremo succedere qui davanti, dove tutta la tribù può proteggerli". 
Tentò di rispondere ma era troppo tardi: con la scusa di cucinare il fegato appena estratto dalla bestia, se ne stava già andando. Quando trovò la lucidità per rispondere, lei era scomparsa.
Ciao @Nerio che storia affascinante ci hai proposto! Un racconto post apocalittico, una società matriarcale che dà nuova vita al genere umano. Un ruolo inusitato e affascinante della riscoperta della musica e della danza in questo mondo distrutto che vuole rinnovarsi.

L’incipit va letto con attenzione perché é disseminato di indizi che, a una lettura distratta, non si percepiscono subito.
C’è quasi la presenza di un narratore inaffidabile (grandiosa peraltro) che tende a trasportare il lettore in un epoca primitiva. Niente di più falso.
C’è la conoscenza delle fasi lunari e di come si chiamano, c’è il fuoco e ll cucinare. Ci sono elementi che trasportano in un’epoca successiva a quella primordiale. Anche l’eloquio non è quello che ti aspetteresti da uomini primitivi.  Ma questo l’ho dedotto dopo aver ultimato la lettura e rileggendo il tutto una seconda volta.
La scena incuriosisce e suscita desiderio di saperne di più. Quindi trovo che sia un ottimo incipit.
Nerio ha scritto: la parte più difficile fu spostare tutte le carcasse di ferro dal grande spiazzo di pietra nera, molte delle quali erano lì da sempre. Poi c’erano i detriti che erano caduti dalle grandi scatole di pietra da spostare. Infine, bisognava estirpare le piante e gli arbusti che erano cresciuti, spaccando la superficie nera dello spiazzo in più punti. Fu un lavoro terribilmente faticoso che lui e gli altri uomini si sobbarcarono in un silenzio cupo e colmo di risentimento.
ti giuro che per associare le scatole di pietra ai palazzi mi ci è voluto un bel po'… ma è geniale!
Nerio ha scritto: Per tutta risposta la donna picchiò un pugno contro un secchio: “Facendo quanto più rumore possibile”.
Qui avrei evitato la parola secchio. Hai usato successivamente, in più occasioni, l’espressione “guscio di ferro” e mi sembra più appropriata di “secchio”. 

Non posso che farti i complimenti per un racconto che davvero mi ha colpita per la tecnica di scrittura e l’originalità. Lo spiazzamento è assicurato e l’incipit lo si apprezza appieno dopo aver capito dove si va a parare… ma funziona alla perfezione per ingaggiare il lettore.

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Ciao @Nerio, credo sia la prima volta che ti leggo e mi hai suscitato reazioni contrastanti.
Trovo azzeccatissima la traccia, non di particolare effetto l'incipit. L'idea è intrigante, lo stile mi sembra un po' affrettato. Credo ci siano delle buone basi per migliorare un racconto con del potenziale.
Ti scrivo qualche nota:
Nerio ha scritto: Rimase senza fiato
Nerio ha scritto: Quando trovò la lucidità per rispondere
Mi sembra esagerata la reazione descritta rispetto alla proposta della compagna, anche se fai capire che avesse temuto che tutto il rituale si sarebbe svolto sul piazzale. C'erano questi tabù al tempo in cui è ambientata la storia?
Nerio ha scritto: ornamenti bianchi
Nerio ha scritto: allontanate dalle tane
Nerio ha scritto: torce accese
Nerio ha scritto: cacciando” una sola femmina, di modo che da quell’incontro sarebbero nate nuove famiglie
Ho difficoltà nella collocazione temporale del racconto.
Nerio ha scritto: Se il loro lavoro avveniva controvoglia, quelle delle loro donne invece
Nerio ha scritto: cominciarono finalmente a si mescolarsi.
Refusi

La parte in cui scoprono la musica e la danza è quella che preferisco, scorre bene e coinvolge.
 Spero di esserti stata utile.
A presto
<3

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Ciao @Nerio

Avevo intuito che non si trattava di “primitivi normali”, non intendo dire quelli che crediamo ma gli stereotipi dei primitivi da cinema americano ai quali purtroppo molti si sono assuefatti da considerarli verità.
I tuoi primitivi in effetti sono molto “civili”.
Ho trovato molto belli ed evocativi i preparativi per la festa della luna nuova, alcuni particolari mi affascinano
Nerio ha scritto: La primavera imminente aveva riempito l’aria fuori dalle loro tane di un odore dolciastro e una spossatezza febbrile si era impossessata di lui. Sentiva gli occhi umidi e le membra calde. 
Potresti scrivere un intero capitolo e anche più.
Nerio ha scritto: “Le donne della tribù sono già d’accordo. Degli uomini invece una metà è d’accordo, mentre l’altra metà cederà fra poco”. Poi aggiunse divertita: “Un’intero ciclo lunare senza giacere con la propria donna è troppo per chiunque, sai?!”.
Questo è puro stress metropolitano… dove una donna può anche dire questo e sorridere al pensiero di che cosa ci si sta mai privando…
Poi c’è il ferro come indizio. Aanche se dicono sia esistita l’età del ferro e prima della pietra e poi del rame in base ai manufatti trovati… e faccio finta di crederci altrimenti non riesco a compenetrare la storia se ne eludo i suoi paradigmi.
La pietra nera non l’ho visualizzata come asfalto, e dire che amo l’odore del catrame. Ho pensato a pietra lavica nera, resti di esplosioni vulcaniche. Dalle mie parti c’è una splendida vallata di pietra vulcanica antichissima, con resti di nuraghi di pietra bianca, albini, dove talvolta ambiento qualche storia.
Nel giardino di casa ho un antichissimo abbeveratoio rotondo scolpito in pietra lavica, da sempre nella mia famiglia. Ora ci vanno a dormire i gatti.
Poi ho notato la presenza di un secchio, notevole per dei primitivi. Non ho afferrato subito il senso delle scatole di ferro, ho dovuto leggere i commenti.

Nerio ha scritto: Poi c’erano i detriti che erano caduti dalle grandi scatole di pietra da spostare. Infine, bisognava estirpare le piante e gli arbusti che erano cresciuti, spaccando la superficie nera dello spiazzo in più punti. Fu un lavoro terribilmente faticoso
Bellissimo. Una scena fantastica.
Nerio ha scritto: Quando il peso che provava nel petto fu troppo forte, alzò lo sguardo e i suoi occhi si fissarono sua quelli della sua compagna. 
Sentimenti molto superiori a selvaggi ominidi.
Mi è piaciuto  il ballo delle donne, la rimembranza di suoni antichi che riaffiorano nel ricordo.
Col senno di poi, dopo aver letto i commenti e la tua risposta appare più chiaro lo scenario che hai creato di questa civiltà e dei ricodi disseminati della provenienza primigenia.
Il finale l’ho trovato un po’ “filosofico”. L’uomo è dunque perfettamente consapevole che è esistito qualcosa di antico, che si eseguono rituali che in realtà sono ricordi, concezioni, gestualità di un'altra civiltà precedente, forse di generazioni. A questo punto, anche alla fine, avrei messo qualcosa che in qualche modo ricordasse questa civiltà, un manufatto, rovine di una città, grattacieli sventrati da scalare come montagne con sullo sfondo tramonti di fuoco nel caldo torrido del deserto sempre incombente.
Però hai delineato un piacevole spaccato di questi superstiti inconsapevoli, distanti anche generazioni da qualche tragedia immane che li ha fatti piombare alla stato attuale.
Ho letto nel tuo commento circa la superiorità strategica della donna, il tuo proposito di raccontare la storia dal loro punto di vista. Può starci, ma secondo me in una eventuale regressione della civiltà penso che i ruoli tornerebbero, per pura necessità di sopravvivenza, a quello che sono sempre stati.
Anche la famosa frase di Albert Einstein, abusata al punto che nessuno ci pensa più di tanto, avrebbe una sua logica se il mondo fosse quello che ci hanno insegnato: scimmie, ominidi, uomini, caverne, palafitte, il fuoco generato da un fulmine… le prime civiltà eccetera fino ai nostri giorni. Ma l’uomo ha milioni di anni ed è molto più complesso di come sembra.
Ok, perdona la digressione. Pour parler.
Ho dimenticato di analizzare l’incipit. Si parla di un uomo e una donna che scuoiano un animale. Io l’ho visto fare da piccolo innumerevoli volte e ti assicuro che la scena è abbastanza truculenta. Ti risparmio i particolari, ma sono sicuro che avresti fatto inorridire qualcuno con scene inconsuete, l’incipit avrebbe fatto svenire qualcuno… Sarebbe stato interessante...  :D  Scherzo.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Preistoria prossima ventura. Bravo, @Nerio , mi è piaciuto.
È un racconto molto interessante, ricco di spunti e riflessioni, tutti elementi che però soffrono il guinzaglio dei 10mila caratteri e pertanto restano legati alla funzione di indizi per un effetto sorpresa che sorpresa poi non è. 
Carcasse di ferro, rovine, l’inconfondibile aroma del Dystopie N°5.
Nello stesso modo l’incipit, a cui spetterebbe il ruolo di promessa affabulante, ma che invece svolge funzione di semplice apertura del sipario.
Non me ne volere, @Nerio. Non sto evidenziando criticità, ma potenzialità piuttosto consistenti che meriterebbero più di quello che hanno avuto.
Come il ruolo della musica e della danza che ne viene generata.
È un’idea bellissima, il fulcro stesso di tutto il racconto. Perché la storia parla di ciclicità ancestrali come l’avvicendarsi di stagioni e ore, di respiro e battito del cuore, la trama di cui è tessuto il Tempo, percepito dentro e fuori, che diventa rito, cioè sintesi di significati trasmissibili.
Oltre ogni devastazione, oltre ogni rovina, chi resta continuerà a respirare, a sentire battere il cuore, a danzare.
Hai scritto un raccontone e mi è piaciuto anche perché l’hai fatto sorridendo per mettere in scena un’altra ineludibile ciclicità: l’eterno conflitto tra i sessi, che non è semplice storia di generi, ma di relazioni, della ricerca di un equilibrio tra comando e sottomissione che riesca a mutare entrambi in progresso.
E tutto questo in 10mila caratteri? Come avresti potuto?
Ah, maledetto contest, che il diavolo se lo porti e il cielo l’abbia in gloria   (y)
 
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... ataccia-2/
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Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Ciao @Nerio! Partecipi proprio quando non ci sono  :buhu: non ho potuto fare a meno di leggere il tuo racconto
Meraviglioso, niente da dire. Hai costruito un mondo nuovo eppure antichissimo, post-apocalittico mi sembra di capire; ho apprezzato come hai trattato il conflitto dovuto all'evolvere delle tradizioni. Forse il tutto si è svolto con poca tensione, per i miei gusti; mi aspettavo una qualche svolta macabra, in cui le "bestie" che facevano sparire i giovani in realtà erano gli uomini adulti... Ma forse è meglio così :asd: è un piacere leggere qualcosa di tuo.
A presto!

Re: [Lab15] Qualcosa di nuovo eppure antichissimo

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Ciao @Nerio, è la prima volta che ho il piacere di leggerti e lasciare un commento  :D

Comincio subito dall'incipit:
Nerio ha scritto: La prima a parlarne fu la sua compagna.
La prima frase funziona molto bene e crea da subito un interrogativo a cui cercare risposta leggendo il resto del racconto, per scoprire di che si tratta. La compagna di chi? Parlare di cosa? Insomma, semplice e conciso ma efficacissimo.
Nerio ha scritto: Stavano lavorando insieme alla carcassa di un grosso animale che lui aveva appena cacciato. Era impegnato nella parte più pesante del lavoro, tirando via la pelliccia con tutta la forza delle braccia, quando lei parlò: "La prima luna nuova dovremmo farla qui davanti, nel grande spiazzo di pietra nera". 
Anche questa parte nel complesso fa benissimo il suo dovere, dando dei contorni più precisi al contesto. Inoltre ci fa incontrare i personaggi, che sappiamo essere una coppia, e ci incuriosisce con questa storia della prima luna nuova, con tutti i cambiamenti che la investiranno a partire dalla proposta di lei. Forse avrei preferito qualche elemento descrittivo in più, ad esempio più dettagli sulla specie dell'animale, sull'ambiente in cui il protagonista sta lavorando e così via. Questa sensazione l'ho avuta ogni tanto anche nel resto del racconto, ma ovviamente il limite di caratteri del contest ha posto dei necessari limiti da questo punto di vista.
Nerio ha scritto: Le parole gli fecero l'effetto di un colpo in pieno viso. Rimase senza fiato, gli occhi spalancati come quelli dei gufi che cacciava. 
Il protagonista resta totalmente scioccato dalla proposta della compagna di modificare quella che intuiamo essere una sorta di tradizione e rituale. Cosa che, di per sé, va benissimo. Ma l'interrogativo che resta senza risposta lungo tutta la storia è: perché? Quali sono gli elementi che lo legano a questa tradizione in modo così viscerale ed irremovibile? La reazione appare inizialmente sproporzionata, ma il vero problema, a mio parere, è che non viene adeguatamente spiegata, anche dopo. Il protagonista difende la tradizione facendo appello ad una certa nostalgia personale e ad un principio di autorità in sé e per sé, ma nulla di più. Mi appare un po' difficile che questi sentimenti bastino a scatenare delle reazioni così rabbiose, come addirittura voler aggredire fisicamente la compagna, come accade più tardi. Penso che questo sentimento, che è poi l'ostacolo che dev'essere superato per risolvere gli eventi, dovrebbe essere meglio approfondito.

Per il resto, sia il messaggio sia l'ambientazione sono molto belli ed hanno un potenziale ancora maggiore, se vorrai ampliare il testo. Il superamento di una tradizione ormai inadeguata per la mera sopravvivenza ma anche arida dal punto di vista emotivo è, per come ragiono, auspicabile e un bellissimo contenuto di cui scrivere. E nel descrivere lo scenario che circonda i personaggi sei stato capace di disseminare tanti piccoli indizi sulla sua natura post apocalittica (o comunque di futuro molto remoto), senza però che fossero troppo evidenti, lasciando un bellissimo colpo di scena per il finale. Pensa che ero già pronta a commentare dicendo che non mi sembrava il massimo proiettare valori che si portano dietro un sapore moderno e a tratti patriarcale (la società monogamica e la "caccia" alle femmine da parte dei maschi) su un sistema sociale preistorico, ma poi sono arrivata alla fine e ho constatato che aveva pienamente senso  :asd: . Dirò di più, mi interesserebbe molto sapere di più su questa comunità umana, in cui la monogamia e la divisione dei ruoli di genere è molto netta (una possibile eredità dei millenni di storia passata) ma allo stesso tempo è mescolata ad elementi di vita pre Rivoluzione neolitica (non coltivano o allevano, ma cacciano per sostentarsi). 

Insomma, è stata una bella lettura che ha ancora del potenziale inespresso; penso che con qualche carattere in più sarebbe perfetta.

A rileggerci!
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