Costruttori di Mondi

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Il demone di Sara

Sara accennava un sorriso, lasciando intravedere i suoi denti bianchi. I suoi occhi verdi, vivaci e giocosi, tradivano una certa attenzione.

«Dai! Siete lenti!» urlavano i loro compagni di gioco.

Al di là di quel fazzoletto bianco c’era Andrea, un bel morettino sorridente, con un accenno di barbetta. Era pronto a prendere quel fazzoletto, ma sembrava si stesse divertendo a prolungare quel gioco di finte. Anche Sara sembrava dello stesso parere.

Quel giorno il parco era più verde e luminoso del solito, irradiato da un sole caldo. 

«Dai Sara! Ormai si fa buio» disse Lucilla, mentre aspettava in linea con i suoi compagni.

Perfino il ragazzino che reggeva il fazzoletto iniziava a perdersi, fissando le quattro nuvolette che decoravano il cielo.

Intanto Sara e Andrea se ne fregavano allegramente di quello che dicevano gli altri, si volevano godere quel momento: prima fintava lui, e lei era pronta a prenderlo, poi lo faceva lei, e lui reagiva allo stesso modo.

Lo stallo si sbloccò quando la ragazzina si decise a strappare il fazzoletto e correre al massimo verso i suoi compagni di squadra. 

Andrea, colto di sorpresa, la inseguì. Sara era quasi arrivata alla linea, ma le gambe allenate di lui furono più veloci, e così la toccò dietro alla spalla, senza troppa foga, quasi a calibrare la forza per non farla cadere.

Si udirono i disappunti dei compagni di squadra di Sara, ma tutto finì con un sorriso generale. Specialmente tra i due ragazzi.

30 minuti dopo

Il sole iniziava a calare pian piano.

«Ciao Sara!» disse Andrea, insieme agli ultimi ragazzini presenti ancora nel parco.

Sara lo salutò felice, poi salutò anche gli altri. Infine si voltò verso la strada di casa. 

Nessuno di quei giovanotti ci fece caso, ma quando si voltò, lo sguardo di lei cambiò: si fece più cupo.

Lucilla ci fece caso, non ebbe neanche bisogno di guardarla in faccia. La conosceva bene.

La prese per mano e le disse: “ti accompagno”.
Sara la guardò e tornò a sorridere.

Le due amiche camminavano sul margine della strada, quando ogni tanto qualche auto di passaggio le “ricordava” di stare defilate.

Il tragitto di casa non era poi così lungo; quel tanto che basta per parlare un po’. 

«Bello il tramonto» esclamò Lucilla, mentre la piccola palla arancione scompariva dietro ai tetti di alcuni condomini. 
«Molto.»
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Sara riprese a parlare: «sai Luci, ora mi sento meglio. Sento che… posso farcela. Penso di essere più forte», e scalciò un sassolino che si trovava sul suo cammino. 
«Ma certo che puoi farcela, tu hai il sole dentro! E ci sono io…»
«Lo so, sono fortunata con te. Se non ti avessi…»
«Te lo ripeterò sempre: non si può cambiare il passato, per quanto doloroso sia, l’unica cosa da fare è guardare avanti!»
«Giusto, guardare avanti», disse Sara con un cauto ottimismo, «il peggio è passato».
«Così mi piaci!»

Le due erano quasi arrivate all’incrocio che le avrebbe separate, quando notarono una cosa molto strana. Un cavallo bianco accasciato in mezzo all’incrocio.

Si avvicinarono incredule all’animale. Il suo colore brillante spiccava in mezzo all’asfalto. Ma era chiaro che fosse in fin di vita. 

«Che cosa ci fa un cavallo qua? Non sarà uno di quelli del maneggio?» chiese Lucilla.
«Non penso», rispose Sara, osservandolo attentamente, poi aggiunse: «non ci sono femmine così chiare».

Poi si avvicino al muso della cavalla, mettendosi in ginocchio a fianco a lei.

Era perfetta, muscolosa, elegante. Immobile, a parte gli occhi ambrati, che la fissavano con un velo di malinconia.

Il sole tramontò del tutto e l’incrocio rimase illuminato soltanto da qualche vecchio lampione.  

Sara si fece seria in volto, quasi timorosa di accarezzarla. Poi lo fece: il suo manto era freddo come il ghiaccio, come se fosse già morta.

«Luci. Che cosa significa?»

Sara alzò lo sguardo in cerca della sua amica, ma non c’era più nessuno. Neanche un’auto che passasse di lì per sbaglio.

C’era solo lei, e quella cavalla morente. Tutto attorno un inquietante silenzio.
 
Fu in quel momento che il cuore di Sara iniziò a battere forte.

“LUCI!” urlò la giovane nel vuoto.

Poi abbassò lo sguardo verso l’animale, ma i suoi occhi erano cambiati, non c’era più traccia di colore, erano neri come l’abisso. 

Sarà sobbalzò all’indietro e si ritrasse da quella bestia. La paura le stava prendendo il controllo. Ora iniziava a capire che cosa stesse succedendo…

«Basta! Io non voglio più giocare con te! Io… ti ho sconfitto» disse piangendo.

Il cielo era nero, privo di stelle, come un mantello sopra la testa di Sara. E iniziò a piovere. Non era acqua, erano gocce di quel mantello nero, puzzolenti di morte, che macchiavano come catrame tutto quanto: la strada, la luce gialla dei lampioni, i capelli ramati di Sara e il manto bianco della bestia.

“PERCHÈ NON C’È NESSUNO?” 

Cercava di trattenere le lacrime, ma quando la morsa la chiudeva, l’anarchia del panico prendeva il sopravvento.

Iniziò a soffiare un vento freddo e tagliente, che copriva sempre più lo scroscio violento della pioggia. 

Sara pensò che stesse per morire.

Poi, all’improvviso, il vento cessò. E poco dopo, anche la pioggia. Rimase solo il segno del temporale attorno a lei.

Tornò il silenzio più profondo, come se Sara fosse sospesa in una cartolina triste.

Si udì il suono degli zoccoli, che cresceva ogni volta di più, fino a che dall’angolo dell’incrociò si intravide un nero stallone. Imponente, con un’ombra sopra di esso. 

Quando il cavallo si avvicinò, Sara notò che il fantino era con il collo riverso in avanti, e dondolava a ogni passo dell’animale.

Non riusciva a capire chi fosse, fino a che riconobbe quei capelli lunghi e quei jeans. Non si trattava di un fantino, ma della sua cara Lucilla. 

Sara tirò su col naso. Aveva finito le lacrime, e iniziava a maturare dentro di sé un senso di fredda rassegnazione. 

Lo stallone si fermò al centro dell’incrocio, a pochi metri da Sara. Li divideva soltanto il cadavere di quella cavalla bianca. Poi impennò.

Lucilla rotolo all’indietro e cadde a terra come un sacco della spazzatura. E lì ci rimase.

Lo stallone sbuffò, poi guardando Sara si abbassò sulle ginocchia e rimase in quella posizione.

Per un istante, tutto si fermò.

«Siamo solo io e te. Ancora una volta…»
Sara posò lo sguardo su Lucilla.
«Che stupida… pensare che non mi avresti più trovato», mormorò, osservando la cavalla, ora sporca e macchiata di pioggia scura.
«Non dici niente, eh! Lo so. Lo so… non c’è bisogno che dici nulla. So già tutto, solo che… pensavo di illudermi.»

Sara chiuse gli occhi e inspiro per lunghi secondi. Buttò fuori l’aria lentamente, soffiando con la bocca, come se stesse svuotandosi di un peso. Il suo cuore tornò a battere con una strana calma. 

Poi aprì gli occhi, si prese pochi secondi, aggirò la cavalla e si diresse verso lo stallone. 

Si udivano solo i suoi passi, mentre calpestavano le piccole pozzanghere che stagnavano dopo la tempesta.

Quando arrivò davanti allo stallone, Sara non esitò: montò in sella con sicurezza.

Lo stallone a quel punto si mise in piedi e aspettò.

Sara prese le redini dello stallone, poi guardò avanti, in quella strada buia. 

Strinse delicatamente le gambe sui fianchi del cavallo e con voce ferma disse: “vai”.

Ciao @edotarg

Interessante questo breve racconto. Presumo sia un’estrapolazione di un’idea più lunga, articolata. Un po’ mistery, realismo magico, surrealismo. Per come ho capito io, ma è una mia personale interpretazione, in quanto amo scrivere racconti “sospesi” fra realtà, sogno e mitologia eretica, qui c’è un qualcosa che potrebbe ricordare l’eterna lotta fra il bene e il male.
Potresti approfondire il gioco iniziale dei ragazzi, con Andrea, Sara e Lucilla fra gli altri, addentrarti più profondamente nel loro animo, anche con pochi tocchi, poche pennellate che accentuino l’atmosfera, il loro stato d’animo.

edotarg ha scritto: Nessuno di quei giovanotti ci fece caso, ma quando si voltò, lo sguardo di lei cambiò: si fece più cupo.

Questo è un punto cruciale, Da qui traspare la vera natura di Sara che forse fino a quel momento era stata costretta a dissimulare assumendo una maschera. Per sua volontà? Per volontà di qualcun altro? A cosa doveva, in apparenza, sottostare?

edotarg ha scritto: «Bello il tramonto» esclamò Lucilla, mentre la piccola palla arancione scompariva dietro ai tetti di alcuni condomini. 

Stupenda questa scena del sole con lo sfondo dei condomini. Un'atmosfera nostalgica e decadente. Sarebbe più bello, ma è solo un mio gusto personale, descrivere il sole in un modo più suggestivo, oltre la "palla".

edotarg ha scritto: Sara riprese a parlare: «sai Luci, ora mi sento meglio. Sento che… posso farcela. Penso di essere più forte», e scalciò un sassolino che si trovava sul suo cammino. 
«Ma certo che puoi farcela, tu hai il sole dentro! E ci sono io…»
«Lo so, sono fortunata con te. Se non ti avessi…»
«Te lo ripeterò sempre: non si può cambiare il passato, per quanto doloroso sia, l’unica cosa da fare è guardare avanti!»
«Giusto, guardare avanti», disse Sara con un cauto ottimismo, «il peggio è passato».
«Così mi piaci!»

Qui stai dando troppe spiegazioni a beneficio del lettore per bocca di Lucilla.
Potresti rappresentare questo passato sotto un’altra forma indiretta, in modo che il lettore non abbia l’impressione di essere come “indottrinato”.

La presenza del cavallo bianco morente, il suo cambiare sguardo, la pioggia nera come catrame che lascia pozzanghere, la scomparsa di Lucilla, le parole di Sara delineano certamente fatti al di fuori della norma che sono accaduti, fatti surreali, inquietanti.
Tutto quello che accade in seguito ha qualcosa dell’incubo, ne accenni brevemente ma in maniera suggestiva, molto visiva. Volendo potresti anche approfondire maggiormente l’atmosfera, rendere più vivida la cupa ambientazione.

edotarg ha scritto: Lucilla rotolo all’indietro e cadde a terra come un sacco della spazzatura. E lì ci rimase.

Terminologia dei giorni nostri, ai giorni nostri è l’ambientazione, tuttavia quel “sacco di spazzatura” è un’espressione che stacca troppo dalla magia e dal cupo mistero fin qui mostrati, come la "palla" del sole.
Alla fine Sara va via sullo stallone nero cavalcato fino a poco prima da Lucilla che è caduta, non sappiamo se è morta, non sappiamo perché, ma comunque sembra che le due ragazze ne fossero entrambe consapevoli. Forse Lucilla di meno, a giudicare da come stava incoraggiando Sara poco prima, finito il gioco con i coetanei.
Molte domande rimangono in sospeso, forse volutamente, comunque mi è molto piaciuta l’ambientazione che hai saputo creare, anche il tuo modo di esporla, molto chiara e lineare. Non è facile essere sempre chiari quando si parla di cose che esulano dalla quotidianità. Viene davvero voglia di saperne di più.

Ciao @edotarg 

Pioggia, pesante ed infinita. Pennellate tragiche a suggello di un'amicizia.
Profondo e tagliente come un ramo spezzato.
Infinite volte. A ripetersi.
Molta curiosità nella lettura. Che si potesse anche vivere in un universo lontano!
Fino alla fine dello spazio, visto come un incrocio di vite. Passate e future.
Non c'è allarme, né miseria.
Ho letto solo vita.
E mi è piaciuto.


Alle prossime vele spiegate.
Atlab the Alchemist

Ciao @edotarg, ti auguro una buona giornata e spero che il mio commento ti sia utile.
Inizio con lo sgranchirmi le mani.  

edotarg ha scritto: Sara accennava un sorriso, lasciando intravedere i suoi denti bianchi. I suoi occhi verdi, vivaci e giocosi, tradivano una certa attenzione.

Qui troppi possessivi a breve distanza (suoi-suoi) che non aggiungono informazioni o riferimenti necessari. Il soggetto è sempre Sara.

edotarg ha scritto: Al di là di quel fazzoletto bianco c’era Andrea, un bel morettino sorridente, con un accenno di barbetta.

Toglierei "bel": la bellezza è soggettiva, se passa un editor ti dice che stai esprimendo un concetto presente nella testa dell'autore.  

edotarg ha scritto: Era pronto a prendere quel fazzoletto, ma sembrava si stesse divertendo a prolungare quel gioco di finte. Anche Sara sembrava era dello stesso parere.

Sembrava-sembrava (ipotizzo "era").

edotarg ha scritto: Intanto Sara e Andrea se ne fregavano allegramente di quello che dicevano gli altri, si volevano godere quel momento

"Se ne fregavano allegramente" è un'espressione tipica del parlato, suggerirei qualcosa del tipo "non si curavano (di)".

edotarg ha scritto: Lo stallo si sbloccò quando la ragazzina si decise a decise di strappare il fazzoletto e correre al massimo verso i suoi compagni di squadra. 

Idem sopra.

edotarg ha scritto: Si udirono i disappunti dei compagni di squadra di Sara, ma tutto finì con un sorriso generale.

Si udì il disappunto.

edotarg ha scritto: Sara lo salutò felice, poi salutò anche gli altri. Infine si voltò verso la strada di casa. 
Nessuno di quei giovanotti ci fece caso, ma quando si voltò, lo sguardo di lei cambiò: si fece più cupo.

Ci sono molte ripetizioni. Provo a riformulare, più che altro perché magari puoi prendere spunto.
Sara lo salutò felice, prima di fare altrettanto con gli altri e tornare sui propri passi, verso casa. Tra i bambini, nessuno ci fece caso, ma lo sguardo sul volto si era fatto più cupo.

edotarg ha scritto: Ma era chiaro che fosse in fin di vita.

Non lo so, sembra una sentenza molto "decisa"; magari sta solo male.

edotarg ha scritto: C’era solo lei, e quella cavalla morente. Tutto attorno un inquietante silenzio.

C'erano.

edotarg ha scritto: E lì ci rimase.

E lì rimase.

Non sono un esperto di surrealismo, ma ho un'idea introspettiva sulla chiave di lettura del racconto che spoilerizzo per non lasciarla in bella vista.

I dubbi sui sentimenti di Sara nei confronti di Andrea che, dentro di sé, la allontanano da Lucilla arrivando, in un certo senso, a farle del male. La paura che questo Andrea possa "uccidere" quanto prova per la sua amica, fino alla risoluzione finale dove, in realtà, c'è la certezza che il loro legame c'è ed è saldo.
Il tutto nasce da quell'incrocio di sguardi e sensazioni tra Andrea e Sara e mi dà l'idea proprio del "demone" di Sara, come dice il titolo. Il demone del dubbio, del cambiamento, dell'insicurezza, della paura, ...

Al di là, comunque, di varie imperfezioni che ti ho segnalato - molto più facili da vedere sui testi altrui che sui propri  - quello che mi piace di questo racconto è l'atmosfera. Il susseguirsi di immagini, insolite e, comunque, vive nel lettore. Poi non ho trovato molto chiaro il racconto e forse avrei aggiunto qualcosa in tal senso, ma questa è un'opinione personale. La principale difficoltà personale, al di là delle sbavature, sta in questo: le immagini suggestive e i sentimenti mi trasportano in qualcosa di cui non so se ho compreso il senso. Però ho avuto molta curiosità e molto trasporto in questa lettura, una piacevole lettura.
Sullo stile posso dirti che all'inizio mi sembrava singhiozzante (frasi brevi, tanti a capo, spaziature), ma in un racconto di questo tipo lo stacco rende l'idea della sospensione del lettore in questo strano mondo, perciò... niente, bene così.
Alla prossima lettura.   

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmIntanto virgola Sara e Andrea se ne fregavano allegramente 

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmInfine virgola si voltò verso la strada di casa. 

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmNessuno di quei giovanotti ci fece caso, ma virgola quando si voltò, lo sguardo di lei cambiò: si fece più cupo.

per aprire l'inciso

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmLucilla ci fece caso, non ebbe neanche bisogno di guardarla in faccia. La conosceva bene.

ti consiglio i due punti esplicativi dopo "faccia"

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmLa prese per mano e le disse: “ti accompagno”.

Il discorso diretto inizia sempre con la maiuscola: "Ti accompagno".

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmIl tragitto di casa non era poi così lungo; quel tanto che basta bastava per parlare un po’. 

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmdietro ai tetti di alcuni condomini. 
«Molto.»

condominii per gli stabili, condomini per gli abitanti

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pm«sai Luci, ora mi sento meglio. Sento che… posso farc

Sai, Luci, 

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmTe lo ripeterò sempre: non si può cambiare il passato, ma virgola per quanto doloroso sia, l’unica cosa da fare è guardare avanti!»

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmaggiunse: «non ci sono femmine così chiare».

Non devi scriverlo con l'iniziale maiuscola

edotarg

  ha scritto:Poi si avvicino avvicinò al muso della cavalla, mettendosi in ginocchio a di fianco a lei.

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmnon c’era più traccia di colore, erano neri come l’abisso. 

dopo "colore" ti consiglio i due punti

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmLa paura le stava prendendo il controllo facendo perdere il controllo. Ora iniziava a capire che cosa le stesse succedendo…

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmBasta! Io non voglio più giocare con te! Io… ti ho sconfitto» disse piangendo.

Il cielo era nero, privo di stelle, come un mantello sopra la testa di Sara. E iniziò a piovere. Non era acqua, erano gocce di quel mantello nero, puzzolenti di morte, che macchiavano come catrame tutto quanto: la strada, la luce gialla dei lampioni, i capelli ramati di Sara e il manto bianco della bestia.

Il demone di Sara sta per prendere le redini del cavallo e della stessa Sara

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmCercava di trattenere le lacrime, ma virgola quando la morsa la chiudeva, l’anarchia del panico prendeva il sopravvento.

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmIniziò a soffiare un vento freddo e tagliente, che copriva sempre più sovrastava lo scroscio violento della pioggia. 

consiglio

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmSara pensò che stesse per morire di stare per morire.

consiglio

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmdall’angolo dell’incrociò incrocio si intravide un nero stallone. Imponente, con un’ombra riversa sopra. sopra di esso. 

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmPoi impennò.

Poi s'impennò.

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmLucilla rotolo rotolò all’indietro e cadde a terra come un sacco della spazzatura. E lì ci rimase.

E lì rimase.

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmLo stallone sbuffò, poi virgola guardando Sara virgola si abbassò sulle ginocchia e rimase in quella posizione.

Ti consiglio di fare l'inciso

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmchiuse gli occhi e inspiro inspirò per lunghi secondi. 

edotarg ha scritto: sab ott 12, 2024 5:17 pmStrinse delicatamente le gambe sui fianchi del cavallo e virgola con voce ferma virgola disse: “vai”. "Vai!"

Grazie per la lettura, @edotarg 

Spero che le mie note ti siano utili, e che tu non sia tediato dalla mia puntigliosità, ma lo faccio per essere di aiuto a una revisione che ti possa servire.

Per la trama, hai saputo costruire una trama intrigante e misteriosa, dove l'unica certezza è questo "demone" che possiede Sara, la protagonista. e che danneggia chi le vuole bene.
Per mio gusto personale, avrei preferito più chiarezza nell'esposizione. Ti consiglio, date le buone premesse, che il racconto possa essere il primo di tanti capitoli.

  @edotarg 

Poeta Zaza ha scritto: condominii per gli stabili, condomini per gli abitanti

No, si tratta di due omografi: condomini in entrambi i casi. Cambia l'accentazione: sdrucciola (condòmini) per i proprietari di appartamenti in un condomino, piana (condomìni) per i fabbricati.

Marcello ha scritto:
No, si tratta di due omografi: condomini in entrambi i casi. Cambia l'accentazione: sdrucciola (condòmini) per i proprietari di appartamenti in un condomino, piana (condomìni) per i fabbricati.

E chi pensa a mettere quegli accenti per iscritto? Tanto vale usare l'arcaico ma esatto condominii per chiarezza.

Poeta Zaza ha scritto:
E chi pensa a mettere quegli accenti per iscritto? Tanto vale usare l'arcaico ma esatto condominii per chiarezza.

Ma no, sono omografi: è il senso della frase a dare la pronuncia esatta, così come non scrivi spillare il vino dalla bótte e Pierino ha preso le bòtte.

Marcello ha scritto:
Ma no, sono omografi: è il senso della frase a dare la pronuncia esatta, così come non scrivi spillare il vino dalla bótte e Pierino ha preso le bòtte.

Non sempre il senso della frase è così scontato.
Proprio per evitare confusione (e può succedere se si scrive condomini senza accenti) è preferibile la doppia i finale. 
Pensa a questa frase:
Quel Supercondominio è composto da un totale di sedici condomini.
A qualcuno il dubbio può venire. Non è più semplice evitarlo, con la minima fatica?

Oppure:
Quei condomini sono senza regolamento.
(Trattasi dei fabbricati o degli inquilini?)

Poeta Zaza ha scritto: è preferibile la doppia i finale. 

Come non detto; io, Treccani e De Saussure ci ritiriamo in buon ordine.

Marcello ha scritto:
Come non detto; io, Treccani e De Saussure ci ritiriamo in buon ordine.

Cercavo di usare la logica, e, visto che condominii non è un termine errato della lingua italiana (è ancora applicabile, vero?) cercavo di perorarne una qualche utilità pratica, (tu non ritieni che per la chiarezza sia preferibile la doppia i finale?), senza per questo dire a nessuno, te compreso, tra cotanti Maestri, che avesse torto. Ma sono stata fraintesa. E infine, sono stata citata parzialmente da te, per farmi apparire quella che sentenzia contro cotanto senno... 

Ubi maior minor cessat  @Marcello  

Vado subito ad accomodarmi tra i banchi del torto. Almeno sto comoda. 

Poeta Zaza ha scritto: (è ancora applicabile, vero?)

in tutta sincerità non ne sono sicuro. È comunque desueto.

Poeta Zaza ha scritto: tu non ritieni che per la chiarezza sia preferibile la doppia i finale?),

Non ne sento alcuna necessità

Poeta Zaza ha scritto: Ma sono stata fraintesa. E infine, sono stata citata parzialmente da te, per farmi apparire quella che sentenzia contro cotanto senno... 

Ma no, non era affatto questo il senso del mio intervento. 
L'autore scrive: "dietro ai tetti di alcuni condomini (il cui significato non può certo essere frainteso)" e tu commenti, secca:

Poeta Zaza ha scritto: condominii per gli stabili, condomini per gli abitanti

In altri passaggi ti procuri di specificare ti consiglio, qui invece butti lì l'affermazione come fosse una regola intoccabile e lo induci a credere di essere in errore, quando invece non lo è affatto.
Il senso del mio intervento era tutto qui, il senno lasciamolo là dove sta.

Marcello ha scritto: In altri passaggi ti procuri di specificare ti consiglio, qui invece butti lì l'affermazione come fosse una regola intoccabile e lo induci a credere di essere in errore, quando invece non lo è affatto.
Il senso del mio intervento era tutto qui, il senno lasciamolo là dove sta.

Ora ti riconosco! 

Mi scuso con @edotarg per la mia osservazione perentoria!