[H24] Al canto della civetta

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Al canto della civetta scivolavo fuori dal letto, mentre il nonno rantolava del suo dormire agitato.
Ad attendermi nella sala c’era una donna velata; mi sussurrava vecchie storie fino allo schiudersi del nuovo giorno per poi dissolversi, dentro la prima luce dell’alba.
Una notte non mi raccontò storie, ma mi diede un compito: di raccogliere ramoscelli sottili, steli d’erba, un po’ di paglia; impastarli col fango e intrecciare un nido di gazza. Impiegai una giornata intera, dopo aver osservato i nidi sul castagno al limitare del bosco, e nella notte portai il nido alla donna velata.

Domani, un’ora prima del mezzogiorno sali sul castagno e ruba un pulcino, prima che la madre ritorni.
Così ordinò.

Le portai il pulcino di gazza dentro il nido che avevo intrecciato, lei ne fu felice e spiegò come avrei dovuto nutrirlo perché crescesse sano; infatti crebbe, e mi volava sempre attorno.
La donna velata si dimenticò poi di quell’uccello, che accompagnava ogni mio giorno; e lei riprese, con la sua voce lenta e sottile, a raccontarmi le vecchie storie del mondo. Ogni notte dopo il canto della civetta, intanto che il nonno soffriva i suoi sogni.
***
Accadde in un pomeriggio di fine ottobre, quando la nebbia del cielo scendeva a confondersi con le spirali di vapore che salivano dall’erba inumidita: accadde che la mia gazza rubò l’orologio del nonno.
Lui schiumava di rabbia, prese la carabina e sparò; lei cadde morta, l’orologio ancora stretto nel becco.
Il nonno se lo mise al polso e rimasticando maledizioni andò a tagliar legna; a me non importava, però una morsa tenace aveva iniziato a stringermi il petto.
Quando la civetta cantò, tornai dalla donna velata. Fu con una voce rotta dal pianto che mi spiegò quanto avrei dovuto fare la mattina dopo: aspettare che la pendola suonasse le dieci, salire sul castagno e segare il ramo più a oriente, quello che reggeva l’alveare.
Segai il ramo, l’alveare rovinò in un tonfo sordo; io rincasai.
 ***
Quando la pendola suonò le otto di sera e già da un po’ di tempo la morsa non stingeva più il mio petto, m’accorsi che il nonno ancora non c’era.
Ma non ci misi molto a trovarlo, lungo il sentiero che portava dritto al castagno: aveva lo sguardo sbarrato dentro il volto rigonfio, le braccia viola, il respiro pesante sostituito dal ticchettio d’un orologio da polso.


 

Re: [H24] Al canto della civetta

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Sineddoche ha scritto: mar ott 29, 2024 10:05 am
Quando la pendola suonò le otto di sera e già da un po’ di tempo la morsa non stingeva più il mio petto, m’accorsi che il nonno ancora non c’era.
Ma non ci misi molto a trovarlo, lungo il sentiero che portava dritto al castagno: aveva lo sguardo sbarrato dentro il volto rigonfio, le braccia viola, il respiro pesante sostituito dal ticchettio d’un orologio da polso.
Il volto rigonfio per le punture della api dell'alveare rimosso...

Bravo, @Sineddoche  :)

Il racconto è breve, ma è un cammeo di horror-fantasy ben costruito, secondo me.  :si:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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