[MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Traccia N. 2 “quel timido raggio”

Ti trovi seduto nella penombra di una stanza buia, gli occhi incollati ai monitor mentre un suono acuto e intermittente ti trapana il cervello arrivando dritto alla tua anima.
Gocce di sudore ti colano sulle palpebre; pungono come aghi infuocati e, nonostante la vista appannata, senti addosso tutto il peso degli sguardi dei tuoi uomini.
Non puoi permetterti di smarrire la strada proprio adesso, non puoi “abbandonare la nave”, tornare a casa e rifugiarti nell’abbraccio di Raisa: sei Stanilslav Petrov, tenente colonnello dell’esercito sovietico, responsabile del centro rilevamento di attacchi nucleari dell’Unione Sovietica in piena guerra fredda.
È il 26 settembre del 1983; solo una ventina di giorni fa hai festeggiato il tuo quarantaquattresimo compleanno. Ti sei guardato allo specchio e non è stato per farti la barba: ti sei visto diverso, i capelli più radi, una spruzzata di neve sulle tempie e i baffi non riescono a nascondere le rughe d’espressione. Non hai un aspetto felice, quelle pieghe non raccontano dolcezze o sorrisi, ma sono perfette per incutere rispetto. Un volto dai lineamenti con un potenziale dolce ma indurito dal mestiere. Certo hai fatto una bella carriera militare, non c’è alcun dubbio. Se solo ripensi a quando avevi dieci anni non puoi credere che lo specchio rifletta proprio la tua immagine; a quell’età non avresti mai pensato che la tua vita prendesse una direzione simile.
Sei stato un bambino tranquillo. Ti piacevano i fiori e la neve, facevi finta di pescare per poter stare accanto a tuo padre qualche ora. Avevi sempre le guance arrossate, il naso che grondava e le mani così intirizzite dal freddo che non riuscivi a stendere le dita per sistemare la lenza. Una volta cresciuto le hai stese per premere il grilletto di non sai più quante armi.
Non eri come tuo fratello: forte, maschio. Lui si arrampicava sugli alberi con l’agilità di un gatto, faceva la lotta coi suoi compagni e, ogni volta che rientrava a casa con qualche livido in più, tua madre lo riempiva di baci e di complimenti.
Quante volte ne avresti voluto uno anche tu di quei baci, ma più lo desideravi e più restavi deluso, ma non è per questo che sei entrato nell’esercito. Non volevi guadagnare così l’affetto di tua madre. È stato tuo padre a scegliere per te e non hai saputo dirgli di no. Hai detto uno dei tanti “sì” della tua vita.
Certo, il sì migliore è stato quello che hai pronunciato a Raisa il giorno del vostro matrimonio. Una creatura così bella, così speciale da non credere che proprio tu potessi meritarti il suo amore.

Al pensiero gli occhi s’inumidiscono e in questo momento non te lo puoi permettere. Serri stretto le palpebre. Lei trova sempre il modo di toglierti dai guai, d’indicarti la strada. Forse anche adesso riesce a percepire il tuo tormento. Non puoi chiamarla, non puoi raccontarle ciò che hai visto, non puoi farle ascoltare il suono insistente dell’allarme.
Forse per la prima volta capisci davvero il senso della parola solitudine, quel momento in cui puoi contare solo su te stesso e sulla buona sorte, ammesso che esista.
Come colonnello Petrov sperare nella fortuna vorrebbe dire allargare le braccia e offrire il petto alla morte, ma, come Stanislav, significherebbe avere una possibilità. E dentro di te lo sai che vale la pena di rischiare anche per una sola opportunità di vittoria.
Pur amando la pace, hai dovuto allenarti a odiare il nemico, a odiare l’America e tutto ciò che la rappresenta. Hai giurato di difendere la Patria fosse pure a costo della distruzione del pianeta.
È stato il sì più amaro che hai pronunciato. Se ci ripensi senti ancora il suo gusto acido salire dallo stomaco e darti la nausea.
Non sei un militare qualsiasi, i tuoi genitori dovrebbero essere almeno un po’ orgogliosi del ruolo che ti hanno assegnato, ma non tua madre. È inutile pensare che sia solo una sciocca fantasia, quando, nei tuoi silenzi, riesci a dialogare con la parte più intima di te, non puoi negare di sentirti deluso dalla sua indifferenza. Sei un uomo sensibile, in fondo. Forse saresti diventato un fottuto poeta se fossi stato capace di dire: “No”. Invece sai essere di ghiaccio quando occorre, hai imparato bene ad adattarti. Come un abete rosso nella Taiga.
Il computer insiste: c’è un missile probabilmente dotato di testata nucleare che sta viaggiando a ventiquattromila chilometri all’ora verso la capitale. Ti chiedi se davvero gli americani abbiano deciso di attaccare con soltanto un’arma. Li hai sempre considerati arroganti, gente che pensa di vincere le guerre e comprarsi la benevolenza degli altri popoli con il denaro. Possibile che non si rendano conto di provocare un disastro che coinvolge tutta la Terra? Non possono essere così pazzi. Più continui a pensarci e più ti convinci che avrebbero ben altre possibilità di “mostrare i loro muscoli”. Deve esserci un’errore.
Ecco cosa farai: chiamerai la base militare Serpukov-15, lì c’è il centro di controllo del sistema Oko, potranno fare delle verifiche. Oko, “l’Occhio”, la costellazione di satelliti spia che hai contribuito a sviluppare… è improbabile che ci sia un malfunzionamento. Ma potrebbe essere possibile… una possibilità per cui vale la pena di spendere qualche minuto. Anche se di minuti non ne hai molti.
A quella velocità, se fosse vero, i missili raggiungerebbero l’obiettivo in meno di mezz’ora e sono già trascorsi più di dieci minuti dalla rilevazione. Dovresti osservare il protocollo e attivare la linea diretta con i comandanti superiori. Certo, ci sarebbe una risposta immediata, missili nucleari verrebbero lanciati senza indugio verso il nemico provocando un’escalation nucleare che porterebbe alla distruzione di tutta l’umanità. Se fosse vero… ma se si trattasse di un errore?
Il sistema sembra funzionare bene, ma per un solo missile nemico non vale la pena provocare una guerra di tale proporzione.
Dirai di non procedere. Tutti devono stare calmi, devono avere fiducia in te o anche se non si fidassero ti devono obbedienza, cazzo.
Hai appena comunicato la tua decisione, che la sirena riprende a diffondere il suo lugubre lamento.
Un altro missile appare sui monitor, seguendo la traccia del precedente. Hai la gola secca, senti le tempie pulsare, ti corrono davanti agli occhi le immagini di Raisa, della bellezza del mare al tramonto, senti il fruscio delle cime degli alberi accarezzati dal vento, lo sciabordio dell’acqua del fiume sui sassi pieni di limo sui quali scivolavi ogni volta. E la mano di tuo padre che si tendeva per evitare di farti trascinare via dalla corrente.
Poi un fischio e un altro missile sul monitor, tre possibili testate nucleari che avanzano per distruggere la tua Patria. Neppure il tempo di pensare che eccone un altro e un altro ancora…
Coraggio, colonnello Petrov, alza quel maledetto telefono e avvisa il Comando Superiore. Non puoi attendere oltre, non puoi davvero permettere che gli americani distruggano il tuo Paese. Hai fatto un giuramento…
I missili continuano la loro folle corsa, mancano pochi minuti all’obiettivo.
Ti avvicini al monitor. Uno, due, tre, quattro, cinque… Solo cinque. Conti mentalmente i danni. La Russia distrutta, e, poco dopo, anche buona parte dell’Asia e dell’Europa. Tu sei morto comunque. Sei un uomo morto che deve prendere una decisione su quanti uomini, donne, bambini, animali, piante, portare con te all’inferno. Se il sistema funziona bene, entro pochi minuti tutto sarà compiuto.
E se, al contrario, darai al tuo governo la possibilità di rispondere all’attacco?
Sarà una questione di giorni, ma tutta l’umanità rischia di essere distrutta da una guerra nucleare totale. Le radiazioni contamineranno tutto il pianeta, presto l’umanità non avrà né acqua né cibo. Veleno, solo veleno per una lenta e dolorosa eutanasia. Fino all’estinzione.
Tu sei già un uomo morto. Se anche riuscissi a salvarti, i tuoi comandanti ti condannerebbero per la decisione presa in ritardo. Puoi ancora evitare che i missili raggiungano l’obiettivo. Hai le dita intirizzite e rigide come quando eri bambino, ma il gelo non è fuori. Il gelo è dentro di te.
Solo cinque missili. L’America non potrebbe mai attaccare con così poche armi.
Dev’esserci un errore. Potrebbe essere un malfunzionamento del sistema non ancora rilevato. Un’opportunità.
I tuoi uomini ti guardano allarmati. Possibile che abbiano per comandante un uomo incapace di prendere una decisione? Li vedi scambiarsi occhiate sospettose. Forse qualcuno di loro pensa già di potersi sostituire a te. Forse farà lui la chiamata prima che sia troppo tardi… magari prenderà il tuo posto e anche un encomio per aver salvato la Patria. Tu, al contrario, finirai i tuoi giorni nel disonore e ti spediranno in qualche angolo sperduto, magari dopo averti torchiato a dovere. Ma la tortura peggiore sarà non rivedere Raisa. Chiudi gli occhi, puoi quasi sentire il calore del suo corpo che ti abbraccia forte. “Coraggio”, sembra sussurrarti, “tu sai cosa fare. Mi fido di te. Ti amo.”
“NO!” senti la tua voce uscire dalla profondità del petto con un suono energico, una forza mai sentita prima.
“Fermate subito le procedure”, dici ai tuoi uomini. “Non mi fido del sistema, potrebbe esserci un malfunzionamento dei satelliti, li conosco bene. Siamo nei giorni dell’equinozio d’autunno, le radiazioni solari potrebbero aver confuso i segnali e provocato un falso allarme”.
Respiri, le braccia ti cadono lunghe sul corpo. Devi sederti, bere qualcosa. Magari ci fosse qualcosa di forte da stordirti. La lotta è finita, l’allarme continua a fendere l’aria. Pochi minuti ancora e saprai la verità. Se tu credessi in qualche dio potresti pregare, ma ora vuoi solo guardare i tuoi uomini sbigottiti dritto negli occhi.
Le luci intermittenti si placano. Un chiarore tenue e confortante invade il bunker.
La sirena cessa il suo lamento, le tracce dei missili spariscono dai monitor. Per qualche istante si ode solo il ronzio benevolo dei generatori.
Il trillo del telefono ti fa trasalire. Alzi la cornetta pronto ad ascoltare la sentenza. È il comandate della base Serpukov-15: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]da tempo non vedevi la luce e quel timido raggio giunge inatteso. [/font]Un falso allarme, tutto risolto. Nessun missile americano in arrivo.

Scoppia fragoroso e potente l’applauso dei tuoi uomini, una lacrima ti riga il volto.
Il tuo primo “no” al Sistema, ha salvato il mondo dalla terza guerra mondiale, ma non ti senti un eroe. Forse hai soltanto dato un’altra chance all’umanità. E per questa opportunità è valsa la pena rischiare anche se sei sicuro di aver fatto incazzare i tuoi comandanti. Non saranno teneri con te. Ma tu sei come un abete rosso nella Taiga. Ti saprai adattare.

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Ciao @@Monica, la tua penna raramente tradisce.
Fatti sistemare la frase d'obbligo, non è ben formattata.

La storia è come sempre immersiva, riesci a mostrare i luoghi, i personaggi, mi fai veramente immergere nella lettura. Brava.

Provo qualche annotazione:
@Monica ha scritto: Come colonnello Petrov sperare nella fortuna vorrebbe dire allargare le braccia e offrire il petto alla morte, ma, come Stanislav, significherebbe avere una possibilità
Non ho capito questa parte. Perché distingui il colonello Petrov dal cognome/uomo Stanislav?
@Monica ha scritto: i tuoi genitori dovrebbero essere almeno un po’ orgogliosi del ruolo che ti hanno assegnato, ma non tua madre.
In precedenza spieghi la diversa considerazione per i suoi figli, ma ora che ricopre un ruolo di rilievo arma, perché la madre ancora non gli mostra né affetto, né orgoglio?
@Monica ha scritto: Solo cinque. Conti mentalmente i danni. La Russia distrutta, e, poco dopo, anche buona parte dell’Asia e dell’Europa
Forse un po' troppi per la credibilità del racconto.
@Monica ha scritto: Tu sei morto comunque. Sei un uomo morto che deve prendere una decisione
@Monica ha scritto: Tu sei già un uomo morto
La ripetizione nelle due frasi continue la trovo appropriata, ribadire per la terza volta è un uomo morto, per me è superfluo.

Sull'aderenza alla traccia, ni, non è in quel momento che cambia il corso della storia, è la parte finale, consolatoria di un percorso faticosissimo.

Il testo mi è piaciuto.
Buon contest.
<3

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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@Monica ha scritto: sei Stanilslav Petrov, tenente colonnello
Sbaglio se dico che si tratta di una storia vera? Ne ho un vago ricordo, ma Petrov è esistito veramente e so che fuori dalla sua patria è ritenuto un eroe. Ha scongiurato la guerra nucleare, proprio con l'episodio di 5 missili (o qualcosa del genere) partiti dall'America. Sempre se ricordo bene, lui intuì che soli 5 ordigni non potevano considerarsi un attacco e si prese la responsabilità di non contrattaccare, salvando così il mondo. 
Passando al tuo racconto che mi sembra fedele alla storia, direi che è scritto bene, anche se qualche piccolo snellimento avrebbe alleggerito la narrazione. Vado a sensazione finita la lettura, per questo non evidenzio i punti precisi. È abbastanza curato nei dettagli e lo definirei un lavoro apprezzabile, anche se con la traccia forse... ni 
Bello lo stile, brava
 

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Grazie @Modea72 e grazie @Adel J. Pellitteri.
Sì, si tratta di una storia vera (poco credibili i 5 missili? Eppure così sono andati i fatti. Il rapporto con la madre è proprio quello che ho descritto (si rappacificherà molto molto tardi dopo la morte anche del fratello) dunque il mio è più un tentativo di scavo nel personaggio. Quella timida luce, quando si manifesta, sancisce la presa di coraggio di un uomo che ha saputo dire “no” per la prima volta dopo tanti sì. Quindi per me la traccia è rispettata altrimenti non avrei postato… ma il giudice non sono io e accolgo le vostre perplessità.  :sss:

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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@Monica ha scritto: Ti sei guardato allo specchio e non è stato per farti la barba: ti sei visto diverso, con i capelli più radi, una spruzzata di neve sulle tempie e i baffi che non riescono a nascondere le rughe d’espressione.
solo una preferenza stilistica.
@Monica ha scritto: Hai detto uno dei tanti “sì” forzati della tua vita.
mi sembra importante
@Monica ha scritto: Come tenente colonnello Petrov virgola sperare nella fortuna vorrebbe dire allargare le braccia e offrire il petto alla morte, ma, come Stanislav, significherebbe avere una possibilità. E dentro di te lo sai che vale la pena di rischiare anche per una sola opportunità di vittoria.
Il grado lo hai detto all'inizio
@Monica ha scritto: Non sei un militare qualsiasi, (meglio i due punti) i tuoi genitori dovrebbero essere almeno un po’ orgogliosi del ruolo che ti hanno assegnato, ma non tua madre
@Monica ha scritto: È inutile pensare che sia solo una sciocca fantasia, quando, nei tuoi silenzi, riesci a dialogare con la parte più intima di te, non puoi negare di sentirti deluso dalla sua indifferenza.
Per chiarire bene il senso della riflessione, ti consiglio il punto fermo dopo "fantasia".
@Monica ha scritto: Deve esserci un’errore.
un errore
@Monica ha scritto: Le radiazioni contamineranno tutto il pianeta, e a breve termine presto l’umanità non avrà né acqua né cibo. Veleno, solo veleno per una lenta e dolorosa eutanasia. Fino all’estinzione.
consiglio
@Monica ha scritto: “NO!” senti la tua voce uscire dalla profondità del petto con un suono energico, una forza mai sentita prima.
“Fermate subito le procedure”, dici ai tuoi uomini. “Non mi fido del sistema, potrebbe esserci un malfunzionamento dei satelliti, li conosco bene. Siamo nei giorni dell’equinozio d’autunno, le radiazioni solari potrebbero aver confuso i segnali e provocato un falso allarme”.
Sapiente attesa del momento giusto in cui far gridare la decisione presa dal tenente colonnello. Brava, @@Monica. Un'ottima gestione della suspense
che mi ha trattenuto ferma sulle tue righe. 
@Monica ha scritto: Respiri, le braccia ti cadono lunghe sul corpo. Devi sederti, bere qualcosa.
Va bene anche così, ma è all'inizio ce lo mostri già seduto.
@Monica ha scritto: Se tu credessi in qualche dio virgola potresti pregare
@Monica ha scritto: da tempo non vedevi la luce e quel timido raggio giunge inatteso
Ecco la frase della traccia, di cui devi avere fatto il copia-incolla senza attivare il codice sorgente, il secondo dei comandi dalla sinistra. Fossi in te,
chiederei a Sira di sistemartela, perché è importante che si veda con chiarezza.
@Monica ha scritto: Il tuo primo “no” al Sistema, ha salvato il mondo dalla terza guerra mondiale, ma non ti senti un eroe.
Quella virgola dopo "Sistema" non ci va proprio! Separa il soggetto dal verbo.
@Monica ha scritto: Scoppia fragoroso e potente l’applauso dei tuoi uomini, una lacrima ti riga il volto.
Il tuo primo “no” al Sistema, ha salvato il mondo dalla terza guerra mondiale, ma non ti senti un eroe. Forse hai soltanto dato un’altra chance all’umanità. E per questa opportunità è valsa la pena rischiare anche se sei sicuro di aver fatto incazzare i tuoi comandanti. Non saranno teneri con te. Ma tu sei come un abete rosso nella Taiga. Ti saprai adattare.
Comunque potente il finale e la similitudine con l'abete rosso nella Taiga. Brava, un ottimo lavoro @@Monica  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Ciao @@Monica

Avevo sentito parlare del Ten.Col. Stanislav Petrov e ho sempre ammirato questo ufficiale della Russia Sovietica che rischiò veramente molto per non aver dato immediatamente l’allarme per quell’avvistamento, che poi si scoprì essere il bagliore del sole sui satelliti di avvistamento missili dei sovietici. Aveva le necessarie competenza e i parametri per valutare, nonché giudicare quanto stava avvenendo, soprattutto le conseguenze di una risposta, cosa che oggi purtroppo vedo mancare da tutte le parti. Petrov salvò veramente il mondo da una catastrofe nucleare.
La storia raccontata in seconda persona singolare ha un certo impatto e fascino, impegnativa da gestire, ma per me lo hai fatto molto bene, mi sono piaciute le descrizioni fisiche e introspettive del personaggio.
Io avrei scelto un altro eroe, più drammatico per quanto non esiziale a livello mondiale, a suo modo, un Vopos di Berlino Est,  Conrad Schumann che a diciannove anni, guardia addetto alla sorveglianza del confine di filo spinato a Berlino, nel 1961 disertò platealmente saltando il confine e consegnandosi agli occidentali.
Ebbe una vita misera in occidente, si pentì di quello che aveva fatto, e anche dopo la caduta del muro di Berlino, tornato a est non fu mai perdonato o compreso dalla sua famiglia, dai suoi amici, dai suoi commilitoni che lo considerarono un disertore e a cinquantasei anni oppresso dai rimorsi si suicidò.
Chissà perché non si trovò bene nel paradiso della libertà. Mah.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Ciao, @Monica.  
L’avevo letta anch’io da qualche parte la storia del colonnello Stanislav Petrov. Uno di quei casi che ti fanno sperare ancora nel genere umano. 
Hai fatto bene a riproporlo, di questi tempi se ne ha proprio bisogno. E benissimo hai fatto a scavare nel personaggio. Ne è uscito un racconto che, per dirla alla francese, acchiappa. Colorato, dinamico, veleggia tra passato e presente senza sbavature.
Quanto al rispetto della traccia, sono d’accordo con te, dato che tutto ruota attorno al dilemma tra l’ombra del consenso passivo e la luce dell’opposizione. Un timido raggio che ha dato una svolta a tutta la storia. E che svolta!
Forse, ma come al solito è una fissazione tutta mia, avrei spostato all’esterno il conflitto interiore, solo un poco, tanto per evidenziarne la tridimensionalità.
L’hai predisposto disegnando il rapporto con la madre che stravede per il fratello macho, dando un ottimo spessore al seguito delle sue non-scelte
@Monica ha scritto: Hai giurato di difendere la Patria fosse pure a costo della distruzione del pianeta.
È stato il sì più amaro che hai pronunciato. Se ci ripensi senti ancora il suo gusto acido salire dallo stomaco e darti la nausea.
L’avrei ribadito nel confronto con i suoi uomini
@Monica ha scritto: I tuoi uomini ti guardano allarmati. Possibile che abbiano per comandante un uomo incapace di prendere una decisione? Li vedi scambiarsi occhiate sospettose. Forse qualcuno di loro pensa già di potersi sostituire a te. Forse farà lui la chiamata prima che sia troppo tardi… magari prenderà il tuo posto e anche un encomio per aver salvato la Patria. 
Qui, per esempio, sarei uscita dal soliloquio e avrei costruito un vero e proprio dialogo conflittuale, con l’effetto di rendere ancora più intenso il climax, sia ascendente che discendente.
Inezie. Il racconto è molto bello. Brava, @Monica  (y)
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Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Alberto Tosciri ha scritto: Io avrei scelto un altro eroe, più drammatico per quanto non esiziale a livello mondiale, a suo modo, un Vopos di Berlino Est,  Conrad Schumann che a diciannove anni, guardia addetto alla sorveglianza del confine di filo spinato a Berlino, nel 1961 disertò platealmente saltando il confine e consegnandosi agli occidentali.
Ebbe una vita misera in occidente, si pentì di quello che aveva fatto, e anche dopo la caduta del muro di Berlino, tornato a est non fu mai perdonato o compreso dalla sua famiglia, dai suoi amici, dai suoi commilitoni che lo cons
Ciao @Alberto Tosciri eh no! Non mi puoi “tirare in ballo ” un personaggio come Conrad Schumann e non farmi leggere un tuo racconto su di lui…
Mi aspetto che tu lo scriva e ce lo proponga!  :libro:  :sss:

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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@Monica ha scritto: Ciao @Alberto Tosciri eh no! Non mi puoi “tirare in ballo ” un personaggio come Conrad Schumann e non farmi leggere un tuo racconto su di lui…
Mi aspetto che tu lo scriva e ce lo proponga!  :libro:  :sss:
Talvolta ci ho pensato, mi piacciono i personaggi problematici, amo immedesimarmi basandomi sul mio vissuto e su persone con cui ho avuto a che fare e amo situazioni particolari.  Ho letto in qualche biografia che Conrad Schumann fu scelto per fare il poliziotto di frontiera perché appariva molto devoto fin da bambino alla causa e affidabile, ma nei lunghi turni di guardia alla frontiera vide con i suoi occhi la tragedia della separazione delle due Germanie e cominciò a cambiare, a evolversi, fino a disertare. Un personaggio indubbiamente interessante da descrivere. Può darsi che lo farò, però c'è da scrivere molto e bene; si tratta di romanzare da fatti reali.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Ciao, mi accodo ai complimenti. Uno degli episodi che trovo più toccanti della storia contemporanea, un vero e proprio eroe, reso molto bene. L'unica segnalazione che mi sento di farti è questa frase:
@Monica ha scritto: Hai giurato di difendere la Patria fosse pure a costo della distruzione del pianeta.
Hai descritto un raggio di umanità all'interno di un sistema disumano e crudele: ecco, è questo che non mi ha convinto. C'è un sottotesto antisovietico al racconto che, perdonami se non approfondisco in questa sede, non ho gradito. Il racconto tocca sensibilità molto delicate e mi sarebbe piaciuto vederle collocate in un contesto di conflitto tra due mondi diversi scevro da giudizio; non me ne volere. Comunque lo trovo davvero ben scritto e toccante :) 

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Immaginare un evento storico dal punto di vista del protagonista, oppure, comunque, da quello di un testimone diretto, è sempre un esercizio (e una sfida) affascinante.
Secondo me, qui ci sei riuscita bene, senza particolari forzature che, specie narrando in seconda persona singolare, rischiano di sfociare nell'infodump più fastidioso.
Io amo la seconda persona singolare. Amo quando la voce narrante mi lascia il dubbio di non essere esattamente quella del protagonista che parla a sé stesso in un soliloquio, bensì diviene quasi parte di un gioco narrativo per cui il narratore onnisciente parla alla mente del protagonista, e si configura come consigliere-confessore-giudice personale, in tempo reale. Un narratore onnisciente per modo di dire, perché sa tutto del protagonista, ma non sa nulla di cosa accadrà nel futuro della storia. Il paradosso è che, invece, lo sa già bene il lettore. Ecco: questo, dicevo, è un gioco narrativo che io adoro e nel quale talvolta cerco di cimentarmi (per lo più vanamente :asd: ). Il lettore viene coinvolto a due livelli: il primo perché appunto conosce "il finale" e non può che essere curioso di vedere nei più fini dettagli, sospendendo per un attimo la sua incredulità, come a quel finale si è giunti; il secondo, perché è come se divenisse il testimone "unico" di quella sorta di dialogo, fatto da un narratore che parla a un protagonista che ascolta e risponde con l'azione.
Io non so se fosse esattamente questo il tuo intento, o se non siano, piuttosto, mie visioni di lettore con una fantasia un po' balzana, ma a me è sembrato proprio di ravvisare qualcosa del genere, in questo tuo racconto. E mi è piaciuto un sacco.

A rileggerci.  

Re: [MI 184] Come un abete rosso nella taiga

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Grazie @queffe  <3 Volevo narrare questo episodio storico che trovo agghiacciante se penso al momento che stiamo vivendo ma anche se penso a quante altre volte ci siamo salvati per “miracolo” o per coraggio di un singolo uomo magari senza saperlo… La storia era già scritta dagli eventi per cui l’unico modo per renderla “mia” era tentare la strada della seconda persona e cercare di calarmi dentro la situazione (certo mi sono documentata anche sull’uomo Petrov e la sua vita) quindi sono molto soddisfatta del risultato perché non era scontato per nulla!
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