La grande scatola

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Luca liberò il cagnolino dal guinzaglio, tenendolo per la pettorina con due dita. Alla fine del sentiero che procedeva attraverso le spighe dorate, si innalzava la maestosa fabbrica che i grandi avevano costruito proprio lì, molti anni prima che lui nascesse. Una brutta scatola verde di metallo, perfetta per nasconderci i segreti più oscuri del mondo. L’animaletto peloso lo stava fissando, le orecchie alzate belle tese e la solita espressione buffa. Gli occhietti sgranati gli stavano comunicando il desiderio di voltarsi e scattare in avanti, per potersi gustare la libertà che solo una corsa in mezzo al grano gli avrebbe restituito. Non attendeva altro da tutta la settimana.
“Sei pronto Whisky? Via!”
Mosse qualche passo anche lui, mentre la macchiolina nera era intenta a schizzare al massimo della velocità. Adorava il profumo emanato dai campi, così come il suono prodotto dai suoi piedi sul terriccio croccante che stava seccando. Ancora pochi secondi e il piccolo Whisky si sarebbe voltato soddisfatto e sarebbe tornato dal padrone. Mamma gli preparava ogni sera una ciotola piena di carne e verdure, doveva per forza essere contento della famiglia dove era cresciuto. La sagoma scura iniziò però a confondersi con la tonalità verde che costituiva la base della fabbrica; una lieve morsa allo stomaco lo fece avvicinare alla scatola, poco per volta. Strinse le dita con forza, sentendo la plastica del vecchio guinzaglio sotto ai polpastrelli e il suono del gancio metallico penzolante trascinato per terra. Qualcosa non andava. Perché non tornava indietro?
Le spighe iniziarono a sfrecciargli accanto, da entrambi i lati, mentre mille insetti gli finirono in bocca e su per il naso. Glielo diceva sempre la mamma di non avvicinarsi troppo a quel posto, perché poteva essere pericoloso. E lui lo percepiva, sapeva che lì accadevano delle brutte cose, se lo sentiva anche in quel momento, col cuore martellante e il fiato corto. Le sue scarpe erano entrate nella zona d’ombra della grande scatola adesso, non si era mai spinto così vicino. Con le mani a mo’ di megafono caricò le parole di tutta l’energia che gli era rimasta:
“Whisky! Dove sei?”
La sua mente iniziò a contare. Il profumo che amava mutò rapidamente in qualcosa di acido, che lo costrinse ad arricciare il naso. C’era un portone aperto laggiù. Cinque secondi. Il suo piccolo amico non comparve da nessuna parte, doveva essersi infilato nell’ultimo posto al mondo in cui avrebbe voluto. Forse qualcosa aveva attirato la sua attenzione, oltre quel confine ombroso. Fu la fabbrica a rispondere al suo richiamo, però. Una sirena terrificante si disperse su tutta l’area attorno. Doveva trattarsi del canto di un mostro, quello che i grandi tenevano rinchiuso tra le alte mura. Il portone iniziò a chiudersi pian piano. Dieci secondi. Se voleva salvarlo, doveva prendere una decisione, farsi coraggio. E in fretta.

Re: La grande scatola

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Ciao @Quill ,
un frammento è sempre difficile da inquadrare, perché chi legge non può sapere dove la storia vuol andare a parare.
A me sembra che qui siamo orientati al pericolo, al mistero, e ciò mi incuriosisce (ed è questo, alla fine, che credo tu voglia sapere dal lettore: "leggeresti una storia intera, a partire da, o che contenga, questo frammento?")
Ok, io sì. Tuttavia, per l'idea che mi son fatto, alcuni passaggi mi sembrano sdrammatizzare un poco.

Ad esempio:
Quill ha scritto: dom ago 25, 2024 10:17 amE lui lo percepiva, sapeva che lì accadevano delle brutte cose, se lo sentiva anche in quel momento, col cuore martellante e il fiato corto. Le sue scarpe erano entrate nella zona d’ombra della grande scatola adesso, non si era mai spinto così vicino. Con le mani a mo’ di megafono caricò le parole di tutta l’energia che gli era rimasta:
Ok, con la focalizzazione su quello che mi pare un ragazzino, "delle brutte cose" è un modo di dire ingenuo ed innocente, ma ci sta senz'altro.
"col cuore martellante e il fiato corto": devi dirlo, ma può andare. Non sono un fanatico dello "Show, don't tell", ma forse una frase tipo: 
Cercò di riprendere fiato e di calmarsi, ma si accorse che le sue scarpe erano già nella zona d'ombra della grande scatola....
Cioè: ha corso per raggiungere il cagnolino, rendi implicito che lo scatto e il pericolo riferitogli dalla mamma lo hanno messo in uno stato di alterazione non comune. Ma, rendi evidente anche che gli è impossibile ritrovare la calma, perché è già entrato in quella zona d'ombra che è come un confine entro il quale una sorta d'influsso "della scatola" è concreto... Bene, molto bene. È già quasi una climax di tensione.

Bene, secondo me, anche: "...caricò le parole di tutta l’energia che gli era rimasta:"
Poi, però, a mio parere dovresti riuscire a rappresentare il suo urlo un po' più drammaticamente di un semplice “Whisky! Dove sei?”
(Cioè: puoi anche solo affidare alla descrizione precedente la drammaticità del richiamo, ma secondo me puoi fare di più trovando una frase plausibile, ma allo stesso tempo diversa da una consueta chiamata).
Quill ha scritto: dom ago 25, 2024 10:17 amLa sua mente iniziò a contare. Il profumo che amava mutò rapidamente in qualcosa di acido, che lo costrinse ad arricciare il naso.
Sono combattuto: la precisazione non è superflua (è un angolo della sua mente che conta, mentre i suoi occhi, la sua attenzione, sono volti ai dintorni, nella ricerca di Whisky), io credo che l'essenzialità contribuisca a rendere più drammatico il passaggio, Quindi mi limiterei a "Iniziò a contare. Il profumo che amava (...)"
Anche "...lo costrinse ad arricciare il naso." mi sembra sdrammatizzi un po' troppo. Non so (ancora) cosa può rappresentare quell'odore (né se vuoi fargli rappresentare qualcosa di significativo nella storia), ma non mi pare solo un odore sgradevole (e per di più lo immaginerei amplificato, nella sua percezione, dalla preoccupazione che pare stia giungendo al culmine).
Quindi (forse) qualcosa del genere: 
"...mutò rapidamente in qualcosa di acido, che lo prese allo stomaco..."
Quill ha scritto: dom ago 25, 2024 10:17 amDieci secondi. Se voleva salvarlo, doveva prendere una decisione, farsi coraggio. E in fretta.
Bene: il frammento si chiude con l'impellenza di un'azione rischiosa al di là di qualsiasi esperienza precedente: interessante.

Forse ho interpretato in modo troppo adulto questo frammento (che, molto probabilmente, è tratto da un racconto per bambini/ragazzi, quindi non richiede la tensione di un thriller per adulti). Se è così fai pure conto che non ti abbia dato alcun consiglio, perché temo che ti porterei completamente fuori strada.
Se, invece, la storia non è destinata a lettori (pre-) adolescenti, e l'ingenuità di certe descrizioni è solo dovuta al punto di vista di Luca, che è chiaramente quello di un bambino, io mi aspetterei una preparazione più... "convinta" della tensione.

A rileggerti.

Re: La grande scatola

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Luca liberò il cagnolino dal guinzaglio, tenendolo per la pettorina con due dita.

Il gerundio indica contemporaneità.
Quindi Luca tiene con due dita la pettorina e, nello stesso momento, libera il cagnolino dal guinzaglio. Così hai scritto.
Ma il gerundio è una brutta bestia, non come il nostro cagnolino.
Proviamo l'azione: prima afferro con due dita la pettorina e poi tolgo il guinzaglio.
Luca afferrò la pettorina con due dita e tolse il guinzaglio (al cagnolino).
Se lo tiene con due dita, non lo libera "del tutto".



Alla fine del sentiero che procedeva attraverso le spighe dorate, si innalzava la maestosa fabbrica che i grandi avevano costruito proprio lì, molti anni prima che lui nascesse. Una brutta scatola verde di metallo, perfetta per nasconderci i segreti più oscuri del mondo. L’animaletto peloso lo stava fissando, le orecchie alzate belle tese e la solita espressione buffa. Gli occhietti sgranati gli stavano comunicando il desiderio di voltarsi e scattare in avanti, per potersi gustare la libertà che solo una corsa in mezzo al grano gli avrebbe restituito. Non attendeva altro da tutta la settimana.

Che procedeva non serve, appesantisce. Meglio In fondo al sentiero tra le spighe dorate
si innalzava la maestosa fabbrica.  Se alcune maestose fabbriche si innalzano, altre potrebbero abbassarsi...  Meglio ecco la fabbrica maestosa, costruita dai grandi proprio lì, ecc.
Brutta è un aggettivo, che ribadisce che una scatola di metallo verde non è bella, cosa che il lettore (come me) ha intuito.
Lo stava fissando… chi o che cosa il pelosetto sta fissando? Il metallo, il padrone, oppure? Ok, abbiamo iniziato, ma non è chiaro chi ha iniziato. Stava non serve: poteva fissare senza starci? E l’abuso dell’imperfetto fa tanto era una notte buia e tempestosa.
le orecchie alzate belle tese. Proviamo il contrario le orecchie alzate brutte tese. Belle tese, nell’ipotesi migliore, è un “modo di dire” da evitare. Ci provo: Buffo, le orecchie tese, il cagnolino lo fissò con gli occhi sgranati, voglioso di fuggire (correre) libero nel grano.
Comunque sia, dovrebbe essere già chiaro chi è colui che viene fissato.


Mosse qualche passo anche lui,
osse e asso molto vicini
anche lui, inutile


mentre la macchiolina nera era intenta a schizzare al massimo della velocità.
Era intenta a schizzare molto meglio schizzava. Il cagnolino è una macchiolina, un animaletto con gli occhietti. Troppi vezzeggiativi e diminutivi.


Adorava il profumo emanato dai campi, così come il suono prodotto dai suoi piedi sul terriccio croccante che stava seccando.

Adorava il profumo dei campi e lo scròcchio (il rumore) dei piedi sul terriccio secco.
I campi profumano dopo la pioggia…


Ancora pochi secondi e il piccolo Whisky si sarebbe voltato soddisfatto e sarebbe tornato dal padrone.
Qui ribadisci ancora che non si tratta di un Whisky doppio… Sarebbe e sarebbe troppo vicini.

Mamma gli preparava ogni sera una ciotola piena di carne e verdure, 
La mamma poteva preparare ad altri una ciotola vuota?
Mamma preparava ogni sera una ciotola di carne e verdure

doveva per forza essere contento della famiglia dove era cresciuto.
Perché “doveva per forza”? Basta era contento. Anche qui è ovvio che non poteva essere contento di una famiglia dove non era cresciuto.

La sagoma scura iniziò però a confondersi con la tonalità verde che costituiva la base della fabbrica;
La sagoma scura si confuse con il (nel) verde della fabbrica.

una lieve morsa allo stomaco lo fece avvicinare alla scatola, poco per volta.
Una lieve morsa allo stomaco, si avvicinò alla scatola, poco per volta.

Strinse le dita con forza,
La forza è implicita nella “stretta”.
sentendo la plastica del vecchio guinzaglio sotto ai polpastrelli e il suono del gancio metallico penzolante trascinato per terra. Qualcosa non andava. Perché non tornava indietro?
Strinse tra le dita il vecchio guinzaglio e lo trascinò.

Le spighe iniziarono a sfrecciargli accanto, da entrambi i lati, mentre mille insetti gli finirono in bocca e su per il naso.
Corse tra le spighe, e mille insetti finirono in bocca e su per il naso.


Glielo diceva sempre la mamma di non avvicinarsi troppo a quel posto, perché poteva essere pericoloso.
Che era pericoloso



E lui lo percepiva, sapeva che lì accadevano delle brutte cose, se lo sentiva anche in quel momento, col cuore martellante e il fiato corto. Le sue scarpe erano entrate nella zona d’ombra della grande scatola adesso, non si era mai spinto così vicino.

Toglierei la zona. Forse meglio:  Le sue scarpe erano entrate nell’ombra eccetera.

Con le mani a mo’ di megafono caricò le parole di tutta l’energia che gli era rimasta:
“Whisky! Dove sei?”
Le mani a mo’ di me….  Forse meglio Con le mani a megafono


La sua mente iniziò a contare.
Possessivo inutile.


Il profumo che amava mutò rapidamente in qualcosa di acido, che lo costrinse ad arricciare il naso.
Ok, avverbio in ente brutto, e due “che” troppo vicini.
Il profumo mutò in fetore, e arricciò il naso.


C’era un portone aperto laggiù. Cinque secondi. Il suo piccolo amico non comparve da nessuna parte, doveva essersi infilato nell’ultimo posto al mondo in cui avrebbe voluto.

Sì, era piccolo.

Whisky era sparito

Chi è colui che non avrebbe voluto: il cagnolino o il padrone?



Forse qualcosa aveva attirato la sua attenzione, oltre quel confine ombroso.

Oltre il confine ombroso

Fu la fabbrica a rispondere al suo richiamo, però.
La fabbrica rispose al richiamo.
È il caso in cui compare il “narratore” terzo, che fa notare al lettore che fu la fabbrica a rispondere.



Una sirena terrificante si disperse su tutta l’area attorno. Doveva trattarsi del canto di un mostro, quello che i grandi tenevano rinchiuso tra le alte mura. Il portone iniziò a chiudersi pian piano. Dieci secondi. Se voleva salvarlo, doveva prendere una decisione, farsi coraggio. E in fretta.

Al suono di una sirena, terrificante come il canto di un mostro rinchiuso tra le alte mura, il portone iniziò a chiudersi, pian piano. Se voleva salvarlo, doveva prendere una decisione, farsi coraggio. E in fretta.



Alcune critiche, spero costruttive:
1) abuso di imperfetto classicheggiante, del tipo “era una notte buia e tempestosa”;
2) aggettivi possessivi (mio, tuo eccetera) inutili;
3) troppi verbi servili&Co (https://www.treccani.it/enciclopedia/ve ... italiana)/) , che appesantiscono inutilmente;
4) qualche gerundio (ando endo) e avverbio (ente) che sarebbe stato meglio lasciare nella penna;
5) qualche pronome relativo di troppo;
6) inutile ribadire ciò che hai già scritto: il lettore sa che un cagnolino è piccolo.

Un frammento ancora grezzo, che meriterebbe una revisione accurata, perché lo spunto è buono.
A rileggerti!

Re: La grande scatola

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Vi ringrazio davvero per tutti i preziosissimi consigli e per il tempo che avete dedicato alla lettura e ai commenti.
@queffe Quelli che penso andrò a caricare in questo periodo, saranno soprattutto degli esercizi di stile. Questo perché voglio migliorarmi sotto questo aspetto e solo dopo, tra un bel po' di tempo, mettere in cantiere un nuovo romanzo. Mi sto legando parecchio al pdv intimo, a dir la verità, e all'utilizzo esteso dello show don't tell per mostrare le scene sotto il profilo esterno e interno dei personaggi. Quindi si tratta proprio di un frammento a sé, non è prelevato da alcun racconto, e ha il compito di allenarmi e di ottenere critiche preziose come quelle che ho ricevuto ;) Il target su cui punterò sarà probabilmente lo young adult, ma vorrei tenere aperte tutte le possibilità. Sono piuttosto d'accordo su: 

La sua mente iniziò a contare.

Suona meglio anche a me. Come mi sta facendo notare anche @Fraudolente, è probabile che io debba lavorare un po' sull'asciugatura del testo per evitare di appesantirlo inutilmente. Il discorso sul gerundio è verissimo, e nonostante lo avessi studiato in qualche corso ci sono cascato. Allenamento!
Sul prospetto finale:

Alcune critiche, spero costruttive:
1) abuso di imperfetto classicheggiante, del tipo “era una notte buia e tempestosa”;
2) aggettivi possessivi (mio, tuo eccetera) inutili;
3) troppi verbi servili&Co (https://www.treccani.it/enciclopedia/ve ... italiana)/) , che appesantiscono inutilmente;
4) qualche gerundio (ando endo) e avverbio (ente) che sarebbe stato meglio lasciare nella penna;
5) qualche pronome relativo di troppo;
6) inutile ribadire ciò che hai già scritto: il lettore sa che un cagnolino è piccolo.

Prendo nota delle osservazioni, così da prestarci maggiore attenzione nel prossimo frammento. Mi sarà sicuramente di aiuto per identificare le mie maggiori debolezze stilistiche, quindi per allenarmi a ridurle.

Ancora grazie mille
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