[CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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Traccia N° 3 - Eveline di J. Joyce


- Devo lasciare
tutto questo, lo so -

Così silenziosamente 
enumerava i suoi patemi,
la paura di una violenza
attesa, osservata giorno
dopo giorno, le umiliazioni,
Il dolore della sua vita 
ipotecata dalle lacrime 
di una madre egoista. 


- Posso lasciare
tutto questo, lo so -

Eppure nei suoi occhi
la nostalgia dei giorni comuni,
e la sicurezza di gesti ripetuti
scaldava il suo cuore.

Seduta alla finestra
il suo sguardo accoglieva
il ricordo di giochi innocenti,
quando tutti ancora erano buoni, 
la vita le appariva sopportabile
il futuro, un rischio irragionevole.

La sua città lentamente
scompariva nella sera
e l’odore di crétonne
le ricordava di essere
ancora a casa, la sua casa.

Re: [CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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Una poesia che riassume e condensa il brano di Joyce. Singolare la voce di Evelin (quasi volesse parlare al lettore della sua scelta di non scegliere)  inaspettata la presenza di un narratore esterno che prende questi versi e li trasporta nei sentieri di una prosa poetica @Mario74
Finora in tre avete scelto questo bellissimo brano. Tre diverse modalità di mettere quel mare nel bicchiere. Molto interessante!

Re: [CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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@Mario74 

- Devo lasciare
tutto questo, lo so -

Così silenziosamente enumerava i suoi patemi, la paura di una violenza attesa, osservata giorno dopo giorno, le umiliazioni, il dolore della sua vita ipotecata dalle lacrime di una madre egoista.


- Posso lasciare
tutto questo, lo so -

Eppure nei suoi occhi la nostalgia dei giorni comuni, e la sicurezza di gesti ripetuti scaldava il suo cuore.
Seduta alla finestra il suo sguardo accoglieva il ricordo di giochi innocenti, quando tutti ancora erano buoni, la vita le appariva sopportabile il futuro, un rischio irragionevole.

La sua città lentamente scompariva nella sera e l’odore di crétonne le ricordava di essere ancora a casa, la sua casa.


@Mario74  Spero vorrai perdonarmi per avere riportato la tua poesia in prosa, ma è questa la sensazione che ho ricevuto durante la lettura. Hai fatto buon uso delle indicazioni relative alla traccia, e si potrebbe dire che hai fatto un'ottima sintesi, a me però è mancata proprio la poesia. 
:rosa:

Re: [CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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Mario74 ha scritto: mer mag 29, 2024 5:44 pm- Posso lasciare
tutto questo, lo so -

Eppure nei suoi occhi
la nostalgia dei giorni comuni,
e la sicurezza di gesti ripetuti
scaldava il suo cuore.
Questo è il messaggio centrale, più importante, del brano di Joyce.
L'hai saputo riportare con efficacia, @Mario74 tra gli altri.  :)
Perché lasciare il certo per l'incerto paralizza Eveline.
Le fa preferire rinunciare all'amore di un uomo che la ama davvero per non dover accettare, con la probabile felicità cui non aveva 
mai pensato di avere diritto, anche il pericolo del salto nel buio, della derisione degli altri, del fallimento. Pericoli che non corre se resta 
dov'è, col suo cupo ma conosciuto e tranquillo tran tran.

Eppure ha solo 19 anni Eveline! Incredibile... questa ragazza, cui la famiglia ha tarpato le ali dall'infanzia, registra, come hai ben espresso dal titolo,
un sentimento che soverchia gli altri: la nostalgia dei giorni comuni.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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Ciao @Mario74 
Bentrovato nel contest.
Credo sia la prima volta che ci incrociamo.
Il tuo lavoro mi è piaciuto, Per il messaggio e l'interpretazione della traccia.
Ci sono cose che si possono migliorare ma in sostanza il risultato è buono.
Ho colto la difficoltà di Eveline: La consapevolezza di avere il potere di cambiare la sua vita, contro la mancanza di coraggio e la forza di volontà di far sì che questo accada. 
Sulla forma, la musicalità e il resto ti hanno già detto altri più bravi di me.
Complimenti!

Re: [CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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ciao @Mario74 ti lascio una piccola impressione. Concordo appieno con con Adel. Manca la poesia. Sicuramente è per via del fatto che avendo il confronto con il racconto, viene spontaneo fare questa osservazione. Bisogna anche ammettere che però tu hai messo proprio il mare dentro al bicchiere. Su questo sei stato bravo: sono versi molto carichi di sentimento. Ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CP15] Nostalgia dei giorni comuni

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Mario74 ha scritto: mer mag 29, 2024 5:44 pm - Devo lasciare
tutto questo, lo so -

Così silenziosamente 
enumerava i suoi patemi,
la paura di una violenza
attesa, osservata giorno
dopo giorno, le umiliazioni,
Il dolore della sua vita 
ipotecata dalle lacrime 
di una madre egoista. 


- Posso lasciare
tutto questo, lo so -

Eppure nei suoi occhi
la nostalgia dei giorni comuni,
e la sicurezza di gesti ripetuti
scaldava il suo cuore.

Seduta alla finestra
il suo sguardo accoglieva
il ricordo di giochi innocenti,
quando tutti ancora erano buoni, 
la vita le appariva sopportabile
il futuro, un rischio irragionevole.

La sua città lentamente
scompariva nella sera
e l’odore di crétonne
le ricordava di essere
ancora a casa, la sua casa.
Felice di incontrarti di nuovo, @Mario74
Ho letto con attenzione molte volte e mi permetto ora di entrare nel tuo componimento per esaminarlo da vicino. 
Amo moltissimo la poesia; purtroppo ne conosco poca. Da sempre quello che mi ha affascinato è cosa la distingue dalla prosa. Quando eravamo piccoli, riconoscevamo una poesia dal fatto che non occupava, come la prosa, tutta la pagina: la poesia andava a capo e intorno a essa c'era tanto spazio bianco; la prosa, invece, presentava una continuità della sintassi e per questo prendeva tutto lo spazio disponibile. Ma non solo: eravamo abituati alle rime, a una sonorità legata alla metrica, a volte anche a cadenze tipiche delle filastrocche. Mai e poi mai avremmo confuso una poesia con un passo di prosa. 
Poi, crescendo e studiando, la complessità invece di diminuire aumentava e la divisione a cui ci avevano abituato cominciava a vacillare: pensiamo, per fare un solo nome, al romanzo in versi liberi La camera da letto di Attilio Bertolucci.
Di cosa, allora, non può fare a meno la poesia? Perché consideriamo tale moltissima produzione che niente ha a che spartire con la nostra idea platonica di Poesia? Ti assicuro che è un quesito che mi pongo da quando ero ragazzina, insieme a un altro che si può considerare fratello del primo: cosa ci fa dire che un'opera (scultura, dipinto, film e così via) è Arte?

Per quanto riguarda la poesia, leggendo qua e là, ho raccolto negli anni argomentazioni significative che mi permetto di condividere con te. 
Anzitutto la poesia ha bisogno di essere "polivalente", ricca cioè di significati. Tale ricchezza di significati si ottiene mediate la "connotazione", che spalanca le porte a letture sempre nuove. 
La poesia ha bisogno della collaborazione del lettore, il quale deve trovare in essa qualcosa che gli risuoni dentro in modo da integrarne il significato: ciò non potrà mai accadere con un testo che usi la sola "denotazione", vale a dire l'esclusivo significato letterale.
La poesia, come scrive la Bisutti, è fatta anche di silenzio. Per questo dobbiamo imparare a sostare tra gli spazi bianchi degli accapo e a "leggerli"; bisogna fermarsi e lasciare che "il silenzio entri e ci sommerga come un fiotto d'acqua".
La poesia, inoltre, necessita che le parole siano scelte con cura, una a una: il che non vuol dire che debbano essere parole "belle", bensì "preziose", in quanto selezionate tra molte possibilità.
Alla luce di queste considerazioni e secondo il mio modestissimo parere, la tua poesia può essere definita "denotativa" più che "connotativa"; ciò ne limita la polisemìa e di conseguenza viene meno quella "cassa di risonanza" che, amplificando e intensificando gli effetti e i significati, dà vita alla danza col lettore. 
Nonostante questo limite, hai saputo rappresentare in modo egregio la storia di Eveline in una manciata di versi, compito per niente facile. Bello il titolo.
Ti ringrazio e ti saluto con tanta simpatia.
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