[Lab7] Angelo azzurro - capitolo 3
1[Lab7] Angelo azzurro
“Cerco l'estate tutto l'anno
e all'improvviso eccola qua.
“Ella” è partita per le spiagge
e sono solo quassù in città...”
- Frena! Hai sbagliato.
- Cosa ho sbagliato?
- Dice “Egli”. Nella canzone dice “Egli”, non “Ella”.
- Sì, vabbè, ma è grammaticamente sbagliato, si parla di una donna: quindi ci va un “Ella” o un “Lei”. Capisci è un errore.
- Naa! Vuoi insinuare che Celentano abbiano scritto una cazzata?
- No, non lui: l'autore. È un refuso, una svista. Può succedere.
- A Celentano non succede, non è mai successo.
- Eppure sì, se conosci la lingua italiana, quello è un errore, fattene una ragione.
- Allora dato che l'ho sempre cantata così, mi stai dando dell'analfabeta? Mi stai dicendo che sono ignorante?
- Ma figurati, è solo una sciocchezza, un pronome, non facciamone un dramma.
- Non fingere! Lo so che mi credi un cazzone. Comunque, hai sbagliato, quindi ora ti taglio la gola.
- Mavvafanculo! Te e Celentano, brutto scimmione! - gli tirò un calcio sulla mano che reggeva il rasoio e con un movimento fulmineo fece scattare l'apertura del cassettino: il Molleggiato si ritrovò la canna della Beretta tra gli occhi.
- Ecco! Brutto stronzo psicopatico! Ora non parli più vero? Questa no te la aspettavi. - disse lui con trionfante veemenza.
Il Molleggiato osservò la canna dell'arma e poi gli occhi di lui, con un'espressione di sufficienza.
- Butta quel rasoio e porta fuori le chiappe dalla mia macchina. E da bravo, mi rimetti anche a posto i cavi della batteria. Guarda che non scherzo.
- Se no? - rispose l'altro con uno sguardo di sfida.
- Se no, ti faccio saltare la testa. In ogni caso, fuori dalla macchina, che non voglio raccogliere col cucchiaino pezzi del tuo cervello sparsi nell'abitacolo.
- Ahahahaha! - rideva sguaiatamente l'altro, mostrando una vera tempra da duro e lo sprezzo del pericolo.
- Allora, vediamo se hai il manico o fai solo chiacchiere: spara dai, fammi vedere ?
- Ma sei scemo? Cazzo ti ridi? Ma vuoi morire davvero? Guarda che sparo.
- Sì, Dai. Spara, sono proprio curioso.
In quel momento lui provò uno scoramento abissale: si era rammentato, nella fretta della fuga, di non aver preso la scatola delle pallottole .
Bestemmiò mentalmente, però era da una vita che non usava l'arma, magari un colpo o due erano ancora nel caricatore.
- Te lo ripeto per l'ultima volta: mi sto spazientendo, finisce che ti faccio secco davvero.
- Smettila di stressarmi! Mi sa che tu sia più finocchio di quella checca di Trucciolo. Falla finita. Se devi sparare, spara.
L'insulto sanguinoso gli provoco, una botta di sangue agli occhi. Nessuno aveva mai osato dargli del gay. La mano gli tremava per l'ira: premette il grilletto e fece fuoco.
Ci fu un desolato click a vuoto, che confermo il disarmo della nove millimetri.
- Ahahahah! Lo sapevo! - rideva oscenamente, il Molleggiato.
Lui aveva un'espressione funerea, per nulla divertita.
- Sapevi cosa?
- Che fosse scarica, ovvio. Che mi minacciavi con una pistola scarica. Sei proprio un gran cazzone.
- Non fare il furbo, come facevi a saperlo? Te la sei rischiata, pensando che non ti avrei sparato davvero.
- Ma quanto sei minchione! Secondo te io rischiavo di farmi ammazzare? C'avevo già guardato in quel cassettino, dopo aver scollegato i cavi. Tu mi credi scemo, ma mi sottovaluti. L'hai sempre fatto.
Lui si sentiva realmente un minchione. Ora la situazione si faceva decisamente seria.
Decise di giocare l'ultima carta che aveva per salvare la pelle.
L'unico argomento a cui quell'animale fosse sensibile erano i quattrini, e lui ne aveva dietro una quantità che sicuramente, l'altro, avrebbe apprezzato di mettersi in tasca.
- Senti, Molleggiato, fin'ora abbiamo scherzato, si è anche cantato, ma ora parliamo di cose serie.
- Bravo! Se mi rendi, senza tante storie, la roba che mi hai fregato, prometto che ti faccio fuori in maniera rapida e quasi indolore.
- Smettila con 'sta storia d'ammazzarmi. La roba te la rendo, ma posso darti dei soldi per evitarti un omicidio inutile.
- Ah! Sì? Bella idea e sentiamo quanto offri?
- Fai tu il prezzo, quanto vuoi?
- Centomila euro e salvi la ghirba.
- Te ne do venticinquemila.
- Non dire stronzate! Novantamila
- Trentamila
- Ottantacinque
- Quarantamila
- Settantacinque
- Cinquanta
- Sessantamila
- Ok! Affare fatto. Sessantamila, ma mi tengo la macchina.
- OK! Ma i cavi della batteria te li riattacchi da solo.
- Sei proprio una merdaccia!
- Fottiti! Mollami la roba e il grano.
Lui cavò fuori la busta della coca e quella dei contanti dalla sacca e gli sporse il tutto.
L'altro controllò il contenuto di entrambe, poi richiuse la lama del rasoio, si mise in tasca l'utensile, scese dall'auto e con calma iniziò ad allontanarsi.
Era finita bene: tutto sommato, ci aveva rimesso un po' di soldi ma la pelle veniva prima di tutto.
Aprì immediatamente il cofano per ripristinare il collegamento della batteria.
La batteria era presente al suo posto, ma non vi era traccia dei cavetti di collegamento.
Cacciò l'ennesima bestemmia, quell'animale si era portato via i cavi.
Roba da non crederci, ma si poteva essere più stronzi di così?
Gli trillò il cellulare: era un messaggio del molleggiato, forse per informarlo che si era accorto d'essersi tenuto in tasca i cavi della sua batteria.
Apri il messaggio: conteneva un file musicale, lo attivò e la canzone partì:
“Se sei tu l'angelo azzurro
Questo azzurro non mi piace
La bellezza non mi dice
Le parole che vorrei...”
Lanciò, con stizza, il telefonino dall'altra parte della strada.