[LMI171] La bellezza di scrivere
Se rifletti la bellezza, le appartieni:
ne fai parte, come una pennellata a un quadro.
ne fai parte, come una pennellata a un quadro.
Riverito padre,
voi mi insegnate da sempre che la vita non basta assaggiarla: occorre morderla, masticarla e cercare di smaltirla. Farla avventura: realtà romanzesca. Che gli eroi in partenza possono essere svantaggiati, come il vostro D’Artagnan o Edmond Dantes. Che ogni genere di handicap si supera con la tenacia e la forza di carattere. Con la tempra della mente e del corpo, con il rivolgersi ad alti ideali, a Dio o alla spietata vendetta… anche dopo aver sperimentato gli abissi e le fogne, ed esserne riemerso con virtuali o meno ossa ammaccate e pelle sporca.
Voi avete bisogno di eccessi di vita per alimentare questo enorme focolaio di vita letteraria, come dice la vostra amica giornalista? Secondo me, è il contrario: voi create a raffica questi personaggi perché avete vissuto a raffica.
Rivalsa sociale e esistenziale, la vostra.
Come scrive il letterato italiano Giacomo Leopardi: "Nessuno diventa uomo innanzi di aver fatto una grande esperienza di sé, o per un grande bisogno, o per un infortunio o un dolore grande, o a causa di un amor grande e appassionato, l'uomo conosce ab esperto la natura delle passioni, poiché una di loro che arda infiamma tutte l'altre."
Sulla falsariga, e viceversa, scrivo io, quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali.
Sapete... Ho perso la mia Marie, morta di tisi dopo che io l’avevo colpevolmente abbandonata.
Soffro come un cane senza padrone da un anno, e nessuno dei piaceri della vita a cui mi avete iniziato me lo attenua. E ogni notte mi ottunde con le pieghe delle sue tenebre da penetrare a occhi chiusi. Anzi, soffrivo.
Prima.
Adesso c’è una cosa che sì, lenisce il mio dolore, lo sublima, ne fa bellezza.
Non è neanche un mese che scrivo, a getto continuo, di questo mio perduto amore, ed è mia benefica catarsi questo scrivere incessante e sgorgante di continuo, perpendicolare al foglio, col calamaio che reclama inchiostro, che poi verga con la penna, quasi di sua sponte. Sono felice padrone e schiavo di scrivere, mentre i miei personaggi vivono la vita che mi spingono a fargli interpretare. Il contenuto di questa storia prende le mosse dalla mia: questa Mauguerite Gautier la trasfigura e me la rende una creatura immortale, con la sua bellezza dalle camelie bianche, che alla fine mostrerà solo per il suo Armand Duval.
Eppure lei è una cortigiana, ma è anche una che serba in sé fierezza e indipendenza, due sentimenti che, feriti, sono in grado di fare quello che fa il pudore.
So a chi devo questa bellezza, che trascende pure il male di un passato di abbandono che mi ha segnato, e favole di buonanotte perdute come il vostro Schiaccianoci: a voi, padre mio, perché l’inchiostro prestigioso e inarrestabile me l'avete trasmesso voi, misto al sangue che mi scorre nelle vene.
Come le mani e l’occhio dello scultore capace sanno scavare la pietra e tirarne fuori l’opera nascosta. Che sembra gridare, da dentro all’involucro che la copre: Liberami!
Come lo scultore capace sa le sembianze della statua che cerca, le sue fattezze, e non sbaglia nello scartare i frammenti che la coprono nelle sue minute schegge circostanti. E scavando, sbozzando, sagomando, la raggiunge e la estrae, liberandola dalla sua prigione.
Questo sto facendo io con la mia storia, nata dal prodotto delle mie esperienze, che sto creando impetuosamente: ce l‘avevo in me, già scritta e immemore, e il dolore l‘ha fatta uscire, mentre la nemesi tramuta la sofferenza in frammenti di buio minutissimi e trasparenti che non scorgo più.
Esce, la mia opera, con maestoso, teatrale incedere, puro e intenso, nello sfondo di vizi e di degrado, e solo adesso riconosco quello che mi salva e conforta: la bellezza di scrivere.
Il vostro rispettoso figlio
Alexandre
Parigi, 1848.
Precisazione
Il sottolineato concerne frasi originali di Alexandre Dumas - figlio.