Re: La maleducazione delle case editrici

51
Wanderer ha scritto: gio lug 06, 2023 9:58 pmQuindi, secondo te:
- Adelphi = editore educato perché invia risposte negative in automatico.
- Mondadori, Longanesi, Marsilio, e altri big = editori maleducati perché scelgono di non dare risposte negative.
No, la tua analisi è errata: 

Adelphi = editore educato perché con le risposte negative in automatico non fa aspettare inutilmente gli autori per il periodo del silenzio /diniego;

Mondadori, Marsilio e altri big = molto poco rispettosi degli autori, anzi (diciamolo senza mezzi termini) maleducati perché, pur non leggendo i loro testi, non solo li fanno aspettare per sei / otto mesi inutilmente, ma li usano anche per darsi arie di cacciatori di talenti, quando "ah! oggigiorno scrivono cani e porci, è necessario che i testi siano filtrati da agenti / altri autori/ santi / eroi / mio zio di cui mi fido". 

Su Longanesi invece, posso dire soltanto che una decina di anni fa mi hanno mandato una lettera di rifiuto cartacea (!) e se adesso non mandano neanche le mail, beh, peccato. 
Già.

Re: La maleducazione delle case editrici

52
massimopud ha scritto: Ma costa proprio tanto dire la verità (che è l'unica forma di autentica cortesia)? Costa tanto dire: "cari signori, non possiamo leggere i manoscritti che ci mandate, quindi non inviateceli perché perdete soltanto tempo"? Boh, davvero non capisco, davvero sembra che in Italia tutto debba essere sempre  tortuoso, sotterraneo, bizantino.
Alcuni lo fanno. Ad esempio Nottetempo e Miraggi. Ma secondo me ricevono comunque manoscritti. Quindi molti editori preferiscono non chiudere la porta, perché in ogni caso ne riceverebbero dalla finestra.

Re: La maleducazione delle case editrici

53
Credo che uno degli obiettivi di questo forum sia mettere gli scrittori e aspiranti tali in condizione di conoscere come funziona l'editoria in questo Paese, per poter compiere scelte oculate. In questo quadro, dibattere sulla buona o cattiva educazione di questo o quell'editore non mi pare che possa incidere in modo significativo: magari l'educatissimo editore che risponde a tutti gli invii con stereotipate mail precompilate non paga le royalties, ma fa niente, è educato e tanto basta. A prescindere, mi sembra ormai chiaro che esistono due fazioni: chi è per la maleducazione e chi no. Vale la pena di allungarla tanto?
Mario Izzi
Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni (trilogia)
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: La maleducazione delle case editrici

54
Ilaris ha scritto: Adelphi = editore educato perché con le risposte negative in automatico non fa aspettare inutilmente gli autori per il periodo del silenzio /diniego;
Le risposte negative in automatico di Adelphi arrivano dopo almeno tre mesi. Un tempo congruo per dare l'illusione della risposta, ma che è in ogni caso un tempo lungo. 

Comunque, capisco l'esigenza di sentirsi considerati, specie dai grossi editori. Tuttavia, la mancanza di tale considerazione secondo me non va vista nell'ottica dellla mancanza di educazione. È come scrivere a Mattarella. Qualche volta può arrivare qualche risposta più o meno precompilata, raramente una risposta personalizzata, ma la regola è non avere risposta affatto, perché è tale la mole di richieste - gran parte delle quali sconclusionate - che è impossibile seguirle tutte.

Il tuo ricordo su Longanesi appartiene a un'altra era, quando si faceva l'invio cartaceo, ed era più probabile ottenere una risposta.

Re: La maleducazione delle case editrici

57
Wanderer ha scritto: l fatto che si dia la possibilità di inviarli è solo una forma di cortesia verso quei lettori che sono anche aspiranti autori. C'è poi qualche editore, come Adelphi, che aggiunge la cortesia di una risposta. Una risposta asettica, automatica, identica per tutti, e che è sempre negativa.
Accettare manoscritti quando non hai nessuna intenzione di esaminarli per me non è affatto cortesia, è bieca manipolazione. La risposta standard  "non rientra nella nostra linea editoriale" di Adelphi è, nonostante tutto, almeno una risposta. Quindi aggiunge, non toglie, alla loro serietà. Che sia vera o no.
Chi ha già una certa esperienza in pubblicazioni o forum di scrittura sa benissimo come valutare una risposta del genere, ed è grato che arrivi, perché l'alternativa è un silenzio infinito a cui sì, ti abitui (e impari da solo quando è l'ora di lasciar perdere le speranze) ma mai del tutto.
Wanderer ha scritto: Secondo me è solo una questione di brand. Adelphi "risponde" solo perché è la sua politica aziendale, non per una questione di maggiore "educazione".
La politica aziendale è fatta anche sui principi, o almeno sull'immagine che si vuole trasmettere. Adelphi è una delle CE italiane più blasonate, forse proprio perché basa la sua attività non solo sul profitto ma anche su altro.

Si può fingere fino a un certo punto, ma se qualcuno ha il solo intento del guadagno si capisce in fretta. Per carità, può darsi che le sue risposte standard siano false, e che nessuno abbia esaminato quei manoscritti, ma a differenza di altri rispondono: ti dicono chiaro e tondo "non ci interessa". Mi pare che la sincerità, oggigiorno, sia sottovalutata.
Wanderer ha scritto: Non vedo la differenza con chi sceglie la politica del silenzio = rifiuto.
La differenza c'è, ti assicuro. Magari parlo solo per esperienza personale, ma ho una buona opinione delle CE che mi hanno risposto, qualche volta perfino motivando il rifiuto. È chiaro che alla fin fine non cambia niente, ma hai almeno la sensazione di avere avuto a che fare con qualcuno, ti senti una persona, non un indirizzo email.
Wanderer ha scritto: Pensare che gli editori siano maleducati perché non rispondono agli autori che li corteggiano è un po' come pensare che il 90% delle ragazze siano maleducate perché non rispondono a una richiesta di amicizia su Facebook o a un messaggio di uno sconosciuto che tenta un improbabile approccio. I
Il paragone non mi pare adeguato. Gli editori sono imprenditori, che guadagnano solo grazie agli autori (a cui forniscono volontariamente indirizzi a cui mandare i manoscritti). Le richieste sui social sono spesso non volute (non c'è un tasto per impedire nuove richieste) e non fanno guadagnare nessuno
massimopud ha scritto: Ma costa proprio tanto dire la verità (che è l'unica forma di autentica cortesia)?
92 minuti di applausi...  :P

Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: La maleducazione delle case editrici

58
Wanderer ha scritto: Comunque, capisco l'esigenza di sentirsi considerati, specie dai grossi editori. Tuttavia, la mancanza di tale considerazione secondo me non va vista nell'ottica dellla mancanza di educazione. 
Non si tratta di esigenza di essere considerati, ma di non essere presi in giro. 
Il fatto che vengano inviati troppi  manoscritti non significa né che la prassi della maleducazione delle CE debba essere sdoganata, né che quelle che rispettano gli autori debbano scrivere una lettera personalizzata a ciascuno di loro per potersi distinguere dalle altre. 
Dire che non si accettano manoscritti e una risposta automatica sono una forma di educazione e di rispetto; lasciare l'indirizzo per l'invio dei manoscritti sul sito e non rispondere neanche con una risposta standard non lo è. Non sono solo io ad avere questa opinione, a giudicare dagli interventi in questo post.
Già.

Re: La maleducazione delle case editrici

60
Vorrei chiarire alcune cose che sono emerse nella discussione…

Premessa) Sono gli stessi editori a non essere in grado di valutare bene i testi da pubblicare, quindi non scarichiamo la colpa sugli autori che “inviano spazzatura”.

Questo perché:
A) Non sono rari i casi di grandi successi letterari scartati da molti editori famosi prima di trovarne uno che gli desse fiducia. Di recente mi pare che Harry Potter fosse stato proposto a più di 10 CE che lo rifiutarono. Ma è solo l’ultimo di una lunga serie. Quindi non di rado le CE scambiano per spazzatura ciò che invece ha grande valore.

B) Non conosco a fondo le dinamiche interne alle CE ma non penso di sbagliarmi troppo se dico che, fatti 100 i libri che ogni anno pubblica una CE, alla fine “hanno successo” sì è no 30, forse anche meno, 20. Mentre i restanti 70-80 non si ripagano nemmeno i costi. Credo che ogni CE si tenga in piedi su quel 20% di libri “azzeccati” che ripagano di tutto il resto. Se così non è, citatemi una CE che possa vantare di “vendere bene” più del 60-70% delle nuove pubblicazioni…
Quindi nel 70-80% dei casi le CE stimano buoni dei libri che poi non valgono nulla (a livello commerciale almeno).

Riassumendo e unendo A e B arriviamo alla tesi: nemmeno le CE sono particolarmente capaci a valutare i testi.

E perchè questo? Perchè sono stupide? No, solo perché è difficilissimo capire se un testo andrà bene o male. Quindi capisco e accetto che le CE puntino alla quantità più che alla qualità: ne pubblicano 100 all’anno sperando che 20 tengano a galla la barca.

Fatta questa premessa, rifiuto con decisione l’idea che gli autori debbano “autovalutarsi” prima di inviare testi. Come fanno a capire se il loro romanzo ha delle virtù se nemmeno le stesse CE riescono spesso a capirlo?

Ma la cosa è ancora più grave perché:
1) Mentre una CE può scegliere tra tanti manoscritti, l’autore può scegliere solo tra uno o niente; propongo il mio o non ne propongo nessuno?
2) Tutti gli abitanti del pianeta che sappiano leggere possono valutare un romanzo, tutti tranne uno: l’autore stesso! Mi pare ovvio il perché ma se serve lo spiego: molti romanzi hanno “colpi di scena” o svolte emozionanti che sorprendono il lettore ma l’autore è l’unico che le conosce ancora prima di leggere il testo, quindi come fa a capire se l’intreccio funziona ed è veramente sorprendente? Pensate ai gialli… l’autore sa già chi è l’assassino ancor prima di SCRIVERLO!

No, l’autore non solo non è obiettivo nel valutare il proprio testo, ma non è nemmeno nella posizione per farlo. Quindi ognuno faccia il proprio lavoro:
A) l’autore scriva e segua suggerimenti/correzioni che gli vengono proposti per migliorare il testo. Non faccia il genio che si offende se qualcuno osa indicargli migliorie al suo capolavoro;
B) la CE si prenda la responsabilità di valutare i testi, di selezionarli e di farli conoscere al mercato. E investa 30 secondi per rispondere anche ai rifiutati!

Inoltre vorrei dire che se le CE sono sommerse da spazzatura in fondo se la sono cercata anche loro.
Io ad esempio ho scritto alcuni libri che ammetto non saranno mai dei best-seller… e forse nemmeno verranno pubblicati, ma guardandomi in giro non vedo all’opera dei Dostoevskij, Austen o Dickens. Ho provato a sondare il mercato attuale leggendo qualcosa di ciò che viene offerto al pubblico di oggi e l’ho confrontato con quello che scrivo: non penso di scrivere cose migliori me nemmeno peggiori delle centinaia di nuovi romanzi che escono ogni anno. Vedo molti libri più belli dei miei ma anche materiale dello stesso livello se non inferiore.
Ecco quindi che ho abbracciato il principio del “visto che circola anche un bel po’ di semi-spazzatura perché non provare a pubblicare anche i miei libri?!”

Quindi capisco che le CE per stare a galla puntino alla quantità nella speranza che un 20% delle volte gli vada bene, ma poi criticare l’autore perché osa fare lo stesso è ingiusto.

Re: La maleducazione delle case editrici

61
Fabioloneilboia ha scritto: @ElleryQ ricordo che un solo caso c’era, ma permettimi di dubitare.
Non ne hai motivo, te lo garantisco.
Ho conosciuto Matteo di persona, quando mi ha fatto da relatore in una presentazione a Roma: sincero e spontaneo, una bellissima persona, il primo a essere incredulo dell'interesse dell'editore, tanto che credette a uno scherzo. Non conosceva né editor né agenti e non ha speso un euro per promuoversi; faceva, e credo faccia tuttora, un lavoro che nulla a che fare con l'editoria e che l'annoiava a morte. 
Un caso più unico che raro (io non ne conosco altri), dovuto forse a una combinazione: chissà, magari l'editor della casa editrice stava aspettando una telefonata, per ingannare il tempo ha aperto un manoscritto a caso e quello che ha letto gli è piaciuto... Il romanzo comunque era valido e ottenne delle belle recensioni, ne ricordo una in particolare sulla Stampa. Poi non credo che abbia venduto più di tanto, ma si sa: l'editore in questione appoggia solo i cavalli vincenti in partenza e non tutti si chiamano Fabio Volo o Bruno Vespa...
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: La maleducazione delle case editrici

62
@Marcello meglio così, fa sicuramente piacere.
Come sottolineavi, in ogni caso, pubblicare con una big non è indice di successo. Molti non hanno ben chiaro che pure la Mondadori ha testi che vendono poco e niente e, alla fine, quando non vendi con Mondadori non ti vorrà più nessuno.
Poi bisogna dire che la maggioranza degli scrittori scrive per vantarsi, quindi per loro è un vanto pure se vendono 3 copie.  

Re: La maleducazione delle case editrici

63
Ciao @EmilyR
Il tuo ragionamento è condivisibile in parte, almeno da un punto di vista teorico ma va a cozzare con il principio di realtà. Il mondo editoriale è molto più complesso e sfaccettato di quanto tu immagini e il tuo discorso mette troppa carne al fuoco: questioni di catalogo (che variano molto da ce a ce) e che hanno a che fare con il sistema di distribuzione dei libri (e qui si apre tutto un mondo...), questioni di marketing, di scouting, ecc. Il povero aspirante autore in tutto questo marasma deve cercare di capire come muoversi ed è utopico pensare che possano essere le redazioni delle case editrici a indirizzarlo nella direzione giusta.
Però lui o lei può fare qualcosa prima di gettarsi nella mischia: farsi leggere da qualcuno. Un beta reader è la soluzione migliore, un primo gradino per sapere se quel giallo che ha scritto ha la giusta tensione oppure annoia dopo qualche pagina. Pensare che anche questo primo passo lo debbano fare gli editor delle ce è proprio non avere idea di come sia affollata di aspiranti scrittori la platea.

Re: La maleducazione delle case editrici

64
@EmilyR 
da regolamento:
È consentito l’uso moderato del corsivo, del sottolineato e del grassetto. 

Il tuo uso del grassetto è tutt'altro che moderato, e a dire il vero anche piuttosto fastidioso: sembra sempre che tu stia in piedi alla cattedra per spiegare con una certa supponenza nozioni elementari a una classe di alunni particolarmente ottusi.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: La maleducazione delle case editrici

65
Io dei piccoli editori penso che siano negozi dove i commessi si divertono a cacciare a calci i clienti appena entrati dalla porta.

La maggior parte di chi va sui siti dei piccoli editori sono aspiranti autori che vorrebbero pubblicare con loro. Ora, questa enorme platea tu potresti convincerla, trattandola con gentilezza e comprensione, a comprare uno o più dei tuoi libri. Sai, in teoria la tua attività imprenditoriale sarebbe vendere libri (poi sappiamo che per i piccoli editori invece è arruffianarsi autori ma vabbeh, in teoria vendono pure libri).

Invece di conquistare la tua fiducia per spingerti a comprare qualcosa, invece, il sito del piccolo editore ti tratta dall'alto in basso, quasi come se tu (aspirante autore) fossi uno scocciatore. E te lo dicono pure chiaro, lo esprimono quasi con orgoglio il disprezzo che hanno verso di te, la distanza che vogliono mantenere ("non scriverci, non telefonarci, non mandarci questo, non mandarci quello...").

Poi tutte queste case editrici si lamentano che non hanno lettori e molte falliscono. Chissà perché, che mistero misterioso.

Re: La maleducazione delle case editrici

66
EmilyR ha scritto: Vorrei chiarire alcune cose che sono emerse nella discussione…
Non ti offendere, ma tuo discorso non regge quasi in nessun punto. Parti da premesse arbitrarie, e arrivi a conclusioni ancora più arbitrarie. 
  ha scritto:A) Non sono rari i casi di grandi successi letterari scartati da molti editori famosi prima di trovarne uno che gli desse fiducia. Di recente mi pare che Harry Potter fosse stato proposto a più di 10 CE che lo rifiutarono. Ma è solo l’ultimo di una lunga serie. Quindi non di rado le CE scambiano per spazzatura ciò che invece ha grande valore.
Dici che "non sono rari", e poi citi un singolo caso (sempre il solito) che risale a oltre vent'anni fa. Questo dimostra che in realtà i casi del genere sono più unici che rari. In ogni caso, il fatto che i testi siano rifiutati non dipende dal fatto che le CE scambiano per "spazzatura" opere di grande valore letterario (cosa che, peraltro, possibilmente non è nemmeno HP), ma dal fatto che quelle opere non sono attinenti alla linea editoriale della CE. 
  ha scritto: B) Non conosco a fondo le dinamiche interne alle CE ma non penso di sbagliarmi troppo se dico che, fatti 100 i libri che ogni anno pubblica una CE, alla fine “hanno successo” sì è no 30, forse anche meno, 20. Mentre i restanti 70-80 non si ripagano nemmeno i costi. Credo che ogni CE si tenga in piedi su quel 20% di libri “azzeccati” che ripagano di tutto il resto. Se così non è, citatemi una CE che possa vantare di “vendere bene” più del 60-70% delle nuove pubblicazioni…
[...]

No, solo perché è difficilissimo capire se un testo andrà bene o male. 
Ti sbagli e anche di grosso. Il mercato del libro è molto più pre-determinato di quanto si pensi, perlomeno a livello alto (a livello basso è dilettantismo editoriale). Gli editori seguono dei trend consolidati, e li conoscono gli agenti letterari che propongono opere agli editori. Inoltre, prima di immettere un libro sul mercato, gli editori medio-grossi sondano il mercato stesso, attraverso i promotori (e in base alle prevendite stabiliscono tirature, prezzo, a volte cambiando anche il titolo o la copertina in corso d'opera). Poi è vero che i grossi editori a volte pubblicano libri a perdere, perché se lo possono permettere (se Mondadori guadagna centinaia di migliaia di euro con "Spare" di Harry, perdere 3.000 euro in un esordiente non è un problema). nel caso delle piccole e medie CE, tuttavia, la scelta di pubblicare ogni libro è molto oculata, e non si fanno investimenti a perdere. Poi è nell'ordine delle cose che alcuni titoli possano risultare in un flop, ma che 70-80 libri su 100 "non si ripagano nemmeno i costi" è davvero fuori dalla realtà. 
  ha scritto:Riassumendo e unendo A e B arriviamo alla tesi: nemmeno le CE sono particolarmente capaci a valutare i testi.
Le CE valutano esclusivamente in base alle proprie logiche commerciali, al proprio target di lettori, all'attinenza alla linea editoriale, e su quello sono capaci eccome, perché è il loro mestiere. Se così non fosse, fallirebbero. Le CE di qualità (le quali hanno almeno quindici anni alle spalle) non falliscono proprio perché sono particolarmente capaci di valutare i testi e di pubblicarli nel modo migliore. 
  ha scritto:Inoltre vorrei dire che se le CE sono sommerse da spazzatura in fondo se la sono cercata anche loro. Io ad esempio ho scritto alcuni libri che ammetto non saranno mai dei best-seller… e forse nemmeno verranno pubblicati, ma guardandomi in giro non vedo all’opera dei Dostoevskij, Austen o Dickens.
La "spazzatura" di cui sono sommersi gli editori non è tanto sul piano della qualità letteraria (cosa comunque spesso opinabile), ma sul piano dell'incapacità di padroneggiare la lingua italiana. Gli editori ricevono manoscritti illeggibili e imbarazzanti, pieni di strafalcioni, ingenuità, refusi. 
  ha scritto:Invece di conquistare la tua fiducia per spingerti a comprare qualcosa, invece, il sito del piccolo editore ti tratta dall'alto in basso, quasi come se tu (aspirante autore) fossi uno scocciatore. E te lo dicono pure chiaro, lo esprimono quasi con orgoglio il disprezzo che hanno verso di te, la distanza che vogliono mantenere ("non scriverci, non telefonarci, non mandarci questo, non mandarci quello...").
Preferisci i siti di quelle CE (Eap e surrogati) che dicono "pubblica con noi", "mettiti in gioco", "cerchiamo proprio te"? L'alternativa è quella. 
  ha scritto:Poi tutte queste case editrici si lamentano che non hanno lettori e molte falliscono. Chissà perché, che mistero misterioso.
Quindi secondo te le CE falliscono perché sono un po' prevenute (e, ti concedo, anche un po' snob) nei confronti dei manoscrittori seriali?
Semmai, falliscono quelle CE che non lo sono, come quelle di cui sopra.

@Silverwillow 
Silverwillow ha scritto:La differenza c'è, ti assicuro. Magari parlo solo per esperienza personale, ma ho una buona opinione delle CE che mi hanno risposto, qualche volta perfino motivando il rifiuto. È chiaro che alla fin fine non cambia niente, ma hai almeno la sensazione di avere avuto a che fare con qualcuno, ti senti una persona, non un indirizzo email.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che, potendo scegliere, preferiremmo ricevere una risposta. Ed è ovvio che un editore che risponde (di solito un micro) fa una cosa gradita all'autore. Detto questo, non vedo dove stia il problema se un editore - quello stesso che, come dici, sceglie volontariamente di accettare manoscritti - dice nella stessa pagina dei manoscritti che dopo tot mesi il silenzio è da considerarsi come un rifiuto. Ti sta dicendo: io editore X scelgo volontariamente questa politica verso i manoscritti, tu autore Y sei libero di accettarla o meno. Potrei considerare "maleducato" solo un editore che promette risposta a tutti, e poi non mantiene la promessa. Cosa piuttosto rara. 

Ti faccio inoltre notare che, a volte, gli editori rispondono non tanto per educazione, ma per non chiudersi del tutto la porta con un autore. Se proponi un manoscritto interessante, che viene rifiutato per un pelo, a volte ottieni una risposta per non precludersi la possibilità di riceverne in futuro un altro - magari migliore - da parte dello stesso autore. Funziona così anche con le proposte di traduzione: mi è capitato di ricevere risposte gentilissime di rifiuto (anche nell'arco di 2-3 giorni) da parte di editori inaccessibili (per dire, Marsilio o San Paolo) che avevano comunque apprezzato la proposta, e quindi indirettamente mi invitavano a farne altre. Se gli editori fossero davvero maleducati, non risponderebbero nemmeno alle proposte ricevute tramite agenzie letterarie. Invece, in quel caso la regola è di rispondere, anche in caso di rifiuto, dato che non siamo nell'agone dei manoscrittori seriali. 

@Ilaris 
Ilaris ha scritto:Dire che non si accettano manoscritti e una risposta automatica sono una forma di educazione e di rispetto; lasciare l'indirizzo per l'invio dei manoscritti sul sito e non rispondere neanche con una risposta standard non lo è. Non sono solo io ad avere questa opinione, a giudicare dagli interventi in questo post.
Va bene, ma una volta preso atto che la realtà è agli antipodi dei propri auspici, che fare? Sembra che la speranza recondita sia che qualche editore, leggendo questo thread, possa pentirsi della propria (presunta) maleducazione. Non credo proprio che avverrà, anzi. 

Re: La maleducazione delle case editrici

67
Wanderer ha scritto: Sembra che la speranza recondita sia che qualche editore, leggendo questo thread, possa pentirsi della propria (presunta) maleducazione.
Oh, no, non si tratta di speranza che qualche editore dall'opinabile comportamento passi di qui e, leggendoci, se ne penta (non sono così ingenua).

La "passione" che ho riversato in questo post preferisco sia indirizzata agli editori rispettosi, perché sappiano che io e molti altri li stimiamo per la loro serietà e il loro lavoro. 
Già.

Re: La maleducazione delle case editrici

68
Ilaris ha scritto: La "passione" che ho riversato in questo post preferisco sia indirizzata agli editori rispettosi, perché sappiano che io e molti altri li stimiamo per la loro serietà e il loro lavoro. 
Il punto è che gli editori rispettosi quasi non esistono, e quelli che esistono non è detto che siano buoni editori. Una decina di anni fa, quando cominciai a inviare ingenuamente le prime proposte, convinto di ricevere risposta e ricevendone ben poche, ragionavo come te, e avevo compilato delle "liste nere" di editori. Uno dei criteri era proprio la maleducazione nel non fornire risposte. Peccato che nella categoria dei "maleducati" ci fossero, guarda caso, sempre i migliori editori. Diciamocelo chiaro: è anche un po' un discorso di volpe e uva (e mi ci includo anche io, nel passato). 
Ultima modifica di Wanderer il gio lug 13, 2023 10:38 pm, modificato 2 volte in totale.

Re: La maleducazione delle case editrici

70
Ilaris ha scritto: @Wanderer 

Immagino sia questione di pareri personali e di punti di vista. Io so che esistono editori seri (e rispettosi, fa parte della serietà): le pubblicazioni 
di Adelphi, ad esempio, non mi deludono praticamente mai. 
Prima che io tirassi in ballo Adelphi, però, tu non l'avevi citata come esempio virtuoso. 
Il thread parla in generale di "maleducazione delle CE", quindi viene dato per scontato che le eccezioni siano ben poche. 
E in ogni caso non vedo cosa abbia a che fare con la serietà. 

Per il resto, è chiaro che dietro le case editrici ci sono anche persone, e le persone in quanto tali possono essere più o meno "educate". Ma non si deve confondere una pratica generale istituzionalizzata (indipendente dai singoli individui e dai singoli editori) da quello che può essere un comportamento individuale. Potrei definire "maleducato" solo un editore che:

1) Corrisponde a un singolo individuo (quindi è il Signor Pincopallino in persona, a cui mi rivolgo direttamente, a non rispondermi). 
2) Si tratta di una CE piccola e poco nota, che non ha una gran mole di manoscritti a cui dare risposta. 
3) Si tratta una CE nuova sulla piazza, che dovrebbe essere grata a chi vuole proporsi (allora sì, vale in parte il discorso di @EmilyR). 

Re: La maleducazione delle case editrici

71
Wanderer ha scritto: Prima che io tirassi in ballo Adelphi, però, tu non l'avevi citata come esempio virtuoso. 
Il thread parla in generale di "maleducazione delle CE", quindi viene dato per scontato che le eccezioni siano ben poche. 
E in ogni caso non vedo cosa abbia a che fare con la serietà. 
E che significa? Non stiamo giocando a carte con gli argomenti, non devo mica dire "carte" o "sto". Poi (simpaticamente, chiaro) non ho capito perché 
te la prendi tanto per come considero la faccenda.  
Già.

Re: La maleducazione delle case editrici

72
Ilaris ha scritto: E che significa? Non stiamo giocando a carte con gli argomenti, non devo mica dire "carte" o "sto". Poi (simpaticamente, chiaro) non ho capito perché te la prendi tanto per come considero la faccenda.  
Veramente, non me la prendo affatto, e la considero una faccenda marginale.
I problemi dell'editoria italiana sono ben altri, non certo le mancate risposte ai manoscrittori compulsivi. 

(tra parentesi: ci sono pure quelli che, nella confusione dei tanti editori a cui inviare, scrivono a un editore facendo il nome di un altro: meritano risposta? Alla fine, si è affermato il principio: per colpa di qualcuno - in realtà di tanti - non si risponde quasi più a nessuno...) 

Re: La maleducazione delle case editrici

74
Ilaris ha scritto:
Eh, ma questa non te la posso far passare come chiosa finale, perché da questa discussione è emerso esattamente il contrario, e cioè che io e altri commentatori non accettiamo affatto questa "affermazione di principio". 
Tu ed altri dovete però accettare il principio di realtà: la realtà è che si è affermato quel principio, e secondo me (e altri) più a ragione che a torto. 

Se questo fosse un forum di editori, ci sarebbe un lunghissimo thread in cui si parla della maleducazione degli aspiranti autori.
Finché si vede la faccenda solo da un punto di vista, si vede una realtà falsata. 
Rispondi

Torna a “Discussioni varie sul mondo editoriale”