[CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Pur avendo dormito poche ore, Brendan aprì gli occhi alla solita ora, sette e mezzo. Si sentiva un po’ stordito: la festa di commiato organizzata dagli amici, vivace e rumorosa, era andata avanti fino a tarda notte.
Si avviò scalzo alla doccia avvertendo il consueto e lieve fluttuare del pavimento. L’acqua quasi fredda contribuì a schiaririgli le idee. Sgradevolmente: doveva partire nel pomeriggio e il luogo in cui avrebbe trascorso ben cinque anni non gli piaceva per niente.
A cominciare da paesaggio: i campus della UCLA distavano meno di dieci chilometri dal mare, ma alle spalle incombevano le montagne di Santa Monica, non le più alte della zona , che però a lui, abituato alle sterminate pianure di Vuilnis apparivano quasi minacciose.[/left] non erano certo il maggior problema, riflettè mentre si strofinava quasi con rabbia.

“Ma perché devo studiare negli Usa? Tu e mamma vi siete laureati qui!”
“Lei perché suo nonno, uno dei fondatori, ci teneva a dimostrare che la nostra università non era di serie B o peggio, come sostenevano i detrattori del progetto, io per solidarietà e poi… ero già un po’ innamorato. Di lì a poco ci siamo fidanzati. “


Brendan non aveva potuto neppure far leva sugli ipotetici residui del romanticismo genitoriale: Greetje, con la quale aveva avuto una breve storia, era già partita per Amsterdam, dove vivevano alcuni zii. Si sarebbe iscritta ad architettura.
Né gli aveva dato appoggio sua sorella maggiore: rimasta in sede, e però biologa marina. L’ateneo di Vilnius era giustamente noto, e frequentato anche da studenti stranieri, per l’eccellenza delle facoltà naturalistiche.


“Nel progetto Vuilnis Two, il nostro ambito disciplinare si occupa, ognuno per il suo settore, dei problemi di base: oceanografia, meteorologia, chimica, riciclo, eccetera. È di lungo termine, tu farai in tempo a partecipare alla costruzione degli edifici. Perciò non stare a lagnarti e sbrigati a diventare un bravo ingegnere!”

Non stare a lagnarti… Ma lo sapeva come sarebbe stato trattato fuori da lì?
Male comunque: dai colleghi più rozzi per via della “ripugnante” provenienza, mentre i più colti ritenevano i viulniani degli snob arroganti, fissati con le citazioni filosofiche. Per non parlare delle ragazze, prevenute e beffarde.
Il quadro a fosche tinte glielo aveva tratteggiato Daan, un parente laureato proprio a New York, la città, -data l’origine - in teoria meno ostile alla loro isola. Figurarsi altrove!
I suoi avevano minimizzato: giovane dotato, però pedante e poco socievole
Inutile riprendere il discorso, così Brendan si presentò al tavolo della colazione con un’espressione tranquilla, riferì della festa e, rassicurata la madre a proposito del bagaglio ormai completo, disse che sarebbe uscito per salutare alcuni amici, assenti “giustificati” al congedo.

La giornata settembrina era perfetta: non troppo calda, brezza leggera, nuvolette fioccose all’orizzonte. Il ragazzo si avviò, un po’ rasserenato, lungo uno degli innumerevoli canali della città. Attraversò il settore dei trasporti, che esponeva bici ultramoderne e auto di ridotta dimensione, ovviamente ecologiche e, percorsi alcuni viali alberati, un ameno giardino pubblico dove un pallone gli finì tra i piedi. Lo rinviò con un sorriso ai bambini che giocavano.
Il suo umore andava migliorando: cinque anni passano in fretta -si disse - e lui sarebbe ritornato per rendere ancora più bella e moderna la grande isola in cui era nato.
Scelse di visitare per primo Noah, a riposo per via di una caviglia lussata. Avrebbe studiato chimica a Vuilnis e ne era, come lui, estimatore convinto. Non così Sophie, un’amica comune che non vedeva l’ora di andare a Londra a perfezionare il suo inglese. Le mancava ancora un anno di scuola superiore e non perdeva occasione per lamentarsene.
Lui era sdraiato sul divano, mentre lei passeggiava nel soggiorno gesticolando, e avevano ripreso i battibecchi abituali. Esauriti i convenevoli, Brendan prese posto in una poltrona e, in viso una smorfia divertita, si dispose a riascoltarli per un po’.

“A sentire te viviamo nella repubblica di Platone, governati da grandi saggi, nutriti come si deve, ben educati e opportunamente distribuiti negli scompartimenti di una società che procede come un treno. Io invece sono convinta che la pensiamo così perché, “ingabbiati” fin dalla nascita, non siamo in grado di uscire dagli schemi calati dall’alto. Proviamoci almeno!”

“Be’, un’infarinatura filosofica male non fa. Ma non sovrapporre la pianta della città a quella della nostra testa. L’insieme urbano, per quanto indovinato, è appunto schematico, ma noi abbiamo un cervello in grado di rendersene conto ed escogitare altro.
Siamo in numero limitato, mezzo milione o poco più,   per ora con un sola città, le occasioni di confronto scarseggiano. Però, grazie a una tecnologia d’avanguardia, possiamo essere informati su tutto ciò che avviene nel mondo e spostarci virtualmente ovunque.”

Brendan, più avvezzo alla politica in quanto suo padre era stato membro del Consiglio Direttivo, si sentì in dovere di intervenire.
“Perché te la prendi con Platone? Serve giusto da riferimento culturale, e lui non proponeva la democrazia, mentre la nostra lo è: l’unica al mondo integralmente realizzata.
Abbiamo una libertà totale, diritti e doveri giustamente bilanciati, partecipazione attiva, sostanziale uguaglianza, anche economica, istruzione, solidarietà… E i reati, anche di poco conto, sono rari come le mosche bianche. Trovami un solo paese, anche piccolo, così ben messo.”


“Rimane che siamo quattro gatti arroccati su un continente di spazzatura – borbottò Sophie- e possiamo muoverci senza affogarci dentro solo in un’area ristretta.”

Noah fu pronto a ribattere.
“La stiamo allargando, e anche alla svelta considerando l’eccezionalità del luogo: abbiamo un suolo sotto i piedi perché i nostri bisnonni hanno realizzato un prodigio della chimica.  
E ti rendi conto di quale miracolo di autosufficienza siamo? Case di plastica riciclata, energia tutta eolica o solare, le alghe ci forniscono bio-carburanti e fertilizzanti. Ne ricaviamo cibo, vario e abbondante, e siamo i primi del pianeta quanto a norme anti-inquinamento.


Nel prendere congedo, Brendan abbracciò entrambi: non avrebbero perso i contatti. Fece visita ad altri due amici, afflitti da malanni banali, e una passeggiata in centro con un terzo, impegnato la sera prima per una ricorrenza familiare.


Pranzò a casa con i suoi, dispose meglio il contenuto della borsa a mano, giocò mezza partita a scacchi con la sorella, più brava di lui. In breve fu l’ora di recarsi all’aeroporto.
Aveva già volato un paio di volte: l’isola galleggiante gli si mostrò il tutta la sua variegata vastità, piatta, gli orli sfrangiati; Vuilnis, città vasta per i suoi abitanti, di lassù emergeva appena con le sue molteplici vie d’acqua a raggiera e i bassi edifici ben ordinati.
«Quattro gatti arroccati su un continente di spazzatura?» si chiese Brendan a fior di labbra. L’avrebbe pensata così anche lui dopo cinque anni in America?


Scese dall’aereo più afflitto che alla partenza. Per giunta il ritiro bagagli andava a rilento anche perché era atterrato in contemporanea un volo dalle Hawaii. Uno dei suoi grandi trolley apparve infine sul nastro trasportatore; Brendan si accingeva a tiralo giù, ma una ragazza bruna e snella fu più rapida di lui, che lo reclamò.
«È mio, guarda qui!» mostrò la targhetta: Akela Judd – UCLA  «Il tuo dev’essere quello...» indicò uno identico che si allontanava.
Brendan gli corse dietro, poi ritornò accanto a lei, in attesa dell’altro, che questa volta giunse per primo. Però rimase dov’era e si fece coraggio.
«Vai alla Ucla, ho visto. Anch’io: mi chiamo Brendan, ti va di prendere un taxi insieme?»
Akela stava recuperando il secondo trolley. Lo squadrò da capo a piedi e annuì.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Parecchio arrugginita, ho avuto qualche problema nel pubblicare:  [/left] non = [/left] Non 
E, come da copione,  non mi faccio mancare  almeno un refuso!
ovviamente ecologiche e, percorsi alcuni viali alberati, un ameno giardino pubblico dove un pallone gli finì tra i piedi.
Correggo: ... ecologiche;  percorse alcuni viali alberati e un ameno giardino dove...
Scusatemi!
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Salve, @sefora. 
Non mi ricordo di aver mai letto qualcosa di tuo ma, il tuo Nick non mi è nuovo.
Il messaggio che ho colto nel tuo racconto, è che l’identità personale si costruisce nel confronto tra radici e nuove esperienze, e che partire non significa rinnegare ciò che si è.
Leggo una riflessione acuta sul conflitto tra utopia e realtà, tra radici e apertura al mondo. Attraverso gli occhi di Brendan, scopriamo una società ideale, Vuilnis, costruita su valori ecologici e democratici, ma non immune da limiti e critiche. 
Il viaggio verso gli Stati Uniti diventa simbolo di crescita e confronto, dove il protagonista è chiamato a mettere alla prova le sue convinzioni. 
Il messaggio è chiaro: anche le utopie devono dialogare con il mondo esterno per evolvere.
L'ho letto molto volentieri e è arrivato subito, non ho dovuto rileggere.
Le frasi sono generalmente scorrevoli e ben articolate, con un linguaggio ricco. Alcuni passaggi sono più densi, soprattutto nei dialoghi filosofici, ma mantengono una buona leggibilità.
Grazie per la piacevole lettura.

Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Ciao, @sefora, e buon divertimento con il contest.
Ho avuto parecchie difficoltà con questo racconto e voglio darti degli spunti di riflessione su questo - poi, magari, sono io un pessimo lettore, non lo metto in dubbio. :sss: 
Comunque inizio con il dirti che in un punto scrivi "Vilnius". Posso dirti che la mia testa ha letto, d'istinto, sempre "Vilnius" e questo non mi ha aiutato.  :P
Aggiungo anche il fatto che Brendan è "obbligato" (da chi?) ad andare a studiare a New York. Anche qui non capisco perché sia obbligato, il racconto sembra attuale, in una società abbastanza libera per cui se uno vuole frequentare l'università a Fermo invece che a Milano va a Fermo e amen.
Detto questo, alcune frasi sono poco chiare per me
sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 10:05 amSi avviò scalzo alla doccia avvertendo il consueto e lieve fluttuare del pavimento.
la sensazione dovuta al camminare scalzo?
sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 10:05 am“Ma perché devo studiare negli Usa? Tu e mamma vi siete laureati qui!”
“Lei perché suo nonno, uno dei fondatori, ci teneva a dimostrare che la nostra università non era di serie B o peggio, come sostenevano i detrattori del progetto, io per solidarietà e poi… ero già un po’ innamorato. Di lì a poco ci siamo fidanzati. “
la risposta (immagino) sia del padre e non credo nemmeno che sia una risposta.
sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 10:05 am“Nel progetto Vuilnis Two, il nostro ambito disciplinare si occupa, ognuno per il suo settore, dei problemi di base: oceanografia, meteorologia, chimica, riciclo, eccetera. È di lungo termine, tu farai in tempo a partecipare alla costruzione degli edifici. Perciò non stare a lagnarti e sbrigati a diventare un bravo ingegnere!”
Anche questa risposta è un po' :grat: : come a dire "ti piace la scrittura? non scrivere, impara a disegnare che a breve ci saranno dei bestseller e sarai tu a fare le copertine".
sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 10:05 amun parente laureato proprio a New York, la città, -data l’origine - in teoria meno ostile alla loro isola.
Perché New York "data l'origine" è meno ostile alla loro isola? Per lo meno non mi sembra che parli dell'origine dell'isola di Vuilnis.
sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 10:05 amMa non sovrapporre la pianta della città a quella della nostra testa. L’insieme urbano, per quanto indovinato, è appunto schematico, ma noi abbiamo un cervello in grado di rendersene conto ed escogitare altro.
Siamo in numero limitato, mezzo milione o poco più,   per ora con un sola città, le occasioni di confronto scarseggiano. Però, grazie a una tecnologia d’avanguardia, possiamo essere informati su tutto ciò che avviene nel mondo e spostarci virtualmente ovunque.
Anche questo discorso tra lui e la sua amica: la nostra città è chiusa, occorre confrontarsi... non è che c'entra molto con la scelta di studiare fuori. Mi spiego meglio, se il discorso è "occorre confrontarsi, quindi è giusto che vai a studiare a New York", non capisco la motivazione.
Poi alla fine scende dall'aereo, incontra una ragazza in cui vede uno spunto per una conoscenza, ovvero per un sentimento che può dargli la motivazione per questa nuova avventura.

Scusami se, magari, ti sembra che sono stato duro nel commento. Ho voluto darti degli spunti di riflessione perché molti punti del racconto mi sembrano strani da capire. Prendi, comunque, il mio come un parere di un lettore (magari un lettore ignorante :lol: ).   :libro: 
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Grazie @Albascura  per la lettura e il commento.

Il messaggio per così dire socio-politico è quello che intendevo comunicare. La democrazia "perfetta" è utopica, qualora  realizzata (in un luogo assurdo) non può sfuggire al confronto con le altre, di necessità difettose. L'esito è dubbio.

Grazie anche a  @bwv582 , mi spiace di averti messo in difficoltà!  

Ho  commesso l'errore di aver dato per letto l'incipit delle  tracce.  Per la  4 (L'isola di plastica) recita:   Il Pacific Trash Vortex è cresciuto e si è compattato al punto da essere diventato abitabile. Da chi?
Mi sembrava comunque di aver distribuito indizi sufficienti, a cominciare dal pavimento fluttuante, la spazzatura è nominata più volte, il protagonista  guarda l'isola dall'aereo ecc. 
Il mio testo narrativizza il  progetto dell'architetto olandese  Ramon Knoester che voleva renderla abitabile. Ho usato infatti nomi fiamminghi: Vuilnis vuol dire appunto spazzatura. 
La parte antica di New York è costruita sulle discariche.
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 9:37 pmHo  commesso l'errore di aver dato per letto l'incipit delle  tracce.  Per la  4 (L'isola di plastica) recita:   Il Pacific Trash Vortex è cresciuto e si è compattato al punto da essere diventato abitabile. Da chi?
Ah caspita, errore mio allora: non ho letto la discussione ufficiale.  :facepalm: 
Quindi questo punto
bwv582 wrote: Sun Aug 10, 2025 4:43 pmComunque inizio con il dirti che in un punto scrivi "Vilnius". Posso dirti che la mia testa ha letto, d'istinto, sempre "Vilnius" e questo non mi ha aiutato.  :P 
non considerarlo per niente, qui c'entro io.
Tra l'altro mi è capitato il prequel o sequel del tuo racconto: inizio a studiarmelo sperando di fare qualcosa di buono.  (y) 
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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@bwv582  Sfortuna o "malizia"?!  Se occorre qualche chiarimento scrivimi pure.

I tuoi gatti li avevo commentati prima ancora di decidere se  partecipare: in teoria mi è  andata meglio, ma per ora non ho spunti adeguati.
Vado a i rileggere...
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Ciao @sefora , avevi detto che andavi in montagna per fuggire dal caldo torrido: ce l'hai fatta? :D

Conosco la tua elegante penna e il tuo modo di raccontare. Questa traccia ti ha ingabbiato, me ne rendo conto dal tuo ricorrere ai corsivi..
Il patos si perde nella parte dedicata ai genitori. Gli ideali dei giovani, i sogni, sono anch'essi poco attrattivi. Mi sarei aspettato un racconto in presa diretta, senza interruzioni di ordine politico. Un racconto sulla piaga della plastica, dei suoi prigionieri, dello loro battaglie, sconfitte. Insomma: una vera storia. Rimani sempre una grande narratrice. Ciao
sefora wrote: Sun Aug 10, 2025 9:37 pmLa parte antica di New York è costruita sulle discariche.
Rilancio: a Manhattan pascolavano i maiali, prima che diventasse il centro del mondo finanziario.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Bentrovato,  @bestseller2020 !
Sì, sono in Trentino da pochi giorni e ho scritto quasi in chiusura. 

Grazie per il commento e la "lode". Quanto alla storia, da lettori tendiamo fatalmente a pensare che l'autore avrebbe potuto percorrere altre strade... 
Il progetto mi ha divertita: un po' troppa divulgazione? Ok,  concordo! 
Tenevo a mettere in primo piano l'orgoglio ma anche il disagio di chi si trova a vivere in ambienti "alieni", per quanto  innovativi. 
Il corsivo è per evidenziare  i dialoghi.
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Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Ciao @sefora

Il tuo racconto presenta un futuro possibile, dove l’umanità ha trasformato un disastro ambientale in una società utopica e sostenibile. L’isola di Vuilnis, costruita su una montagna di plastica, è un esempio di progresso ecologico e sociale, ma viene anche messa in discussione da alcuni personaggi che la vedono come una realtà troppo controllata, quasi una gabbia.
Il protagonista, Brendan, si trova tra due mondi: da una parte la sicurezza e la perfezione della sua terra d’origine, dall’altra l’incertezza di un mondo nuovo, pieno di pregiudizi e difficoltà, ma anche di possibilità.
Il racconto è interessante perché fa riflettere su temi molto attuali, come il cambiamento climatico, (attuale perché lo nominano dappertutto, tutti i giorni, fin dai disegni dei bambini alle elementari, ovviamente “guidati”, perché: cosa ne sanno i bambini? Quando saranno grandi e anche prima, per loro quella sarà la verità unica).
Il racconto fa riflettere sul rapporto tra ordine e libertà, e l’identità culturale. Lo stile è scorrevole, i dialoghi sono vivaci, e la storia è raccontata con naturalezza, senza forzature.
Il finale, con l’incontro tra Brendan, che lascerà la sua isola giocoforza, per studiare, e Akela, lascia aperta la possibilità di un cambiamento positivo: forse, come Vuilnis ha trasformato i rifiuti in una nuova civiltà, anche lui potrà trasformare le difficoltà in un’opportunità di crescita e dialogo.
Confesso che quest’isola di rifiuti plastici mi ha affascinato. Mi sarebbe piaciuto addentrarmi all’interno del centro abitato, nelle sue vie, nei suoi cortili, dentro le sue case e nel centro delle sue piazze. Un nuovo mondo interessante, intrigante.
Può dare vita a infinite altre storie, senza il bisogno di lasciarla.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Ciao @sefora, ho letto il tuo racconto e nel leggerlo pensavo a quanto fosse delicato nell'esporre visioni anche diametralmente opposte e questo è il messaggio che più mi ha colpita.
Mi è sembrato che tu abbia voluto lasciare sullo sfondo l'ambientazione, comunque costantemente presente ed aderente alla traccia, per dare invece spazio ai dubbi interiori, ma soprattutto alle posizioni in merito a questioni più o meno importanti, inserite in dialoghi dove si nota il rispetto dell'altro e questo, al giorno d'oggi, non passa inosservato, anzi.
L'unico appunto che mi sento di farti è che, più che un racconto, mi è sembrato un prologo. La lettura è stata sempre piacevole, ma sono rimasta con la sensazione che tutto debba ancora succedere.
Alla prossima. Buon contest.
<3

Re: [CE25] Vuilnis, l’isola che c’è.

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Grazie a voi per la lettura e il commento positivo  :) !
Giuste considerazioni le vostre. 
Tendevo a evidenziare quanto sia  problematico sentirsi "diversi" sia in senso che nell'altro; mi sarei addentrata volentieri nell'isola di plastica, ma -a parte il limite dei caratteri-  non ho trovato facile immaginarla nei dettagli anche tecnici; quanto all'effetto "prologo", come sopra per la lunghezza, e ha forse anche influito  il retro pensiero del sequel , che infatti è stato scelto da bwv582.
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