Vanda Lismo
Luna si siede accanto a lui come tutte le mattine. Non perché sono amici, anche se lo sono, ma perché rischia di addormentarsi durante ogni lezione di anatomia – preoccupante, per un aspirante medico – e Corrado ha il compito di svegliarla.
Ma oggi non sembra stanca, è stranamente pimpante. “Ti ho trovato un lavoro,” annuncia, senza neanche dire ciao.
Corrado la guarda di sottecchi. Un mesetto fa, all’ennesimo invito a uscire, le ha dovuto confessare di non avere una lira. Grave errore. Da allora, Luna non smette di mostrargli annunci, non tenendo conto né del tipo di persona che è lui né della frequenza obbligatoria.
Operatore di call center?
Ma se non chiamo manco il dottore.
Babysitter?
Odio i bambini.
Fornaio?
E quando dormo?
“Sentiamo.”
“Il barista. Notturno. Cioè, serale. Insomma, non è un bar. Più un club.”
“Un club.” Non è malissimo. Potrebbe farlo nei weekend. Arrotondare quel poco che gli passano i suoi e la borsa di studio. Levarsi qualche sfizio, addirittura. “E devo fare un colloquio?”
Lei schiocca la lingua. “Non serve. Si fidano.”
“Di me?”
“No. Ti pare. Di me. C’è solo una cosa.”
Ecco. Gli sembrava strano non ci fosse una cosa. “Che?”
“Ho dovuto dire che sei gay.”
La frase non ha senso. “Come, scusa?”
“Nel senso che è un posto gay, e danno priorità ai membri della comunità. Quindi ho dovuto dire che sei gay.”
Corrado è, ovviamente, etero. Non c’è niente di male a essere gay, ma lui di omosessuale non ha manco un organo, un osso, un pelo. Al gay pride ci è andato per la prima e forse ultima volta l’anno scorso, per accompagnare Luna. Lei dopo manco un’ora è salita su un carro con una ragazza. Corrado si sentiva in colpa ad andarsene, e aveva anche un po’ paura che qualcuno lo notasse andare controcorrente e lo guardasse male. Ha camminato sotto al sole per ore, col trucco fatto da Luna che prudeva e si scioglieva, circondato da uomini sudati che cantavano canzoni di Elodie a lui sconosciute.
Alla fine, quindi, l’avevano guardato male uguale.
“Non potevi dire che ero almeno bisessuale?” Forse è un pensiero ignorante, ma gli sembra che da bisessuale potrebbe essere un po’ più virile. Non sa se riesce a fingere di essere gay-gay.
“Potevo,” ammette Luna. “Non ci ho pensato. Ma ti dà fastidio?”
“Non mi piace mentire.” Potrebbe trovarsi un lavoro come barista in un club normale, a questo punto.
“È una bugia a fin di bene. Ma se proprio non vuoi, gli dico che hai trovato un’altra cosa.”
Ci potrebbe provare, giusto per questo weekend. Se poi è tutto troppo gay, se ne può pure andare. Può dire che non gli piace fare il barista, che gli orari non vanno bene, o persino che deve trasferirsi. Tanto che ne sanno questi? Non li incontrerà mai più. Crede. “No. Va bene.”
Al Circolino sono tutti carini, gentili e accoglienti, nonostante il nome. Non come se li era immaginati Corrado, chiassosi e un po’ molesti. Il gestore, Flavio, e il suo fidanzato Davide, che fa il barman assieme a lui, passano sopra alla sua conoscenza di cocktail praticamente pari a zero. I loro drink, poi – tutti con nomi borderline sessuali, tanto che sembra di ordinare una prestazione più che un alcolico – sono complicatissimi. Corrado è tentato di scriversi ingredienti e preparazione sul palmo della mano, o di nascondere un bigliettino nei calzini. Come al liceo.
Venerdì è la serata drag, e Corrado è nervoso già dalla mattina. Quelli che fanno drag non sono gay normali e neanche semplici gay effemminati. Vanno proprio oltre. Sono super gay e, lui immagina, avranno un super gay radar. Lo capiranno, che Corrado ha mentito solo per avere il lavoro.
Considera la possibilità di darsi malato.
Scrive a Luna, che però non gli è d’aiuto:
— non puoi mancare. oggi ci sono anch’io
non farmi fare brutta figura
Quindi ci va.
Quando si presenta alle cinque e mezza, per preparare, Davide sembra leggergli in faccia che non ha voglia di essere lì.
“Non dirmi che sei uno di quei gay a cui non piacciono le drag.”
Ecco, infatti. Corrado si abbassa a sistemare la base del microfono sul palchetto che gli hanno fatto montare. È tutto rosa e glitterato, più del normale, più che al pride. Gli viene un po’ il voltastomaco, e si sente una persona orribile. “Il mondo è bello perché è vario.”
“Non è una risposta.”
Corrado collega il microfono alle casse e un fischio gli buca il cervello, come una punizione. “Non mi piace l’ostentare,” biascica, quando smette, e Davide lo guarda come se gli fosse spuntata un’altra testa dal collo. “Ma non giudico, eh.”
“Quindi non vai manco al pride? In effetti non ti ho mai visto.”
A Corrado bruciano le orecchie dall’imbarazzo. “L’anno scorso ci sono andato.” Davide continua a guardarlo scettico, quindi aggiunge, “nella mia città non lo fanno.” Non sa se è vero: semplicemente non s’è mai informato. Quando al liceo distribuivano i volantini per queste cose, li buttava. Sembra che Davide lo sappia, che l’abbia sgamato, e non è che a Corrado freghi, ma non vuole rinunciare al lavoro. La paga è buona, i colleghi non sono orribili, è una rarità, si dice. E allora va fino in fondo, e al posto della mezza bugia opta per una intera, grossa, anche se non quanto quella di Luna: “da piccolo mi prendevano in giro. Mi chiamavano femmina, e tutte quelle cose lì. Quindi non mi piace essere associato a — quello.”
La faccia di Davide si ammorbidisce, finalmente, e Corrado si sente un po’ più leggero. Pensa a un bambino in classe sua alle elementari, di cui manco si ricorda il nome, a cui quelle cose sono successe davvero. I bulli gli avevano reso la vita così impossibile che a un certo punto aveva dovuto cambiare scuola. Scende dal palchetto e Davide gli mette una mano sul braccio. “Anche a Flavio è successo.”
Certo, se lo può immaginare. Flavio ha la barba talmente curata che pare finta, la pelle più luminosa di un sacco di ragazze che conosce Corrado, e la voce più alta di due ottave rispetto al normale.
Secondo lui non ha senso confortarlo su una cosa successa — o non successa — anni fa, però Davide lo sta facendo lo stesso. È bello, un po’ strano, Corrado non ci è abituato. Lo conforta solo sua mamma, quando boccia gli esami, ma non è la stessa cosa. Anche perché lo fa per telefono e non lo può toccare.
Corrado abbozza un sorriso. “Prometto che stasera avrò una mentalità aperta.”
“Ci conto. Anche perché con Vanda è impossibile il contrario.”
Vanda Lismo è –- wow. Fa una specie di stand-up comedy. Quando a Corrado capitano cose simili su YouTube, al massimo sorride; stasera, invece, si ammazza dalle risate. Talmente tanto che, più di una volta, lei — o lui, non è sicuro di come chiamarla — lo fissa dritto mentre parla.
Non è che faccia chissà quali battute: parla di appuntamenti andati male e cose così. È più il modo in cui racconta le cose a conquistarlo.
“Che ti avevo detto?” Lo canzona Davide.
Quando sul palco sale un’altra drag, Corrado vuole quasi chiedere a Davide se Vanda andrà prima a cambiarsi o passerà dal bar. Ma non serve, perché se la ritrova subito davanti.
“Tu sei la nuova leva,” gli fa, tra l’accusa e la presa in giro. Lo guarda da capo a piedi come se stesse valutando una cosa da comprare al mercato. Un frutto. “Non ti ho mai visto.”
“Piacere, Corrado.” Le tende la mano. Sente lo sguardo sorpreso di Davide addosso. “M’è piaciuto un sacco, lo —” Come si dice, spettacolo? Non è sicuro. “La cosa che hai fatto.”
Le sue sopracciglia — sia quelle disegnate che quelle vere, sepolte sotto al mascherone — schizzano in alto. Si fa una risata. “Grazie, lusingata.”
Corrado leva la mano. Davide lo salva: “È nuovo in città. Fuorisede.”
“Veramente sto al secondo anno,” protesta Corrado.
“Ma durante il primo studiava sempre, poverino. È amico di Luna.”
“Ah, beh, allora è amico mio,” conclude Vanda, accavallando le gambe e picchiettando le unghie finte, lunghissime, sul bancone. Si sporge verso Corrado, lo guarda. Adesso che sono vicini Corrado nota i diamantini che ha sulle palpebre, le ciglia chilometriche e gli occhi, soprattutto gli occhi: marrone chiaro, quasi ambra, grandi e belli e dolci e — “Me lo fai un succhiotto, Corradino?” Corrado sbatte le palpebre. Le guarda il collo e il pomo d’adamo che si muove e gli viene una cosa strana nella gola. Lei sorride e lui realizza: lo sta prendendo in giro. “Con ghiaccio.”
“Certo. Il drink. Il succhiotto. Arriva.”
Vanda in realtà si chiama Rosario. Viene al Circolino quasi tutte le sere, anche senza tacchi e unghie, e parla con Corrado. Anzi, parla a Corrado, che si limita ad ascoltare. Gli piace ascoltarla. Ascoltarlo. Fa ancora confusione con i pronomi, anche perché Rosario spesso usa il femminile anche quando non è Vanda.
Secondo Corrado potrebbe trovare facilmente una persona più interessante di lui, che magari contribuirebbe di più alla conversazione. Lui si sente sempre impacciato, come quando gli dicevano di leggere ad alta voce a scuola.
“Amore, fammi quello che vuoi,” dice una sera, già brillo, barcollando dalla pista a lui. “Leggero. Sto morendo.”
Rosario chiama tutti amore. Non ci sta provando con Corrado, anche se Davide gli lancia occhiate strane ogni volta che li vede da soli.
Corrado gli allunga un da Trieste in giù, il preferito di Rosario, ma dosa il gin.
Lui lo beve piano, fissandolo con gli occhi lucidi, fuori fuoco. Alla fine si stacca dalla cannuccia con un ah e gli chiede, a bruciapelo: “Ma tu ce l’hai un fidanzato?”
A Corrado si asciuga la saliva. “Io?”
“Eh, tu.”
“Io — no.”
“Perché no? Sei così carino.”
Sono carino?, vorrebbe chiedere, ma sarebbe ridicolo: gliel’ha appena detto. “Studio,” risponde, che è la stessa ragione per cui non ha una fidanzata. “E se non studio, sto qua.”
“Carino e intelligente.” Rosario gli fa scorrere l’indice sul polso. “E non ti manca l’amore?”
“No. Cioè —” Corrado pensa a Ilaria, che l’ha mollato mentre era a fare l’anno all’estero, e spara l’ennesima cazzata: “Non sono mai stato innamorato.” Magari non lo fosse mai stato. Si sarebbe risparmiato mesi di pianti e crisi. “A casa — non mi andava che si sapesse.” Sembra una tragedia greca per come la mette ogni volta. Esistono tragedie greche gay?
Lei — lui — fa un sospiro. Adesso glielo stringe, il polso, con dolcezza. “Non ti sei perso niente. È terribile innamorarsi.”
“Tu sei — cioè, hai — un fidanzato?”
“Secondo te ce l’ho?”
“No. Vieni qua da solo. Che tu diresti, magari ce l’ho ed è impegnato. Però il venerdì dovrebbe venire. Per vantarsi.”
Rosario sorride. Fa la faccia che fa ogni volta che Corrado dice qualcosa di un po’ scemo, quindi spesso: come se guardasse un animaletto o un bambino che muove i primi passi. “Per Vandarsi.”
Corrado ride. “Sì, vabbè, per supportarti. Però, se fossi io il tuo ragazzo…”
Non sa come gli è uscita, o perché. Lascia la frase mozzata.
“Beh, cosa?” Lo incalza Rosario. “Dimmi, dimmi, mi interessa.”
“Se fossi io il tuo ragazzo,” ripete, e per una volta non sente di star fingendo. “Verrei a tutti i tuoi spettacoli, non solo qua. E direi a tutti che sto con te. Penso che tutti m’invidierebbero, perché sei —” Gli vengono in mente un sacco di aggettivi, tutti troppo banali per esprimere quello che pensa davvero. “Sei magnetica. Magnetico. Quello.”
Rosario gli fa cenno con l’indice di avvicinarsi, e Corrado lo fa. Si sente brillo anche lui, anche se non ha bevuto un goccio. Rosario lo prende per il mento e lo bacia. Se l’aspettava: è scemo, ma non così scemo. Mette le mani sulle spalle di Rosario e il suo ultimo pensiero razionale è che è scomodo baciarsi con un bancone in mezzo. Dovrebbero provare altrove.
Tipo nel bagno del Circolino. Solo che non si sta baciando con Rosario, la sera dopo, ma con una tipa. Una tipa vera, perché a lui piacciono le ragazze. A Corrado sono sempre piaciute le ragazze, e ha baciato Rosario solo perché non poteva rifiutarlo, perché doveva fingere di essere gay e non concepisce essere attratto dai ragazzi e non da Rosario, perché è bello, intelligente, sarcastico, e ti fa sentire sulle nuvole anche quando ti prende in giro. Quindi. Ecco. Non sarebbe stato realistico rifiutarlo.
“Pensavo fossi gay,” dice la tipa, ridendogli sulle labbra.
Anche Corrado ride. “Tutti lo pensano.”
Lei si ferma, non lo bacia più. “Davvero?”
“Sì.”
“In che senso, gliel’hai detto tu?”
Corrado fa un passo indietro e finisce contro il muro. Il tono della tipa lo fa sudare freddo. “Dici che sei gay per scoparti le tipe nei bagni?”
“No. No! E poi tu — tu eri —”
Quella se ne va, sbattendosi la porta alle spalle. Per un attimo Corrado rimane a fissare il vuoto dove prima c’era lei. Dura poco, però, perché presto sente altri passi. Passi che riconosce.
È Flavio. Corrado sta zitto, non respira neanche. Si appiccica al muro e spera che se ne vadano. Si sente sporco, un topo di fogna in trappola, e qualcuno sta per sollevare il tombino. “Corra’?”
Corrado scopre che Flavio, quando si incazza, ha la voce normale. Apre lui la porta. C’è anche Davide, le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate — quello se l’aspettava, i due buttafuori dell’ingresso un po’ meno.
“Scusate,” abbozza Corrado. “Io — sono un coglione.”
Flavio scuote la testa. “Quasi quanto l’amica tua. Si dice che vanno a due a due, infatti.”
Cazzo. Ora ci andrà pure di mezzo Luna. “No, l’ho convinta io.”
Davide schiocca la lingua. “Per piacere. La storia dell’infanzia difficile l’hai preparata con lei, o t’è venuta in mente su due piedi?”
“Non ti fa’ vedere più.” Conclude Flavio, prima che possa rispondere. “E stai lontano da Rosario, che già ha sofferto abbastanza.”
“Io non gli volevo fare male,” dice Corrado, ed è vero. Ma l’hanno messo già alla porta, e non lo sente nessuno.
Passa qualche giorno. È abbastanza sicuro che la voce sia girata, perché un sacco di clienti abituali gli hanno tolto il follow su Instagram. Luna non ha fatto una piega: forse se l’aspettava, ma comunque ha una lunga lista di locali dove passare il weekend, e ha ripreso a invitarlo in posti troppo costosi per il suo portafogli.
Si è forzato a uscire anche se non l’ha raggiunta, ha preso una birra da un alimentari ed è finito nella piazzetta fuori al Circolino. È venerdì, e vuole sapere se c’è Vanda. Rosario. Magari chiedergli scusa, se riesce a racimolare il coraggio, e anche dirgli che non ha mai detto cose che non pensava. Rosario lo deve sapere. Non può pensare che Corrado sia una persona così schifosa — lo è, ma non a quei livelli.
Rimane là praticamente tutta la sera, come uno stalker. Sente la musica. Quasi gli manca anche quella, anche se non è il suo genere. Chissà se gliel’hanno già detto, a Rosario. Chissà cosa pensa. Se lo odia.
“Mi fai le poste?”
Corrado alza la testa. È lei. Lui. Non s’è struccato, ha ancora il vestito di scena e i tacchi in mano. Si è tolto solo la parrucca, liberando i ricci scuri, un po’ appiccicati dal gel. Alla luce del lampione, sembra quasi una visione mistica.
“No! No.” Corrado alza le mani. “No, io volevo —”
Rosario sbuffa. Si mette a sedere vicino a lui, si mette una sigaretta tra le labbra e gli offre il pacchetto. Corrado ne prende una, anche se non fuma. Lascia che Rosario le accenda entrambe. “Mi odi?”
Rosario scrolla le spalle. Lo guarda fisso, come sempre, e Corrado scopre che gli era mancato. O forse già lo sapeva. “Più che altro mi fai un po’ pena.”
“Anch’io mi faccio pena.”
Fumano per un po’ in silenzio. Corrado si sforza di non tossire. Poi Rosario gli chiede, “era vero che non sei mai stato innamorato?”
“No,” ammette. “Avevo una ragazza, al liceo. Mi ha lasciato mentre faceva l’anno all’estero.” Fa cadere un po’ di cenere per terra. “Mi piaceva l’idea che il Corrado gay avesse sofferto di meno, in amore.”
“Una cosa vera l’hai detta?”
Corrado lo guarda. Gli viene la pelle d’oca, e non per il freddo. “Che sei magnetico.”
La risata di Rosario è un po’ amara. Non gli piace. “Comunque,” fa, buttandogli una boccata di fumo in faccia, “per me etero non sei.”
Corrado tossisce. Vorrebbe dirgli tutto, che ha baciato quella ragazza perché stava pensando a lui, che dal primo momento che l’ha visto è stato tutto diverso, capovolto, che pensa davvero tutti i complimenti che gli ha fatto. Invece gli chiede: “ti posso riaccompagnare a casa?”