Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Gualduccig ha scritto: In molti testi letterari l’immersione del POV viene limitata perché così si garantisce un più facile ricorso a una prosa alta e densa (o almeno questa è la mia impressione).
Trovo la tua osservazione molto interessante. Personalmente, pur senza aspirare ad elevare la mia scrittura a un livello più letterario (magari potessi!) non so mai come comportarmi, mi faccio venire mille dubbi, cerco di limitare le immersioni del POV e mi sento in colpa perché mi sembra di scrivere in modo troppo "antiquato"...
Già.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Voglio riportare l'attenzione sui dialoghi.

Uno degli elementi più importanti per scrivere un buon romanzo sono sicuramente i dialoghi.
Se nella vita reale parliamo del più e del meno, ci fermiamo, ci ripetiamo, imprechiamo, parliamo per riempire vuoti, in un romanzo o in un racconto dobbiamo usare il dialogo per assolvere delle funzioni precise, tra cui:
portare avanti la trama
rivelare un conflitto
svelare le caratteristiche di un personaggio
fornire informazioni sul tempo o sul luogo della storia
far percepire l’atmosfera o l’umore di un personaggio
la parte in corsivo è copiata da uno dei tanti siti che trattano l'argomento della discussione.
Si può partire da queste affermazioni per capire cosa far dire ai nostri personaggi e in che modo farli parlare.
Quando creo una scena in cui un personaggio esternerà ciò che pensa, devo necessarimante mettermi anche nei panni degli interlocutori. È quì che a volte si complica la situazione.
Per esempio. Frencesco  lascia il gruppo di amici e si avvicina a Viola, una ragazza carina ma poco socievole. Francesco è molto timido, vuole conoscerla ma non  riesce a trovare le parole. Io che scrivo, oltre a cercare di far capire a Viola le frasi sconnesse di Francesco, trovare le parole giuste che Viola gli dirà, devo anche creare un sottotesto per comunicare al lettore le intenzioni reali del protagonista.
Tutto questo devo farlo emergere dal dialogo, poche battute ma efficaci. Ma perchè voglio che si capisca da quello che si dicono? Primo perché è una bella scena e nessuno dei protagonisti della storia se lo aspetta, secondo perché voglio sorprendere il lettore. Lo so, avrei potuto integrare il testo con dei pensieri di Francesco, oppure, un amico con doti soprannaturali capisce tutto e lo rivela agli altri. Ma volete mettere la soddisfazione? chi legge deve pensare" cavolo, non me l'aspettavo"
Ho fatto degli esperimenti, mi fanno schifo tutti ma tengo duro. Voi come fareste? fate anche voi dei provini da buttare o è sempre buona la prima? e inoltre, vengono anche a voi idee malsane come le mie?
 

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Lette e rilette le vostre osservazioni, le ho trovate tutte talmente intelligenti e complete che mi mette disagio intervenire. 
D'altra parte penso a un laboratorio come a una specie di mercatino del baratto - Venghino, siori, venghino  - e quindi, se tanto ho preso, almeno un poco devo, sommessamente, offrire. Roba vecchia, per niente originale, ma con un po' d'olio e qualche cigolio, ancora funzionante.
In molti avete citato brani da film o piéce teatrali e penso sia proprio questo il nucleo della faccenda.
Credo che ogni storia non sia altro che un sistema di azioni. Azioni fisiche, mentali o verbali, governate da un perno che è il conflitto. 
Dunque ribalterei i termini della questione: non sono i dialoghi a definire gli agenti della storia o a farla progredire, ma il contrario. E' la storia che, se adeguatamente apparecchiata, impone tempi e modi delle relazioni tra gli elementi che la compongono.
Quale che sia la sua forma, tutto è azione. Dunque lo è anche il dialogo, di cui quello verbale è solo un tipo, e che non necessariamente prevede un interlocutore  (Non ho capito - Lascia stare, pensavo ad alta voce)
Quando un dialogo funziona? Secondo me quando è onesto. Cioè quando è al servizio della storia invece che dell'intelligenza, cultura ed educazione dello scrittore (La contessa si è lamentata del vostro linguaggio e vuole chiamare altri idraulici -  E' stato quando Antonio mi ha versato il piombo fuso sui calzoni?- Esattamente- Eppure gli ho detto solo "Ma perdindirindina, stai più attento")
Soprattutto credo che un dialogo possa funzionare se è sensoriale, cioè se riesce ad essere voce, occhi, orecchie e mani, più che dei personaggi, ancora una volta della storia. Basti pensare agli aggettivi che lo definiscono: parole carezzevoli o ruvide, battute saporite, urla che lacerano il buio e mercanzia del genere.
Ecco, questo il mio pensiero. Chiedo scusa per la modalità Pippa mentale, ma piove e il cervello mi diventa crespo.
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Non sempre un dialogo è totalmente funzionale alla storia in cui è immesso. In genere chi dialoga parla del momento presente, si rapporta a ciò che lo circonda, ma può anche divagare, parlare di tutt’altro. 
Se i personaggi sono in montagna possono parlare del mare oppure viceversa, fa parte della vita, anzi, avviene molto spesso. Forse per una intrinseca insoddisfazione, sia nella vita reale che nella scrittura. Non intendo dire che sia una norma, può accadere, io talvolta vedo così le cose.
La mente, davanti a realtà indesiderabili o noiose può perdersi in ragionamenti per uscire da queste realtà, e si affanna in monologhi o dialoghi con chi si ha attorno, oppure, per istinto di conservazione o per sfuggire alla noia, si parla, si dialoga di tutt’altro, di altri momenti, luoghi, situazioni in cui le giornate, le cose andavano meglio.
Chi scrive deve saper scindere e far capire queste situazioni, questi atteggiamenti dei personaggi, naturalmente senza illustrare deprimenti spiegoni; deve essere capace di far sentire il desiderio, l’istinto di chi parla, quello che vuol dire, che vuole che si capisca e attraverso le parole mostrare ad ogni modo la situazione del momento. Per inquadrare il tutto. Non credo sia sempre facile, non credo che esistano scuole che insegnino a fare cose del genere, che ritengano di doverlo fare o meglio, ce ne sono tante e di ottime che insegnano tecniche che sono utili, ma la scrittura non è una formula matematica o meglio può anche esserlo, ma le varianti, gli insiemi sono infiniti e ogni insieme ha altri sottoinsiemi momentaneamente invisibili non annoverabili in una teoria, che possono saltare fuori, se ne può sentire l’esigenza di tanto in tanto, giusto per provare a oltrepassare qualche limite. Sperimentare, perché no?
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Lascio qui sotto un piccolo stralcio del magnifico dialogo tra Creonte e Antigone, nell'omonima tragedia sofoclea (vv. 497-525).
Il nuovo sovrano di Tebe proibisce ufficialmente di seppellire il cadavere di Polinice, considerato un traditore. Antigone rifiuta di rispettare il divieto e celebra in modo simbolico la sepoltura del fratello, ricoprendone il corpo con un pugno di sabbia. 
Scoperta, viene trascinata di fronte al re. 

ANTIGONE  Mi hai preso: che vuoi di più che uccidermi?
CREONTE  Io null’altro: ora che ho questo, ho tutto.
ANTIGONE  Che aspetti, allora? Delle tue parole nulla mi piace, e possa non piacermi
mai; e così anche a te tutto di me riesce sgradito. Ma come avrei conseguito
gloria più gloriosa, che componendo nel sepolcro il fratello mio? Tutti costoro
direbbero di approvare il mio atto, se la paura non chiudesse loro la lingua. Ma
la tirannide, fra molti altri vantaggi, ha anche questo, che le è lecito fare e dire
quel che vuole.
CREONTE  Tu sola la vedi così, fra i Cadmei qui presenti.
ANTIGONE  Anche costoro la vedono: ma per te tengono chiusa la bocca.
CREONTE  E tu non ti vergogni di pensare diversamente da loro?
ANTIGONE  Non è per niente vergognoso onorare chi è nato dalle stesse viscere.
CREONTE  Ma non era fratello anche quello che è morto contro di lui?
ANTIGONE  Fratello, da una sola madre e dallo stesso padre.
CREONTE  Perché, allora, tu rendi un onore, che per lui è empio?
ANTIGONE  Il morto non sarà di quest’opinione.
CREONTE  Sì, poiché tu lo onori allo stesso modo che l’empio!
ANTIGONE  Non uno schiavo è morto, ma un fratello.
CREONTE  Ma devastando questa terra; e l’altro si batteva in sua difesa.
ANTIGONE  Tuttavia l’Ade questi riti brama.
CREONTE  Ma il buono non è pari al cattivo nell’ottenerli.
ANTIGONE  Chi sa se sotterra è questa la pietà?
CREONTE  Ma il nemico non è mai caro, neppure quando sia morto.
ANTIGONE  Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore.
CREONTE  E allora, se devi amare, va’ sotterra e ama quelli di là; a me, finché vivo non comanderà una donna.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Sto seguendo con grandissimo piacere questa discussione, ora ho un attimo di tempo per portare il mio piccolo contributo.
Secondo me un dialogo deve essere realistico e credibile: i personaggi devono parlare come persone, non come maschere, e la funzione informativa deve essere ridotta al minimo. Trovo abbastanza anti-immersiva l'esposizione. Anzi, non riesco più a leggere o ascoltare un dialogo del genere senza pensare a questo video:
https://youtu.be/IQew6ZWJtfI



Non condivido che i personaggi
  ha scritto:Domenico S.Non devono parlare come nella realtà, ma come in una versione ideale della realtà
perché trovo anch'esso anti-immersivo. Dipende dal registro della narrazione, ovviamente, ma trovo molto efficace quando un personaggio compie errori grammaticali o usa espressioni colloquiali. Basti pensare a esempi illustri di anacoluto, come quelli di Manzoni:
  ha scritto:   Il coraggio, uno non se lo può dare
Questo è ancora più realistico con la forma più comune di scambio al giorno d'oggi: le chat. Trovo che una narrazione tramite chat abbia una potenzialità immensa. In una narrazione più "classica", invece, la scelta di quanto il dialogo debba essere realistico, oltre che dal registro, dipende anche dal punto di vista; intendo, è molto più semplice ed efficace se il POV è, ad esempio, prima o seconda persona al presente, piuttosto che terza persona al passato.
Esempio a random:
"Non credo che ha mentito" mi dice Luca, "a me mi sembra un tipo apposto".
"Non credo che abbia mentito", disse Luca a Stefano, "mi sembra un tipo a posto".


I dialoghi più belli che mi vengono in mente sono quelli del teatro, in cui appunto il dialogo è il motore della storia. A proposito del tema della promessa, non posso non citare Aspettando Godot:
  ha scritto:  
ESTRAGON Andiamocene.
VLADIMIR Non si può.
ESTRAGON Perché?
VLADIMIR Aspettiamo Godot.
ESTRAGON Già, è vero. (Pausa). Sei sicuro che sia qui?
VLADIMIR Cosa?
ESTRAGON Che lo dobbiamo aspettare.
VLADIMIR Ha detto davanti all'albero. (Guardano l'albero). Ne vedi altri?
ESTRAGON Che albero è?
VLADIMIR Un salice, direi.
ESTRAGON E le foglie dove sono?
VLADIMIR Dev'essere morto.
ESTRAGON Finito di piangere.
VLADIMIR A meno che non sia la stagione giusta. 
ESTRAGON Ma non sarà poi mica un arboscello? 
VLADIMIR Un arbusto.
ESTRAGON Un arboscello.
VLADIMIR Un... (S'interrompe) Cosa vorresti insinuare? Che ci siamo sbagliati di posto?
ESTRAGON Dovrebbe già essere qui.
VLADIMIR Non ha detto che verrà di sicuro. 
ESTRAGON E se non viene?
VLADIMIR Torneremo domani.
ESTRAGON E magari dopodomani.
VLADIMIR Forse.
ESTRAGON E così di seguito.
VLADIMIR Insomma...
ESTRAGON Fino a quando non verrà.
VLADIMIR Sei spietato.
ESTRAGON Siamo già venuti ieri.
VLADIMIR Ah no! Non esagerare, adesso.
ESTRAGON Cosa abbiamo fatto ieri?
VLADIMIR Cosa abbiamo fatto ieri?
ESTRAGON Sì.
Per capire quanto un dialogo possa essere credibile, di solito lo rileggo ad alta voce, cercando di recitarlo come a teatro, e mi chiedo: "qualcuno parlerebbe mai così?"

Una delle potenzialità dei dialoghi che amo di più è quella di esprimere riflessioni di carattere etico o metafisico in forma dialettica. Si possono scrivere pagine di dibattito tra due personaggi con punti di vista diversi su un tema e, se scritto in maniera corretta, toccare questioni importanti senza annoiare.




Leggendo questa discussione, mi sono trovato d'accordo con @Alba359
  ha scritto:Alba359Io credo che scritta così faccia uscire il lettore dal punto di vista. Peché senti l'esigenza di spiegare che sta succedendo adesso? Se sei dentro la testa del protagonista seve solo quello che avverti, nent'altro.
più che altro perché mi fa strano che qualcuno pensi "come succede adesso".

  ha scritto:dyskolosÈ giusto non uscire dal punto di vista, ma quel "come succede adesso" fa parte del punto di vista della protagonista. Cioè è sempre il personaggio che pensa quella cosa, e allora compare sul foglio di carta, o almeno credo, però la tua considerazione è notevole :)
Sulla carta mi sembra abbia senso, ma non conosco nessuno che penserebbe queste esatte parole nel proprio flusso di coscienza. Io penserei una cosa tipo "Mi si stanno bagnando i capelli!" o qualcosa del genere, seguito da "porc* pu***** vaff******"  :asd: Ma forse è la stessa questione di prima, della versione ideale della realtà contro una frase credibile. Non lo so.

Sul "contorno" del dialogo, sono d'accordo sull'usarlo per mostrarci i gesti degli interlocutori:
  ha scritto: «Cosa prendiamo?» domandò la ragazza. Si era tolto il cappello e l’aveva messo sul tavolo.
Di solito uso i caporali, ma trovo efficace, quando motivato, riportare le battute senza virgolette e segni di interpunzione, come Cormac McCarthy. Questo ad esempio è l'incipit di un romanzo di un mio amico scrittore (Tutto è come sembra, Giovanni Benzi) che mi torna sempre in mente come una storia chiara ed efficace che utilizza questa forma di dialogo:
  ha scritto: Cazzo Banti il quaderno.
Stavano tutti lungo il muretto, uno di fianco all'altro, e copiavano l'uno dall'altro, e il primo copiava dal mio quaderno. Un meccanismo perfetto.
Senti Banti oggi non ho da pagare.
Pagherai domani.
Avrebbe pagato, non c'erano dubbi che avrebbe pagato. Tutti prima o poi pagavano. La regola era chiara e nessuno poteva tirarsi fuori.
Banti, Pastorello è assente io come faccio col mio tema.
A che ora abbiamo italiano.
Alla quarta.
Non ti preoccupare ci penso io te lo scrivo adesso e poi tu lo copi all'intervallo.
Grazie Banti.
Non ti preoccupare non c'è problema non c'è da ringraziare basta che paghi.
Ho fatto qualcosa di simile con il romanzo breve per cui sto or ora cercando una buona opportunità. Penso che sia anche un buono spunto per chiedersi quando sia necessario il discorso diretto e quando no. È un diario e riporta i pensieri di getto della protagonista, perciò non ci sono discorsi diretti, tranne casi particolarissimi in cui lei li ricorda perché di grande importanza. Sono d'accordo con @Silverwillow su questo.
Questo è il dialogo più lungo della narrazione e non a caso è il punto centrale della storia, il momento che la narratrice, Silvia, ricorda nei minimi dettagli:
  ha scritto: Eravamo quasi arrivati. La carrozza era mezza vuota, e abbiamo deciso di ingannare il tempo con quello stupido gioco. Ho fatto sdraiare Giò sul sedile accanto a me, le gambe a penzoloni nel corridoio, la testa poggiata sul mio grembo. Ha chiuso gli occhi, e ho iniziato a massaggiargli le tempie.
Cosa vedi? Gli ho chiesto, dopo un po’.
Delle porte, ha risposto.
E quale ti attira di più?
Quella gialla. È un bel giallo canarino. Sì, ha usato questa espressione, “giallo canarino”.
Bene, la apri, cosa vedi? Gli ho chiesto.
Una stanza cubica. Non c’è nessuno.
E cosa c’è in questa stanza?
Scatole. Una scrivania. Sulla scrivania penne, una tazza, dei fogli. Una sedia girevole. Un orologio, appeso sopra una porta.
Cosa c’è scritto sui fogli?
Niente. Sono fogli bianchi, da stampante. Ma non c’è una stampante.
Come ti senti?
Non lo so. Ma voglio andare avanti.
Oltre la porta sotto l’orologio cosa c’è?
È un’uscita, fuori sta nevicando. Non vedo molto, nella bufera. (Neve, come quando ho sognato mio padre)
Ricordo che allora è rabbrividito. Era lì, la testa sulle mie gambe, e ha avuto un brivido di freddo.
Da dove sei uscito, gli ho chiesto.
Non lo so. Non c’è nessun edificio, deve essere scomparso. C’è una distesa innevata fino a perdita d’occhio. Ma penso di essere su una strada. Sì, dev’essere una strada. Spostando un po’ di neve, qui c’è asfalto. E ci sono quei tubi gialli e neri che segnano i confini della strada quando nevica. Laggiù c’è anche un cartello.
Che cartello?
Non lo so. Non so che segno sia, non ho mai visto nulla del genere. Non mi fa sentire molto bene.
Girati, percorri la strada dall’altra parte.
Anche dall’altra parte c’è un cartello.
Allora allontanati dalla strada.
No, Silvia. C’è solo la strada.
Apri gli occhi, Giò.
Quello...
Cosa?
Quello che cazzo è? Ha urlato.
Giorgio, apri gli occhi adesso. Gli ho sfilato il ciondolo, ma non è servito a niente.
Le mie gambe stanno sprofondando nella neve. Non riesco a muovermi. Mi ha visto. Mi ha visto, Silvia! Sta venendo verso di me!
APRI GLI OCCHI

Infine
  ha scritto:Alberto TosciriNon sempre un dialogo è totalmente funzionale alla storia in cui è immesso. In genere chi dialoga parla del momento presente, si rapporta a ciò che lo circonda, ma può anche divagare, parlare di tutt’altro. 
su questo, invece, non sono d'accordo, ma è una questione mia, infatti non sopporto le divagazioni e gli excursus. Penso che una narrazione debba riportare solo quello che è funzionale alla storia, e ciò vale sia per le descrizioni, sia per i dialoghi. Tutto il resto è "distrazione" e, per quanto interessante, se non porta avanti la trama allora è, brutalmente, inutile, e anzi spesso dannoso. Anzi, per i dialoghi questo vale a maggior ragione, perché secondo me il discorso diretto va riservato per i passaggi più importanti. Perché per il narratore della storia è interessante riportare questo scambio di battute o questa descrizione? Qualsiasi sia il POV, secondo me bisogna sempre rispondere a questa domanda.


Quando si parla di dialoghi, la cosa che personalmente trovo più difficile è dare una voce propria a ogni personaggio, un modo di parlare diverso dagli altri. Cerco di imparare ascoltando la gente intorno a me parlare, ma vi chiedo se qualcuno ha un qualche metodo o un qualche segreto a riguardo.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: Penso che una narrazione debba riportare solo quello che è funzionale alla storia, e ciò vale sia per le descrizioni, sia per i dialoghi. Tutto il resto è "distrazione" e, per quanto interessante, se non porta avanti la trama allora è, brutalmente, inutile, e anzi spesso dannoso.
Se non porta avanti la trama o non approfondisce un aspetto della psicologia dei protagonisti, direi. 

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: Non condivido che i personaggi perché trovo anch'esso anti-immersivo.
Come dice Bonifacci nel suo corso (mi pare, vado a memoria) il dialogo narrativo non dovrebbe essere uguale al parlato ma uguale alle "risposte perfette" che ci vengono in mente (sempre troppo tardi) per replicare a chi ci stuzzica. Non lontano da come parliamo ma ripulito dalle sporcizie del parlato vero e proprio.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto:
su questo, invece, non sono d'accordo, ma è una questione mia, infatti non sopporto le divagazioni e gli excursus. Penso che una narrazione debba riportare solo quello che è funzionale alla storia, e ciò vale sia per le descrizioni, sia per i dialoghi. Tutto il resto è "distrazione" e, per quanto interessante, se non porta avanti la trama allora è, brutalmente, inutile, e anzi spesso dannoso. Anzi, per i dialoghi questo vale a maggior ragione, perché secondo me il discorso diretto va riservato per i passaggi più importanti. Perché per il narratore della storia è interessante riportare questo scambio di battute o questa descrizione? Qualsiasi sia il POV, secondo me bisogna sempre rispondere a questa domanda.
Beh, anche qui dipende dalla caratterizzazione particolare che si vuol dare ai personaggi.
Penso ad esempio che due detenuti rinchiusi in una tetra cella illuminata a stento da una finestra a bocca di lupo posta in alto, per non impazzire non pensino di descriversi a vicenda la loro situazione presente ma si "distraggano" rievocando, che so, quel raggio di sole che taglia la cella che gli ricorda il sole visto in campagna, nella finestra di una trattoria mentre stavano fuori con gli amici, con la ragazza... non c'entra nulla con la cella, la condanna eccetera, ma aiuta a "superare". Naturalmente lo scrittore deve essere abbastanza bravo o esperto nel far capire, mostrare il contrasto estremo fra la realtà e la fantasia.
Sempre a proposito di carcerati, per descrivere un condannato all'isolamento diurno e notturno per un lungo periodo, senza possibilità di leggere o scrivere o parlare con altri, dovrà attingere alla sua fantasia. Oltre ai ricordi dovrà cominciare a cambiare con la mente il mondo che lo circonda, vedere continenti nelle macchie di muffa delle pareti, immaginare viaggi, itinerari, dialoghi... creare montagne con la sua coperta e immaginare ulteriori scene. Per non parlare delle crepe sui muri, ragnatele, pulviscolo... segni particolari sulle piastrelle, numero delle piastrelle... e altre infinità di cose.
Giusto per rappresentare cosa possa essere una divagazione sul tema della quale, naturalmente, non è un imperativo abusare. Bisogna saper dosare, a mio parere.
Spero non ti sia chiesto come mai questa mia familiarità con il mondo carcerario visto da dentro. 
Non sarà come pensi...
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Alba359 ha scritto: Io non ho nessun metodo, purtroppo. L'unica cosa che forse mi aiuta è immaginare la scena come se stessi guardando un film. Spesso attribuisco a miei personaggile facce di attori reali, mi aiuta a dargli carattere.
Bello, proverò! Purtroppo spesso non riesco a fare a meno di far dire ai miei personaggi espressioni che anch'io uso spesso, e infatti la scrittura mi aiuta anche a rendermi conto di particolarità del mio parlato - ma sempre troppo tardi  :facepalm:
Gualduccig ha scritto: Come dice Bonifacci nel suo corso (mi pare, vado a memoria) il dialogo narrativo non dovrebbe essere uguale al parlato ma uguale alle "risposte perfette" che ci vengono in mente (sempre troppo tardi) per replicare a chi ci stuzzica. Non lontano da come parliamo ma ripulito dalle sporcizie del parlato vero e proprio.
Bella similitudine! Penso che dipenda, ma capisco i diversi punti di vista. Una scrittura uguale al parlato forse è più sperimentale, ma io la trovo ugualmente bellissima. Ad esempio stavo rileggendo il capitolo sui dialoghi di "Lezioni di scrittura creativa" del Gotham Writers' Workshop e ho trovato un esempio di conversazione reale trascritta e poi "asciugata" per diventare un dialogo narrativo:
  ha scritto:"Pronto? Ciao".
"Oh, ciao".
"Hey Dana. Sono Gina".
"Oh, ciao. Aspetta un attimo. Ecco, ci sono".
"Ciao, che fai?".
"Mah, niente. Come stai?".
"Bene. Dove sei?".
"Al cellulare".
"Sì, ma dove?".
"Ah, sono per strada. Sto tornando a casa".
"Ah sì?".
"Già".
  ha scritto:"Ciao Dana. Sono Gina".
"Hey. Come va?".
"Bene. Cioè, non c'è male. Che fai?".
Ecco, io trovo molto bello anche il primo scambio di battute. [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Può essere un suo stile riportare il dialogo in questa forma cronachistica.[/font] Può sembrare in contraddizione con la mia opinione sul riportare solo i dialoghi importanti, ma in effetti ho capito io male quello che diceva @Alberto Tosciri .
La divagazione dalla cella di cui porti l'esempio infatti la trovo molto azzeccata. Questo perché fa parte della storia, contribuisce al tema della storia: è una libertà lontana e perduta, in contrasto con lo squallore della prigionia in cui i personaggi ora versano. Sono più che d'accordo. Le divagazioni che non condivido sono quelle che non c'entrano nulla neanche col tema, ad esempio un personaggio che mentre è a una festa e sta per andare a parlare con la ragazza che gli piace (esempio storia d'amore) si distrae e ripensa al film che ha visto la sera prima, oppure una descrizione di dieci pagine del portone di una chiesa mentre i protagonisti ci stanno entrando per altro motivo, o un excursus storico che mette in pausa le vicende principali del racconto. Per questo, il personaggio che dice [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]“buona giornata" uscendo dal bar mi sembra forzato, a meno che non sia importante per qualche motivo.[/font]

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: Cazzo Banti il quaderno.
Stavano tutti lungo il muretto, uno di fianco all'altro, e copiavano l'uno dall'altro, e il primo copiava dal mio quaderno. Un meccanismo perfetto.
Senti Banti oggi non ho da pagare.
Pagherai domani.
Avrebbe pagato, non c'erano dubbi che avrebbe pagato. Tutti prima o poi pagavano. La regola era chiara e nessuno poteva tirarsi fuori.
Banti, Pastorello è assente io come faccio col mio tema.
A che ora abbiamo italiano.
Alla quarta.
Non ti preoccupare ci penso io te lo scrivo adesso e poi tu lo copi all'intervallo.
Grazie Banti.
Non ti preoccupare non c'è problema non c'è da ringraziare basta che paghi.
A proposito di est modus in rebus: mi piace molto questo incipit e mi trovo costretto a segnalare come la sua efficacia risieda proprio nel suo far entrare e uscire il lettore dal flusso del dialogo, alternando show e tell (qui in grassetto)

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mi dispiace di non essere intervenuto prima nella discussione, ma anche solo leggere i vostri messaggi è stato molto utile e molto istruttivo, grazie

@Luca Canetti, di sicuro lo "spazio" testuale dato ai dialoghi è tolto ad altre parti della storia, soprattutto se esiste un limite massimo di caratteri, ma non credo che in generale uno scambio di battute possa inficiare delle descrizioni, soprattutto se caratteriali; anzi, dialoghi ben strutturati e scritti penso possano essere più utili ed esplicativi di lunghe descrizioni su come si sente o cosa prova un personaggio, sia se venga usato un punto di vista esterno sia che si ricorra al narratore onnisciente. Penso comunque che la cosa vari da racconto a racconto, e che sia difficile parlarne in maniera così empirica

Per quanto riguarda il realismo, purtroppo mi viene da pensare che esso sia in buona sostanza irraggiungibile attraverso una narrazione scritta, o quantomeno che sia impossibile scrivere un dialogo in modo "reale", ma che ci si debba limitare a farlo suonare "realistico". La lingua parlata non è riportabile in toto sulla pagina, nemmeno con i vari artifizi letterari come ripetizioni, punti di sospensione, verba dicendi appositi o simili, presenta troppe sbavature, pause, lapsus, ripetizioni, esitazioni e altri marker caratteristici per poter essere. A questo si somma anche la necessità di riportare solo ciò che è utile alla narrazione, o quantomeno cose che possono interessare il lettore, tanto per fare esempi, quante volte capita che ci si confonda e, pure con una persona o un oggetto davanti, se ne indichi uno completamente diverso? Ma, sempre per tornare a fare un esempio, per quanto sia "reale" e "realistico", chi mai scriverebbe 

Mina ha scritto: su questo, invece, non sono d'accordo, ma è una questione mia, infatti non sopporto le divagazioni e gli excursus. Penso che una narrazione debba riportare solo quello che è funzionale alla storia, e ciò vale sia per le descrizioni, sia per i dialoghi. Tutto il resto è "distrazione" e, per quanto interessante, se non porta avanti la trama allora è, brutalmente, inutile, e anzi spesso dannoso. Anzi, per i dialoghi questo vale a maggior ragione, perché secondo me il discorso diretto va riservato per i passaggi più importanti. Perché per il narratore della storia è interessante riportare questo scambio di battute o questa descrizione? Qualsiasi sia il POV, secondo me bisogna sempre rispondere a questa domanda.
Non credo di trovarmi del tutto d'accordo con questo tuo pensiero, per il semplice fatto che penso vada valutato caso per caso, all'interno della storia e della narrazione che si sta portando avanti, se posso ti chiederei qualche esempio di questi dialoghi e descrizioni che reputi "inutili", così da capire se magari stiamo pensando a parti simili, e nel qual caso ti darei pienamente ragione. 

Ad ogni modo, sono del parere che anche scene di vita quotidiana, o episodi sporadici non direttamente legati alla trama principale, se ben dosati e non troppo lunghi, possano essere funzionali e trovare un proprio spazio all'interno della narrazione, perché magari, anche se non portano avanti la storia, magari il loro intento è solo quello di descrivere, appunto, un momento specifico nella vita dei personaggi, che magari serve a far intuire il loro carattere o le loro attitudini. Il discorso diretto potrebbe essere usato anche per questo: riassumere con poche battute, ed evitando lunghe descrizioni di azioni, sensazioni e simili, eventi che magari non sono collegati a ciò che si sta leggendo nell'immediato, ma che invece servono solo a dare qualche indizio sul perché il personaggio si sta comportando in quella maniera
Mina ha scritto: Le divagazioni che non condivido sono quelle che non c'entrano nulla neanche col tema, ad esempio un personaggio che mentre è a una festa e sta per andare a parlare con la ragazza che gli piace (esempio storia d'amore) si distrae e ripensa al film che ha visto la sera prima, oppure una descrizione di dieci pagine del portone di una chiesa mentre i protagonisti ci stanno entrando per altro motivo, o un excursus storico che mette in pausa le vicende principali del racconto.
Se è di questo genere di divagazioni che parliamo, allora ti do pienamente ragione, ed anzi condivido la tua definizione di "inutile", ma penso che ciò avvenga più per le parti "narrate" o "descrittive", piuttosto che per le parti "dialogate". Questi che citi, in particolare gli ultimi due, credo ricadano più nella categoria dell'infodump, piuttosto che in quella del dialogo forzato, usato per far andare avanti la storia


Riguardo al dare una propria voce ad ogni personaggio, non ho proprio idee specifiche da consigliare, e l'unica parvenza di suggerimento che riesco ad elaborare è quello di studiare possibili modismi che li caratterizzino: espressioni ripetute o frequenti particolarità lessicali, sia interne che esterne al dialogo vero e proprio, potrebbero essere un buon metodo per segnalare che sta parlando un determinato personaggio, senza incorrere nel costante indicarne il nome 

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: infatti non sopporto le divagazioni e gli excursus. Penso che una narrazione debba riportare solo quello che è funzionale alla storia, e ciò vale sia per le descrizioni, sia per i dialoghi. Tutto il resto è "distrazione" e, per quanto interessante, se non porta avanti la trama allora è, brutalmente, inutile, e anzi spesso dannoso.
No, su questo proprio non sono d'accordo.
Intanto distinguerei tra dialoghi e descrizioni: un dialogo che non fa avanzare la storia spesso ci permette di entrare nella testa dei personaggi e di comprendere il loro carattere e il modo di ragionare; una descrizione che non fa avanzare la storia ci permette però di entrare nella storia, vedere con gli occhi dei personaggi e quindi immedesimarci in loro.
La trama prevede che in quel punto Pinco vada a casa di Pallino; che in una giornata piovosa salga su un autobus e respiri l'aria densa di umidità e gli odori che gli giungono dagli abiti stazzonati degli altri viaggiatori oppure che in una splendida giornata di sole cammini per i viali alberati della città respirando le fragranze delle piante in fiore non fa avanzare di nulla la storia: lui va sempre a casa di Pallino. E però, se permetti, ci arriva con uno stato d'animo molto diverso che influenzerà in qualche modo il suo rapportarsi con Pallino.
E poi occorre considerare il genere letterario: prendi un thriller, un romanzo d'azione o di avventura, un horror... Se facciamo seguire un'azione all'altra senza mai permettere al lettore di tirare il fiato questi dopo un po' inizierà a dare segni di insofferenza: i colpi di scena, le fughe, gli inseguimenti, le apparizioni di fantasmi, gli omicidi efferati se si susseguono l'uno all'altro senza una pausa perdono di efficacia; il lettore ha bisogno di prendere un respiro e di pensare di essere tornato alla normalità, prima che lo colpiamo con un altro evento drammatico.
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Mina ha scritto: Questo ad esempio è l'incipit di un romanzo di un mio amico scrittore (Tutto è come sembra, Giovanni Benzi) che mi torna sempre in mente come una storia chiara ed efficace che utilizza questa forma di dialogo:
Cazzo Banti il quaderno.
Stavano tutti lungo il muretto, uno di fianco all'altro, e copiavano l'uno dall'altro, e il primo copiava dal mio quaderno. Un meccanismo perfetto.
Senti Banti oggi non ho da pagare.
Pagherai domani.
Avrebbe pagato, non c'erano dubbi che avrebbe pagato. Tutti prima o poi pagavano. La regola era chiara e nessuno poteva tirarsi fuori.


Uhm, io invece sono già fuori fase alla sesta riga... 
La frase in grassetto è un pensiero di Banti?
Oppure è la considerazione di un narratore esterno?
Non c'è modo di capirlo è questo per me è un ostacolo insormontabile: perdonatemi tu, l'autore e il grandissimo McCarthy, ma questo modo di rendere i dialoghi non fa per me. 
Sono vecchio, portate pazienza.

Su gran parte del tuo lungo post invece concordo @Mina, ti ho voluto segnalare soltanto dove mi trovo in disaccordo per offrire magari qualche spunto nuovo alla discussione; i "sì, la penso così anch'io" non fanno avanzare la trama, lo sai  :D .
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Marcello ha scritto: No, su questo proprio non sono d'accordo.
Intanto distinguerei tra dialoghi e descrizioni: un dialogo che non fa avanzare la storia spesso ci permette di entrare nella testa dei personaggi e di comprendere il loro carattere e il modo di ragionare; una descrizione che non fa avanzare la storia ci permette però di entrare nella storia, vedere con gli occhi dei personaggi e quindi immedesimarci in loro.
La trama prevede che in quel punto Pinco vada a casa di Pallino; che in una giornata piovosa salga su un autobus e respiri l'aria densa di umidità e gli odori che gli giungono dagli abiti stazzonati degli altri viaggiatori oppure che in una splendida giornata di sole cammini per i viali alberati della città respirando le fragranze delle piante in fiore non fa avanzare di nulla la storia: lui va sempre a casa di Pallino. E però, se permetti, ci arriva con uno stato d'animo molto diverso che influenzerà in qualche modo il suo rapportarsi con Pallino.
Come sempre, il tutto sta nella capacità di dosare gli ingredienti: per la trama è necessario che Tizio vada da punto A a punto B, perfetto. Si può:
 
A) farlo comparire direttamente davanti alla porta di casa B

B) accompagnarlo con un paio di paragrafi in cui si descrive il paesaggio dal POV di Tizio, evidenziando quello che lui nota in base al suo stato d’animo e ai suoi interessi/timori del momento

C) Estendere troppo a lungo la descrizione del percorso, magari evidenziando elementi che lui non arriverebbe a considerare degni di nota in quel preciso contesto

Per citare una famosa Bustina di Minerva di Umberto Eco (https://morenafanti.wordpress.com/2011/ ... ta-oscena/):
I film pornografici sono pieni di gente che sale in macchina e guida per chilometri, di coppie che perdono un tempo incredibile per registrarsi negli alberghi, di signori che passano minuti e minuti in ascensore prima di salire in camera, di ragazze che sorbiscono liquori diversi e si gingillano con magliette e merletti prima di confessarsi a vicenda che preferiscono Saffo a Don Giovanni. Detto alla buona e volgarmente, nei film pornografici, prima di vedersi una sana scopata occorre sorbirsi uno spot dell’assessorato ai trasporti. (…) Ripeto dunque. Entrate in una sala cinematografica. Se per andare da A a B i protagonisti ci mettono più di quanto desiderereste, questo significa che il film è pornografico.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Marcello ha scritto:
No, su questo proprio non sono d'accordo.
Intanto distinguerei tra dialoghi e descrizioni: un dialogo che non fa avanzare la storia spesso ci permette di entrare nella testa dei personaggi e di comprendere il loro carattere e il modo di ragionare; una descrizione che non fa avanzare la storia ci permette però di entrare nella storia, vedere con gli occhi dei personaggi e quindi immedesimarci in loro.
La trama prevede che in quel punto Pinco vada a casa di Pallino; che in una giornata piovosa salga su un autobus e respiri l'aria densa di umidità e gli odori che gli giungono dagli abiti stazzonati degli altri viaggiatori oppure che in una splendida giornata di sole cammini per i viali alberati della città respirando le fragranze delle piante in fiore non fa avanzare di nulla la storia: lui va sempre a casa di Pallino. E però, se permetti, ci arriva con uno stato d'animo molto diverso che influenzerà in qualche modo il suo rapportarsi con Pallino.
Come sempre, il tutto sta nella capacità di dosare gli ingredienti: per la trama è necessario che Tizio vada da punto A a punto B, perfetto. Si può:
 
A) farlo comparire direttamente davanti alla porta di casa B

B) accompagnarlo con un paio di paragrafi in cui si descrive il paesaggio dal POV di Tizio, evidenziando quello che lui nota in base al suo stato d’animo e ai suoi interessi/timori del momento

C) Estendere troppo a lungo la descrizione del percorso, magari evidenziando elementi che lui non arriverebbe a considerare degni di nota in quel preciso contesto

Per citare una famosa Bustina di Minerva di Umberto Eco (https://morenafanti.wordpress.com/2011/ ... ta-oscena/):
I film pornografici sono pieni di gente che sale in macchina e guida per chilometri, di coppie che perdono un tempo incredibile per registrarsi negli alberghi, di signori che passano minuti e minuti in ascensore prima di salire in camera, di ragazze che sorbiscono liquori diversi e si gingillano con magliette e merletti prima di confessarsi a vicenda che preferiscono Saffo a Don Giovanni. Detto alla buona e volgarmente, nei film pornografici, prima di vedersi una sana scopata occorre sorbirsi uno spot dell’assessorato ai trasporti. (…) Ripeto dunque. Entrate in una sala cinematografica. Se per andare da A a B i protagonisti ci mettono più di quanto desiderereste, questo significa che il film è pornografico.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Gualduccig ha scritto: Come sempre, il tutto sta nella capacità di dosare gli ingredienti:
Giustissimo e mi permetto di aggiungere a quanto ho scritto sopra: la stessa descrizione o dialogo ininfluenti sulla trama possono dare respiro al romanzo o risultare un'inutile perdita di tempo, a seconda del momento che scegliamo per inserirli. Quindi, giusto dosare gli ingredienti, ma anche scegliere il momento opportuno.
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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Ilaris ha scritto: Non trovate che i lunghi dialoghi siano, salvo eccezioni, più noiosi? 
Forse può capitare di trovarne. Noiosi, inutili, chi io salterei durante la lettura. Ma credo  proprio che chi scrive deve far in modo che i dialoghi siano parte della storia. Un dialogo deve essere trama, quello che i personaggi dicono deve portare avanti la storia. Il lettore dovrebbe dire " e adesso cosa gli dirà? Cosa succederà se tizio vuota il sacco? e altre cose del genere.
Un dialogo non deve essere fine a se stesso. Si può far trapelare un sottotesto da parole dette in una conversazione.
Per esempio:
In fila alla posta sono costretta ad ascoltare una conversazione tra due signore di una certa età. Se ascolto con attenzione, dopo un po' avrò abbastanza informazioni su entrambe. La malattiia del marito di una e il  giorno in cui si laurerà la figlia dell'altra, ma anche il bisognio la speranza che ha la prima di vedere suo marito guarito e i sacrifici che ha fatto l'altra per far studiare sua figlia insieme a  tutte le aspettative che ripone in lei.
Se vai a vedere bene, è solo una chiacchierata, ma quanta vita traspare dietro?
Il dialogo è una parte di storia non raccontata ma parlata.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Volevo porvi una riflessione che ultimamente è costante nei miei pensieri.
Il silenzio nel dialogo.
Spesso siamo abituati a leggere dialoghi con un botta e risposta. Ma se uno dei due si prende una pausa prima di rispondere, come posso trasmetterla?
Mi viene da pensare con un'assenza, uno spazio di una riga vuota.
Ma se questo dialogo va per le lunghe con uno dei due che ogni volta riflette prima di dare una risposta?
Mi immagino un maestro di vita con un allievo, che non sarà un botta e risposta incalzante. O per assurdo se rispondesse Celentano con una delle sue pause di cinque minuti, lasciamo mezza pagina bianca prima di rispondere?
Mi riferisco a una situazione nella quale tutto deve essere percepito solo con il dialogo, senza un'introduzione del contesto, o descrizione dei personaggi e della loro psicologia.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Kasimiro ha scritto: Mi riferisco a una situazione nella quale tutto deve essere percepito solo con il dialogo, senza un'introduzione del contesto, o descrizione dei personaggi e della loro psicologia
Non so, io farei così. Ma non credo sia come intendi tu @Kasimiro  .Però una linea vuota non fa pensare ad una pausa, piuttosto a un errore di stampa.


— Senti ma... tu Claudia l'hai vista? No perchè a me è sembrata strana.
— Io la vedo tutti i giorni, porta suo figlio a scuola dove va il mio. Ora che mi ci fai pensare...
—Anche tu hai notato qualcosa? Cosa? non vuoi dirmelo? perchè non rispondi?
— Sì, scusami. Si tratta di una cosa un po' delicata sai.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Alba359 ha scritto: — Senti ma... tu Claudia l'hai vista? No perchè a me è sembrata strana.
— Io la vedo tutti i giorni, porta suo figlio a scuola dove va il mio. Ora che mi ci fai pensare...
—Anche tu hai notato qualcosa? Cosa? non vuoi dirmelo? perchè non rispondi?
— Sì, scusami. Si tratta di una cosa un po' delicata s
Ciao @Alba359 forse intendevo qualcosa di diverso, ma mi stanno venendo dei dubbi. Provo a fare un esempio.

"Tutto bene?" 
(l'altro non risponde)
"Se vuoi ne parliamo" 
(ancora nessuna risposta)
"Capisco il tuo stato d'animo, ma devi reagire"
"Lasciami in pace!"

Come si potrebbe scrivere correttamente questo passaggio?

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

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Kasimiro ha scritto: Spesso siamo abituati a leggere dialoghi con un botta e risposta. Ma se uno dei due si prende una pausa prima di rispondere, come posso trasmetterla?
Io inserisco spesso delle pause nelle battute di dialogo più lunghe di poche parole, se la scena non è particolarmente concitata. Di solito la risolvo così: "prima frase," descrizione di un'azione del parlante, "seconda frase."

"È entrata nella stanza e, sai com'è," si passa una mano fra i capelli, a scendere fino alla nuca, "insomma, è come quando esci di casa una mattina ancora col piumino addosso e scopri che è arrivata la primavera."
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