[CN24] L'evoluzione del sorriso
Posted: Sat Jan 04, 2025 4:02 pm
Pacco n. 11 incipit
Addobbato e illuminato, l'abete faceva la sua figura nell'angolo di fronte alla scalinata del palazzo comunale. Dalla giostrina con i cavalli proveniva la melodia arcinota di "Jingle bells" e la pista di ghiaccio occupava lo spazio centrale della piazzetta.
Tutto perfetto, tranne che per un particolare: in giro non c'era anima viva.
Dov'erano finiti gli abitanti del paese, alle otto di sera della vigilia di Natale?
Il giorno tanto atteso dai bambini si stava avvicinando. Un signore passeggiava allegramente, con lo stupore di tutti, per le vie del paese. Canticchiava un famoso motivetto natalizio e salutava con il sorriso.
Un'inquietudine pervase i cittadini alla vista del gioviale signore.
La maggior parte scapparono, qualcuno chiamò la polizia, altri ricambiarono velocemente il saluto per non essere complici e avere brutte sorprese.
E il sorriso era il peggior modo di presentarsi verso chi non lo aveva mai provato. Manifestato sfacciatamente veniva additato come pura follia, un brutto presentimento, l'annuncio della catastrofe, perché il pianto imperversava in ogni casa: era la norma, la quotidianità, iniziato molti anni fa dalle lacrime versate dai pochi superstiti del paese raso al suolo da un bombardamento, la notte di Natale, del quale si ignoravano le ragioni.
Ma qualcuno una ragione se l'era data.
Il paese di Roncorisolo era invidiato da tutti. Soprannominata la città dell'allegria: tutti felici e solidali con il prossimo. Non conoscevano la tristezza e prendevano sul ridere qualsiasi sorpresa che la vita riservasse, bella o brutta. Le persone invecchiavano superando i cento anni e quando arrivava il loro momento si spegnevano nel sonno.
Nei paesi intorno tutti a domandarsi quale fosse il segreto di tanta felicità. Molti iniziarono a trasferirsi per curiosità. Constatarono che nessuno aveva accumulato ricchezza ma erano ugualmente contagiati dall'euforia. Per i nuovi arrivati fu come rinascere in un paese da sogno. Si resero conto di quanto bastasse poco per vivere in armonia. Il solo saluto tra passanti, gesto desueto tra persone che non si conoscono, metteva di buon umore chiunque.
Lo sviluppo demografico e urbanistico aumentò sempre più.
In compenso le farmacie andarono in fallimento. Nessuno ebbe più bisogno di curarsi. Per le case farmaceutiche e le assicurazioni sanitarie suonò un campanello di allarme.
“Se questa situazione dovesse espandersi sarà la fine per tutti noi” disse una persona piuttosto influente.
“Già, bisogna assolutamente fare qualcosa, e prima possibile” continuò un suo socio con la reputazione da delinquente.
Si rivolsero al grande capo, colui che dettava gli equilibri e i disequilibri del mondo e senza troppi ripensamenti il paese di Roncorisolo fu raso al suolo per il bene del capo, e di altri pochi.
Dopo la distruzione rimasero solo le lacrime che furono tramandate di generazione in generazione senza interruzione.
Solo nella notte di Natale veniva concessa una piccola libertà. I bambini, come per magia, donavano un timido sorriso nato spontaneo e senza motivo. E tutti si stavano mestamente preparando a questo strano evento.
Il paese fu ribattezzato Roncopiantolo e da quel momento iniziò il suo nuovo corso.
Ogni abitante doveva fare i conti con il lacrimometro: uno strumento di monitoraggio che raccoglieva le lacrime della giornata e ne fissava la soglia minima per stabilire il grado di normalità della persona.
La favola che andava maggiormente in voga tra i bambini era quella di Cappuccetto Rosso, rivisitata nel finale.
“Pum! il cacciatore vedendo la pancia piena pensò che il lupo avesse mangiato la nonna e cappuccetto rosso. Prese la mira e sparò. Quando tagliò la pancia del lupo si rese conto che il proiettile era rimasto conficcato nella gamba della bambina lasciandola successivamente invalida per il resto della vita. La nonna venne sfiorata dalla fucilata ma morì di infarto. Il cacciatore in preda al rimorso per il suo gesto, riservò il secondo colpo della doppietta su di sé. Ma il fucile si inceppò. Finì i suoi giorni in una struttura psichiatrica.”
L'adesione alla fede religiosa era totale. Le chiese, luoghi più idonei destinati al pianto collettivo, erano aperte anche di notte. E nonostante il Natale annunciasse un messaggio di speranza, gli enormi bassorilievi della Via crucis dominavano perennemente le navate, culminanti con la grande crocifissione da una parte e il Giudizio Universale dall'altra. Non c'era spazio per il presepe.
I Compro oro furono soppiantati da Vasi per il pianto. Ce n'erano modelli di ogni tipo: in porcellana decorata a mano, in resina con effetto Rosso pompeiano, in vetro soffiato; e chi non piangeva aveva lo sguardo da funerale, anche perché ogni giorno ce n'era almeno uno.
La paura stava mietendo più vittime della distruzione di un tempo fu. Ma di questo non ci si rendeva conto.
Il sorriso era per i delinquenti, e ne avevano tutto il motivo finché erano latitanti. Ma anche quando finivano in carcere, la risata era la loro unica arma per sopravvivere.
Qualcuno aveva pensato come farle fruttare in un mondo dominato da chef. Nascevano così le verdure sotto lacrima, il risotto alla lacrima. E gli spaghetti lacrima, olio e peperoncino.
Ma quella che comunemente veniva additata come pazzia sconsiderata, ogni tanto dava segno della sua presenza:
“Ti ho visto!”
“No, non ho fatto niente.”
“Ti ho visto! Hai sorriso!” esclamò il sorvegliante di quartiere. “Se si dovesse ripetere nei prossimi tre giorni, dovrai andare dal medico a farti prescrivere la cura.”
L'alcol era vietato, per evitare stati di alterazione rischiosi, così come le bevande energizzanti. Gli psichiatri curavano i pazienti con psicofarmaci che favorivano la depressione.
Vedere un bambino alla nascita che faceva “Ueh ueh” era ciò che di meglio si potesse desiderare. Ma l'inquietudine sopraggiungeva puntuale al primo sorriso del neonato nel vedere la mamma.
I ragazzi più tremendi bullizzavano i compagni più deboli facendogli il solletico per strappargli così una risata e finire dal preside con una nota di demerito.
Mentre le facce dei candidati alle elezioni sui manifesti elettorali risultavano ugualmente inquietanti anche se non sorridevano più.
Ma qualcosa stava per cambiare. Sporadici episodi di follia venivano segnalati qua e là: un signore era stato visto ridere guardando dei bambini giocare, un altro vedendo un cane che correva dietro un bastone.
Sempre più segnalazioni venivano fatte da cittadini modello piangenti. Ci fu un'ondata di arresti.
Le carceri divennero sovraffollate.
Ma i bambini, si sa, sono spontanei e imprevedibili e a un cero punto arriva il loro momento dei perché.
“Mamma, perché possiamo ridere ed essere felici solo a Natale?”
“Oh tesoro, cosa ti viene in mente! Noi stiamo bene sempre. C'è qualcosa che ti manca? Quella del Natale è una vecchia tradizione di un mondo passato che il nostro amato sindaco ha voluto mantenere solo per voi.”
“Doveva proprio essere bello questo mondo passato.”
“Quei pochi che lo hanno provato dicono di sì, ma tutto venne interrotto per una catastrofe.”
“Cosa è successo?”
“Un orco triste che non aveva mai provato la felicità, per invidia volle eliminare gli abitanti del paese che vivevano con la gioia nel cuore. E da allora, per paura di una nuova vendetta, quei pochi rimasti non hanno ha più avuto voglia di ridere.”
“Ma se lo incontravo, l'orco, lo avrei fatto ridere io.”
“Ci saresti riuscita senz'altro.”
Ma c'era chi non accettava tutto questo e si rifiutava di vivere nel terrore. Si formarono così in clandestinità le cosiddette “Brigate della risata.”
Erano molto abili e atletici. Soprattutto quando il Natale facevano incursioni vestiti da clown, performance acrobatiche e riuscivano a tenere in aria tante palline e clavette senza farle cadere secondo una tradizione rigorosamente censurata da anni.
Altri di notte attaccavano manifesti con la scritta: “Un giorno senza sorriso è un giorno perso” con il volto in primo piano del suo autore.
Vennero addirittura ritenuti responsabili di aver messo in giro uno strano virus che destabilizzò il paese.
Nel bel mezzo di un'epidemia, la cittadinanza fu obbligata a indossare delle mascherine per evitare il contagio di un terribile morbo, cosicché la bocca fu celata e con lei anche il crimine.
Ma questo non bastò: gli occhi erano lo specchio dell'anima e le pupille, lucide e splendenti, il segno eloquente del misfatto. Furono vietati gli occhiali da sole e a carnevale non si potevano indossare maschere. Poi la cosa svanì nel nulla perché le persone stavano male anche con le mascherine.
Se a qualcuno gli fosse venuta una paresi, di quelle con il sorriso stampato, il servizio sanitario provvedeva all'intervento di chirurgia estetica per eliminarlo.
Venivano monitorati anche i sogni attraverso sofisticate apparecchiature. Pericolosi poiché impossibili da controllare.
Si piangeva di fronte a tutto, anche di fronte a ciò che una volta poteva strappare risate: le comiche. Tutti si immedesimavano nello sconforto che provocava la caduta su una buccia di banana, una torta in faccia o una bastonata in testa. Stanlio e Ollio erano i primi della lista.
Ma anche le lacrime prima o poi finiscono, nonostante gli sforzi per stimolarne la produzione attraverso diete particolari o strani riti. Furono allora impiantati dei serbatoi lacrimali sottocutanei per risolvere la questione.
Lacrime a profusione, tutti lacrimati, infelici e scontenti.
Ma il seme della risata stava pian piano diffondendosi. Dapprima in clandestinità, poi sempre più in frequenti manifestazioni pubbliche. Fino a quando l'assessore agli eventi tristi, senza motivo, di fronte a un discorso in piazza: “Cari cittadini, ricordatevi che dovete morir...” all'improvviso si portò un palmo alla bocca per trattenere una risata e dovettero portarlo via con una barella mentre rideva a crepapelle. Le sue risa non sfuggirono e divennero virali.
Per la prima volta nella storia di Roncopiantolo si preannunciava un Natale diverso, non solo per i bambini. Il bambolotto che piangeva se gli toglievi il ciuccio, il più venduto negli ultimi anni, subì un clamoroso flop, soppiantato dal pupazzo vecchietta che rideva se gli grattavi la pianta del piede.
Il sindaco emanava il suo il bollettino giornaliero: 931 risate di cui 465 senza motivo. Furono allestiti nuovi centri per i ricoveri. Ogni giorno che passava la situazione peggiorava o migliorava, a seconda dei punti di vista. Soprattutto fra i bambini l'incidenza raddoppiava di ora in ora. Ormai le risate avevano preso il sopravvento. Un primo immediato effetto fu la drastica diminuzione di malattie di ogni genere e di quel senso di oppressione che costringeva tutti a stare sempre a letto.
La piazza del paese era stata allestita con tutti i giochi della tradizione: la giostra, lo zucchero filato, la pista di pattinaggio su ghiaccio. Babbo Natale pronto con ceste piene di regali e dolciumi sotto il maestoso albero illuminato.
Una nuova prospettiva si stava delineando e ne furono contenti soprattutto gli anziani che non sorridevano da quando erano piccoli.
L'evoluzione del sorriso si stava compiendo e ormai aveva colpito tutti.
Questa volta chi piangeva non veniva condannato ma aiutato.
Tutti si stavano preparando per un Natale diverso.
Poi, improvvisamente, calò uno strano silenzio. Un passaparola esortò tutti a rientrare in casa. Sui mezzi d'informazione apparve un video: il volto di una persona molto seria con gli occhi di ghiaccio. Proferiva parole che lasciavano intendere a qualcosa di brutto senza mai pronunciarlo. In un lampo tutti ritornarono seri.
Si udì una sirena che sovrastava le note di "Jingle Bells" della piazza deserta.
Ma i bambini erano ormai pronti, non volevano rinunciare al loro primo Natale normale.
Implorarono i genitori di andare fuori ad aspettare Babbo Natale.
Questa volta le lacrime non fermarono il desiderio e poco alla volta tutti uscirono nella piazza, fosse stato anche l'ultimo Natale della loro vita.
E ai bambini fu affidata la speranza per una nuova evoluzione del sorriso.
Addobbato e illuminato, l'abete faceva la sua figura nell'angolo di fronte alla scalinata del palazzo comunale. Dalla giostrina con i cavalli proveniva la melodia arcinota di "Jingle bells" e la pista di ghiaccio occupava lo spazio centrale della piazzetta.
Tutto perfetto, tranne che per un particolare: in giro non c'era anima viva.
Dov'erano finiti gli abitanti del paese, alle otto di sera della vigilia di Natale?
Il giorno tanto atteso dai bambini si stava avvicinando. Un signore passeggiava allegramente, con lo stupore di tutti, per le vie del paese. Canticchiava un famoso motivetto natalizio e salutava con il sorriso.
Un'inquietudine pervase i cittadini alla vista del gioviale signore.
La maggior parte scapparono, qualcuno chiamò la polizia, altri ricambiarono velocemente il saluto per non essere complici e avere brutte sorprese.
E il sorriso era il peggior modo di presentarsi verso chi non lo aveva mai provato. Manifestato sfacciatamente veniva additato come pura follia, un brutto presentimento, l'annuncio della catastrofe, perché il pianto imperversava in ogni casa: era la norma, la quotidianità, iniziato molti anni fa dalle lacrime versate dai pochi superstiti del paese raso al suolo da un bombardamento, la notte di Natale, del quale si ignoravano le ragioni.
Ma qualcuno una ragione se l'era data.
Il paese di Roncorisolo era invidiato da tutti. Soprannominata la città dell'allegria: tutti felici e solidali con il prossimo. Non conoscevano la tristezza e prendevano sul ridere qualsiasi sorpresa che la vita riservasse, bella o brutta. Le persone invecchiavano superando i cento anni e quando arrivava il loro momento si spegnevano nel sonno.
Nei paesi intorno tutti a domandarsi quale fosse il segreto di tanta felicità. Molti iniziarono a trasferirsi per curiosità. Constatarono che nessuno aveva accumulato ricchezza ma erano ugualmente contagiati dall'euforia. Per i nuovi arrivati fu come rinascere in un paese da sogno. Si resero conto di quanto bastasse poco per vivere in armonia. Il solo saluto tra passanti, gesto desueto tra persone che non si conoscono, metteva di buon umore chiunque.
Lo sviluppo demografico e urbanistico aumentò sempre più.
In compenso le farmacie andarono in fallimento. Nessuno ebbe più bisogno di curarsi. Per le case farmaceutiche e le assicurazioni sanitarie suonò un campanello di allarme.
“Se questa situazione dovesse espandersi sarà la fine per tutti noi” disse una persona piuttosto influente.
“Già, bisogna assolutamente fare qualcosa, e prima possibile” continuò un suo socio con la reputazione da delinquente.
Si rivolsero al grande capo, colui che dettava gli equilibri e i disequilibri del mondo e senza troppi ripensamenti il paese di Roncorisolo fu raso al suolo per il bene del capo, e di altri pochi.
Dopo la distruzione rimasero solo le lacrime che furono tramandate di generazione in generazione senza interruzione.
Solo nella notte di Natale veniva concessa una piccola libertà. I bambini, come per magia, donavano un timido sorriso nato spontaneo e senza motivo. E tutti si stavano mestamente preparando a questo strano evento.
Il paese fu ribattezzato Roncopiantolo e da quel momento iniziò il suo nuovo corso.
Ogni abitante doveva fare i conti con il lacrimometro: uno strumento di monitoraggio che raccoglieva le lacrime della giornata e ne fissava la soglia minima per stabilire il grado di normalità della persona.
La favola che andava maggiormente in voga tra i bambini era quella di Cappuccetto Rosso, rivisitata nel finale.
“Pum! il cacciatore vedendo la pancia piena pensò che il lupo avesse mangiato la nonna e cappuccetto rosso. Prese la mira e sparò. Quando tagliò la pancia del lupo si rese conto che il proiettile era rimasto conficcato nella gamba della bambina lasciandola successivamente invalida per il resto della vita. La nonna venne sfiorata dalla fucilata ma morì di infarto. Il cacciatore in preda al rimorso per il suo gesto, riservò il secondo colpo della doppietta su di sé. Ma il fucile si inceppò. Finì i suoi giorni in una struttura psichiatrica.”
L'adesione alla fede religiosa era totale. Le chiese, luoghi più idonei destinati al pianto collettivo, erano aperte anche di notte. E nonostante il Natale annunciasse un messaggio di speranza, gli enormi bassorilievi della Via crucis dominavano perennemente le navate, culminanti con la grande crocifissione da una parte e il Giudizio Universale dall'altra. Non c'era spazio per il presepe.
I Compro oro furono soppiantati da Vasi per il pianto. Ce n'erano modelli di ogni tipo: in porcellana decorata a mano, in resina con effetto Rosso pompeiano, in vetro soffiato; e chi non piangeva aveva lo sguardo da funerale, anche perché ogni giorno ce n'era almeno uno.
La paura stava mietendo più vittime della distruzione di un tempo fu. Ma di questo non ci si rendeva conto.
Il sorriso era per i delinquenti, e ne avevano tutto il motivo finché erano latitanti. Ma anche quando finivano in carcere, la risata era la loro unica arma per sopravvivere.
Qualcuno aveva pensato come farle fruttare in un mondo dominato da chef. Nascevano così le verdure sotto lacrima, il risotto alla lacrima. E gli spaghetti lacrima, olio e peperoncino.
Ma quella che comunemente veniva additata come pazzia sconsiderata, ogni tanto dava segno della sua presenza:
“Ti ho visto!”
“No, non ho fatto niente.”
“Ti ho visto! Hai sorriso!” esclamò il sorvegliante di quartiere. “Se si dovesse ripetere nei prossimi tre giorni, dovrai andare dal medico a farti prescrivere la cura.”
L'alcol era vietato, per evitare stati di alterazione rischiosi, così come le bevande energizzanti. Gli psichiatri curavano i pazienti con psicofarmaci che favorivano la depressione.
Vedere un bambino alla nascita che faceva “Ueh ueh” era ciò che di meglio si potesse desiderare. Ma l'inquietudine sopraggiungeva puntuale al primo sorriso del neonato nel vedere la mamma.
I ragazzi più tremendi bullizzavano i compagni più deboli facendogli il solletico per strappargli così una risata e finire dal preside con una nota di demerito.
Mentre le facce dei candidati alle elezioni sui manifesti elettorali risultavano ugualmente inquietanti anche se non sorridevano più.
Ma qualcosa stava per cambiare. Sporadici episodi di follia venivano segnalati qua e là: un signore era stato visto ridere guardando dei bambini giocare, un altro vedendo un cane che correva dietro un bastone.
Sempre più segnalazioni venivano fatte da cittadini modello piangenti. Ci fu un'ondata di arresti.
Le carceri divennero sovraffollate.
Ma i bambini, si sa, sono spontanei e imprevedibili e a un cero punto arriva il loro momento dei perché.
“Mamma, perché possiamo ridere ed essere felici solo a Natale?”
“Oh tesoro, cosa ti viene in mente! Noi stiamo bene sempre. C'è qualcosa che ti manca? Quella del Natale è una vecchia tradizione di un mondo passato che il nostro amato sindaco ha voluto mantenere solo per voi.”
“Doveva proprio essere bello questo mondo passato.”
“Quei pochi che lo hanno provato dicono di sì, ma tutto venne interrotto per una catastrofe.”
“Cosa è successo?”
“Un orco triste che non aveva mai provato la felicità, per invidia volle eliminare gli abitanti del paese che vivevano con la gioia nel cuore. E da allora, per paura di una nuova vendetta, quei pochi rimasti non hanno ha più avuto voglia di ridere.”
“Ma se lo incontravo, l'orco, lo avrei fatto ridere io.”
“Ci saresti riuscita senz'altro.”
Ma c'era chi non accettava tutto questo e si rifiutava di vivere nel terrore. Si formarono così in clandestinità le cosiddette “Brigate della risata.”
Erano molto abili e atletici. Soprattutto quando il Natale facevano incursioni vestiti da clown, performance acrobatiche e riuscivano a tenere in aria tante palline e clavette senza farle cadere secondo una tradizione rigorosamente censurata da anni.
Altri di notte attaccavano manifesti con la scritta: “Un giorno senza sorriso è un giorno perso” con il volto in primo piano del suo autore.
Vennero addirittura ritenuti responsabili di aver messo in giro uno strano virus che destabilizzò il paese.
Nel bel mezzo di un'epidemia, la cittadinanza fu obbligata a indossare delle mascherine per evitare il contagio di un terribile morbo, cosicché la bocca fu celata e con lei anche il crimine.
Ma questo non bastò: gli occhi erano lo specchio dell'anima e le pupille, lucide e splendenti, il segno eloquente del misfatto. Furono vietati gli occhiali da sole e a carnevale non si potevano indossare maschere. Poi la cosa svanì nel nulla perché le persone stavano male anche con le mascherine.
Se a qualcuno gli fosse venuta una paresi, di quelle con il sorriso stampato, il servizio sanitario provvedeva all'intervento di chirurgia estetica per eliminarlo.
Venivano monitorati anche i sogni attraverso sofisticate apparecchiature. Pericolosi poiché impossibili da controllare.
Si piangeva di fronte a tutto, anche di fronte a ciò che una volta poteva strappare risate: le comiche. Tutti si immedesimavano nello sconforto che provocava la caduta su una buccia di banana, una torta in faccia o una bastonata in testa. Stanlio e Ollio erano i primi della lista.
Ma anche le lacrime prima o poi finiscono, nonostante gli sforzi per stimolarne la produzione attraverso diete particolari o strani riti. Furono allora impiantati dei serbatoi lacrimali sottocutanei per risolvere la questione.
Lacrime a profusione, tutti lacrimati, infelici e scontenti.
Ma il seme della risata stava pian piano diffondendosi. Dapprima in clandestinità, poi sempre più in frequenti manifestazioni pubbliche. Fino a quando l'assessore agli eventi tristi, senza motivo, di fronte a un discorso in piazza: “Cari cittadini, ricordatevi che dovete morir...” all'improvviso si portò un palmo alla bocca per trattenere una risata e dovettero portarlo via con una barella mentre rideva a crepapelle. Le sue risa non sfuggirono e divennero virali.
Per la prima volta nella storia di Roncopiantolo si preannunciava un Natale diverso, non solo per i bambini. Il bambolotto che piangeva se gli toglievi il ciuccio, il più venduto negli ultimi anni, subì un clamoroso flop, soppiantato dal pupazzo vecchietta che rideva se gli grattavi la pianta del piede.
Il sindaco emanava il suo il bollettino giornaliero: 931 risate di cui 465 senza motivo. Furono allestiti nuovi centri per i ricoveri. Ogni giorno che passava la situazione peggiorava o migliorava, a seconda dei punti di vista. Soprattutto fra i bambini l'incidenza raddoppiava di ora in ora. Ormai le risate avevano preso il sopravvento. Un primo immediato effetto fu la drastica diminuzione di malattie di ogni genere e di quel senso di oppressione che costringeva tutti a stare sempre a letto.
La piazza del paese era stata allestita con tutti i giochi della tradizione: la giostra, lo zucchero filato, la pista di pattinaggio su ghiaccio. Babbo Natale pronto con ceste piene di regali e dolciumi sotto il maestoso albero illuminato.
Una nuova prospettiva si stava delineando e ne furono contenti soprattutto gli anziani che non sorridevano da quando erano piccoli.
L'evoluzione del sorriso si stava compiendo e ormai aveva colpito tutti.
Questa volta chi piangeva non veniva condannato ma aiutato.
Tutti si stavano preparando per un Natale diverso.
Poi, improvvisamente, calò uno strano silenzio. Un passaparola esortò tutti a rientrare in casa. Sui mezzi d'informazione apparve un video: il volto di una persona molto seria con gli occhi di ghiaccio. Proferiva parole che lasciavano intendere a qualcosa di brutto senza mai pronunciarlo. In un lampo tutti ritornarono seri.
Si udì una sirena che sovrastava le note di "Jingle Bells" della piazza deserta.
Ma i bambini erano ormai pronti, non volevano rinunciare al loro primo Natale normale.
Implorarono i genitori di andare fuori ad aspettare Babbo Natale.
Questa volta le lacrime non fermarono il desiderio e poco alla volta tutti uscirono nella piazza, fosse stato anche l'ultimo Natale della loro vita.
E ai bambini fu affidata la speranza per una nuova evoluzione del sorriso.