Questa passione è ben strana, quasi surreale. Ma una volta che la guardo da vicino l'ho trovata divertente e amara al tempo stesso.
La passione e l'appetito che infonde di ardente desiderio il rapporto che la voce narrante e... un sasso. Non un sasso qualsiasi, un sasso come si chiama "No", come a voler amare un "No". Da un lato la poesia fa sorridere come fosse una confessione surreale in versi dall'altro fa quasi tristezza, perché sembra quasi una passione così a senso unico che assieme al nome del sasso mi fa pensare ad una illusione che si trascina fin troppo nel tempo e anche la confessione si vale quasi di tristezza.
Ippolita wrote:
"Ho un sasso che si chiama No
e dorme accanto a me,
sul mio cuscino.
La sera prego per la sua salute
e attendo che chiuda gli occhi lui
prima che il sonno chiuda i miei."
Il fatto che questo sasso condivida certi momenti così intimi e vulnerabile con l'io narrante mi fa pensare ad una presenza costante e pesante il giusto per poter essere trasportata. Magari non sarà una analisi molto "accademica", ma gli ultimi tre versi mi fanno pensare all'addormentarsi dopo aver scoperto che l'oggetto del proprio desiderio sia per certo nel mondo dei sogni, come "chissà quali altre cose potrà fare se io dormo e lui/lei" è sveglia? Eppure, quel che è accanto a noi non è una persona, ma rimane un sasso.
Inoltre, a livello stilistico anche se tutta la poesia ha un certo ritmo volutamente placido, ho particolarmente apprezzato l'assonanza in "O" nella prima metà della strofa e questo decrescere di sillabe in un ritmo quasi discendente. L'altra metà invece, forse gioverebbe nell'essere meno diretta e un po' più evocativa. Mi piace l'immagine, ma l'ho trovata un po' troppo diretta.
wrote:Ippolita
"È liscio al tatto e buono nei pensieri,
ed è il compagno delle mie giornate.
Quando lavoro o studio lui mi osserva
dal davanzale illuminato
e so che m'ama, ricambiato."
Qui mi ha dato pensiero quel "so", che considerato il narratore di questa poesia come inaffidabile, mi fa quasi pensare che qui dalla "confessione" si passi al tentativo di convincersi che quel che dice sia vero. E questo rende così triste e tenera l'immagine del sasso posato sul davanzale, immerso nella quotidianità, sempre una presenza-peso fatta passare a sé stessi come una buona cosa.
Stilisticamente penso che fra il ritmo ad un po' di metrica - c'è un endecasillabo - e alla rima, questa sia la strofa che "suona" meglio fra le tre.
wrote:Ippolita
Sono casti i baci che gli do,
perché voglio che abbia
di me un ricordo puro.
Serbo infatti nel cuore il desiderio
di possederlo per intero,
cioè ingoiarlo.
Se non ho apprezzato troppo il ritmo di questa ultima strofa, che ho trovato un po' zoppicante nel leggerla ad alta voce, trovo invece che la chiusa sia davvero bella. Mi sa di ambiguo, molto ambiguo, quell' "ingoiarlo" potrebbe significare accettare questo sentimento covato e unilaterale, oppure farsi ancora più male facendolo entrare a forza nelle viscere. Fino ad altri finali possibili ben più inquietanti. Se il componimento si apre in maniera quasi scanzonata, gli ultimi due versi li ho trovati decisamente cupi - e in senso buono.
Insomma, sperando di non aver preso abbagli né granchi, anche se non ho apprezzato molto la poesia a livello "formale", mi è piaciuta davvero tanto in generale - sperando di averci visto giusto, ma a me personalmente, ha suscitato questo il componimento e sono felice di averlo letto! ^ ^
PS Purtroppo non so usare il quote, perché mi riempie l'anteprima di tag strani, spero non sia un problema.