Ciao
@BollaDiSapone , poesia molto bella, ricca e intesa. Cerco di fare del mio meglio per renderle giustizia e spero di esserti in qualche modo utile.
BollaDiSapone ha scritto: Siamo attorno allo stesso fuoco
ormai da anni ormai da persi
e il mondo s'imbottiglia
e il suo collo lungo, sottile,
senza che vi sia testa a sostenere
i rami secchi cosparsi sotto il sole.
Allora, ti dico subito la mia critica alla poesia (che mi è piaciuta): quante metafore! Le infili una dietro l'altra, rendendola molto intensa, ma forse potresti provare a ridurle. In questo modo, a mio avviso, otterresti anche maggiore pulizia formale e, forse, il significato del componimento emergerebbe più liberamente e spontaneamente. In altre parole, mi sembra che tu abbia avuto la fretta di dire molte cose. Lo hai fatto bene, con immagini belle e appropriate, ma potresti considerare di sfrondare un po', a mio avviso, per trovare una maggiore grazia.
"Lo stesso fuoco." Anche in casa mia abbiamo un caminetto, attorno al quale ci riuniamo. Questo dà un'appropriata immagine di familiarità, di comunanza. Inoltre il "fuoco" può anche essere letto come una passione in comune, come quello che ci brucia dentro, che ci fa alzare al mattino e che ci rende vicini alle persone amate. Più in là, nella poesia, sarà chiaro come questo fuoco non è altro che la vita che abbiamo dentro, che brucia e si spegne. Mi ha fatto venire in mente i versi della celeberrima poesia di Catullo:
I giorni possono tramontare e risorgere:
noi, una volta tramontata la nostra breve vita,
siamo costretti a dormire una notte eterna.
Il mondo che si imbottiglia anche è un'immagine molto chiara di come funziona la vita, che a volte ci conduce per strade obbligate e lungo la quale via via le opportunità tristemente scemano.
Ho trovato bella, ma più oscura, l'immagine dei rami secchi cosparsi sotto il sole. Platone diceva che ai poeti piacere "parlare oscuro." Questo non è per forza un difetto, aggiunge un tocco di mistero alla poesia.
BollaDiSapone ha scritto: Le parole crepitano nelle fiamme
tra le strade oppresse dal suono
della notte e l'albeggiare è un gessetto
che stride sulla colonna vertebrale,
ma la tua espressione sempre tace
come legna graffiata dall'unghia in pietra.
E la morte non avrà più dominio.
Di nuovo le fiamma, prima evocate e poi di nuovo magistralmente riprese. Sono più perplesso dal proseguire dalla stanza (in cui io, arbitrariamente, ho diviso la tua poesia). Sempre immagini molto belle, ma forse eccessive. Trovo interessante la tua definizione dell'albeggiare come "un gessetto che stride sulla colonna vertebrale." Anche se so che non è quello che intendevi dire, mi ha fatto pensare a un'aurora disegnata col gessetto. A volte la poesia fa anche questo, crea connessioni e associazioni di idee che forse non sono (consciamente) in chi scrive. Bello il verso, che dà cadenza a tutta la tua poesia, sulla morte che non avrà più dominio, in cui leggo, forse sempre arbitrariamente, un'interessante apertura escatologica. Mi è anche venuta in mente la morte rossa di Poe, che ebbe dominio su ogni cosa. Tu ci comunichi un messaggio opposto, ma che non è sentimentale e retorico, perché la poesia non lo è. Lo definirei di "realismo radicale."
BollaDiSapone ha scritto: Lo sussurravi a occhi chiusi
e quando il calore raggiungeva le mani
il mondo pareva meno stretto, più aperto,
mi scandivi con dedizione e impegno
per ridestare quell'innocenza
che la vita aveva perso.
Il calore, di nuovo, quello del fuoco. Il mondo che si apre e si chiude. L'innocenza che si può perdere, ma può tornare. Qui ti faccio solo i miei complimenti, bellissimi versi.
BollaDiSapone ha scritto: E la morte non avrà più dominio,
ma il fuoco s'era già spento
le tue dita divennero fredde
tra gli autunni e gli inverni
e nell'erba alta dei nostri pensieri
ci siamo incontrati per dipingere
sulla terra il dentro dei tuoi occhi,
per non dimenticare la promessa
di bruciare quando la vita si fa fredda.
La poesia ha una chiusura molto appropriata. La morte non avrà più dominio. Un augurio? Una speranza? Un'affermazione? O forse una triste notazione? Il calore, fil rouge di tutta la poesia, che si spenta. Un finale che sembra volere volontaristicamente negare l'entropia dell'universo, in cui noi siamo le fiamme che possiamo e dobbiamo scaldarlo.
Ti ringrazio per aver allietato questa mattinata, fra un impegno lavorativo e un altro, con questa poesia che ho trovato esteticamente gradevole e dietro il quale ho scorto un significato che presuppone un pensiero importante. Spero di averle in qualche modo reso giustizia.
Grazie, a presto!