PADRI E FIGLI
Passeggiamo da molto questo drappo
di luna orlato da labbra socchiuse.
Passeggiamo con quel macabro senso
di ritorno, papà, senza chiederci
altro pretesto, altri giorni bruciati.
Lo so, vorresti per me le tue mani;
forse mi credi capace di tempi
diversi, ma lo vedi: camminiamo
insieme un fiore spezzato dall’alba,
destinato a tornare
eternamente uguale.
Gli uomini come te non si chiedono,
seminano la terra di rimpianti
per vederla fiorire
nell’ombra del meriggio.
Gli uomini come te, moltitudini
sospinte all’uno, vivono negli occhi
di donne sospiranti,
baciate sulla soglia.
Gli uomini come noi
rivestono svogliate
divinità, che il tempo
avrebbe detto ingrate.
Più che di rosso gualcito, di bianco,
come una sposa, l'avremmo vestita
la tristezza al tramonto.
Cos’ha per noi, la vita,
di tanto insondabile
da somigliarci così da vicino?
Fossimo stati tenaci o profeti
l'avremmo indovinata un po' migliore,
ma che farsene, in fondo, di un futuro
a metà, se a perdersi basta meno.
Di nomadi sepolcri
non è già pieno il mondo?
Sai, mi rivedo stringerti la mano
mentre correvo sui muretti a secco
e talvolta mi chiedo
in bilico fra cosa
allora si corresse.
Siamo stati infelici,
ma certo vivi, e di tanta più vita
potrà fregiarsi la nostra memoria
quando, alla sera, vedremo spirare
le lampare annegate
fra le luci del cosmo.
La notte ci sussurra miracoli,
papà, timida ci cammina accanto
senza fiori di ortica
da portarci in regalo.
Per noi non ha né vuoti, né silenzi
o amori da viandante:
lei sa che quando un giorno,
ammantati d'incanto, salperemo
sul veliero di un dio fallibile
sola ci resterà la nostalgia
dei prodigi terreni.
Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.
(H. Murakami, da “Kafka sulla Spiaggia”)