Il calore di una candela

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Il calore di una candela

È il 22 gennaio, oggi. Manca una settimana al compleanno di Giulia. Farà 22 anni. Ecco perché Anselmo è sicuro di non sbagliare. Di solito non bada molto al calendario. Quando arriva verso metà gennaio, invece, ci sta attento, non vuole che quella data passi senza che se ne accorga. Non perché faccia niente di particolare. Non la cerca, non le fa gli auguri, né niente, ma la pensa, prova a immaginare cosa stia facendo, cosa stia pensando. Forse perché è più semplice immaginare un compleanno, una torta con le candeline accese, una pizza con gli amici, messaggi e telefonate di auguri.
È stato facile, oggi, sapere che è il 22, lo ha visto sotto l'insegna della farmacia, la data lampeggiava con le sue lucine a pallini verdi mentre si alternava all'ora e alla temperatura. Anselmo l'ha guardata bene, aspettando che quel numero comparisse almeno tre volte, e altrettante volte se l'è ripetuto per non dimenticarlo e non doversi fermare di nuovo lì davanti, con il rischio di essere mandato via. Poi è entrato in farmacia e, come al solito, ha creato il vuoto. È bastato avvicinarsi a una delle due code perché la gente in attesa sparisse in un attimo.
- Oddio, che odore!
- Non si può stare!
Il solito copione. Anselmo sentiva quelle frasi, sempre le stesse più o meno, e ne approfittava per sbrigarsi.
- Una confezione di alcol etilico. - diceva.
Gli spiccioli cadevano sul bancone e la farmacista li contava, suo malgrado.
22 era davvero facile da ricordare, anche dopo aver bevuto. Lo stesso numero: la data e gli anni di Giulia. Poteva andarsene via tranquillo. Tornare da dove era venuto, dal sottopasso all'angolo del teatro.
Al pomeriggio è così, bisogna sbrigarsi a tornare, anche se il posto è suo da tempo. Non si sa mai, quante volte è successo che gliel'ha preso qualcun altro o che gli hanno buttato via il cartone. Impossibile dormire senza. Cartone e giornali fanno miracoli contro il freddo. Sono molto meglio di quelle stupide coperte che ti portano i volontari. Anselmo non li sopporta, lo svegliano sempre quando finalmente è riuscito a prendere sonno. E provateci voi ad addormentarvi quando il freddo ti è già entrato nelle ossa.
Per fortuna il suo giaciglio è intatto. Il cartone che fa da pavimento e quello che fa da coperta e che nasconde il suo sacchetto. Dentro c'è il suo cambio. Un pantalone e una camicia. Sono sporchi anche quelli ma si ostina a tenerli lì come faceva quando c'era ancora Lina con lui. Lei ci teneva al cambio pulito. Diceva che la pulizia non serve agli altri, a chi ti guarda, ma a te. Lina lavava i panni alla fontanella una volta alla settimana ma per Anselmo è una fatica inutile. L'acqua gelida è una tortura per le mani e piano piano ha perso l'abitudine e, soprattutto il senso di quella operazione.
Il sole è già calato e si avvicina quell'ora difficile in cui il freddo aumenta ma che ad Anselmo porta anche un po' di sollievo perché le strade si svuotano e si deve lottare di meno per conquistare un luogo che si possa sentire come proprio. I passanti di giorno non se ne accorgono che invadono i piccoli ritagli invisibili di uno spazio intimo. Di notte la strada diventa casa. Certo, se tutto va bene. Ma Anselmo a quello non ci pensa. I pericoli ci sono, lo sa, ma è meglio illudersi di essere soli e che i passanti sono solo quello, gente che passa e se ne va.
Anselmo si stende sotto al cartone e beve un sorso di alcol. Una vampata di bruciore gli infiamma la bocca e la gola. Infine, più piano, scende allo stomaco e la sente irradiarsi in tutto il corpo. Il pensiero corre a Lina, che non voleva che bevesse l'alcol puro e aveva ragione.
- Costa poco - le risponde lui, come se lei potesse sentirlo - e fa più effetto, combatte il freddo e il dolore.
L'ultimo pensiero cosciente di questo 22 gennaio va allora a Giulia, la sua piccola Giulia, che è diventata grande. Anselmo pensa alla torta, alle candeline. Al soffio della sua piccina per spegnerle.
Guarda la coperta marrone arrotolata ai suoi piedi, quella stupida coperta dei volontari. Il calore illusorio dell'alcol è già svanito, intanto. È in quel momento che gli viene l'idea. Prende l'accendino dalla tasca del cappotto e accende la fiamma. È bella quella piccola lingua di fuoco dalla base azzurra. Ne fissa i colori e le trasparenze, il suo effimero cuore scarlatto e il suo corpo giallo, la consistenza immateriale eppure concreta, viva. Anche Giulia avrà tra una settimana davanti a sé quella stessa luce incandescente. Perché le fiamme seppur diverse sono tutte uguali, copie identiche di uno stesso fuoco. Guarda di nuovo la coperta e le spruzza sopra un po' di alcol. Almeno servirà a qualcosa. Non ha tempo di pensare ad altro. Riesce a sentire però un barlume di calore, un simulacro di conforto, l'abbraccio di Lina e Giulia, prima di sprofondare nel buio.

Re: Il calore di una candela

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E provateci voi ad addormentarvi quando il freddo ti è già entrato nelle ossa.

Manterrei il "vi" di "voi", o passerei al "tu" sin dall'inizio.

una volta alla settimana ma per Anselmo è

manca la virgola prima di "ma"

- Costa poco - le risponde lui, come se lei potesse sentirlo - e fa più effetto, combatte il freddo e il dolore.

E inoltre si raggiunge quasi subito lo stato di ubriachezza, con vino - ad esempio - ci vuole troppo. Un amico alcolizzato faceva proprio così.

Bellisimo racconto amaro, @ivalibri, pieno di riferimenti e annotazioni intelligenti e profonde. Vediamo adesso che succede con quello nuovo.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: Il calore di una candela

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Bello. Mi è piaciuto molto il modo in cui ha raccontato la storia del povero Anselmo.
Il ritmo del testo è ottimo, soprattutto all'inizio. Elenco qui alcuni punti che non mi hanno convinto:

- "Al pomeriggio è così, bisogna sbrigarsi a tornare, anche se il posto è suo da tempo. Non si sa mai, quante volte è successo che gliel'ha preso qualcun altro o che gli hanno buttato via il cartone..." Toglierei la virgola tra "non si sa mai" e "quante volte", proponendo di includerla nella frase precedente ("anche se il posto è suo da tempo, non si sa mai." oppure isolarla "Non si sa mai."

- "Il cartone che fa da pavimento e quello che fa da coperta e che nasconde il suo sacchetto".La prima doppietta secondo me funziona, la terza no.
Che ne diresti di "Il cartone che fa da pavimento e quello che fa da coperta, un altro che nasconde il suo sacchetto."?

- "Più piano" toglierei "più". E' buona norma evitare le allitterazioni, se possibile, a meno che non siano volute.

- "Le risponde lui": toglierei "lui". Il lettore capisce chi sta rispondendo grazie al "le".

- "I passanti di giorno non se ne accorgono che invadono i piccoli ritagli invisibili di uno spazio intimo." Funzionerebbe solo se avessi dato al testo un impianto dialettale, quindi suggerirei di modificare il passaggio così: "I passanti di giorno non si accorgono di invadere i piccoli ritagli invisibili di uno spazio intimo." E' anche un buon modo per evitare la rima interna dentro la stessa frase (accorgono - invadono).

Spero di esserti stato utile.

Buona scrittura!

Re: Il calore di una candela

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Ciao @Macleobond
grazie anche di qua! Per i commenti e le annotazioni...
Ciao @Iulius90
ti ringrazio per aver letto e commentato il racconto. Sono contenta che ti sia piaciuto. Grazie davvero per i suggerimenti formali che mi hai dato, mi paiono ottimi consigli che renderebbero più scorrevole il testo. Un occhio esterno è sempre utilissimo!
Alla prossima!
Ciao @Nightafter
sei sempre molto generoso nei tuoi commenti.
Grazie davvero per aver letto il racconto ed aver lasciato il tuo parere.
A presto!

Re: Il calore di una candela

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Ciao, Cetty/@ivalibri : è arrivato lo scassapupazzo.
Sai che sono un tuo fan: in effetti mi è piaciuto anche questo racconto, per la credibilità delle scene e delle atmosfere che descrivi. Credo però che abbia un difetto (forse due).
Partiamo dal secondo, su cui sono più incerto (che è anche il più marginale però): perché Anselmo compra l'alcool in farmacia e non nel più infimo dei discount? Può venderlo al pubblico l'alcool non denaturato la farmacia? E costa meno? Non si applicano le accise? (mi stupirebbe).è una prassi dei clochard che ignoro? Può anche darsi che quest'ultima ipotesi sia quella giusta, e in tal caso sarei io in errore e il difetto non c'è... se così non fosse ti dico che mi ha stonato che il barbone facesse il suo acquisto in farmacia: me lo vedo più in un discount.
Ok, a torto o ragione che sia la segnalazione, se proprio è il caso, la cosa si aggiusta facile. Un po' meno immediato (ma nulla di irreparabile) e quello che credo sia il secondo difetto: l'epilogo improvviso. Possibile che l'intento suicidiario di Anselmo sia così improvviso e repentino? Magari dirai no, covava da tempo, ma così ce lo presenti, senza alcuna preparazione. Magari è il mio gusto personale, ma ti segnalo che più che un finale a sorpresa mi è sembrato un finale non preparato, o magari per preservare la sorpresa hai taciuto per tutto il racconto cosa il protagonista avesse in animo (e non mi entusiasma come soluzione).
Resta un bel racconto, scritto bene e descritto verosimilmente. Scusa se do più spazio ai difetti che ai pregi, che mi sembrano ad ogni modo preponderanti, ma sui difetti (o presunti tali, eh, sempre a mio giudizio di lettore) ci si dilunga di più per spiegarsi meglio.
Già ti anticipo che il nuovo racconto, che ho già letto, mi sembra non esporsi alle critiche che ti ho fatto qui... ci vediamo di là
Scrittore maledetto due volte

Re: Il calore di una candela

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Ciao @dyskolos
grazie a te per aver letto il racconto e aver lasciato un commento. Sono contenta che ti sia piaciuto! A presto!
Ciao @Edu
tanto per cominciare sono contenta che tu sia un mio fan...
Dunque, sulla questione dell'alcool hai ragione e me l'hanno già fatto notare, a conferma di ciò che dici. Mentre scrivevo mi sono basata su un ricordo: un clochard di tanti anni fa, sarò stata ragazzina, che comprava dell'alcol in farmacia. Forse anni fa si faceva così, o magari quel clochard aveva bisogno di alcol per i fatti suoi, no so. Sicuramente quel dettaglio è da cambiare perché il mio ricordo ora non ha senso e funzionerebbe senz'altro meglio il discount.
Quanto all'epilogo inatteso, temo tu abbia ragione di nuovo. Il racconto era stato scritto per un MI e la traccia era che doveva apparire una fiamma, da lì il finale, che arriva brusco.
Grazie per le critiche (sono golosa di critiche tanto quanto di apprezzamenti!)
Vado a rispondere di là dall'altro racconto...
Ciao!
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