Inside

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Dal Writer’s Dream
[MI 141]
Traccia di mezzanotte
Lei e lui da soli. Al buio

Inside


Stasi

Mi celi e al contempo mi proteggi, da sempre: siamo involucro e sostanza insieme. Immobili sul posto. Inscindibili. Nel buio totale.

Cambiamento

Ora, il posto cambia. Ma è sempre buio e immobilità dentro.
Perché sento e percepisco che altro si muova intorno a noi? Cos’è?

Consapevolezza

Al contatto di qualcosa che ci scava dentro, mi sorprendo a pensare alla nostra disunione con positività, quasi tu portassi via, andandotene, il buio che sinora ci ha avvolto e coinvolto entrambi.

Sento in me una tensione, un anelito a uscire allo scoperto: non siamo un’unità, un blocco unico e buio come ho sempre inconsapevolmente creduto.
Qualcosa sta cambiando e vuole arrivare al mio spazio al di là di te, oltre la tua oscura dimensione, per arrivare dritto alla mia sostanza, alla mia sottesa essenza.
Non è più tempo di coprirmi, non ho più bisogno di te, di un involucro che mi toglie il respiro.
Non è una gabbia questa?

Quanto vorrei essere capace di liberarmi, anche correndo il rischio di spezzarmi nel tentativo, ma volendo a tutti i costi scrollarmi di dosso il di più che mi attanaglia, che mi impedisce ogni movimento, che blocca dentro, al buio, la mia “sostanza”: tu, il mio “involucro”.

Posso solo sperare in qualcuno (esisterà?) che mi sappia riconoscere, cercandomi qui dentro: qualcuno che sappia le mie fattezze e non sbagli nello scartare i frammenti che mi coprono fin nelle più minute schegge di te. Che ci sappia dividere perfettamente, anche con logori arnesi, con l’abilità delle sue mani, della sua mente ispirata, di uno sguardo che già mi conosce, che già mi ha veduto da solo, senza di te accanto, attaccato.
E sta scavando, abradendo, sbozzando, sagomando, raggiungendomi.

Perché tu sei solo il contenitore, ma io sono l’essenza.
In tutti gli spazi e gli interstizi che ci facevano combaciare, ecco che oggi s'insinuano polveri e fumi,
rumori e rovine. Se ci fossero sensi, sarebbero annientati da raffiche. E calda e densa una nube: paura. Che si dirada subito, nella luce che penetra con una graduale sensibilità in me.

E io sento, io lo avverto, lo so, di riflettere la bellezza perché le appartengo, come una pennellata a un quadro: questione di armonia e di nitidezza, proporzioni e profumo di valori che sottotraccia nascono migliori.
E poi la levità… Mani grandi e forti si fan caute; hanno urgenza le dita ma leggero muove il tocco essenziale negli stacchi.
Precede l’involucro la sostanza, nella natura delle cose e della vita sottesa.
Ora tu, che quello eri, sei frammenti di buio ai miei piedi.

Libertà

Sento tensione, e torsione in movimento. Sto fuoriuscendo dalla prigione stretta di una gabbia di marmo: finalmente libera e completa, alla luce.
Adesso, statuaria e maestosa come so di essere, guardo il mio artefice, e lui mi legge, negli occhi che ha disvelato, e mi grida:
“Perché non parli?”
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Inside

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Ciao @Poeta Zaza

Naturalmente, trattandosi di un MI dovevo capire la traccia; sono andato nel vecchio WD ma MI 141 era sparito. Per fortuna me li sono copiati tutti e ho visto la traccia di mezzanotte, di @caipiroska:
Lei e lui da soli. Al buio
Dove lei e lui possono essere un uomo e una donna chiusi in ascensore, un coltello e una forchetta dimenticati in un cassetto, due gemelli nel grembo materno, un bruco che spolpa la sua mela dall’interno.
Solo alla fine si deve capire chi sono.
Nessuna boa.

Avendo la traccia in chiaro tutto torna ed è più logico, almeno per me. Qui ci sono due presenze maschili, la statua di Mosè e Michelangelo. Tu fai parlare la statua o meglio, la materia informe, la creatura racchiusa a sua volta nel blocco di marmo inanimato che si rende conto di essere violata affinché possa uscire allo scoperto, affacciarsi alla luce del sole, alla vita. Apparentemente si avrebbe l’impressione di un prigioniero nelle mani di un oscuro rapitore, ma non è così, dalle parole che usa la materia, l’essere diciamo così, che sembra lamentarsi, non c’è costrizione. Forse una certa impazienza, ingratitudine quando dice:
Poeta Zaza ha scritto: Non è più tempo di coprirmi, non ho più bisogno di te, di un involucro che mi toglie il respiro.
Quasi una ribellione ingrata, primigenia, da Eden. Come se Adamo si stesse ribellando a Dio nel momento stesso in cui lo stava creando, perché non vedeva l’ora di vivere… Suggestioni che portano ad altre suggestioni filosofiche e teologiche, eresie post moderne da fine del mondo suscettibili di fantasiosi sviluppi letterari…
Alla fine la creatura di marmo viene completata, nella sua inquietante realtà e bellezza che, per quanto umana, rispecchia il divino, trattandosi di un simile personaggio.
Mi ha colpito e interessato questa “superbia” della creatura che si sente quasi al di sopra del suo artefice. È felice di essere finalmente libera, felice e consapevole della sua bellezza tanto che in un ulteriore impeto d’orgoglio sente le parole del creatore che fissandola le dice : Perché non parli?
Un’ottima idea, un’ottima trasposizione da parte tua con in più alcune rilevanti intuizioni circa l’ingratitudine di una creatura, di un figlio in sostanza nei confronti del padre. L'ingratitudine dell'uomo verso Dio. Una storia vecchia come il mondo se vogliamo, che si immerge nella notte dei tempi dell’umanità.
Mi è piaciuto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Inside

3
Caro @Alberto Tosciri :)

Ho molto gradito la tua interpretazione del tuo racconto, che riflette gran parte delle letture che avevo avuto sul WD.

La traccia di Lei e Lui da soli, al buio, a me aveva fatto balenare sin da subito l'immagine de "I prigione" di Michelangelo, dove l'opera finita
letteralmente si libera dal marmo che la imprigiona. Prima, lei (la statua di marmo da estrarre, il "contenuto") era fusa con lui (il marmo contenitore).
La mano dello scultore sa "vederla" e estrarla come la luce dal buio.
Sento tensione, e torsione in movimento.
Sto fuoriuscendo dalla prigione stretta di una gabbia di marmo: finalmente libera e completa, alla luce.
Adesso, statuaria e maestosa come so di essere, guardo il mio artefice, e lui mi legge, negli occhi che ha disvelato, e mi grida:
“Perché non parli?”
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi
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