[N20-3] Era bellissima
Posted: Sat Jan 16, 2021 11:14 am
Pacco13 -Riscrittura
Il racconto deve essere la riscrittura di un mito antico. Per esempio la storia rivisitata di Ulisse e Circe, il viaggio degli Argonauti alla conquista del vello d'oro o la tragedia di Medea. Puoi attingere liberamente dall'ampio repertorio della mitologia e riscrivere il mito con il tuo stile, adattandolo al genere e all'ambientazione che preferisci.
Boa: Il racconto deve avere almeno un elemento che sia collegato al mondo attuale. Può essere l'ambientazione, i personaggi o anche la tematica e il messaggio che vuoi esprimere.
Non più notte, non ancora giorno. Stelle che si ostinavano a brillare nel nero sbiadito, stracci di nuvole e una luna di ghiaccio.
Sulla statale, passato il curvone, sciabolava il bianco dei fanali di qualche auto e, ogni tanto, di un camion.
L’insegna del Baccabar colorava di verde lo spiazzo con i distributori di benzina. Poco più in là, il casotto dell’officina. Poca roba, giusto per qualche riparazione al volo.
Davanti all’ingresso due auto, una parcheggiata per storto e dentro, solo il gestore che armeggiava con la macchina del caffè.
L'uomo uscì barcollando dal cesso e si accasciò sul bancone.
«Dammene un altro, Bacca» biascicò pulendosi i baffi col dorso della mano.
«Te lo scordi» fece quello «È la terza volta che vai a vomitare.»
«Dammene un altro, t'ho detto.»
«Se ti riduci così, le api ti massacreranno e il tuo miele farà schifo.»
«Non dire stronzate. Le api non fanno il miele col sangue.»
Bacca prese il telecomando e accese il televisore appeso alla parete.
«Macabro ritrovamento nella discarica di Porto Gaiano. È un corpo fatto a pezzi, avvolto in sacchetti di plastica e nascosto tra i rifiuti. La testa presenta numerose lesioni e la mutilazione di un orecchio...»
« Ma cavolo, proprio necessari tutti questi particolari?»
«La gente ci sguazza» fece l’uomo «Dovrebbero guardargli in bocca, magari ci trovano un biglietto.»
«Sì, col nome dell'assassino» disse Bacca «Adesso ti faccio un caffè. Doppio.»
«Voglio da bere»
«Caffè e poche storie» disse mettendogli davanti la tazza «Dovresti piantarla di sfondarti in questo modo.»
«Ho le mie buone ragioni, sai? » disse l’altro con la voce impastata «E tu dovresti crederci alla cosa del biglietto. Sì, dovresti proprio crederci.»
L'altro dette un'occhiata al televisore.
«... prende corpo l'ipotesi di un regolamento di conti nell'ambiente della malavita organizzata...»
«Coglioni, non ne sanno niente.» disse l'uomo vuotandola tazza.
«Tu invece sì, eh?»
«Vuoi sapere come sono andate le cose? Vuoi saperlo?»
«Racconta, dai. Mi piacciono le tue cazzate di primo mattino.»
L'uomo si girò e guardò fuori «È già mattino? Avresti potuto dirmelo.»
«Ti faccio un altro caffè. Intanto comincia a raccontare, così smaltisci.»
«Se proprio insisti...» disse quello e accese una sigaretta.
«Insisto.»
«Va bene. Allora sappi che tutte le storie... No, non tutte, ma questa sì. Questa comincia con un lui e una lei che si amano e corrono come treni verso il vissero felici e contenti» tacque, la fronte aggrottata, come si fosse accorto di un pensiero che gli si era addensato proprio lì «Ma quasi mai finisce davvero così. Almeno non quella volta» tirò una boccata e guardò il velo di fumo dissolversi «Quei due lavoravano in coppia. Lei come cameriera, lui come fidanzato che, guarda caso, si invaghiva pazzamente della padrona. Facevano i soldi così.»
«Mica male.»
«Se le sceglievano con cura, le vecchie: sole e ricche. Lui le faceva impazzire, in questo era bravo, lei veniva messa alla porta e i due piccioncini convolavano a nozze. Matrimonio breve, vista l'età della sposina, che presto si toglieva di mezzo, giusto il tempo di cambiare testamento.»
«Dovrei farci un pensiero, invece che sbattermi dietro un bancone.»
«Quando la faccenda era conclusa, i due si davano appuntamento a centinaia di chilometri, dove nessuno li conosceva. E ricominciavano da capo. Andavano alla grande, finché qualcosa andò storto» si guardò intorno, guardò il mozzicone e fece per abbassare il braccio.
«Fermo!» disse l'altro tirando fuori un posacenere «Se mi trovano cicche per terra passo i guai.»
L'altro si voltò. Fuori e dentro il bar, il deserto. Si strinse nelle spalle e schiacciò il mozzicone.
«Continua» disse Bacca
«Lei era bella da levare il fiato. Se ne accorse pure il Libanese.»
«Chi?»
«Hádēs, quello a cui paghi il pizzo da quando hai aperto questo cesso.»
«Io, ma scherzi?»
«Ah, giusto, scusa. Quei soldi sono per i poverelli della parrocchia.»
«Vedo che il caffè ha fatto effetto» disse Bacca
«Purtroppo.»
«Insomma, cos'è che andò storto?»
«Lei era bella e sola e, mentre l'altro si spupazzava la vecchia, Hádēs l'agganciò nel solito modo: prima qualche dose in regalo poi, quando non poteva più farne a meno, cominciò ad alzare il prezzo. La tenne sul marciapiede quel tanto che bastava per farglielo odiare e alla fine, quasi fosse un premio, la consegnò a Madame Kore. La ragazza aveva stoffa e cantava come un angelo. Bastò una settimana di addestramento ed era pronta per l'EnferBlue»
«L'EnferBlue,, ne ho sentito parlare.»
«Non fare lo stronzo con me, ti ho visto. O vuoi dirmi che ti piace la cucina?»
«Vai avanti»
«Ci sa fare Hádēs, gli affari li fiuta da lontano. E lei era un grosso affare.»
In quel momento un camion si fermò sbuffando nello spiazzo. Due uomini entrarono e presero posto al tavolo vicino alla vetrata.
«Ciao, Bacca» fece quello più anziano «oggi colazione alla tedesca, abbiamo la tratta lunga.»
«Allora uova, salsicce e cicoria ripassata» disse Bacca «I crauti non ce li ho.»
«Meglio» disse il più giovane «E torta di mele.»
«Crostata di visciole» fece Bacca «L'ha fatta Teresa con le sue manine sante.»
«Ah beh, se ci ha messo le manine Teresa...»
«Allora bene così» disse Bacca e cominciò ad armeggiare con piatti e vassoi «Con te continuiamo dopo» fece all'uomo al bancone.
Quello annuì e si accese una sigaretta.
«Ehi, tu! Non si fuma qua dentro» fece il ragazzo seduto al tavolo.
L’uomo continuò a fumare senza nemmeno voltarsi. Era altrove. In quel pensiero che gli si era addensato in testa, che l’alcool aveva tenuto a bada per un po’, ma che adesso era lì, vivo e spietato.
Se lo ricordava come fosse ieri. Suonavano One more kiss,dear.
Lei sedeva sulle ginocchia di un maiale sudaticcio, sorrideva e versava champagne da 200€ a bottiglia. Strafatta di roba, eppure splendida come la luna d'estate.
Il maiale le stava biascicando qualcosa all’orecchio quando le luci si abbassarono. Lei si alzò, gli baciò la fronte e scomparve nell'ombra.
Un occhio di bue illuminò il sipario.
«Amici, è bellissimo vedervi qui. Voi siete bellissimi.»
Fasciato di paillettes e piume rosse, il metro e ottanta di Madame Kore troneggiava al centro del palco.
«Anche stasera vi siete meritati qualcosa di straordinario» disse con voce baritonale «Abbiamo sfidato l'invidia degli dei, che avrebbero voluto tenere per sé tanta bellezza, ma l'EnferBlue non poteva deludervi. E dunque, eccola. Per voi, e solo per voi!»
Si fece da parte, mentre il sipario si apriva ondeggiando. E apparve.
Lei.
Che cantava Dream a little dream of me.
E a lui, come ogni volta, si fermò il cuore.
L'altro entrò con la sigaretta tra le labbra, l'orecchino da pirata che faceva impazzire le donne e la solita faccia da cazzo.
Era un po’ che non si faceva vedere. Ma prima o poi sarebbe successo.
Urtò una ragazza col vassoio e filò dritto verso l'ufficio di Hádēs.
Era tornato.
«Stars fading but I linger on, dear»
Gli occhi di lei brillavano.
«Still craving your kiss»
Era venuto a riprendersela.
«Sweet dreams till sunbeams find you»
Era venuto per portarsela via!
«Sweet dreams that leave all worries behind you»
Era tornato da lei! E la voce, il corpo, tutto tremava di gioia.
Invece la porta dell'ufficio si aprì. Un armadio vestito di nero fece un cenno. Una ragazzina con la pelle ambrata si alzò da un tavolo e corse dentro.
Non era difficile capire cosa stesse succedendo.
La ragazzina era nuova, non troppo tossica. E costava di meno.
Dopo poco la porta si riaprì. Lui uscì. La ragazzina dietro.
Lei li vide.
La voce si incrinò.
«Just hold me tight and tell me you'll miss me» le uscì come un volo di uccelli al tramonto.
E con le stesse ali corse giù dal palco. Gli occhi, le braccia e tutto il corpo che gridavano Fermati! Che urlavano Sono qui! Che imploravano Aspettami!
Inciampò. Cadde. Rotolò giù rimbalzando sui gradini.
E restò così. Con la bocca aperta, lo sguardo incredulo e un rivolo rosso che colava dal naso.
Tentò di alzare la testa. Lo vide fermarsi sulla soglia. Lo vide voltarsi indietro per un attimo. Un attimo solo.
Lo vide andarsene.
«But in your dreams, whatever they be, dream a little dream of me»
Non finì mai quella canzone. Né quella né altre.
Con le vertebre spezzate in tre punti non viene facile cantare. Non viene facile più niente, nemmeno respirare. Ma c’erano le macchine per quello.
E gli amici. Che andavano a trovarla. Solo uno, per la verità.
Un coglione che ogni giorno le portava un vasetto del suo miele e lo metteva accanto agli altri, sul mobile di fronte al letto.
«Perché adesso hai da fare, ma presto ti sveglierai e potrai assaggiarlo» le diceva «E allora sentirai quanto è buono.»
Così per settimane. E mesi. Lo avrebbe fatto anche per sempre.
Un pomeriggio, il dottore gli venne incontro nel corridoio. Il camice svolazzante e l'aria frettolosa di chi ha ben altro da fare.
«Mi spiace» disse senza guardarlo in faccia «L'amministrazione dell'ospedale non ritiene di poter sostenere ancora i costi di un paziente in veglia non responsiva.»
Tutte quelle parole per dire: non ce ne frega niente, che si fotta.
Gli avrebbe volentieri sfondato la faccia.
Invece disse:«Per favore».
Col cuore in gola, che gli spezzava le parole, gli piegava le gambe e gli cacciava fuori quelle cazzo di lacrime.
«Per favore, fatemela salutare. Almeno un'ultima volta.»
«Provvederemo a staccare domani alle diciannove e trenta. Ne tenga conto.» disse quello e si allontanò.
Diciannove e trenta. Aveva tutto il tempo. E poi non è detto che, senza macchine, se ne sarebbe andata subito. No di certo, l'avrebbe aspettato.
Qualcuno ha detto "Non si ama chi è morto" ma se ami, se continui a farlo ogni giorno della tua vita, allora non c'è morte né oblio.
Per questo l’avrebbe aspettato. Perché c'era qualcosa che doveva fare. Una promessa. Un ultimo regalo.
L'avrebbe aspettato, ne era certo. Anche quella volta.
L'uomo schiacciò il mozzicone nel portacenere.
Bacca lo fissava con il mento poggiato a una mano.
«E ci andò?» chiese.
«Certo. Le portò un orecchino da pirata, di quelli che fanno impazzire le donne.»
«Uno solo?»
L'altro annuì «Glielo mise in mano e la richiuse. L'infermiera lo spinse verso la porta. Lui si avviò, ma sulla soglia si fermò. Si voltò. E la guardò per l’ultima volta. Era bellissima.»
Bacca strinse le labbra e sospirò «Certo che come le racconti tu le cazzate...»
«Merito una birra. Me la sono guadagnata, direi.»
L'altro aprì il frigo e la mise sul bancone.
«Quindi, le aveva portato l’orecchino dello stronzo. Come a dire… Oh cazzo! »
«No, non credo volesse dirle quello.»
«Aspetta! » disse l'altro puntando l’indice «Tu mi stai dicendo che, secondo te, la testa senza orecchio, quella che hanno trovato nella discarica, sarebbe dello stronzo. È questo che mi stai dicendo?»
L'uomo buttò giù una sorsata e accese una sigaretta.
«Tu fumi troppo. Bevi e fumi troppo. Questo ti ucciderà, lo sai vero? »
«Tanto, prima o poi…»
Bacca prese ad asciugare bicchieri e tazzine e a riporle sulla mensola.
D’un tratto si voltò «E il biglietto?» chiese.
«Che biglietto?»
Bacca sospirò «Vedi che l'alcool ti rincoglionisce? Il biglietto che, sempre secondo te, dovrebbero cercare in bocca allo stronzo. Che ci sarebbe scritto?»
L'altro si strinse nelle spalle.
«Quello che ti pare.»
«E no, dai!»
«C'è scritto: non si ama chi è morto.»
Bacca annuì assorto.
«E i nomi? Ce li avranno pure avuti dei nomi, quei disgraziati.»
«Quali nomi vorresti?»
«Mah... non so. È una storia grossa, ci vorrebbe qualcosa di importante.»
«Orfeo ed Euridice. Ti va bene?»
«Ma sì» fece l’altro grattandosi il mento « Orfeo ed Euridice. Sì, potrebbe andare.»
Dal televisore appeso al muro, apparve la sigla del notiziario e il mezzobusto griffato della giornalista: «Rintracciata l'identità del cadavere rinvenuto nella discarica di Porto Gaiano. Si tratterebbe di Orfeo Manetti, un pregiudicato coinvolto in truffe, spaccio e sfruttamento della prostituzione. Ancora ignota l'identità dell'autore dell'efferato delitto...»
Bacca sgranò gli occhi «Ma che cazz...»
L'uomo si alzò e si avviò verso l'uscita.
«Aristeo!» gli gridò dietro Bacca «Dimmi la verità: ma tu, di tutta questa faccenda, che ne sai?»
«Io? Niente. Ti ho solo raccontato una storia.» disse «Ah, la birra te l'ho pagata» e uscì.
Sul bancone, una banconota spiegazzata. Vicino al bordo, qualche macchia rossiccia, come di sangue rappreso.
Ma si sa, gli ubriachi si feriscono con niente.
Il racconto deve essere la riscrittura di un mito antico. Per esempio la storia rivisitata di Ulisse e Circe, il viaggio degli Argonauti alla conquista del vello d'oro o la tragedia di Medea. Puoi attingere liberamente dall'ampio repertorio della mitologia e riscrivere il mito con il tuo stile, adattandolo al genere e all'ambientazione che preferisci.
Boa: Il racconto deve avere almeno un elemento che sia collegato al mondo attuale. Può essere l'ambientazione, i personaggi o anche la tematica e il messaggio che vuoi esprimere.
Non più notte, non ancora giorno. Stelle che si ostinavano a brillare nel nero sbiadito, stracci di nuvole e una luna di ghiaccio.
Sulla statale, passato il curvone, sciabolava il bianco dei fanali di qualche auto e, ogni tanto, di un camion.
L’insegna del Baccabar colorava di verde lo spiazzo con i distributori di benzina. Poco più in là, il casotto dell’officina. Poca roba, giusto per qualche riparazione al volo.
Davanti all’ingresso due auto, una parcheggiata per storto e dentro, solo il gestore che armeggiava con la macchina del caffè.
L'uomo uscì barcollando dal cesso e si accasciò sul bancone.
«Dammene un altro, Bacca» biascicò pulendosi i baffi col dorso della mano.
«Te lo scordi» fece quello «È la terza volta che vai a vomitare.»
«Dammene un altro, t'ho detto.»
«Se ti riduci così, le api ti massacreranno e il tuo miele farà schifo.»
«Non dire stronzate. Le api non fanno il miele col sangue.»
Bacca prese il telecomando e accese il televisore appeso alla parete.
«Macabro ritrovamento nella discarica di Porto Gaiano. È un corpo fatto a pezzi, avvolto in sacchetti di plastica e nascosto tra i rifiuti. La testa presenta numerose lesioni e la mutilazione di un orecchio...»
« Ma cavolo, proprio necessari tutti questi particolari?»
«La gente ci sguazza» fece l’uomo «Dovrebbero guardargli in bocca, magari ci trovano un biglietto.»
«Sì, col nome dell'assassino» disse Bacca «Adesso ti faccio un caffè. Doppio.»
«Voglio da bere»
«Caffè e poche storie» disse mettendogli davanti la tazza «Dovresti piantarla di sfondarti in questo modo.»
«Ho le mie buone ragioni, sai? » disse l’altro con la voce impastata «E tu dovresti crederci alla cosa del biglietto. Sì, dovresti proprio crederci.»
L'altro dette un'occhiata al televisore.
«... prende corpo l'ipotesi di un regolamento di conti nell'ambiente della malavita organizzata...»
«Coglioni, non ne sanno niente.» disse l'uomo vuotandola tazza.
«Tu invece sì, eh?»
«Vuoi sapere come sono andate le cose? Vuoi saperlo?»
«Racconta, dai. Mi piacciono le tue cazzate di primo mattino.»
L'uomo si girò e guardò fuori «È già mattino? Avresti potuto dirmelo.»
«Ti faccio un altro caffè. Intanto comincia a raccontare, così smaltisci.»
«Se proprio insisti...» disse quello e accese una sigaretta.
«Insisto.»
«Va bene. Allora sappi che tutte le storie... No, non tutte, ma questa sì. Questa comincia con un lui e una lei che si amano e corrono come treni verso il vissero felici e contenti» tacque, la fronte aggrottata, come si fosse accorto di un pensiero che gli si era addensato proprio lì «Ma quasi mai finisce davvero così. Almeno non quella volta» tirò una boccata e guardò il velo di fumo dissolversi «Quei due lavoravano in coppia. Lei come cameriera, lui come fidanzato che, guarda caso, si invaghiva pazzamente della padrona. Facevano i soldi così.»
«Mica male.»
«Se le sceglievano con cura, le vecchie: sole e ricche. Lui le faceva impazzire, in questo era bravo, lei veniva messa alla porta e i due piccioncini convolavano a nozze. Matrimonio breve, vista l'età della sposina, che presto si toglieva di mezzo, giusto il tempo di cambiare testamento.»
«Dovrei farci un pensiero, invece che sbattermi dietro un bancone.»
«Quando la faccenda era conclusa, i due si davano appuntamento a centinaia di chilometri, dove nessuno li conosceva. E ricominciavano da capo. Andavano alla grande, finché qualcosa andò storto» si guardò intorno, guardò il mozzicone e fece per abbassare il braccio.
«Fermo!» disse l'altro tirando fuori un posacenere «Se mi trovano cicche per terra passo i guai.»
L'altro si voltò. Fuori e dentro il bar, il deserto. Si strinse nelle spalle e schiacciò il mozzicone.
«Continua» disse Bacca
«Lei era bella da levare il fiato. Se ne accorse pure il Libanese.»
«Chi?»
«Hádēs, quello a cui paghi il pizzo da quando hai aperto questo cesso.»
«Io, ma scherzi?»
«Ah, giusto, scusa. Quei soldi sono per i poverelli della parrocchia.»
«Vedo che il caffè ha fatto effetto» disse Bacca
«Purtroppo.»
«Insomma, cos'è che andò storto?»
«Lei era bella e sola e, mentre l'altro si spupazzava la vecchia, Hádēs l'agganciò nel solito modo: prima qualche dose in regalo poi, quando non poteva più farne a meno, cominciò ad alzare il prezzo. La tenne sul marciapiede quel tanto che bastava per farglielo odiare e alla fine, quasi fosse un premio, la consegnò a Madame Kore. La ragazza aveva stoffa e cantava come un angelo. Bastò una settimana di addestramento ed era pronta per l'EnferBlue»
«L'EnferBlue,, ne ho sentito parlare.»
«Non fare lo stronzo con me, ti ho visto. O vuoi dirmi che ti piace la cucina?»
«Vai avanti»
«Ci sa fare Hádēs, gli affari li fiuta da lontano. E lei era un grosso affare.»
In quel momento un camion si fermò sbuffando nello spiazzo. Due uomini entrarono e presero posto al tavolo vicino alla vetrata.
«Ciao, Bacca» fece quello più anziano «oggi colazione alla tedesca, abbiamo la tratta lunga.»
«Allora uova, salsicce e cicoria ripassata» disse Bacca «I crauti non ce li ho.»
«Meglio» disse il più giovane «E torta di mele.»
«Crostata di visciole» fece Bacca «L'ha fatta Teresa con le sue manine sante.»
«Ah beh, se ci ha messo le manine Teresa...»
«Allora bene così» disse Bacca e cominciò ad armeggiare con piatti e vassoi «Con te continuiamo dopo» fece all'uomo al bancone.
Quello annuì e si accese una sigaretta.
«Ehi, tu! Non si fuma qua dentro» fece il ragazzo seduto al tavolo.
L’uomo continuò a fumare senza nemmeno voltarsi. Era altrove. In quel pensiero che gli si era addensato in testa, che l’alcool aveva tenuto a bada per un po’, ma che adesso era lì, vivo e spietato.
Se lo ricordava come fosse ieri. Suonavano One more kiss,dear.
Lei sedeva sulle ginocchia di un maiale sudaticcio, sorrideva e versava champagne da 200€ a bottiglia. Strafatta di roba, eppure splendida come la luna d'estate.
Il maiale le stava biascicando qualcosa all’orecchio quando le luci si abbassarono. Lei si alzò, gli baciò la fronte e scomparve nell'ombra.
Un occhio di bue illuminò il sipario.
«Amici, è bellissimo vedervi qui. Voi siete bellissimi.»
Fasciato di paillettes e piume rosse, il metro e ottanta di Madame Kore troneggiava al centro del palco.
«Anche stasera vi siete meritati qualcosa di straordinario» disse con voce baritonale «Abbiamo sfidato l'invidia degli dei, che avrebbero voluto tenere per sé tanta bellezza, ma l'EnferBlue non poteva deludervi. E dunque, eccola. Per voi, e solo per voi!»
Si fece da parte, mentre il sipario si apriva ondeggiando. E apparve.
Lei.
Che cantava Dream a little dream of me.
E a lui, come ogni volta, si fermò il cuore.
L'altro entrò con la sigaretta tra le labbra, l'orecchino da pirata che faceva impazzire le donne e la solita faccia da cazzo.
Era un po’ che non si faceva vedere. Ma prima o poi sarebbe successo.
Urtò una ragazza col vassoio e filò dritto verso l'ufficio di Hádēs.
Era tornato.
«Stars fading but I linger on, dear»
Gli occhi di lei brillavano.
«Still craving your kiss»
Era venuto a riprendersela.
«Sweet dreams till sunbeams find you»
Era venuto per portarsela via!
«Sweet dreams that leave all worries behind you»
Era tornato da lei! E la voce, il corpo, tutto tremava di gioia.
Invece la porta dell'ufficio si aprì. Un armadio vestito di nero fece un cenno. Una ragazzina con la pelle ambrata si alzò da un tavolo e corse dentro.
Non era difficile capire cosa stesse succedendo.
La ragazzina era nuova, non troppo tossica. E costava di meno.
Dopo poco la porta si riaprì. Lui uscì. La ragazzina dietro.
Lei li vide.
La voce si incrinò.
«Just hold me tight and tell me you'll miss me» le uscì come un volo di uccelli al tramonto.
E con le stesse ali corse giù dal palco. Gli occhi, le braccia e tutto il corpo che gridavano Fermati! Che urlavano Sono qui! Che imploravano Aspettami!
Inciampò. Cadde. Rotolò giù rimbalzando sui gradini.
E restò così. Con la bocca aperta, lo sguardo incredulo e un rivolo rosso che colava dal naso.
Tentò di alzare la testa. Lo vide fermarsi sulla soglia. Lo vide voltarsi indietro per un attimo. Un attimo solo.
Lo vide andarsene.
«But in your dreams, whatever they be, dream a little dream of me»
Non finì mai quella canzone. Né quella né altre.
Con le vertebre spezzate in tre punti non viene facile cantare. Non viene facile più niente, nemmeno respirare. Ma c’erano le macchine per quello.
E gli amici. Che andavano a trovarla. Solo uno, per la verità.
Un coglione che ogni giorno le portava un vasetto del suo miele e lo metteva accanto agli altri, sul mobile di fronte al letto.
«Perché adesso hai da fare, ma presto ti sveglierai e potrai assaggiarlo» le diceva «E allora sentirai quanto è buono.»
Così per settimane. E mesi. Lo avrebbe fatto anche per sempre.
Un pomeriggio, il dottore gli venne incontro nel corridoio. Il camice svolazzante e l'aria frettolosa di chi ha ben altro da fare.
«Mi spiace» disse senza guardarlo in faccia «L'amministrazione dell'ospedale non ritiene di poter sostenere ancora i costi di un paziente in veglia non responsiva.»
Tutte quelle parole per dire: non ce ne frega niente, che si fotta.
Gli avrebbe volentieri sfondato la faccia.
Invece disse:«Per favore».
Col cuore in gola, che gli spezzava le parole, gli piegava le gambe e gli cacciava fuori quelle cazzo di lacrime.
«Per favore, fatemela salutare. Almeno un'ultima volta.»
«Provvederemo a staccare domani alle diciannove e trenta. Ne tenga conto.» disse quello e si allontanò.
Diciannove e trenta. Aveva tutto il tempo. E poi non è detto che, senza macchine, se ne sarebbe andata subito. No di certo, l'avrebbe aspettato.
Qualcuno ha detto "Non si ama chi è morto" ma se ami, se continui a farlo ogni giorno della tua vita, allora non c'è morte né oblio.
Per questo l’avrebbe aspettato. Perché c'era qualcosa che doveva fare. Una promessa. Un ultimo regalo.
L'avrebbe aspettato, ne era certo. Anche quella volta.
L'uomo schiacciò il mozzicone nel portacenere.
Bacca lo fissava con il mento poggiato a una mano.
«E ci andò?» chiese.
«Certo. Le portò un orecchino da pirata, di quelli che fanno impazzire le donne.»
«Uno solo?»
L'altro annuì «Glielo mise in mano e la richiuse. L'infermiera lo spinse verso la porta. Lui si avviò, ma sulla soglia si fermò. Si voltò. E la guardò per l’ultima volta. Era bellissima.»
Bacca strinse le labbra e sospirò «Certo che come le racconti tu le cazzate...»
«Merito una birra. Me la sono guadagnata, direi.»
L'altro aprì il frigo e la mise sul bancone.
«Quindi, le aveva portato l’orecchino dello stronzo. Come a dire… Oh cazzo! »
«No, non credo volesse dirle quello.»
«Aspetta! » disse l'altro puntando l’indice «Tu mi stai dicendo che, secondo te, la testa senza orecchio, quella che hanno trovato nella discarica, sarebbe dello stronzo. È questo che mi stai dicendo?»
L'uomo buttò giù una sorsata e accese una sigaretta.
«Tu fumi troppo. Bevi e fumi troppo. Questo ti ucciderà, lo sai vero? »
«Tanto, prima o poi…»
Bacca prese ad asciugare bicchieri e tazzine e a riporle sulla mensola.
D’un tratto si voltò «E il biglietto?» chiese.
«Che biglietto?»
Bacca sospirò «Vedi che l'alcool ti rincoglionisce? Il biglietto che, sempre secondo te, dovrebbero cercare in bocca allo stronzo. Che ci sarebbe scritto?»
L'altro si strinse nelle spalle.
«Quello che ti pare.»
«E no, dai!»
«C'è scritto: non si ama chi è morto.»
Bacca annuì assorto.
«E i nomi? Ce li avranno pure avuti dei nomi, quei disgraziati.»
«Quali nomi vorresti?»
«Mah... non so. È una storia grossa, ci vorrebbe qualcosa di importante.»
«Orfeo ed Euridice. Ti va bene?»
«Ma sì» fece l’altro grattandosi il mento « Orfeo ed Euridice. Sì, potrebbe andare.»
Dal televisore appeso al muro, apparve la sigla del notiziario e il mezzobusto griffato della giornalista: «Rintracciata l'identità del cadavere rinvenuto nella discarica di Porto Gaiano. Si tratterebbe di Orfeo Manetti, un pregiudicato coinvolto in truffe, spaccio e sfruttamento della prostituzione. Ancora ignota l'identità dell'autore dell'efferato delitto...»
Bacca sgranò gli occhi «Ma che cazz...»
L'uomo si alzò e si avviò verso l'uscita.
«Aristeo!» gli gridò dietro Bacca «Dimmi la verità: ma tu, di tutta questa faccenda, che ne sai?»
«Io? Niente. Ti ho solo raccontato una storia.» disse «Ah, la birra te l'ho pagata» e uscì.
Sul bancone, una banconota spiegazzata. Vicino al bordo, qualche macchia rossiccia, come di sangue rappreso.
Ma si sa, gli ubriachi si feriscono con niente.