Il giorno dell'Immacolata
Posted: Sun Dec 10, 2023 9:27 am
Link al racconto commentato.
8 dicembre 2008, giorno dell’Immacolata. La sedia su cui poggiavo gli abiti galleggiava in aria, insieme ad altre cianfrusaglie che avevo lasciato in giro per la camera. Appena sveglio provai ad andare a caccia dello smartphone, che di solito lasciavo sotto al cuscino, in cerca di notifiche o messaggi. Purtroppo il cuscino fluttuava accanto al lampadario, il letto sospeso con le lenzuola penzolanti a due metri e mezzo dal suolo, completamente rovesciato, mentre io stavo a testa in giù con la faccia incredula ritratta nello specchio. La libreria era vuota, ormai dovevo navigare per spostarmi da un punto a un altro. Mi sono spesso chiesto com’era stare sulla Luna nella missione Apollo 11 e, ironia della sorte, adesso avevo tutte le risposte. Con l’unica differenza che non avevo una tuta da astronauta, né uno shuttle che mi portasse via da questo pianeta. Volavo libero, in pigiama.
Mamma irruppe nella mia stanza, chiamandomi per nome. “Non vieni in cucina? La colazione è pronta.” Mi guardò mentre cercavo di aggrapparmi al lampadario sul soffitto, che intanto aveva perso peso e se ne stava floscio verso l’alto.
“Non hai notato nulla di strano, eh, mamma?”
“Fai presto, sennò la colazione si fredda.”
Lasciò la porta aperta e se ne andò, attraversando il corridoio, totalmente estranea alla situazione.
Recuperai lo smartphone: nessun messaggio, nessuno parlava del fenomeno antigravitazionale. Ma la mia testardaggine volle scoprire l’arcano, trascorrendo una buona mezz’ora a scrivere messaggi ai miei compagni di scuola. Mi diedero per matto.
Poi mi diressi in cucina. Mia madre camminava normalmente e gli oggetti erano ben saldi nella loro posizione. Cucinava le uova strapazzate. Provai a sedermi per fare colazione, ma l’assenza di gravità mi impediva di farlo. Decisi allora di consumare il pasto a mezz’aria e notai che il cibo, rispetto alle altre cose, non fluttuava, rimanendo aderente al piatto.
“Mamma, non hai notato nulla di strano?”
“Faresti bene a scendere dal soffitto!” gridò.
La TV era accesa sui suoi canali preferiti, mandava in onda la santa messa e gli Ave Maria. Consumò la colazione in tutta tranquillità, dopo averla benedetta con un Padre Nostro.
Osservai le altre stanze, in cerca di conferme. Forse era un sogno, o un mondo parallelo... Niente. Mi diedi uno schiaffo, ma sentivo solo dolore, ero perfettamente sveglio. Mamma, invece, era salda su sé stessa. Nulla aveva alterato la sua routine, quella giornata.
Mi intrufolai nella camera dei miei genitori. Gli oggetti erano tutti al loro posto e dall’alto potevo vedere le bomboniere, i portagioie, i quadretti sparsi sulle pareti. Tipico di mia madre.
Intanto mia sorella giocava sulla poltrona con la sua console portatile. Era così immersa nel gioco che non si accorse minimamente di essere andata a finire poco alla volta verso la mansarda. Restò a gambe incrociate, e poi su per le gradinate, giocando a Crash. Crash poteva cadere infinite volte e risorgere, ma nel mentre mia sorella viaggiava molto oltre il parapetto della veranda. Be’, almeno non poteva cadere, tutt’al più avrebbe potuto sormontare l’atmosfera terrestre e, perché no?, andare sulla Luna. Non credo sarei andato a ripescarla sui crateri lunari però. Fatti suoi.
Bisognava cercare una soluzione al problema, per quanto piacevole potesse sembrare sentirsi leggeri. Mamma sembrava inconsapevole di quell’alterazione spazio-temporale, papà invece dormiva beato. Provai a svegliarlo e chiedergli consiglio.
“Papà, stai dormendo?”, timoroso. In verità, non avevo ragione di esserlo, russava così profondamente mentre io ero il solo a dannarsi del problema. Un altro arcano che non meritava spiegazione.
Ritornai in cucina, mamma chiacchierava allegramente con la sua amica Katy. Stavano discutendo delle ricette da cucinare per pranzo, dividendosi i ruoli, e ognuna proponeva la sua. All’ora di pranzo ci saremmo visti tutti insieme per festeggiare il giorno dell’Immacolata con un barbecue in giardino. Papà ne sarebbe stato felicissimo, amava tanto arrostire la carne. E tutti gli altri? Mi avrebbero visto pranzare a cinque o sei metri sopra di loro?
Afferrai il cellulare e scrissi sul motore di ricerca: “Notizie assenza gravità”, “Allucinazioni mondo parallelo”. Nulla di nulla. Il motore di ricerca mi dava notizie sullo sbarco dell’uomo sulla Luna del ‘69, informazioni scientifiche sul comportamento dei corpi in assenza di gravità, poco altro. I notiziari non davano cenno di anomalie, quel giorno, eccetto la solita cronaca. Perché gli oggetti della mia camera, me stesso e mia sorella eravamo sospesi nello spazio mentre i miei continuavano a vivere ignari?
Nel frattempo mia sorella volò via dalla finestra, giocando con il suo amato gameboy. Fu così che non la rivedemmo più. Nessuna tragedia: non mi sforzai minimamente di andarla a cercare, anche perché a quest’ora credo debba essere già molto oltre
l’orbita terrestre, ma conoscendola suppongo debba farvi ritorno non appena si sarà scaricata la console.
Dopo quattro ore circa dal mio risveglio, iniziai seriamente a preoccuparmi. Mi sentii sopraffatto dal paradosso. Involontariamente iniziai ad avvicinarmi al suolo. Pensai solo cose negative, in preda al panico. Se mamma non risponde da persona adulta, giuro che mi metto a urlare. Ma cosa avrebbe risolto? Non lo so, forse si sarebbe “resa conto” della situazione. Imprecai contro tutti i santi e, improvvisamente, mi sentii spingere contro il soffitto, pervaso da una misteriosa forza antigravitazionale.
Mia madre fece capolino alla porta, completamente fuori di sé.
Mi ricoprì di insulti, dandomi del peccatore e strillando che in tutti gli anni in cui lei era cresciuta sotto al tetto genitoriale non aveva mai e poi mai osato bestemmiare. Poi afferrò il Vangelo, furiosa, e me lo scagliò contro, cadendo però velocemente a terra come pesasse quintali.
“Dovresti leggerlo, TU e tua sorella” puntandomi l’indice “siete privi di valori. Non è così che vi ho educati!” sentenziò, e sbatté la porta, adirata.
Osservai i libri fluttuare in aria, poi il Vangelo. Era pesantemente ancorato al suolo. Mi spinsi verso terra con tutte le mie forze e osai combattere la forza antigravitazionale. Afferrai il Vangelo che mia madre aveva lanciato con tanta nonchalance, invece io faticavo per sfogliare una singola pagina. Mi ci aggrappai, come un naufrago ad uno scoglio, e questo fu sufficiente a contrastare la forza antigravità, malgrado le mie gambe fossero ancora sospinte verso l’alto. Sfogliai un’altra pagina e ne lessi il contenuto. In preda alla disperazione, pregai il Signore di salvarmi. Un po’ alla volta
sentii il corpo ridivenire più solido, sempre più ancorato alla terra, mentre il Vangelo, contrariamente, divenne più leggero. Non ero ancora capace di camminare con le gambe, ma riuscivo a spostarmi con le mani e procedere una mano dopo l’altra lungo il corridoio.
Tornai da mia madre. “Adesso riesco a camminare, ma solo con le mani.” Si portò una mano alla bocca e iniziò a lacrimare. “Non te ne facevo minimamente capace” esclamò, commossa. Aprì le braccia al cielo, in segno di gratitudine, e chiuse gli occhi, poi giunse le mani e recitò l’Atto di dolore: “Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati…”
Continuai: “Perché peccando ho meritato i tuoi castighi…”
In quel preciso istante mi schiantai contro il suolo, a pancia in giù. Me la cavai con una botta violenta e qualche livido, ma in compenso fu un dolore di “sollievo”. Dalla mia stanza provenne un boato: gli oggetti si scaraventarono al suolo e molte cose si ruppero. Furono salvati solo i libri e, ovviamente, il Vangelo.
“Visto? Avevo ragione. Tu e tua sorella dovreste andare di più in chiesa.” Lei aveva sempre ragione ed era sempre salda a terra. Una donna tutta d’un pezzo, mia madre. Eppure papà, benché fosse poco praticante e più devoto al cibo che alla chiesa, passò tutta la mattinata a dormire beatamente. Ci chiedemmo di come non fosse finito oltre orbita. “Tuo padre ha il sonno pesante” concluse lei.
8 dicembre 2008, giorno dell’Immacolata. La sedia su cui poggiavo gli abiti galleggiava in aria, insieme ad altre cianfrusaglie che avevo lasciato in giro per la camera. Appena sveglio provai ad andare a caccia dello smartphone, che di solito lasciavo sotto al cuscino, in cerca di notifiche o messaggi. Purtroppo il cuscino fluttuava accanto al lampadario, il letto sospeso con le lenzuola penzolanti a due metri e mezzo dal suolo, completamente rovesciato, mentre io stavo a testa in giù con la faccia incredula ritratta nello specchio. La libreria era vuota, ormai dovevo navigare per spostarmi da un punto a un altro. Mi sono spesso chiesto com’era stare sulla Luna nella missione Apollo 11 e, ironia della sorte, adesso avevo tutte le risposte. Con l’unica differenza che non avevo una tuta da astronauta, né uno shuttle che mi portasse via da questo pianeta. Volavo libero, in pigiama.
Mamma irruppe nella mia stanza, chiamandomi per nome. “Non vieni in cucina? La colazione è pronta.” Mi guardò mentre cercavo di aggrapparmi al lampadario sul soffitto, che intanto aveva perso peso e se ne stava floscio verso l’alto.
“Non hai notato nulla di strano, eh, mamma?”
“Fai presto, sennò la colazione si fredda.”
Lasciò la porta aperta e se ne andò, attraversando il corridoio, totalmente estranea alla situazione.
Recuperai lo smartphone: nessun messaggio, nessuno parlava del fenomeno antigravitazionale. Ma la mia testardaggine volle scoprire l’arcano, trascorrendo una buona mezz’ora a scrivere messaggi ai miei compagni di scuola. Mi diedero per matto.
Poi mi diressi in cucina. Mia madre camminava normalmente e gli oggetti erano ben saldi nella loro posizione. Cucinava le uova strapazzate. Provai a sedermi per fare colazione, ma l’assenza di gravità mi impediva di farlo. Decisi allora di consumare il pasto a mezz’aria e notai che il cibo, rispetto alle altre cose, non fluttuava, rimanendo aderente al piatto.
“Mamma, non hai notato nulla di strano?”
“Faresti bene a scendere dal soffitto!” gridò.
La TV era accesa sui suoi canali preferiti, mandava in onda la santa messa e gli Ave Maria. Consumò la colazione in tutta tranquillità, dopo averla benedetta con un Padre Nostro.
Osservai le altre stanze, in cerca di conferme. Forse era un sogno, o un mondo parallelo... Niente. Mi diedi uno schiaffo, ma sentivo solo dolore, ero perfettamente sveglio. Mamma, invece, era salda su sé stessa. Nulla aveva alterato la sua routine, quella giornata.
Mi intrufolai nella camera dei miei genitori. Gli oggetti erano tutti al loro posto e dall’alto potevo vedere le bomboniere, i portagioie, i quadretti sparsi sulle pareti. Tipico di mia madre.
Intanto mia sorella giocava sulla poltrona con la sua console portatile. Era così immersa nel gioco che non si accorse minimamente di essere andata a finire poco alla volta verso la mansarda. Restò a gambe incrociate, e poi su per le gradinate, giocando a Crash. Crash poteva cadere infinite volte e risorgere, ma nel mentre mia sorella viaggiava molto oltre il parapetto della veranda. Be’, almeno non poteva cadere, tutt’al più avrebbe potuto sormontare l’atmosfera terrestre e, perché no?, andare sulla Luna. Non credo sarei andato a ripescarla sui crateri lunari però. Fatti suoi.
Bisognava cercare una soluzione al problema, per quanto piacevole potesse sembrare sentirsi leggeri. Mamma sembrava inconsapevole di quell’alterazione spazio-temporale, papà invece dormiva beato. Provai a svegliarlo e chiedergli consiglio.
“Papà, stai dormendo?”, timoroso. In verità, non avevo ragione di esserlo, russava così profondamente mentre io ero il solo a dannarsi del problema. Un altro arcano che non meritava spiegazione.
Ritornai in cucina, mamma chiacchierava allegramente con la sua amica Katy. Stavano discutendo delle ricette da cucinare per pranzo, dividendosi i ruoli, e ognuna proponeva la sua. All’ora di pranzo ci saremmo visti tutti insieme per festeggiare il giorno dell’Immacolata con un barbecue in giardino. Papà ne sarebbe stato felicissimo, amava tanto arrostire la carne. E tutti gli altri? Mi avrebbero visto pranzare a cinque o sei metri sopra di loro?
Afferrai il cellulare e scrissi sul motore di ricerca: “Notizie assenza gravità”, “Allucinazioni mondo parallelo”. Nulla di nulla. Il motore di ricerca mi dava notizie sullo sbarco dell’uomo sulla Luna del ‘69, informazioni scientifiche sul comportamento dei corpi in assenza di gravità, poco altro. I notiziari non davano cenno di anomalie, quel giorno, eccetto la solita cronaca. Perché gli oggetti della mia camera, me stesso e mia sorella eravamo sospesi nello spazio mentre i miei continuavano a vivere ignari?
Nel frattempo mia sorella volò via dalla finestra, giocando con il suo amato gameboy. Fu così che non la rivedemmo più. Nessuna tragedia: non mi sforzai minimamente di andarla a cercare, anche perché a quest’ora credo debba essere già molto oltre
l’orbita terrestre, ma conoscendola suppongo debba farvi ritorno non appena si sarà scaricata la console.
Dopo quattro ore circa dal mio risveglio, iniziai seriamente a preoccuparmi. Mi sentii sopraffatto dal paradosso. Involontariamente iniziai ad avvicinarmi al suolo. Pensai solo cose negative, in preda al panico. Se mamma non risponde da persona adulta, giuro che mi metto a urlare. Ma cosa avrebbe risolto? Non lo so, forse si sarebbe “resa conto” della situazione. Imprecai contro tutti i santi e, improvvisamente, mi sentii spingere contro il soffitto, pervaso da una misteriosa forza antigravitazionale.
Mia madre fece capolino alla porta, completamente fuori di sé.
Mi ricoprì di insulti, dandomi del peccatore e strillando che in tutti gli anni in cui lei era cresciuta sotto al tetto genitoriale non aveva mai e poi mai osato bestemmiare. Poi afferrò il Vangelo, furiosa, e me lo scagliò contro, cadendo però velocemente a terra come pesasse quintali.
“Dovresti leggerlo, TU e tua sorella” puntandomi l’indice “siete privi di valori. Non è così che vi ho educati!” sentenziò, e sbatté la porta, adirata.
Osservai i libri fluttuare in aria, poi il Vangelo. Era pesantemente ancorato al suolo. Mi spinsi verso terra con tutte le mie forze e osai combattere la forza antigravitazionale. Afferrai il Vangelo che mia madre aveva lanciato con tanta nonchalance, invece io faticavo per sfogliare una singola pagina. Mi ci aggrappai, come un naufrago ad uno scoglio, e questo fu sufficiente a contrastare la forza antigravità, malgrado le mie gambe fossero ancora sospinte verso l’alto. Sfogliai un’altra pagina e ne lessi il contenuto. In preda alla disperazione, pregai il Signore di salvarmi. Un po’ alla volta
sentii il corpo ridivenire più solido, sempre più ancorato alla terra, mentre il Vangelo, contrariamente, divenne più leggero. Non ero ancora capace di camminare con le gambe, ma riuscivo a spostarmi con le mani e procedere una mano dopo l’altra lungo il corridoio.
Tornai da mia madre. “Adesso riesco a camminare, ma solo con le mani.” Si portò una mano alla bocca e iniziò a lacrimare. “Non te ne facevo minimamente capace” esclamò, commossa. Aprì le braccia al cielo, in segno di gratitudine, e chiuse gli occhi, poi giunse le mani e recitò l’Atto di dolore: “Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati…”
Continuai: “Perché peccando ho meritato i tuoi castighi…”
In quel preciso istante mi schiantai contro il suolo, a pancia in giù. Me la cavai con una botta violenta e qualche livido, ma in compenso fu un dolore di “sollievo”. Dalla mia stanza provenne un boato: gli oggetti si scaraventarono al suolo e molte cose si ruppero. Furono salvati solo i libri e, ovviamente, il Vangelo.
“Visto? Avevo ragione. Tu e tua sorella dovreste andare di più in chiesa.” Lei aveva sempre ragione ed era sempre salda a terra. Una donna tutta d’un pezzo, mia madre. Eppure papà, benché fosse poco praticante e più devoto al cibo che alla chiesa, passò tutta la mattinata a dormire beatamente. Ci chiedemmo di come non fosse finito oltre orbita. “Tuo padre ha il sonno pesante” concluse lei.
8 dicembre 2008, giorno dell’Immacolata. La sedia su cui poggiavo gli abiti galleggiava in aria, insieme ad altre cianfrusaglie che avevo lasciato in giro per la camera. Appena sveglio provai ad andare a caccia dello smartphone, che di solito lasciavo sotto al cuscino, in cerca di notifiche o messaggi. Purtroppo il cuscino fluttuava accanto al lampadario, il letto sospeso con le lenzuola penzolanti a due metri e mezzo dal suolo, completamente rovesciato, mentre io stavo a testa in giù con la faccia incredula ritratta nello specchio. La libreria era vuota, ormai dovevo navigare per spostarmi da un punto a un altro. Mi sono spesso chiesto com’era stare sulla Luna nella missione Apollo 11 e, ironia della sorte, adesso avevo tutte le risposte. Con l’unica differenza che non avevo una tuta da astronauta, né uno shuttle che mi portasse via da questo pianeta. Volavo libero, in pigiama.
Mamma irruppe nella mia stanza, chiamandomi per nome. “Non vieni in cucina? La colazione è pronta.” Mi guardò mentre cercavo di aggrapparmi al lampadario sul soffitto, che intanto aveva perso peso e se ne stava floscio verso l’alto.
“Non hai notato nulla di strano, eh, mamma?”
“Fai presto, sennò la colazione si fredda.”
Lasciò la porta aperta e se ne andò, attraversando il corridoio, totalmente estranea alla situazione.
Recuperai lo smartphone: nessun messaggio, nessuno parlava del fenomeno antigravitazionale. Ma la mia testardaggine volle scoprire l’arcano, trascorrendo una buona mezz’ora a scrivere messaggi ai miei compagni di scuola. Mi diedero per matto.
Poi mi diressi in cucina. Mia madre camminava normalmente e gli oggetti erano ben saldi nella loro posizione. Cucinava le uova strapazzate. Provai a sedermi per fare colazione, ma l’assenza di gravità mi impediva di farlo. Decisi allora di consumare il pasto a mezz’aria e notai che il cibo, rispetto alle altre cose, non fluttuava, rimanendo aderente al piatto.
“Mamma, non hai notato nulla di strano?”
“Faresti bene a scendere dal soffitto!” gridò.
La TV era accesa sui suoi canali preferiti, mandava in onda la santa messa e gli Ave Maria. Consumò la colazione in tutta tranquillità, dopo averla benedetta con un Padre Nostro.
Osservai le altre stanze, in cerca di conferme. Forse era un sogno, o un mondo parallelo... Niente. Mi diedi uno schiaffo, ma sentivo solo dolore, ero perfettamente sveglio. Mamma, invece, era salda su sé stessa. Nulla aveva alterato la sua routine, quella giornata.
Mi intrufolai nella camera dei miei genitori. Gli oggetti erano tutti al loro posto e dall’alto potevo vedere le bomboniere, i portagioie, i quadretti sparsi sulle pareti. Tipico di mia madre.
Intanto mia sorella giocava sulla poltrona con la sua console portatile. Era così immersa nel gioco che non si accorse minimamente di essere andata a finire poco alla volta verso la mansarda. Restò a gambe incrociate, e poi su per le gradinate, giocando a Crash. Crash poteva cadere infinite volte e risorgere, ma nel mentre mia sorella viaggiava molto oltre il parapetto della veranda. Be’, almeno non poteva cadere, tutt’al più avrebbe potuto sormontare l’atmosfera terrestre e, perché no?, andare sulla Luna. Non credo sarei andato a ripescarla sui crateri lunari però. Fatti suoi.
Bisognava cercare una soluzione al problema, per quanto piacevole potesse sembrare sentirsi leggeri. Mamma sembrava inconsapevole di quell’alterazione spazio-temporale, papà invece dormiva beato. Provai a svegliarlo e chiedergli consiglio.
“Papà, stai dormendo?”, timoroso. In verità, non avevo ragione di esserlo, russava così profondamente mentre io ero il solo a dannarsi del problema. Un altro arcano che non meritava spiegazione.
Ritornai in cucina, mamma chiacchierava allegramente con la sua amica Katy. Stavano discutendo delle ricette da cucinare per pranzo, dividendosi i ruoli, e ognuna proponeva la sua. All’ora di pranzo ci saremmo visti tutti insieme per festeggiare il giorno dell’Immacolata con un barbecue in giardino. Papà ne sarebbe stato felicissimo, amava tanto arrostire la carne. E tutti gli altri? Mi avrebbero visto pranzare a cinque o sei metri sopra di loro?
Afferrai il cellulare e scrissi sul motore di ricerca: “Notizie assenza gravità”, “Allucinazioni mondo parallelo”. Nulla di nulla. Il motore di ricerca mi dava notizie sullo sbarco dell’uomo sulla Luna del ‘69, informazioni scientifiche sul comportamento dei corpi in assenza di gravità, poco altro. I notiziari non davano cenno di anomalie, quel giorno, eccetto la solita cronaca. Perché gli oggetti della mia camera, me stesso e mia sorella eravamo sospesi nello spazio mentre i miei continuavano a vivere ignari?
Nel frattempo mia sorella volò via dalla finestra, giocando con il suo amato gameboy. Fu così che non la rivedemmo più. Nessuna tragedia: non mi sforzai minimamente di andarla a cercare, anche perché a quest’ora credo debba essere già molto oltre
l’orbita terrestre, ma conoscendola suppongo debba farvi ritorno non appena si sarà scaricata la console.
Dopo quattro ore circa dal mio risveglio, iniziai seriamente a preoccuparmi. Mi sentii sopraffatto dal paradosso. Involontariamente iniziai ad avvicinarmi al suolo. Pensai solo cose negative, in preda al panico. Se mamma non risponde da persona adulta, giuro che mi metto a urlare. Ma cosa avrebbe risolto? Non lo so, forse si sarebbe “resa conto” della situazione. Imprecai contro tutti i santi e, improvvisamente, mi sentii spingere contro il soffitto, pervaso da una misteriosa forza antigravitazionale.
Mia madre fece capolino alla porta, completamente fuori di sé.
Mi ricoprì di insulti, dandomi del peccatore e strillando che in tutti gli anni in cui lei era cresciuta sotto al tetto genitoriale non aveva mai e poi mai osato bestemmiare. Poi afferrò il Vangelo, furiosa, e me lo scagliò contro, cadendo però velocemente a terra come pesasse quintali.
“Dovresti leggerlo, TU e tua sorella” puntandomi l’indice “siete privi di valori. Non è così che vi ho educati!” sentenziò, e sbatté la porta, adirata.
Osservai i libri fluttuare in aria, poi il Vangelo. Era pesantemente ancorato al suolo. Mi spinsi verso terra con tutte le mie forze e osai combattere la forza antigravitazionale. Afferrai il Vangelo che mia madre aveva lanciato con tanta nonchalance, invece io faticavo per sfogliare una singola pagina. Mi ci aggrappai, come un naufrago ad uno scoglio, e questo fu sufficiente a contrastare la forza antigravità, malgrado le mie gambe fossero ancora sospinte verso l’alto. Sfogliai un’altra pagina e ne lessi il contenuto. In preda alla disperazione, pregai il Signore di salvarmi. Un po’ alla volta
sentii il corpo ridivenire più solido, sempre più ancorato alla terra, mentre il Vangelo, contrariamente, divenne più leggero. Non ero ancora capace di camminare con le gambe, ma riuscivo a spostarmi con le mani e procedere una mano dopo l’altra lungo il corridoio.
Tornai da mia madre. “Adesso riesco a camminare, ma solo con le mani.” Si portò una mano alla bocca e iniziò a lacrimare. “Non te ne facevo minimamente capace” esclamò, commossa. Aprì le braccia al cielo, in segno di gratitudine, e chiuse gli occhi, poi giunse le mani e recitò l’Atto di dolore: “Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati…”
Continuai: “Perché peccando ho meritato i tuoi castighi…”
In quel preciso istante mi schiantai contro il suolo, a pancia in giù. Me la cavai con una botta violenta e qualche livido, ma in compenso fu un dolore di “sollievo”. Dalla mia stanza provenne un boato: gli oggetti si scaraventarono al suolo e molte cose si ruppero. Furono salvati solo i libri e, ovviamente, il Vangelo.
“Visto? Avevo ragione. Tu e tua sorella dovreste andare di più in chiesa.” Lei aveva sempre ragione ed era sempre salda a terra. Una donna tutta d’un pezzo, mia madre. Eppure papà, benché fosse poco praticante e più devoto al cibo che alla chiesa, passò tutta la mattinata a dormire beatamente. Ci chiedemmo di come non fosse finito oltre orbita. “Tuo padre ha il sonno pesante” concluse lei.
8 dicembre 2008, giorno dell’Immacolata. La sedia su cui poggiavo gli abiti galleggiava in aria, insieme ad altre cianfrusaglie che avevo lasciato in giro per la camera. Appena sveglio provai ad andare a caccia dello smartphone, che di solito lasciavo sotto al cuscino, in cerca di notifiche o messaggi. Purtroppo il cuscino fluttuava accanto al lampadario, il letto sospeso con le lenzuola penzolanti a due metri e mezzo dal suolo, completamente rovesciato, mentre io stavo a testa in giù con la faccia incredula ritratta nello specchio. La libreria era vuota, ormai dovevo navigare per spostarmi da un punto a un altro. Mi sono spesso chiesto com’era stare sulla Luna nella missione Apollo 11 e, ironia della sorte, adesso avevo tutte le risposte. Con l’unica differenza che non avevo una tuta da astronauta, né uno shuttle che mi portasse via da questo pianeta. Volavo libero, in pigiama.
Mamma irruppe nella mia stanza, chiamandomi per nome. “Non vieni in cucina? La colazione è pronta.” Mi guardò mentre cercavo di aggrapparmi al lampadario sul soffitto, che intanto aveva perso peso e se ne stava floscio verso l’alto.
“Non hai notato nulla di strano, eh, mamma?”
“Fai presto, sennò la colazione si fredda.”
Lasciò la porta aperta e se ne andò, attraversando il corridoio, totalmente estranea alla situazione.
Recuperai lo smartphone: nessun messaggio, nessuno parlava del fenomeno antigravitazionale. Ma la mia testardaggine volle scoprire l’arcano, trascorrendo una buona mezz’ora a scrivere messaggi ai miei compagni di scuola. Mi diedero per matto.
Poi mi diressi in cucina. Mia madre camminava normalmente e gli oggetti erano ben saldi nella loro posizione. Cucinava le uova strapazzate. Provai a sedermi per fare colazione, ma l’assenza di gravità mi impediva di farlo. Decisi allora di consumare il pasto a mezz’aria e notai che il cibo, rispetto alle altre cose, non fluttuava, rimanendo aderente al piatto.
“Mamma, non hai notato nulla di strano?”
“Faresti bene a scendere dal soffitto!” gridò.
La TV era accesa sui suoi canali preferiti, mandava in onda la santa messa e gli Ave Maria. Consumò la colazione in tutta tranquillità, dopo averla benedetta con un Padre Nostro.
Osservai le altre stanze, in cerca di conferme. Forse era un sogno, o un mondo parallelo... Niente. Mi diedi uno schiaffo, ma sentivo solo dolore, ero perfettamente sveglio. Mamma, invece, era salda su sé stessa. Nulla aveva alterato la sua routine, quella giornata.
Mi intrufolai nella camera dei miei genitori. Gli oggetti erano tutti al loro posto e dall’alto potevo vedere le bomboniere, i portagioie, i quadretti sparsi sulle pareti. Tipico di mia madre.
Intanto mia sorella giocava sulla poltrona con la sua console portatile. Era così immersa nel gioco che non si accorse minimamente di essere andata a finire poco alla volta verso la mansarda. Restò a gambe incrociate, e poi su per le gradinate, giocando a Crash. Crash poteva cadere infinite volte e risorgere, ma nel mentre mia sorella viaggiava molto oltre il parapetto della veranda. Be’, almeno non poteva cadere, tutt’al più avrebbe potuto sormontare l’atmosfera terrestre e, perché no?, andare sulla Luna. Non credo sarei andato a ripescarla sui crateri lunari però. Fatti suoi.
Bisognava cercare una soluzione al problema, per quanto piacevole potesse sembrare sentirsi leggeri. Mamma sembrava inconsapevole di quell’alterazione spazio-temporale, papà invece dormiva beato. Provai a svegliarlo e chiedergli consiglio.
“Papà, stai dormendo?”, timoroso. In verità, non avevo ragione di esserlo, russava così profondamente mentre io ero il solo a dannarsi del problema. Un altro arcano che non meritava spiegazione.
Ritornai in cucina, mamma chiacchierava allegramente con la sua amica Katy. Stavano discutendo delle ricette da cucinare per pranzo, dividendosi i ruoli, e ognuna proponeva la sua. All’ora di pranzo ci saremmo visti tutti insieme per festeggiare il giorno dell’Immacolata con un barbecue in giardino. Papà ne sarebbe stato felicissimo, amava tanto arrostire la carne. E tutti gli altri? Mi avrebbero visto pranzare a cinque o sei metri sopra di loro?
Afferrai il cellulare e scrissi sul motore di ricerca: “Notizie assenza gravità”, “Allucinazioni mondo parallelo”. Nulla di nulla. Il motore di ricerca mi dava notizie sullo sbarco dell’uomo sulla Luna del ‘69, informazioni scientifiche sul comportamento dei corpi in assenza di gravità, poco altro. I notiziari non davano cenno di anomalie, quel giorno, eccetto la solita cronaca. Perché gli oggetti della mia camera, me stesso e mia sorella eravamo sospesi nello spazio mentre i miei continuavano a vivere ignari?
Nel frattempo mia sorella volò via dalla finestra, giocando con il suo amato gameboy. Fu così che non la rivedemmo più. Nessuna tragedia: non mi sforzai minimamente di andarla a cercare, anche perché a quest’ora credo debba essere già molto oltre
l’orbita terrestre, ma conoscendola suppongo debba farvi ritorno non appena si sarà scaricata la console.
Dopo quattro ore circa dal mio risveglio, iniziai seriamente a preoccuparmi. Mi sentii sopraffatto dal paradosso. Involontariamente iniziai ad avvicinarmi al suolo. Pensai solo cose negative, in preda al panico. Se mamma non risponde da persona adulta, giuro che mi metto a urlare. Ma cosa avrebbe risolto? Non lo so, forse si sarebbe “resa conto” della situazione. Imprecai contro tutti i santi e, improvvisamente, mi sentii spingere contro il soffitto, pervaso da una misteriosa forza antigravitazionale.
Mia madre fece capolino alla porta, completamente fuori di sé.
Mi ricoprì di insulti, dandomi del peccatore e strillando che in tutti gli anni in cui lei era cresciuta sotto al tetto genitoriale non aveva mai e poi mai osato bestemmiare. Poi afferrò il Vangelo, furiosa, e me lo scagliò contro, cadendo però velocemente a terra come pesasse quintali.
“Dovresti leggerlo, TU e tua sorella” puntandomi l’indice “siete privi di valori. Non è così che vi ho educati!” sentenziò, e sbatté la porta, adirata.
Osservai i libri fluttuare in aria, poi il Vangelo. Era pesantemente ancorato al suolo. Mi spinsi verso terra con tutte le mie forze e osai combattere la forza antigravitazionale. Afferrai il Vangelo che mia madre aveva lanciato con tanta nonchalance, invece io faticavo per sfogliare una singola pagina. Mi ci aggrappai, come un naufrago ad uno scoglio, e questo fu sufficiente a contrastare la forza antigravità, malgrado le mie gambe fossero ancora sospinte verso l’alto. Sfogliai un’altra pagina e ne lessi il contenuto. In preda alla disperazione, pregai il Signore di salvarmi. Un po’ alla volta
sentii il corpo ridivenire più solido, sempre più ancorato alla terra, mentre il Vangelo, contrariamente, divenne più leggero. Non ero ancora capace di camminare con le gambe, ma riuscivo a spostarmi con le mani e procedere una mano dopo l’altra lungo il corridoio.
Tornai da mia madre. “Adesso riesco a camminare, ma solo con le mani.” Si portò una mano alla bocca e iniziò a lacrimare. “Non te ne facevo minimamente capace” esclamò, commossa. Aprì le braccia al cielo, in segno di gratitudine, e chiuse gli occhi, poi giunse le mani e recitò l’Atto di dolore: “Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati…”
Continuai: “Perché peccando ho meritato i tuoi castighi…”
In quel preciso istante mi schiantai contro il suolo, a pancia in giù. Me la cavai con una botta violenta e qualche livido, ma in compenso fu un dolore di “sollievo”. Dalla mia stanza provenne un boato: gli oggetti si scaraventarono al suolo e molte cose si ruppero. Furono salvati solo i libri e, ovviamente, il Vangelo.
“Visto? Avevo ragione. Tu e tua sorella dovreste andare di più in chiesa.” Lei aveva sempre ragione ed era sempre salda a terra. Una donna tutta d’un pezzo, mia madre. Eppure papà, benché fosse poco praticante e più devoto al cibo che alla chiesa, passò tutta la mattinata a dormire beatamente. Ci chiedemmo di come non fosse finito oltre orbita. “Tuo padre ha il sonno pesante” concluse lei.