Prime letture: 7-8 anni
Tema: Giochi
[Lab11] Piccoli Tarzan crescono
Davide ha otto anni, e da sei si esprime senza articolare bene tutte le parole. Non è balbuziente ma ha un difetto che gli impedisce di farsi capire dagli altri e che li fa ridere o arrabbiare. Sua mamma glielo ha spiegato, però lui non vuole doversi giustificare. È da sfigati farsi compatire. A lui sembra di farsi capire lo stesso. Prima o poi tutti ci arrivano. La mamma è d'accordo con lui e anche la maestra.
"Posso gocare con vo?"
"Vo che t dcamo s? No! rispondevano in coro i coetanei. Però ci hanno messo del tempo a sgamarlo. Anzi, qualcuno non lo sa neppure adesso. E questo qualcuno non capisce quando stanno babbiando lui che non ha ancora capito.
Gli estranei pensano che sia un po' tocco, ma non è vero. Davide ha più fantasia di tutta la classe quando c'è da inventare qualcosa. Lo dice anche la maestra. Lei dice che lui sa scrivere come gli altri sin dalla prima elementare.
Un giorno, da solo, nella radura boschiva alla periferia del suo paese, gli balena la fantasia di un gioco, ma in un attimo, così come gli è arrivata, vola via. Gli rimane in mente la grande H fuori dall'Ospedale, bianca su sfondo verde, dove atterrano gli elicotteri.
Tema: Giochi
[Lab11] Piccoli Tarzan crescono
Davide ha otto anni, e da sei si esprime senza articolare bene tutte le parole. Non è balbuziente ma ha un difetto che gli impedisce di farsi capire dagli altri e che li fa ridere o arrabbiare. Sua mamma glielo ha spiegato, però lui non vuole doversi giustificare. È da sfigati farsi compatire. A lui sembra di farsi capire lo stesso. Prima o poi tutti ci arrivano. La mamma è d'accordo con lui e anche la maestra.
"Posso gocare con vo?"
"Vo che t dcamo s? No! rispondevano in coro i coetanei. Però ci hanno messo del tempo a sgamarlo. Anzi, qualcuno non lo sa neppure adesso. E questo qualcuno non capisce quando stanno babbiando lui che non ha ancora capito.
Gli estranei pensano che sia un po' tocco, ma non è vero. Davide ha più fantasia di tutta la classe quando c'è da inventare qualcosa. Lo dice anche la maestra. Lei dice che lui sa scrivere come gli altri sin dalla prima elementare.
Un giorno, da solo, nella radura boschiva alla periferia del suo paese, gli balena la fantasia di un gioco, ma in un attimo, così come gli è arrivata, vola via. Gli rimane in mente la grande H fuori dall'Ospedale, bianca su sfondo verde, dove atterrano gli elicotteri.
Guarda meglio la radura: c'è questo circolo piatto e chiaro, di terra battuta, vicino a questo albero grande e maestoso, che vede in controluce. A cosa si può giocare lì? Lo stava capendo, un attimo prima, e sapeva anche che pronunciarne il nome poteva comprometterne la riuscita...
Si decide a chiedere aiuto agli altri. Il mistero del gioco li fa arrivare in una decina sul posto. Prendono a saltare tutti, all'improvviso; si mettono a danzare nello spiazzo, saltando e facendo giravolte, sempre più vorticose, finché appaiono tante stelline bianche e gialle, splendenti, e al centro del cerchio magico... Con capelli d'argento, copricapo a cono e un manto blu trapuntato di stelle... appare un Mago. Lo vedono tutti ma lui si rivolge a Davide.
"Lo specchio dei miei occhi riflette solo la verità. Dimmela!" dice il mago a Davide, ma non è un ordine, è un invito dolce e serio, espresso con occhi comprensivi. Il bambino gli racconta la storia del gioco che ha smarrito e le catene delle parole che non gli consentono di esprimersi come vorrebbe. Il mago ascolta e sorride, e il suo viso riflette la luce del bambino, proiettata su un cielo vicino e profondo.
D'improvviso, le stelline bianche e gialle si mettono in fila verticale; tante strisce, come festoni di Natale, si arrampicano sul tronco dell'albero fino alla cima dove si legano molto bene, e quindi si lasciano adagiare per cadere giù.
Si decide a chiedere aiuto agli altri. Il mistero del gioco li fa arrivare in una decina sul posto. Prendono a saltare tutti, all'improvviso; si mettono a danzare nello spiazzo, saltando e facendo giravolte, sempre più vorticose, finché appaiono tante stelline bianche e gialle, splendenti, e al centro del cerchio magico... Con capelli d'argento, copricapo a cono e un manto blu trapuntato di stelle... appare un Mago. Lo vedono tutti ma lui si rivolge a Davide.
"Lo specchio dei miei occhi riflette solo la verità. Dimmela!" dice il mago a Davide, ma non è un ordine, è un invito dolce e serio, espresso con occhi comprensivi. Il bambino gli racconta la storia del gioco che ha smarrito e le catene delle parole che non gli consentono di esprimersi come vorrebbe. Il mago ascolta e sorride, e il suo viso riflette la luce del bambino, proiettata su un cielo vicino e profondo.
D'improvviso, le stelline bianche e gialle si mettono in fila verticale; tante strisce, come festoni di Natale, si arrampicano sul tronco dell'albero fino alla cima dove si legano molto bene, e quindi si lasciano adagiare per cadere giù.
"Era questo 'l goco! Le lane d' Tarzan!"
"Lane... liane" Guido, l'ultimo arrivato, scoppia a ridere. "Ho capito, non sai dire la "i"... Per quello mi chiami Gudo..."
E Iva, sorpresa nei suoi sei anni, che adesso si sente grande, esclama: "Allora non mi volevi cacciare via..." 'va 'va", le fa l'occhiolino Davide. "Dammi un baco, da'."
Le parole dei bambini s'intrecciano nell'aria, danzando, in una pronuncia che si fa melodia, mentre il materiale per il nuovo gioco si svela, semplice e fantastico insieme.
Dall'albero frondoso più alto della radura, distanziato dagli altri, pendono sei o sette liane, di diversa lunghezza, che sembra sia stato il mago a fare apparire.
"Papà dice sempre di evitare il pericolo, ma non è rischioso, vero signor Mago?" chiede Mario, di quarta, applaudendo con gli altri. "Ma sono robuste?" chiede Guido.
"Lane... liane" Guido, l'ultimo arrivato, scoppia a ridere. "Ho capito, non sai dire la "i"... Per quello mi chiami Gudo..."
E Iva, sorpresa nei suoi sei anni, che adesso si sente grande, esclama: "Allora non mi volevi cacciare via..." 'va 'va", le fa l'occhiolino Davide. "Dammi un baco, da'."
Le parole dei bambini s'intrecciano nell'aria, danzando, in una pronuncia che si fa melodia, mentre il materiale per il nuovo gioco si svela, semplice e fantastico insieme.
Dall'albero frondoso più alto della radura, distanziato dagli altri, pendono sei o sette liane, di diversa lunghezza, che sembra sia stato il mago a fare apparire.
"Papà dice sempre di evitare il pericolo, ma non è rischioso, vero signor Mago?" chiede Mario, di quarta, applaudendo con gli altri. "Ma sono robuste?" chiede Guido.
"A prova di papà! Ma ci sono delle regole da rispettare. Non si sale sui rami dell'albero per poi aggrapparsi alle liane e buttarsi. Così non vale!" continua il mago. "Si può farsi sollevare per attaccarsi e basta. Arrampicarsi, se ci riuscite, lo potete solo fare sulla liana, ah, meglio coi guanti se li avete, ma non sull'albero. Oppure, ci si può fare spingere e, con lo slancio, si va avanti e indietro da soli e poi si atterra più in là possibile, vicino al centro del bersaglio che dipingerete di un colore forte, come il rosso, bravo Mario" annuisce il mago, vedendo il ragazzo che rimedia, per adesso, con la sua felpa rossa.
Continua Davide a spiegare il suo gioco nei dettagli. A turno, uno di loro si arrampica sulla liana che gli pare più adatta. Può fare da solo: allora, cammina all'indietro qualche passo con la corda tra le mani e poi sceglie il punto della liana dove stringere, tirare su le gambe e oscillare, per atterrare sul bersaglio.
"Se sbagli rischi una bella sederata per terra" ride Mario e contagia tutti.
Continuano le spiegazioni di Davide. Dice che uno può farsi spingere da un altro finché, con un colpo di reni, con lo slancio più forte che riesca a darsi, si lascia cadere il più vicino possibile al cerchio d'atterraggio. Ciascuno segna il punto di arrivo con un mucchietto di sassolini di colore diverso. Vince chi cade più vicino al centro del bersaglio.
"Così diventiamo più forti" e "... pù fort" si dicono tra di loro.
Iva mette la bambola per segnale: In tre prove, l'ha già spostata una volta e ne è fiera!
Gli amici si abbracciano, scoprendo il tesoro di capire colui che non era diverso.
Giocano tutti, coi sassolini bianchi, neri, grigi o con altri segnali. Con impegno e entusiasmo. Più in là ogni volta.
Iva mette la bambola per segnale: In tre prove, l'ha già spostata una volta e ne è fiera!
Gli amici si abbracciano, scoprendo il tesoro di capire colui che non era diverso.
Giocano tutti, coi sassolini bianchi, neri, grigi o con altri segnali. Con impegno e entusiasmo. Più in là ogni volta.
Parlano tutti insieme, gioiosi. "Mi faccio i muscoli!" dice il più alto di tutti, Franco. "Raccolgo io i sassolini e li divido per colore." dice un altro.
"Tocca a me, tocca a me!" "Io chiamo mio papà a giocare." "Anch'io, e mio fratello."
"Tocca a me, tocca a me!" "Io chiamo mio papà a giocare." "Anch'io, e mio fratello."
A un certo punto, qualcuno si accorge che il mago non c'è più... ma c'è stato per davvero?
Però le liane no, non sono scomparse. Per fortuna.
Però le liane no, non sono scomparse. Per fortuna.
Oppure - pensano tutti - c'erano sempre state.