[MI179] La Bella Vita

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Traccia 2, "In cucina"
(+boa)

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Quando chef Massimo aprì le porte della cucina e lo invitò a entrare, Servio percepì una scarica di adrenalina. La Bella Vita non era un semplice ristorante, era la realizzazione di tutti i desideri: i clienti venivano da lontano per gustare quei piatti, e molti aspiranti cuochi, anche stranieri, sognavano di poter lavorare tra quelle postazioni.
Servio, giovanissimo, ce l’aveva fatta. Solo come plongeur, ma da qualche parte doveva pur cominciare. Oggi lavapiatti, domani chissà.
– Non farmi pentire –, disse chef Massimo, e con una manata vigorosa lo spinse al suo posto. La cucina era in fermento per l’apertura. Cucinieri e aiutanti preparavano attrezzature, piani di cottura, strumenti, in un vociare indistinto e un clangore irrequieto. Massimo andò al centro della stanza, e si rivolse a tutti con un tono stentoreo.
– Ci chiamiamo La Bella Vita, e la vita non è bella senza del buon cibo. Se offrite ai nostri clienti una vita mediocre, o anche solo passabile, quella è la porta. Intesi?
– Sì, chef! – gridarono tutti all’unisono.
– Bene. Sara, Amir, Enrico: con me per il briefing.
Massimo uscì, seguito dai capicuoco. Servio, elettrizzato, saltellò sul posto e inspirò profondamente. I colleghi chiacchieravano, scherzavano, senza mostrare alcun segno di tensione. Dopo pochi minuti, i responsabili tornarono e raccolsero attorno a sé i commis e gli aiutanti. Enrico, capo entremetier, con un cenno chiamò anche Servio, che si avvicinò d’un balzo. Chiaro e perentorio come un sergente, Enrico spiegò a ciascuno compiti e postazioni. Infine disse:
– Servio, intanto che non ci sono clienti, aiuta Robi con le verdure. Occupati delle carote: pulitura, raschiatura, brunoise. Mi raccomando, precisione. Cubetti tutti uguali: non bastoncini, non julienne, non un misto di segatura e bulloni. Meglio poche, ma per bene. Altrimenti non vedrai altro che pentole incrostate per il resto del mese. Robi: tienilo d’occhio, correggilo se serve, ma lascia fare a lui. Su, presto.
Servio si fiondò alla dispensa, lavò le mani, e poi al tagliere insieme a Robi. Gliel’avrebbe fatta vedere! Robi già lavorava a una velocità straordinaria, e lui cercava di tenere il passo. Al di là del pass comparve maître Boris, che li salutò tutti con un cenno.
– Pronti per un altro servizio!
Giunsero i primi clienti, le voci dalla sala si mescolarono al sibilo sommesso dei fuochi, al secco tamburellare dei coltelli, al profondo gorgoglio dell’acqua che bolliva.
– Tavolo due: una tagliatella, un risotto. Poi un’entrecôte e un filetto.
Primi movimenti nelle postazioni. Enrico diede un’occhiata senza dir nulla. Servio cercò di concentrarsi solo sulle sue carote, nonostante l’eccitazione.
– Tavolo quattro: un tagliere e una tartare, due risotti, un salmone, un filetto.
– Tavolo dieci: una Caesar’s, uno spada.
– Tavolo nove: paccheri, due salmoni…
– Quanti paccheri? – gridò Massimo.
– Due.
Comande su comande. Si era appena all’inizio, ma c’era da aspettarselo. Tutti volevano La Bella Vita, tutti i coperti erano prenotati. Servio fu richiamato al lavello. Spiò mentre Enrico controllava la brunoise di carote: udì un grugnito d’approvazione, e seppe che aveva passato la sua prima prova.

Piatti, pentole, posate, coltelli, mestoli, e poi grattugie, colapasta, forchettoni, schiumarole, spatole, padelle… Più ne puliva, più ne arrivavano. Spugna, sapone, acqua; strofinare, strofinare, strofinare, sciacquare; posare sul carrello, ricominciare. Ancora, e ancora, e ancora: il servizio non sembrava terminare mai. Servio ci metteva tutta la sua foga, e trattava ogni macchia come un acerrimo nemico.
Quando la preparazione iniziò a rallentare, lo stesso chef si mise ad aiutare. Enrico richiamò Servio alle verdure e spostò Robi ai fornelli. Il ritmo era serrato, non c’era un attimo di respiro. Eppure era ciò che Servio aveva sempre desiderato. Il colore vivo di quegli asparagi mentre ne tagliava le punte, e quelle carote così croccanti mentre ne faceva dadini, il succo così profumato di quei pomodori mentre li incideva a concasser. Era veloce, imparava in fretta. Con le mani lavorava, con gli occhi osservava i colleghi, ne carpiva i trucchi, e riusciva perfino a indovinarne gli errori. Quelle tagliatelle non erano al dente, avrebbero dovuto scolarle prima. Occhio a quei gamberi, la bisque andava filtrata meglio. Perfino Suzanne, che era una commis impeccabile ai primi, talvolta sbagliava. Però chef Massimo era impareggiabile, e il suo tocco trasformava ogni buon piatto in perfezione pura. Comunicava i sapori attraverso il colore, l’aroma, l’impiattamento. I suoi erano capolavori, ed egli un artista al pari di Leonardo e Michelangelo.
“Un giorno sarò come lui” si disse Servio. “Poi prenoterò un tavolo qui, e pranzerò con una di quelle portate.”
Passava il tempo, ma il lavoro non mancava mai. Arrivò un nuovo plongeur, Giorgio. Robi passò alle carni, e Servio prese il posto fisso alle verdure. Per la gioia avrebbe voluto urlare. Non tardò molto a diventare commis, e a lavorare direttamente sotto Enrico. Le tagliatelle ai gamberi erano il suo piatto forte. Il giallo intenso della pasta, il rosso dei crostacei, il verde degli asparagi: preparava i colori allo chef, che sul pass li disponeva con la cura con cui avrebbe dipinto una Monna Lisa o una Cappella Sistina. Più volte aveva ricevuto complimenti dalla sala, e lo stesso Massimo gli aveva lanciato più di un cenno di approvazione.
Anche i colleghi lo rispettavano, nonostante la sua età. Ma a lui, più di tutti, interessava Suzanne, che era sempre sorridente e gentile, anche durante i momenti più frenetici.
– L’acqua già bolle.
– Grazie. La bisque?
– Vado a frullare ora. Tienimi d’occhio il riso.
Questi i loro scambi, per lo più. Eppure per Servio erano intimità. Cosa c’è di più profondo di una pietanza preparata insieme?
– Le animelle sono pronte?
– Non ancora, Robi dice due-tre minuti.
– E per il dieci?
– Aspettiamo. Suzi, tu abbassa il fuoco.
“Un giorno prenoterò questo dannato tavolo a La Bella Vita, insieme a Suzanne”, promise Servio a se stesso, “Niente pasto del personale, per una volta. Una vera cena gourmet, io e lei, a lume di candela con uno Chardonnay.”
Ma il servizio non sembrava terminare mai.
Poi, senza alcun preavviso, Suzanne lasciò il lavoro. Un altro commis, Pier, prese il suo posto, ma Servio sentì per la prima volta un vuoto che neppure i suoi piatti, i complimenti degli avventori o gli elogi dello chef sembravano colmare. Dopo qualche tempo, maître Boris annunciò:
– Tavolo uno, ordine speciale: due tagliatelle.
Servio sbirciò nella sala: era Suzanne, elegantissima, sorridente come sempre. Ma stava brindando con qualcun altro, e un anello brillava al suo dito. Non degnò la cucina neppure di uno sguardo.
Furono i due piatti più difficili di tutta la sua vita.

Il ristorante era chiuso da più di un’ora, il personale poco alla volta tornava a casa. Robi, Pier e Giorgio lo salutarono, e lo lasciarono solo. Servio era seduto, in silenzio, nell’angolo accanto alla porta. Il ronzio delle luci era l’unico suono che si poteva udire. Quando chef Massimo se n’era andato ed Enrico gli era subentrato, gli era stato offerto il posto da sous chef entremetier, che aveva accettato. Le sue tagliatelle erano diventate la specialità della casa. E ora che anche Enrico andava in pensione, la toque di chef sarebbe toccata a lui.
Giocherellava con quel cappello bianco che era stato il suo sogno. Ma adesso che l’aveva tra le mani si sentiva senza forze, e quasi non riusciva a porselo in capo.
Dopo tutto quel tempo ancora non era riuscito a prenotare un tavolo per il suo pranzo gourmet. Che senso aveva lavorare senza sosta, se poi solo gli altri potevano godersi La Bella Vita, mentre lui non faceva altro che servire e osservare?
Si alzò stancamente, guardò il suo riflesso nell’alluminio della cappa: il volto rugoso, affaticato, gli occhi incavati, le guance cadenti, i capelli grigi. Scosse la testa, appese la toque e aprì la porta. Abbassò l’interruttore: uno scatto secco, e nella cucina scese il buio.

Re: [MI179] La Bella Vita

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Servio, partendo dalla gavetta, risale tutta la scala gerarchica di una cucina gourmet. Da lavapiatti, arriva ad  indossare la sospirata toque di chef. Il passaggio da uno step all'altro è ben riportato sia per i termini specifici che per la tempistica. Il povero Servio, concentrato sui piatti e speranzoso circa una futura relazione con Susanne, non fa, però, la stessa "carriera" in amore. Rimane smarrito quando Susanne lascia il ristorante, eppure non fa nulla per correrle dietro, per conquistarla. Nel tempo in cui hanno lavorato gomito a gomito ha immaginato una confidenza e un'intimità che invece per lei era solo lavoro. 
Susanne  torna nel ristorante per consumare una cenetta romantica così come Servio aveva immaginato per loro due insieme. 
Il racconto, scritto in maniera impeccabile, ci propone una storia triste, di come a volte impegnarsi troppo alla conquista di un trofeo ne faccia perda un altro ben più importante. Servio ha saputo mostrare prontezza di spirito sul lavoro, ha dimostrato il suo valore cogliendo le opportunità, ma ha perso la sfida dei sentimenti. Povero Servio, non credo sia il solo. 
Tutti i personaggi, con poche pennellate, riescono a riempire il testo con la loro presenza emergendo ognuno nel proprio ruolo. Scrittura scorrevole che invoglia la lettura. Ottimo equilibrio tra descrizioni e dialoghi. 
Hai reso molto bene i ritmi frenetici nella cucina di un ristorante (segui anche tu Master chef?  :D). Non ho trovato nemeno refusi.
Per Servio La Vita è bella rimarrà solo un'insegna. 

Ottimo lavoro. Complimenti

Re: [MI179] La Bella Vita

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Adel J. Pellitteri ha scritto: Ottimo equilibrio tra descrizioni e dialoghi. 
Io credevo che i dialoghi non fossero sufficienti, ho dovuto tagliare uno scambio per stare nel limite dei caratteri (non mi andava di postare un "racconto lungo" solo per 80 battute extra :P ). Sono contento di vedere che non ha avuto l'impatto che temevo.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Hai reso molto bene i ritmi frenetici nella cucina di un ristorante (segui anche tu Master chef?  :D)
Lo seguivo in passato, ma in realtà mi sono lasciato ispirare più dallo "Hell's Kitchen" di Ramsey. Tant'è vero che la mia prima idea era stata di scrivere un racconto fantastico ambientato nella vera e propria cucina dell'Inferno, dove venivano bolliti, arrostiti e stufati i peccatori. :P Poi ho optato per questo, perché è più vicino al mio stile.

Grazie per il tuo gentilissimo commento. Ora mi fiondo a leggere il tuo racconto. :) 

Re: [MI179] La Bella Vita

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@Mid piacere di leggerti. Un pezzo scritto molte bene, che tiene incollato il lettore in un crescendo di avvenimenti e sensazioni.
Ho percepito qualche riferimento sarcastico come la manata vigorosa sul collo e qualche discorso da talent show. Anche il nome Massimo è del tutto casuale? Però dare anche il nome Servio al protagonista vuol dire farlo partire con l'handicap.
Non male la terminologia francese dà un tocco di raffinatezza. Ho anche imparato qualcosa di nuovo: plongeur.
Faccio solo qualche considerazione del tutto personale su alcuni passaggi.
Mid ha scritto: Le tagliatelle ai gamberi erano il suo piatto forte. Il giallo intenso della pasta, il rosso dei crostacei, il verde degli asparagi: preparava i colori allo chef, che sul pass li disponeva con la cura con cui avrebbe dipinto una Monna Lisa o una Cappella Sistina.
Volendo essere pignoli, ma scrivo per sensazioni personali, visto che hai considerato i due grandi maestri, cadrebbero a pennello forse altre loro opere, dovendo pensare alla cura per i particolari: per esempio una “Dama dell'ermellino” o una scultura giovanile di Michelangelo tipo il “David” o la “Pietà di San Pietro”. La Gioconda rappresenta un quadro così misterioso e anche indefinito. La Cappella Sistina, certamente è stata studiata con cura ma è un'opera immensa considerando la volta e il giudizio universale, che ha coperto molti anni di lavoro (ricordi di studi) dove prevale di più l'impeto e l'inquietudine dell'artista.
Mid ha scritto: “Un giorno prenoterò questo dannato tavolo a La Bella Vita, insieme a Suzanne”, promise Servio a se stesso, “Niente pasto del personale, per una volta. Una vera cena gourmet, io e lei, a lume di candela con uno Chardonnay.”
Questo passaggio lo vedrei più simbolico che realistico. Non lo ci vedo tanto uno che come ambizione vuole farsi servire i piatti che egli stesso ha creato e che conosce alla perfezione nel ristorante dove lavora. Almeno io scapperei. Piuttosto preferirei una lurida e unta cucina cinese o chissà che cos'altro. Ma, ripeto, è un'impressione personale.


Mid ha scritto: Quando chef Massimo se n’era andato ed Enrico gli era subentrato, gli era stato offerto il posto da sous chef entremetier, che aveva accettato. Le sue tagliatelle erano diventate la specialità della casa. E ora che anche Enrico andava in pensione, la toque di chef sarebbe toccata a lui.
L'uscita di Massimo mi ha colpito. A quanto descrivi sembra essere il fautore di “La bella vita”, sembra quasi tutto suo anche se non ci sono riferimenti specifici di un grande nome abbinato all'importanza di “La bella vita”. Nel senso che oggi un grande posto dove poter apprezzare i migliori piatti è dato dal nome del grande chef, popolare, stellato: un Bottura, Cannavacciolo, Cracco. E' all'artista cuoco che si fa riferimento in primis e poi al nome del ristorante. Il fatto che Massimo se ne fosse andato, quasi fosse un dipendente in cerca di una migliore occasione, mi ha fatto pensare che questo riferimento non c'è. Nulla di male, è solo una riflessione che mi è venuta pensando all'alta cucina (che non ho mai provato, ma ho ancora tempo).
Poi va via anche Enrico, come se fosse un normale ristorante e non un posto eccezionale. Nella mia mente mi immaginavo che queste figure mitiche che si sacrificano per tutta la vita alla ricerca del gusto, non vadano mai in pensione. Come gli artisti che lavorano fino alla fine dei giorni.
Mid ha scritto: MidGiocherellava con quel cappello bianco che era stato il suo sogno. Ma adesso che l’aveva tra le mani si sentiva senza forze, e quasi non riusciva a porselo in capo.
Dopo tutto quel tempo ancora non era riuscito a prenotare un tavolo per il suo pranzo gourmet. Che senso aveva lavorare senza sosta, se poi solo gli altri potevano godersi La Bella Vita, mentre lui non faceva altro che servire e osservare?
Qui avviene il crollo. La tristezza e la depressione prendono il sopravvento, per la mancanza e la delusione della partenza della fanciulla. In fondo è normale che un artista trae godimento dal godimento degli altri. l'arte non esisterebbe se non fosse condivisa e fruita dal pubblico. Ricordo un'intervista di Fazio a Bottura (considerato il più grande cuoco al mondo) che gli chiedeva cosa cucinava per se stesso. Lui rispose che quando non lavorava la cosa che apprezzava di più era farsi del latte caldo immerso nel pane secco. Il cibo più povero del mondo, o quasi.

Un racconto scritto con sapienza, descrivi bene il caos ordinato che si nasconde dietro i fornelli. Mi è piaciuto il dettaglio del taglio delle carote. Magari altri particolari riferiti ad altri cibi avrebbero ulteriormente arricchito la situazione. Per esempio qualche trucco riguardo la cottura o la preparazione (anche se devono essere un segreto) Avevo saputo di un famoso chef stellato di Senigallia che si nascondeva dietro un paravento mentre preparava i piatti, per non far vedere ai suoi aiutanti i suoi segreti frutto di anni di studio. Un racconto che è un viaggio di vita. Tutto quello che uno può sognare, aspirare e raggiungere, alla fine non rappresentano lo scopo principale della vita, se si perdono altre cose.
“Siamo tutti parte di una catena di montaggio” ha sentito dire spesso e Servio alla fine ne è consapevole. E' deluso perchè Suzanne è riuscita a spezzare questa catena mentre lui è sopraffatto dalla “Bella vita” e se ne rende conto solo alla fine. Un racconto malinconico, dove prevale questo sentimento anche quando tutto quello che ha fatto può essere considerato un privilegio.
Piaciuto
A rileggerti

Re: [MI179] La Bella Vita

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Kasimiro ha scritto: Anche il nome Massimo è del tutto casuale? Però dare anche il nome Servio al protagonista vuol dire farlo partire con l'handicap.
Sono un invasato di etimologia, quindi ho cercato di dare i nomi in base a quello: il significato di Massimo è evidente, e relativo al suo grado in cucina; Sara, Amir ed Enrico, i sous chef, sono nomi principeschi (i primi due significano proprio "principessa" e "principe", il terzo "potente in patria").

Servio è un nome desueto, ma doveva essere il suo nome: ha un'etimologia incerta che può venire da "servo" oppure da "colui che osserva". In questo racconto non potevo dare altro nome al protagonista. :) 

Kasimiro ha scritto: Volendo essere pignoli, ma scrivo per sensazioni personali, visto che hai considerato i due grandi maestri, cadrebbero a pennello forse altre loro opere, dovendo pensare alla cura per i particolari
Ottimo suggerimento. Sono stato un po' pigro qui, ho semplicemente usato le due opere che per prime mi sono venute in mente.


Terrò da conto anche tutti gli altri appunti nella revisione. Quello sui "segreti di cucina" da infilare nel testo è un'ottima idea.

Sei riuscito a leggere qualcosa che volevo fortemente far passare con il mio racconto, mi ha fatto molto piacere.
Non vado a esplicitare il tema, perché l'autore non dovrebbe mai farlo, ma il tuo commento mi ha reso davvero felice perché significa che non solo il testo, ma anche il sottotesto è riuscito a emergere.

Grazie mille, per i suggerimenti e tutti gli appunti! :D 

Re: [MI179] La Bella Vita

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@Mid

Ben fatto, come al solito. Ormai la scrittura è collaudata.
Sei irripetibile e c'è sempre da imparare. Colpisce la facilità con cui segui le tracce e l'uso delle parole adatte alla trama. La trama non è nuova e non ha soddisfatto la mia curiosità di lettrice. Non c'è niente che tu possa fare per migliorarti. Forse aggiungere quell'imprevisto che va contro la tua natura. Se mi sbaglio sono pronta a fare marcia indietro. Resta un'ottima caratterizzazione dei personaggi dal punto di vista psicologico. Ti impegni anche nella ricerca dei nomi! I dialoghi sono perfetti. Non parlerei di pignoleria ma di obiettività nei confronti di quel che scrivi. Avverto, io, la mancanza, in questo testo, di novità nella storia ma si sfora nei gusti e quindi vai bene così. Alla prossima lettura!

Re: [MI179] La Bella Vita

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confusa ha scritto: Avverto, io, la mancanza, in questo testo, di novità nella storia
Devo essere sincero, non cerco la novità, anche perché penso che ormai si sia scritto di tutto. :) Giusto un paio di mesi fa ho letto un racconto scritto solo con le emoticon e i cui personaggi erano avatar, come i nostri qui sul forum. Sembrava più un rebus che un pezzo di narrativa, ma era interessante.

Io mi rifaccio ad autori esistenti: il mio stile è simile al loro, e probabilmente anche i miei temi sono simili ai loro. Per me l'importante è essere in grado di trasmettere ciò che voglio tramite il testo. Talvolta il tema è trito e ritrito, ma senza tempo, e io semplicemente provo a portare il mio personale punto di vista. Il "carpe diem" di Orazio è vecchio di migliaia di anni, eppure la gente ne scrive ancora, ognuno con il suo tocco. :)

Grazie mille per il tuo gentile commento!

Re: [MI179] La Bella Vita

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@Mid ciao. Mi fa piacere leggere qualcosa di tuo, giusto per capire di che pasta sei :asd:


Quando chef Massimo aprì le porte della cucina e lo invitò a entrare, Servio percepì una scarica di adrenalina. La Bella Vita non era un semplice ristorante, era la realizzazione di tutti i desideri: i clienti venivano da lontano per gustare quei piatti, e molti aspiranti cuochi, anche stranieri, sognavano di poter lavorare tra quelle postazioni.
Servio, giovanissimo, ce l’aveva fatta. Solo come plongeur, ma da qualche parte doveva pur cominciare. Oggi lavapiatti, domani chissà.
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Sentirsi fiero di fare il lavapiatti, mi pare eccessivo. Va bene che essendo giovanissimo poteva avere simili speranze. Ma io che leggo, generalmente i lavapiatti muoiono lavapiatti. Credo che la strada per diventare chef non sia questa. Bisogna fare la scuola alberghiera, o se hai i soldi, andare a scuola da grandi chef come Marchesi...
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– Non farmi pentire –, disse chef Massimo, e con una manata vigorosa lo spinse al suo posto.
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Anche questo passo mi pare poco credibile, in quanto i lavapiatti neanche si guardano in faccia e questo "non farmi pentire" non mi convince. Sembrerebbe che tra i due ci fosse già una relazione amichevole, o di parentela tale da dare a Servio questa opportunità.
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  Massimo andò al centro della stanza, e si rivolse a tutti con un tono stentoreo.
– Ci chiamiamo La Bella Vita, e la vita non è bella senza del buon cibo. Se offrite ai nostri clienti una vita mediocre, o anche solo passabile, quella è la porta. Intesi?
– Sì, chef! – gridarono tutti all’unisono.
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Questo passo è forzato. E poi perché Massimo si toglie dal gruppo? Mi sembra una rappresentazione da serie televisiva. Anche "quella è la porta" mi pare una frase che mostra un rapporto di lavoro che direi del primo giorno. Una equipe di cucina che sta dietro a uno chef, non si improvvisa...
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– Servio, intanto che non ci sono clienti, aiuta Robi con le verdure. Occupati delle carote: pulitura, raschiatura, brunoise. Mi raccomando, precisione. 
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Sono perplesso. Un lavapiatti non può avere certe conoscenze di cucina...come anche non gli si possono dare queste mansioni per questioni di contratto.
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Cubetti tutti uguali: non bastoncini, non julienne, non un misto di segatura e bulloni. Meglio poche, ma per bene. Altrimenti non vedrai altro che pentole incrostate per il resto del mese. Robi: tienilo d’occhio, correggilo se serve, ma lascia fare a lui. Su, presto.
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Ripeto che tra Massimo e Servio doveva esserci un chiaro rapporto molto stretto, cosa che che invece non c'è. Lo avresti dovuto inquadrare come se fosse stato un suo pupillo.
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Giunsero i primi clienti, le voci dalla sala si mescolarono al sibilo sommesso dei fuochi, al secco tamburellare dei coltelli, al profondo gorgoglio dell’acqua che bolliva.
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Generalmente in una cucina di ristorante vi è un grande chiasso dovuto dalla aspirazione delle cappe, oltretutto
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– Tavolo due: una tagliatella, un risotto. Poi un’entrecôte e un filetto.
Primi movimenti nelle postazioni. Enrico diede un’occhiata senza dir nulla. Servio cercò di concentrarsi solo sulle sue carote, nonostante l’eccitazione.
– Tavolo quattro: un tagliere e una tartare, due risotti, un salmone, un filetto.
– Tavolo dieci: una Caesar’s, uno spada.
– Tavolo nove: paccheri, due salmoni…
– Quanti paccheri? – gridò Massimo.
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Ma i piatti rinomati dove stanno? I veri chef intitolano i loro piatti in modo originale, questi mi sembrano  piatti da trattoria...
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Piatti, pentole, posate, coltelli, mestoli, e poi grattugie, colapasta, forchettoni, schiumarole, spatole, padelle… Più ne puliva, più ne arrivavano. Spugna, sapone, acqua; strofinare, strofinare, strofinare, sciacquare; posare sul carrello, ricominciare. Ancora, e ancora, e ancora: il servizio non sembrava terminare mai. Servio ci metteva tutta la sua foga, e trattava ogni macchia come un acerrimo nemico.
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Questo passo mi pare corretto. A ognuno il suo giusto ruolo.
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Quando la preparazione iniziò a rallentare, lo stesso chef si mise ad aiutare.
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Credo che lo chef dovrebbe lavorare e non aiutare.
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 Enrico richiamò Servio alle verdure e spostò Robi ai fornelli.
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Una cucina organizzata così non saprei proprio, considerato che è pure un ristorante stellato..
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“Un giorno sarò come lui” si disse Servio. “Poi prenoterò un tavolo qui, e pranzerò con una di quelle portate.”
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Già le sappiamo le aspirazioni di Servio, taglierei un po'.
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Passava il tempo, ma il lavoro non mancava mai. 
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Questo salto temporale non mi piace proprio. Di quanto tempo si tratta? Una settimana, un mese, un anno, due, tre...
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Arrivò un nuovo plongeur, Giorgio. Robi passò alle carni, e Servio prese il posto fisso alle verdure. Per la gioia avrebbe voluto urlare. Non tardò molto a diventare commis, e a lavorare direttamente sotto Enrico.
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Il commis è una qualifica specifica. Generalmente è un giovane chef, appena uscito da qualche scuola alberghiera. Non si danno le qualifiche in questo modo. Non mi pare il percorso normale.
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Anche i colleghi lo rispettavano, nonostante la sua età
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Ripeto che senza sapere in maniera precisa l'evolversi temporale della carriera di Servio, viene difficile comprendere.
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Questi i loro scambi, per lo più. Eppure per Servio erano intimità. Cosa c’è di più profondo di una pietanza preparata insieme?
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le storie d'amore in cucina le apprezzo :D
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“Un giorno prenoterò questo dannato tavolo a La Bella Vita, insieme a Suzanne”, promise Servio a se stesso,
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Il tuo personaggio è troppo ingenuo, caro Mid! Passato il tempo, diventato bravo in cucina, lo vedo con lo stesso atteggiamento di quando entrò per la prima volta. Non si nota nessuna maturazione sul piano caratteriale, sul piano psicologico, mentale
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Ma il servizio non sembrava terminare mai.
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Cosa intendi per servizio? Avere solo ruoli di taglia verdure o di commis?
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– Tavolo uno, ordine speciale: due tagliatelle.
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Non credo che sia un piatto speciale.
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Servio sbirciò nella sala: era Suzanne, elegantissima, sorridente come sempre. Ma stava brindando con qualcun altro, e un anello brillava al suo dito. Non degnò la cucina neppure di uno sguardo.
Furono i due piatti più difficili di tutta la sua vita.
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Troppa confusione sul suo ruolo in cucina. La scena di lei accompagnata dal futuro marito dentro la storia ci sta. Anche se l'anello al dito non può essere visto da Servio, data la distanza. Credo che sarebbe corretto se fosse la voce narrante a descrivere tale oggetto.
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Il ristorante era chiuso da più di un’ora, il personale poco alla volta tornava a casa. Robi, Pier e Giorgio lo salutarono, e lo lasciarono solo. Servio era seduto, in silenzio, nell’angolo accanto alla porta. Il ronzio delle luci era l’unico suono che si poteva udire. Quando chef Massimo se n’era andato ed Enrico gli era subentrato, gli era stato offerto il posto da sous chef entremetier, che aveva accettato. Le sue tagliatelle erano diventate la specialità della casa. E ora che anche Enrico andava in pensione, la toque di chef sarebbe toccata a lui.
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Altro salto temporale che non chiarisce la distanza avvenuta dal giorno di quella delusione
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Giocherellava con quel cappello bianco che era stato il suo sogno. Ma adesso che l’aveva tra le mani si sentiva senza forze, e quasi non riusciva a porselo in capo.
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Mi sembrano due fatti controversi. Perché ci gioca e perché non ha le forze di metterlo sulla testa? Delusione, gli anni che avanzano?
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Dopo tutto quel tempo ancora non era riuscito a prenotare un tavolo per il suo pranzo gourmet. Che senso aveva lavorare senza sosta, se poi solo gli altri potevano godersi La Bella Vita, mentre lui non faceva altro che servire e osservare?
Si alzò stancamente, guardò il suo riflesso nell’alluminio della cappa: il volto rugoso, affaticato, gli occhi incavati, le guance cadenti, i capelli grigi. Scosse la testa, appese la toque e aprì la porta. Abbassò l’interruttore: uno scatto secco, e nella cucina scese il buio.
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Un finale sotto tono. Eppure il racconto parte con tutte le premesse di una vita luminosa e felice. Io credo che l'impianto narrativo non è stato all'altezza nel governare il lungo excursus della vita di Servio. Tanto per intenderci, mi riferisco all'uso di un percorso narrativo basato sulla cronistoria temporale dei fatti. Hai fatto troppi salti temporali, e questo era ovvio che succedesse. Partire da lontano e affrontare una storia di così lungo periodo, comporta questo. Io ti proporrei di usare la formula dei flash back, con un inizio partendo dal tuo finale, un viaggio a ritroso , al contrario. Ti verrebbe facile raccontare il passato di Servio, ora che è diventato vecchio. Spero di esserti stato utile, e scusa la minuziosa disamina, ciao a presto  :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI179] La Bella Vita

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Grazie per il commento @bestseller2020. :) 
Alcuni tuoi suggerimenti me li segno, molto utili.

Rispondo ad alcuni per chiarezza.
bestseller2020 ha scritto: Sentirsi fiero di fare il lavapiatti, mi pare eccessivo. Va bene che essendo giovanissimo poteva avere simili speranze. Ma io che leggo, generalmente i lavapiatti muoiono lavapiatti. Credo che la strada per diventare chef non sia questa. Bisogna fare la scuola alberghiera, o se hai i soldi, andare a scuola da grandi chef come Marchesi...
Probabile ma non certo. Esistono storie di chef stellati che hanno iniziato come lavapiatti: penso a Ferran Adrià, per esempio, ma ce ne sono molti altri. In ogni caso, non è così assurdo essere felici di cominciare come lavapiatti, specie in un posto rinomato dove è possibile imparare i trucchi del mestiere da colleghi molto capaci.
Con questo rispondo anche agli altri commenti riguardanti la cucina, le conoscenze necessarie e la gerarchia: un lavapiatti può benissimo essere uscito da una scuola alberghiera e quindi sapere esattamente come lavorare certi ingredienti o preparare certi piatti, e può aver accettato di cominciare come plongeur solo per aver nel curriculum un locale famoso e per lavorare insieme a gente preparatissima, nella speranza poi di fare carriera (nello stesso locale o in un altro).
bestseller2020 ha scritto: Ma i piatti rinomati dove stanno? I veri chef intitolano i loro piatti in modo originale, questi mi sembrano  piatti da trattoria...
Queste sono le comande. Chi lavora in sala non si presenta al pass annunciando "Due tagliatelle alla bisque di gamberi rossi di Mazara del Vallo con asparagi selvatici di Cefalù". Quello è il nome che si trova sul menu... ma il maitre passerà la comanda dicendo sempre "due tagliatelle": più rapido, meno possibilità di confondere la cucina.

Per quanto riguarda il passare del tempo non chiaro... parzialmente è voluto, parzialmente no.
L'idea iniziale era di creare un racconto surreale: Servio inizia a lavorare di mattina, giovanissimo, e finisce la sera, vecchio. Tutto il racconto doveva svolgersi in una giornata. Dopo la stesura dello scheletro mi sono accorto che non funzionava, così ho lasciato perdere la forzatura "surrealista", ma ho deciso comunque di non dare nessun riferimento temporale, cosicché un lettore potesse ancora aver l'impressione che tutto il racconto si svolga nell'arco di un giorno solo. Insomma, ho voluto dare libertà al lettore di immaginare quello che preferiva: una giornata sola, oppure una vita intera, o entrambe.
Dal tuo commento, e da quelli che ti hanno preceduto, è chiaro che non tutti hanno colto questo dettaglio, e forse qualcuno si è (giustamente) sentito un po' confuso. Magari avrei dovuto semplicemente scegliere l'una o l'altra soluzione. Ci rifletterò.

Gli altri appunti me li segno tutti per la revisione.
Grazie dei suggerimenti e del commento. :)

Re: [MI179] La Bella Vita

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Ciao @Mid non so se ti sei reso conto del guaio in cui ti sei cacciato.
Voli alto, ali spiegate, te ne vai tra tra rocce e ghiacciai con l'aria di quello che è uscito un attimo a comprare le sigarette.
Adesso non potrai più zampettare nel pollaio tra noi galline. Peggio per te.
Il racconto mi ha fatto pensare a certo cinema francese, più Truffaut che Rohmer, le voci,  i gesti che si sovrappongono e tutto intorno il tempo che ricama il suo tourbillon (chicca il riflesso del suo volto sul metallo della cappa) Bello, punto.
Solo una cosa: avrei tolto la lamentela nel finale, forse un po' didascalica.
Spegnere la luce e andarsene dice già tutto.
Mid ha scritto: la toque di chef sarebbe toccata a lui.
Giocherellava con quel cappello bianco che era stato il suo sogno. Ma adesso che l’aveva tra le mani si sentiva senza forze, e quasi non riusciva a porselo in capo.
Dopo tutto quel tempo ancora non era riuscito a prenotare un tavolo per il suo pranzo gourmet. Che senso aveva lavorare senza sosta, se poi solo gli altri potevano godersi La Bella Vita, mentre lui non faceva altro che servire e osservare?
Si alzò stancamente, guardò il suo riflesso nell’alluminio della cappa: il volto rugoso, affaticato, gli occhi incavati, le guance cadenti, i capelli grigi. Scosse la testa, appese la toque e aprì la porta. Abbassò l’interruttore: uno scatto secco, e nella cucina scese il buio.
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Re: [MI179] La Bella Vita

13
@Mid ciao!
Sono contento di averti potuto leggere: la tua scrittura mi piace, è asciutta e descrittiva al contempo: molto efficace.
Il racconto procede fluido in un crescendo che cattura. Certo, non è una trama innovativa e per i miei gusti manca il colpo di scena finale, ma mi rendo conto che è voluto, forse una sorta di “ineluttabilità” del destino che si crea il protagonista.

Insomma: mi è piaciuto, complimenti!

A rileggerti

Re: [MI179] La Bella Vita

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Ciao @L'illusoillusore 
Gran bel racconto! Sei riuscito a ritagliare uno stralci di vita di cucina e a collegarlo, beh, con la vita oltre ai fornelli! 
Devo dire che ho apprezzato molto la tua conoscenza dei termini tecnici della cucina, e da ex-scuola alberghiera e fan di The Bear  non ho potuto fare altro che apprezzare.
Mi ha ricordato molto anche Grand Hotel di Van De Sfroos, che è la storia di un facchino di hotel che si spacca la schiena in un mega hotel di lusso, dove vanno e vengono molte persone di ceti e di storie diverse, solo per scoprire poi che la ragazza di cui è innamorato ha una cotta per suo fratello.
Fresco e leggero, come una giardiniera : P 

Re: [MI179] La Bella Vita

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@aladicorvo, mi sa che qui avrò ancora parecchio da zampettare per l'aia prima di imparare a volare. :D
Ma ti ringrazio per le parole gentili (e l'appunto su quella frase nel finale, decisamente valido).

@Zouks: la mia conoscenza dei termini tecnici è superficiale e si limita a una breve ricerca prima di scrivere il racconto (e alla visione di una mezza stagione di Master Chef e un paio di stagioni di Hell's Kitchen). Prima non avevo idea di cosa fosse una bisque, né del fatto che il taglio di verdure a dadini piccoli si chiamasse brunoise, né che il bancone tra cucina e sala si chiamasse pass. Ma per fortuna viviamo in un mondo dove queste conoscenze sono a portata di clic, se si sa cercare bene e si ha la pazienza di capire di cosa si sta parlando. Una cosa è certa però: un racconto breve e semplice come questo forse posso sostenerlo. Uno scritto più lungo certamente no.

@L'illusoillusore: niente innovazione, me ne rendo conto. Come scritto in un altro commento, per i racconti mi rifaccio spesso ad altri autori, Buzzati su tutti. Parliamo di scritti vecchi di almeno 50 anni, quindi sono sicuramente di gusto un po' retrò. :D  

Grazie a tutti per i commenti!

Re: [MI179] La Bella Vita

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Uno dei film che amo di più è Ratatouille e uno dei miei idoli è Anton Ego. Il regista ha lavorato insieme a uno chef stellato (autore della ratatouille che vediamo): entrambi perfezionisti fino all'esasperazione. Sentirli parlare della lavorazione del film è entusiasmante. Il tuo racconto persegue, in modo lodevole, gli stessi ideali di perfezione e cura del particolare; inoltre è scritto bene e non presenta refusi né incertezze nell'interpunzione. Pecca però, a mio modestissimo parere, di una mancanza di equilibrio tra la prima e la seconda parte. Fino a quando non si menziona l'interesse di Servio per Suzanne, difatti, il racconto procede pacato e ricco di descrizioni minute (sempre interessanti per chi, come me, passa molto tempo in cucina); dopo, al contrario, si velocizza e contrae in poche righe ciò che a mio avviso avrebbe avuto bisogno di altrettanta dedizione, anche solo per giustificare il finale così tranchant. Si potrebbe forse introdurre Suzanne sin dall'inizio e alternare le preparazioni culinarie con dialoghi tra i due, per dare sostanza, se non a una relazione, almeno a un vero innamoramento, anche se a senso unico. Altrimenti il rischio è che Servio appaia come un ingenuo sognatore e la sua reazione sovradimensionata rispetto all'accaduto. Anche se è questo ciò a cui miravi, sarebbe comunque necessario, a mio parere, riequilibrare le due sezioni. Passo ora a qualche piccola osservazione puntuale, sperando di non annoiarti.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmSolo come plongeur, ma da qualche parte doveva pur cominciare
Sono affezionatissima a questa parola. Per caso hai letto Senza un soldo a Parigi e a Londra, di Orwell? Racconta le esperienze dell'Autore in persona, proprio come plongeur, tra le buie e luride cucine dei grandi alberghi. Uno spaccato delle ingiustizie sociali che non ha pari. 
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pm– Non farmi pentire –, disse
La virgola si può omettere.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmattrezzature, piani di cottura, strumenti,
Anche in altre occorrenze, nel corso del racconto, accosti tre "blocchi" in fila. Proverei a diversificare: a volte due, oppure quattro. Dico questo perché ho notato, quando scrivo, che il numero tre mi viene automatico, e cerco pertanto di bloccare questo automatismo che vedo spesso anche negli altri.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmin un vociare indistinto e un clangore irrequieto.
Troppo impettita questa sequenza con nome e aggettivo al suo seguito. Per me, beninteso.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pme la vita non è bella senza del buon cibo
È proprio vero!
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmSe offrite ai nostri clienti una vita mediocre
Oltre che chef stellato, eccellente oratore consapevole dell'importanza delle figure retoriche... (vedi frase precedente)
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmServio, elettrizzato, saltellò sul posto
"Saltellare", soprattutto se messo accanto al "balzo" che segue, ma pare dia di Servio un'immagine nevrotica. Se è questo che vuoi, va benissimo. 
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmchiamò anche Servio, che si avvicinò d’un balzo.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmbrunoise (...) julienne
Vedo che sei molto preciso con l'uso del corsivo per i termini stranieri. Ottimo. Mi domandavo se questi qui sopra ti fossero sfuggiti. Per uniformità, metterei in corsivo tutti i termini culinari stranieri, perché non sono di uso comune.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmnon un misto di segatura e bulloni
Come esce fuori a noi comuni mortali...
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmServio si fiondò alla dispensa, lavò le mani, e poi al tagliere insieme a Robi.
Qui sopra mi pare ci sia un'incongruenza nella sequenza delle azioni. Scriverei: "Servio si lavò le mani, si fiondò alla dispensa e poi al tagliere..."
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmal sibilo sommesso dei fuochi, al secco tamburellare dei coltelli, al profondo gorgoglio dell’acqua che bolliva.
Altro esempio della "triade".
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmQuando la preparazione iniziò a rallentare, lo stesso chef si mise ad aiutare.
Qui sopra non mi è chiara l'azione che stai rappresentando.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmIl colore vivo di quegli asparagi mentre ne tagliava le punte, e quelle carote così croccanti mentre ne faceva dadini, il succo così profumato di quei pomodori mentre li incideva a concasser.
Altro esempio della sequenza a tre. Mi pare, ma posso sbagliare, che si dica a concassé. Userei, inoltre, "tagliare" al posto di "incidere".
  ha scritto:Mid
il colore, l’aroma, l’impiattamento
Altro esempio di tripletta.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmal pari di Leonardo e Michelangelo
Nomini i due artisti, e subito dopo le opere corrispondenti. A mio avviso, a volte, troppa precisione anche dove non è necessaria rischia di "ingessare" un racconto.
Mid ha scritto: dom ott 15, 2023 9:07 pmMonna Lisa o una Cappella Sistina.
Ti ringrazio per la piacevole lettura, @Mid, e ti auguro una buona serata.
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Re: [MI179] La Bella Vita

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Grazie del commento, @Ippolita. :)

Non ho ancora effettuato la revisione di questo racconto, quindi terrò conto dei punti che hai sollevato... anche perché hai centrato il segno praticamente in tutti, mi trovi d'accordo.

Rispondo giusto a un paio.
Ippolita ha scritto: Pecca però, a mio modestissimo parere, di una mancanza di equilibrio tra la prima e la seconda parte. Fino a quando non si menziona l'interesse di Servio per Suzanne, difatti, il racconto procede pacato e ricco di descrizioni minute (sempre interessanti per chi, come me, passa molto tempo in cucina); dopo, al contrario, si velocizza e contrae in poche righe ciò che a mio avviso avrebbe avuto bisogno di altrettanta dedizione, anche solo per giustificare il finale così tranchant. Si potrebbe forse introdurre Suzanne sin dall'inizio e alternare le preparazioni culinarie con dialoghi tra i due, per dare sostanza, se non a una relazione, almeno a un vero innamoramento, anche se a senso unico. Altrimenti il rischio è che Servio appaia come un ingenuo sognatore e la sua reazione sovradimensionata rispetto all'accaduto. Anche se è questo ciò a cui miravi, sarebbe comunque necessario, a mio parere, riequilibrare le due sezioni.
Colpito e affondato.
Ho tagliato un po' per stanchezza, un po' per stare nel limite di caratteri. Sicuramente cercherò di sistemare questa discrepanza di ritmo e di stile tra la prima e la seconda parte in fase di revisione. Approfondirò Suzanne e il suo rapporto con Servio, e anche lo sviluppo di Servio, ampliando un poco la seconda parte.
Ippolita ha scritto: Qui sopra mi pare ci sia un'incongruenza nella sequenza delle azioni. Scriverei: "Servio si lavò le mani, si fiondò alla dispensa e poi al tagliere..."
Questo è l'unico appunto a cui posso trovare giustificazione... anche perché avevo effettuato una ricerca proprio per questa frase in particolare, quando ho scritto. :)
La frase, nell'originale, aveva la sequenza che hai suggerito tu. Poi in seconda lettura mi è venuto il dubbio: esattamente, quand'è che si dovrebbero lavare le mani?
A quanto pare le mani vanno lavate anche e soprattutto dopo aver preso il cibo dalla dispensa. Il motivo pare sia per evitare contaminazioni (ovvero, portare batteri dalle carni alle verdure, dal pesce alle carni, eccetera).
Ragion per cui alla fine ho scelto l'ordine del testo.

C'è da dire che ho fatto le mie ricerche rapidamente, quindi non ho verificato in maniera approfondita. Però ho trovato quest'informazione in vari siti che sembravano affidabili, quindi ho deciso di prenderla per buona, anche perché di cucina conosco poco o nulla. Per essere sicuro dovrei chiedere a un esperto.

Grazie ancora per il gentile commento. :D
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