[Lab10] Nausea

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Mio padre mi aveva insegnato che davanti agli ostacoli non ci si arrende e mia madre mi ripeteva, di sovente, che gli ostacoli bisogna evitarli, aggirarli o, nel caso specifico, raggirarli.
Chi avevo davanti in quel mattino di lunedì, estate calda, ore 8 e 40,   giugno 24, anno 2020, per la precisione, profumava di colla vinilica misto a odore di cane bagnato.
Ma non era un animale e neppure un foglio di carta incollato: poteva piuttosto avvicinarsi, nella struttura fisica, a un preside di scuola media superiore: altezza un metro e settantacinque circa, senza barba, un paio di baffetti grigi e la mano sinistra con il dito indice puntato verso la mia bocca aperta.   
Sudava il professore e, per non essere da meno, io tentavo di imitarlo, ma nemmeno una goccia mj colava dalla fronte o usciva da sotto le ascelle, nel vestitino con le spalline sottili, a rendere ancor più ridicolo il mio corpo ossuto.
Soffrivo di una malattia rara, displasia ectodermica ipoidrotica, e il sudore era un lusso che non potevo permettermi.
Quindi niente gocce.
La mia mente viaggiava. Il mio corpo pure Mi piaceva andare in giro per l’Italia. Conducevo i miei attributi, pochi per la verità, a passeggio. Andavo per funghi, mi sfogavo, mi esprimevo, usavo qualche accortezza ma mi divertivo, frequentando corsi di furbizia.
Convivevo, poi, con la nausea, che mi accompagnava dal mattino alla sera.
Per questa, comprensibile, ragione, il sole che spariva era la mia parte del giorno preferita.
Avevo un debole per i tramonti in genere. E probabilmente il fatto che coincidessero con la fine del mio malessere, li rendeva meravigliosi, agognati, attesi ogni mattina.
Aprivo gli occhi e una nuova serie di ore era pronta per rovinarmi la vita.
Ma poi, alla fine del giorno, tutto si dissolveva, spariva, si trasformava, magicamente.
Niente di particolare sosteneva il professore, aveva solo intenzione di ribadire il proprio concetto.
“E adesso puoi andare a fumare nel bagno!” – le sue ultime parole.
Ma stava delirando?
Forse, avevo consegnato qualche compito in bianco, avevo fatto qualche scena muta, avevo messo qualche topo morto nelle tasche del cappotto di qualche compagna, avevo puntato la campanella dieci minuti prima o avevo combinata qualche marachella per finire tutti i giorni in punizione, ma fumare nel bagno mai e poi mai!
Non l’avrei fatto solo perché i miei genitori avrebbero sofferto troppo: “Tutto, fuorché la salute!”
Si sarebbero rassegnati agli insuccessi scolastici, ai compiti mancati, alle note sul registro, ma non avrebbero mandato giù il più lieve cambiamento nella mia condizione fisica.
Erano già fin troppo presi dalla mia malattia rara, e tenevo per me quella nausea che si sarebbe solo aggiunta alle angosce, nate per loro, con l’età del mio sviluppo.
Stavo crescendo e ogni minuscola variazione del mio stato produceva ansia sul futuro che si stava avvicinando e per il quale non mi vedevano preparata.
Nessuno mi amava o mi faceva la corte, nemmeno quel ragazzo dalle spalle spioventi di cui mi ero invaghita. Lo avevo sempre davanti agli occhi.
Compagni di classe, di catechismo, di lezioni collettive di chitarra e di gare di sputi alle quali venivamo iscritti, ogni sei mesi, dai rispettivi genitori. Rispettivi non per rispetto ma perché ognuno aveva i suoi ed era meglio così.
Il ragazzo non aveva la stessa malattia rara che mi spossava ma nausea, quella sì, dalla sera al mattino.
A scuola era un campione. Non gli sembrava vero che la maledetta al mattino passasse; così, quando faceva giorno, compilava i compiti in cinque minuti, studiava in dieci ed era preparato in tutte le materie; primo in catechismo, primo nelle lezioni collettive di chitarra e primo assoluto nelle gare di sputi.
Ai suoi genitori non importava come trascorreva le notti: “quello che conta è il risultato!” – sostenevano - “e i risultati ci sono!”
I professori erano contenti, il preside felice che nella scuola ci fosse un fenomeno.
Nessuno conosceva il suo segreto.
Neanche io che, come già detto, me n’ero innamorata.
“Ma il destino ci mette lo zampino” e le parti, o forse sarebbe meglio dire le nausee, si invertirono.
Io la ebbi di notte e quel ragazzo di giorno.
Anche i comportamenti scolastici, all’inizio del secondo quadrimestre, si modificarono.
Io diventai un fenomeno e lui una birba, al punto che la metamorfosi fu evidente.
Invece no.
La trasformazione venne attribuita a fattori caratteriali, indipendenti per ognuno di noi, ad accadimenti o pensieri sorti al nostro interno.
Cambiano le mode, i comportamenti, persino le abitudini ma occorre tempo per sradicare pregiudizi e variare ruoli. Le condizioni sono vissute, da noi, parenti o amici, in modo diverso.  “...sarà come mi vedono gli altri… ”  recitava il testo di una canzone che mi torna in mente.
 I genitori affermarono, riguardo a me, che la sfuriata del professore era servita perché avevo messo la testa a posto; quanto al ragazzo, i suoi dicevano che avere un fenomeno in famiglia non faceva parte delle loro caratteristiche, quindi giudicavano normale questa trasformazione.
Gli insegnanti non si ponevano domande e il preside stava attento a non sbilanciarsi.
Ma siccome “il destino ci mette lo zampino”, io, per caso, scoprii il segreto del ragazzo.
Lo vidi barcollare in classe, nel banco, e riconobbi quel moto particolare che provoca l’andare in barca, mi colpì quel particolare di tenersi la mano al caldo. Il suo stomaco era rivoltato dalla nausea.
Fu in quel momento che capii. Lo capii. Gli illustrai il mio punto di vista e la mia decisione divenne la nostra decisione. In silenzio, ci tenemmo per mano durante l’intervallo, condividendo le reciproche illuminazioni.
Da allora diventammo inseparabili.
Dalle medie all’università, sempre insieme.
Dopo l’università, sposati.
Niente figli, per scelta.
Fino alla fine dei giorni.
Non importa chi se ne andrà per primo o quel che diventeremo, ciò che ci piacerà.
Non contano i motivi della nostra unione.
Conta che trascorreremo il nostro tempo nauseabondo, felici e contenti. 
Come nelle fiabe.

Re: [Lab10] Nausea

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Non male, specie dal punto di vista dello stile.
Noto una certa facilità di scrittura (è il primo tuo racconto che leggo), e una prosa a tratti frizzante.

Ci sono tuttavia elementi della storia che non mi convincono. Nell'ordine: 
  1. scarsa coesione
  2. finale debole
  3. genericità
Punto 1.
L'inclusione di espressioni divertenti, come quelle usate per descrivere il preside, è simpatica e stilisticamente efficace. Tuttavia, in altri casi, quando si includono elementi narrativi solo per il gusto di inserirli, la storia perde di coesione. Se i temi della storia sono A e B, e si inseriscono le scene C e D per rinforzarli, va bene. Se si inseriscono E F G H I J K L M solo perché le scene sono interessanti, il senso della storia si perde.
Per esempio:
  ha scritto:confusaMio padre mi aveva insegnato che davanti agli ostacoli non ci si arrende e mia madre mi ripeteva, di sovente, che gli ostacoli bisogna evitarli, aggirarli o, nel caso specifico, raggirarli.
Incipit: si parla di ostacoli e di come superarli o aggirarli, o perfino "raggirarli". Essendo l'introduzione al racconto, questa frase ha un peso diverso da tutte le altre, è come se fosse una promessa al lettore su cosa deve aspettarsi... ma di ostacoli da evitare o "raggirare", nella storia, nessuna traccia.

Altro esempio:
  ha scritto:confusaNon l’avrei fatto solo perché i miei genitori avrebbero sofferto troppo: “Tutto, fuorché la salute!”
Cito solo questo, ma qui l'aspetto che conta è la malattia della protagonista, che porta a questa frase e alle considerazioni successive. Vero, la malattia aggiunge un tocco di caratterizzazione. Ma dal punto di vista narrativo non è necessaria: non svolge una funzione specifica, e se la eliminassimo o la cambiassimo con un'altra malattia simile, il racconto funzionerebbe ugualmente. In narrativa, se un elemento può essere eliminato o sostituito a piacimento, probabilmente si può tagliare.
  ha scritto:confusain quel mattino di lunedì, estate calda, ore 8 e 40,   giugno 24, anno 2020
Idem come sopra: a meno che non mi sia perso qualcosa, data e ora non sono necessari per la storia. Avrebbero potuto essere le 10:10 del 2 febbraio 2019, e il racconto avrebbe funzionato ugualmente. Come detto prima, se qualcosa può essere eliminato o modificato senza che se ne senta la mancanza, si può tagliare.
Inoltre, piccola nota di realismo. Quando decidi di usare date nei tuoi scritti, controlla che siano corrette, e controlla che ciò che scrivi sia compatibile con quanto accadeva in quella data. Il 24 giugno 2020 era mercoledì ( :P ) ma, più importante, si era in piena emergenza coronavirus, quindi:
  ha scritto:confusaun paio di baffetti grigi e la mano sinistra con il dito indice puntato verso la mia bocca aperta
questa descrizione risulta poco realistica, per vie delle restrizioni dell'epoca (anche considerando l'idea di avere studenti a scuola, come minimo ci sarebbe stato l'obbligo di mascherina). Una ragione in più per eliminare la data dal racconto, visto che non è necessaria.

Punto 2.
Il finale scioglie qualsiasi tensione e conflitto in maniera troppo semplice e insoddisfacente.
In questo racconto c'è un elemento di tensione: l'attrazione, inizialmente non corrisposta, della protagonista verso il ragazzo.
C'è un elemento di conflitto (narrativo): la nausea diurna affligge la protagonista, che per questo motivo non va bene a scuola ecc., mentre quella notturna affligge il ragazzo, senza condizionarlo. E a un certo punto le afflizioni si invertono, con i rispettivi effetti sui personaggi.
Il conflitto si risolve in una riga, senza conseguenze per nessuna delle due parti ("ah OK, è diventato una schiappa, pace", "ah OK, è diventata brava, che bello"). La tensione si risolve in una riga, senza mostrare in che maniera: come fa la protagonista a guadagnare la fiducia del ragazzo? Basta davvero dire condividere una nausea con una persona per farla innamorare e, da disinteressata che era, farsi prendersi la mano teneramente? Magari avrei dovuto usare questa tattica quando andavo a scuola... :P 
Per rendere il finale più soddisfacente, le risoluzioni di conflitto e tensione vanno approfondite maggiormente. Per esempio, anche se tutti non si preoccupavano, il ragazzo avrebbe potuto essere colpito negativamente da quel cambio repentino e soffrirne perché non era più in grado di soddisfare le aspettative, o magari perché lui aveva delle aspettative. Questo avrebbe aperto una breccia nella sua figura di "studente perfetto", che la protagonista avrebbe potuto sfruttare per avvicinarlo, ad es. per consolarlo.
Insomma, qualcosa che mi faccia capire che questi personaggi non sono solo parole su carta, ma personaggi a cui posso affezionarmi davvero, quindi con plausibili conseguenze alle proprie azioni e progressi psicologici in cui possa immedesimarmi.

Punto 3.
Se può andar bene non conoscere il nome della protagonista (è piuttosto comune nella narrativa in prima persona), è molto meno accettabile non incontrare nessun altro nome proprio o toponimo. Quando una persona pensa a un individuo o un luogo, solitamente gli assegna una "etichetta" per identificarlo, e tanto più si sente quel luogo o quella persona vicina, tanto più questa "etichetta" diventa precisa, fino ad arrivare al nome proprio, al soprannome, o all'appellativo nel caso di parenti stretti (papà, mamma, mio fratello, ecc.). Se devi scrivere su Whatsapp che hai incontrato tua zia Gerbillonda sul treno, scriverai "ho incontrato zia Gerbillonda" o "ho incontrato la zia". Non scriverai "ho incontrato quella donna", perché troppo generico: se una persona ha a sua disposizione un'etichetta precisa, tenderà a usare quella. Le etichette meno precise sono riservate per persone che non si conoscono o che si ritiene l'interlocutore non conosca (es. "ho incontrato la signora che viene sempre al bar") .

Questo dovrebbe avvenire anche nella prosa, pena la caduta della sospensione dell'incredulità da parte del lettore.

In questo racconto però, sebbene in prima persona e quindi "dentro la testa" della protagonista, tutti i personaggi e i luoghi sono anonimi: nessun nome per il professore/preside, per gli insegnanti, per i genitori, per la scuola, per i compagni e soprattutto per "quel ragazzo". Quando tu pensi all'amore della tua vita, lo senti abbastanza vicino da identificarlo con un nome, o addirittura un soprannome. Il fatto che la protagonista per tutto il racconto lo chiami "il ragazzo" suona molto strano. Ed è straniante anche per il lettore.

Ultima nota: ci sono refusi e piccoli errori sparsi qua e là: "mj colava", trattino corto invece del trattino lungo nella chiusura dell'inciso "– sostenevano -", uno spazio di troppo davanti a " I genitori affermarono", e uso improprio dei puntini di sospensione "...sarà come mi vedono gli altri…" (non andrebbero usati in apertura di una frase).

Per concludere: prosa accattivante, e decisamente scorrevole da leggere. Di più, divertente in molti punti. Quindi poco da dire riguardo allo stile.
Ma la struttura andrebbe rivista: bisogna tagliare gli elementi non necessari, rendere il racconto più coeso e bisogna rinforzare il finale.

Spero questo possa esserti utile.
A rileggerti. :) 

Re: [Lab10] Nausea

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confusa ha scritto: Mio padre mi aveva insegnato che davanti agli ostacoli non ci si arrende e mia madre mi ripeteva, di sovente, che gli ostacoli bisogna evitarli, aggirarli o, nel caso specifico, raggirarli.
Non c'è bisogno dell'aggettivo.
confusa ha scritto: ore 8 e 40,   giugno 24, anno 2020, per la precisione, profumava di colla vinilica misto a odore di cane bagnato.
Perché la data,? Non è necessaria e, tra l'altro, è una trappola perché trascina con sé il ricordo automatico da parte del lettere di mascherine e rapporti interpersonali a distanza, che tu non citi nel testo, e quindi era meglio evitare. Ti sei messa nei guai da sola.  :si:
confusa ha scritto:
Niente di particolare sosteneva il professore, aveva solo intenzione di ribadire il proprio concetto.
“E adesso puoi andare a fumare nel bagno!” – le sue ultime parole.
Ma stava delirando?
Non ha senso quella frase del professore. A parte la supposizione del suo delirio, il lettore vorrebbe capire il perché l'abbia pronunciata. Non sembra funzionale al testo, peraltro.
confusa ha scritto:
“Ma il destino ci mette lo zampino” e le parti, o forse sarebbe meglio dire le nausee, si invertirono.
Io la ebbi di notte e quel ragazzo di giorno.
Colpo di scena. Brava, molto originale. Ma perché non dai un nome a lui?
confusa ha scritto: Niente figli, per scelta.
Per non nascere già nauseati? 
confusa ha scritto:
Conta che trascorreremo il nostro tempo nauseabondo e non, felici e contenti. 
Come nelle fiabe.
Visto che la nausea non è continuativa...  ;)

Grazie della tua partecipazione, cara @confusa  :)

Conoscevo i tuoi versi d'effetto, indimenticabili. In prosa, non ti avevo mai letto in precedenza.

Che dire? Anche qui c'è una penna scorrevole e incisiva, un evolversi della trama che il lettore non si aspetta. Il tema, sui segreti, declinato in modo originale. Una storia che fa piacere leggere. Brava!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab10] Nausea

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La qualità della scrittura è apprezzabile: vivace e incisiva ( condivido Zaza), ha già una sua "cifra" peculiare. Ci sono alcune pecche, peraltro emendabili, e qualche battuta superflua, ma altre simpatiche ed efficaci.
Quanto alla storia, come osserva Mid,  la malattia rara potrebbe essere un'altra (anche perché quella scelta -la ignoravo- comporta  inconvenienti peggiori di quelli descritti), ma una ce ne vuole, perché funzionale alla relazione dei personaggi. Che essi  non abbiano un nome può essere una (lecita) scelta narrativa,  la lettura procede ugualmente. 
La data, già detto, crea solo problemi, la frase del prof e l'accusa di fumare hanno poco senso.
La narrazione  in effetti risente di una certa discontinuità. La parte dedicata a lei è abbastanza coerente, poi I ruoli s'invertono, ma senza adeguato svolgimento, e il finale riesce un po' precipitoso.
Insomma uno spunto insolito, una storia divertente e uno stile efficace. C'è da lavorare su trama e struttura.
A rileggerti.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [Lab10] Nausea

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[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ciao @confusa  e ben venuta tra noi, dato che hai partecipato a questo contest e a renderlo più partecipato.[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Senti un po'. Io non sono un perfettino della punteggiatura, ma ti segnalo qualcosina da correggere.[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Nel merito del racconto mi sarei aspettato una storia tutta al femminile con argomento e trama basata sulla nausea. Ho pensato alle nausee in gravidanza e a come ti cambiano la vita. Ma mi sbagliavo, almeno non del tutto. Il racconto è una storia d'amore che nasce per una comune diversità; della serie, quando i difetti uniscono.  :D[/font]
      
 
Mio padre mi aveva insegnato che davanti agli ostacoli non ci si arrende e mia madre mi ripeteva, di sovente, che gli ostacoli bisogna evitarli, aggirarli o, nel caso specifico, raggirarli.
Chi avevo davanti in quel mattino di lunedì, estate calda, ore 8 e 40,   giugno 24, anno 2020, per la precisione, profumava di colla vinilica misto a odore di cane bagnato.
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La tua mi sembra una scrittura molto giovane, che evoca quei racconti che si annotano nei diari personali.
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Ma non era un animale e neppure un foglio di carta incollato: poteva piuttosto avvicinarsi, nella struttura fisica, a un preside di scuola media superiore: altezza un metro e settantacinque circa, senza barba, un paio di baffetti grigi e la mano sinistra con il dito indice puntato verso la mia bocca aperta.   
Sudava il professore e, per non essere da meno, io tentavo di imitarlo, ma nemmeno una goccia mj colava dalla fronte o usciva da sotto le ascelle, nel vestitino con le spalline sottili, a rendere ancor più ridicolo il mio corpo ossuto.
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Usi l'ironia nel descrivere gli altri come la protagonista. Questo va bene dato che compare in tutto il racconto e non è casuale.
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Soffrivo di una malattia rara, displasia ectodermica ipoidrotica, e il sudore era un lusso che non potevo permettermi.
Quindi niente gocce.
La mia mente viaggiava. Il mio corpo pure(manca il punto) Mi piaceva andare in giro per l’Italia. Conducevo i miei attributi, pochi per la verità, a passeggio. Andavo per funghi, mi sfogavo, mi esprimevo, usavo qualche accortezza ma mi divertivo, frequentando corsi di furbizia.
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Un modo divertente per parlare di sé! Mi sembra di vedere Pippi Calzelunghe che narra le sue fantastiche avventure... :D
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Aprivo gli occhi e una nuova serie di ore era pronta per rovinarmi la vita.
Ma poi, alla fine del giorno, tutto si dissolveva, spariva, si trasformava, magicamente.
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In cosa? Secondo me "si trasformava" è di troppo
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Niente di particolare sosteneva il professore, aveva solo intenzione di ribadire il proprio concetto.
“E adesso puoi andare a fumare nel bagno!” – le sue ultime parole.
Ma stava delirando?
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La storia del professore e delle relazioni a scuola sono fondamentali quando si fa introspezione della propria vita sin dalla gioventù. Scuola e compagni di scuola sono elementi costanti che vanno usati e tornano sempre utili per costruire un racconto su di una vita.
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mi amava o mi faceva la corte, nemmeno quel ragazzo dalle spalle spioventi di cui mi ero invaghita. Lo avevo sempre davanti agli occhi.
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Il primo amore, magari anche quello di tutta una vita, spesso lo si trova sui banchi di scuola.
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quel momento che capii. Lo capii. Gli illustrai il mio punto di vista e la mia decisione divenne la nostra decisione. In silenzio, ci tenemmo per mano durante l’intervallo, condividendo le reciproche illuminazioni.
Da allora diventammo inseparabili.
Dalle medie all’università, sempre insieme.
Dopo l’università, sposati.
Niente figli, per scelta.
Fino alla fine dei giorni.
Non importa chi se ne andrà per primo o quel che diventeremo, ciò che ci piacerà.
Non contano i motivi della nostra unione.
Conta che trascorreremo il nostro tempo nauseabondo, felici e contenti. 
Come nelle fiabe.

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Insomma, come segreto da condividere mi sembra blando. Però è valido per tenere insieme due persone con lo stesso problema. Forse lo avresti dovuto valorizzare con qualche divertente e ironica trovata, come hai fatto sin dall'inizio. Anche la trama non è delle migliori. Il tuo punto di forza è stato come lo hai esposto attraverso una scrittura fresca e giovane. Come esordio credo che vada bene. A rileggerci. ciao :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab10] Nausea

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confusa ha scritto: Soffrivo di una malattia rara, displasia ectodermica ipoidrotica, e il sudore era un lusso che non potevo permettermi.
Molto particolare come malattia. Immagino che per citarla ne sei venuta in qualche modo a conoscenza.
confusa ha scritto: “E adesso puoi andare a fumare nel bagno!” – le sue ultime parole.
Mi sorge un dubbio. Non conosco la malattia, non so se sia particolarmente invalidante, però immagino che la scuola ne sia a conoscenza e questo dovrebbe mantenere un tono riguardevole nei confronti della ragazza. Questa frase mi sembra un po' troppo perentoria nei confronti di una ragazza “fragile”. Ma a giudicare di quello che combina direi che non ha nessun problema.
confusa ha scritto: Compagni di classe, di catechismo, di lezioni collettive di chitarra e di gare di sputi alle quali venivamo iscritti, ogni sei mesi, dai rispettivi genitori. Rispettivi non per rispetto ma perché ognuno aveva i suoi ed era meglio così
Apprezzo l'ironia della tua scrittura. In questo caso però mi ha lasciato perplesso (gusto personale, opinabile) la citazione della gara di sputi. Diventa troppo inverosimile rispetto la sottile ironia, credo, riguardante le lezioni di catechismo o di chitarra collettiva. O è tutto estremo, quasi surreale, e allora può funzionare, ma così la battuta sugli sputi mi giunge come un colpo senza giustificazione.
confusa ha scritto:
Ma siccome “il destino ci mette lo zampino”, io, per caso, scoprii il segreto del ragazzo.
Lo vidi barcollare in classe, nel banco, e riconobbi quel moto particolare che provoca l’andare in barca, mi colpì quel particolare di tenersi la mano al caldo. Il suo stomaco era rivoltato dalla nausea.
Qui scopre la nausea del suo compagno da alcune caratteristiche fisiche, ma poche righe sopra il narratore, in prima persona sembra già conoscere la nausea da cui viene afflitto, infatti dice che le nausee vengono invertite. Forse bisogna riordinare la tempistica. (Ma potrei sbagliarmi)
confusa ha scritto:
Fu in quel momento che capii. Lo capii. Gli illustrai il mio punto di vista e la mia decisione divenne la nostra decisione. In silenzio, ci tenemmo per mano durante l’intervallo, condividendo le reciproche illuminazioni.
Da allora diventammo inseparabili.
Dalle medie all’università, sempre insieme.
Dopo l’università, sposati.
Niente figli, per scelta.
Fino alla fine dei giorni
Forse lo hanno già segnalato. Mi sembra troppo repentino l'evolversi della loro relazione. Non che non si possa fare. Per esempio nelle fiabe capita una chiusura improvvisa come nel caso “Vissero per sempre felici e contenti”, ma la struttura è molto semplice come il messaggio che deve arrivare diretto ai bambini. Nel tuo caso, con la scrittura più elaborata e ricca, poteva essere più studiata e meno precipitosa. Ma posso comprendere, con i tempi rapidi di un contest, anche a me è capitato. Però, pensandoci, alcune caratteristiche della fiaba sono presenti e alla fine lo fai presente.

Un racconto che ho letto con piacere. Bella scrittura. Forse la storia in alcuni tratti è un po' @confusa. Vabbè. Pardon. (me la ero preparata dall'inizio).
A rileggerti

Re: [Lab10] Nausea

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Ringrazio tutti. Ma è giusto che spieghi. 

@Mid 
Grazie! Questo è un racconto al quale ho, più volte, messo mano. Le tue osservazioni, come pure quelle degli altri  che, disponibili e gentili, hanno trovato e speso tempo a commentare. I miei scritti non sono più lunghi di 2.000\3.000 caratteri, ho tentato di allungare questa storia - al principio aveva almeno più di 2.000 caratteri in meno. Sono, quasi, dei post e, nell'epoca della velocità, mi è andata bene. Questo significa che il racconto lungo mi mette in crisi. Non è questione di sintesi ma di incapacità di reggere, nella scrittura, a tempi più lunghi. Il tuo occhio clinico ha individuato le parti critiche e saputo vedere al di là dei miei limiti.Ho aggiunto, male, dei punti al racconto, ma il problema non era nella lunghezza. Ti sono grata per le critiche costruttive. 

Re: [Lab10] Nausea

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@Kasimiro 

Sono venuta a conoscenza della malattia dal figlio di un amico. Molto intelligente, il ragazzino non ha di termoregolazione e, non possedendo le ghiandole sudoripare, un sacco di problemi, ma conduce, grazie ai genitori, separati, e alla nonna sprint, la sua vita, usando delle accortezze. Fa le superiori ed ha quasi diciotto anni. Il discorso sulla scuola è molto complesso e lo affronteremo un'altra volta. Ho letto qualcuna delle tue storie e tuoi commenti trovando entrambi profondi. Grazie! Hai fatto bene ad informarti e lo apprezzo non sai quanto.  
Alla prossima!
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