Arance rosse

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commento della giornata
Il giardino del nonno era uno spettacolo vivente, quando era ancora in vita. Il nonno aveva separato una sezione destinata all'orto che rendeva ortaggi ricchi di colori e profumi. Agli occhi di un fanciullo di sei anni come me apparivano come creature pittoresche e strambe – i peperoncini verdi, che io adoravo fritti, sembravano le dita affusolate di uno gnomo, i peperoncini rossi piccanti le corna di un drago. A lato si elevavano due fulgidi alberi di arance rosse come il magma! Quando fiorivano si sentiva la primavera in ogni dove...
Quegli alberi hanno più di trentacinque anni ciascuno, e mi riportano indietro, alla sua immagine. Le dolci arance rosse mi pervadono in un abbraccio di ricordi, ai tempi in cui il nonno giovane mi lanciava in aria e mi riprendeva. Adoravo quel gioco! Come anche adoravo stare nella sua auto mentre lui 'correva', ma invero non si trattava di una corsa, poiché le velocità di fanciullo avevano tempi e spazi più a misura della mia tenera età.
Il nonno potava gli alberi, anche quello di limoni - gialli come il sole -, preservandoli con degli insetticidi o un macerato d'aglio e peperoncino che gli proposi in epoca adulta, e nutrendoli con la composta, posta sotto un cumulo di detriti organici prodotti dagli scarti alimentari della cucina. Quell'humus era ricco di materia, così carico di energia che sembrava impossibile non potesse crescervi nulla.
In un angolo vi erano le rose, sulle quali ammiravo le api posarsi, oppure vespe e altri insetti attirati da quella squisita corolla. Credo di essermi punto toccando le spine qualche volta, ma quale bambino vivace non lo farebbe?
Gli alberi ospitavano i nidi di passeri e rondini. Ma nel giardino del nonno la vita fecondava anche sotto terra, non soltanto in cima agli alberi. Piuttosto che fecondare, direi anzitutto che 'strisciava' nella sua versione lombrico o millepiedi. Di quelle creature avevo un palese orrore, anche se seppi a posteriori che nel ciclo vitale di un orto, e specie nella produzione della composta, svolgono un ruolo essenziale.
La nostra gatta amava il giardino molto più di me. Trascorreva gran parte del tempo lì col nonno e sembrava che tra i due ci fosse una reciproca intesa. Il nonno le parlava, raccontando di frivolezze con frasi brevi, e lei ascoltava con le orecchie a punta, ricambiando con un esile miagolio. Se qualche insetto catturava la sua attenzione, Kira - micia per vocazione - risvegliava il suo istinto felino e arruffava il pelo, con gli occhi dilatati dalla cupidigia. Qualche volta portava un regalino assortito al nonno e alla sua fedele coniuge: poteva variare dal semplice pulcino spennato alla lucertola, ma tutto sommato è sempre stata troppo pigra per diventare una grande cacciatrice o guardiana dell'orto.
Un giorno il nonno ci lasciò - il giardino rimase incolto e infestato dalle erbacce che lui stesso era solito sradicare. Il cuore pulsante della terra, a cui il nonno si dedicò con tanta lena, fu rimosso: l'orto! Nessuno aveva più tempo da dedicarvi tra i figli, sempre indaffarati dal lavoro e poco inclini a svolgere una vita lenta, come la chiamano oggi.
Il sapore di quegli ortaggi non l'ho più sentito...
Ma sono rimaste quelle arance, rosse come il magma. Quando affondo i denti in quei piccoli pianeti rossi mi torna in mente quell'affetto e della vita che si tramanda di generazione in generazione. Quelle arance sono ancora qui a nutrirmi, e continueranno a nutrire gli abitanti di questa casa.
E quando il momento per gli aranci sarà giunto, la vita sarà innestata su un altro ramo, o messa a dimora in una nuova terra.
Quella linfa scorre nelle nostre vene, e noi ultimi nipoti siamo testimoni di come possiamo trapiantare un pezzo di cuore e seminarlo attraverso i secoli...

Re: Arance rosse

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Ciao @bonsaitales92 e benvenuto nel forum! 

Ho spostato la tua discussione in questa sezione, in cui puoi condividere racconti che hanno una lunghezza massima di 8000 caratteri.
Vedo che ti sei già presentato e hai anche lasciato un commento interessante sul racconto di @Ippolita. Complimenti!  :D

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Buon proseguimento.
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Re: Arance rosse

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Ciao @bonsaitales92 mi spiace che nessuno abbia ancora commentato il tuo testo, scorrevolissimo, nostalgico, ben ritmato. Che sia l'argomento poco "attraente"? Non saprei, personalmente ho ritrovato me stessa, con la differenza che io, dopo venti anni di totale abbandono, ho fatto rinascere quell'orto. Mi ci sono dedicata contro il parere di tutti. "Ma chi te lo fa fare, è una gran fatica starci dietro", mi dicevano. Certo, avevano ragione, ma è questo il problema non riconoscerci più nei tempi del rispetto reciproco. Io rispetto e nutro te, terra, e tu mi inondi della tua ricchezza. Semplice, no? Sarebbe così anche nel rapporto tra le persone, ma occorre faticare anche per quello e noi la fatica la ripudiamo. Il massimo che ci concediamo sono le sudate sopra un attrezzo ginnico. Ma lì non c'è il rapporto con un'altra anima, ci si confronta solo con il muto e gelido metallo. Ed ecco che il benessere torna solo nostro, diventa egoistico ed egocentrico, coltiviamo i muscoli per esibire una giovinezza che prima o poi sfiorirà. 
Le mie arance rosse sono rimaste, purtroppo, nella casa di mio padre che ho venduto, ma ho fatto gli innesti e spero che, entro un paio di anni – nel piccolo fazzoletto di terra che mi ha lasciato – io possa tornare a gustare le stesse arance di un tempo. 
Tornando al tuo racconto, ho trovato deliziosa la parte iniziale quando descrivi gli ortaggi fantasticandoci sopra con lo sguardo di bambino. Se vogliamo parlare di narrativa, ti dico che a continuare su questa scia avresti forse dato un taglio più particolare, creando un "fantasy ortolano" (p.s. mi è tornata in mente l'Ode alla cipolla di Neruda). 
Bella anche la chiusa, 
bonsaitales92 ha scritto: Ma sono rimaste quelle arance, rosse come il magma. Quando affondo i denti in quei piccoli pianeti rossi mi torna in mente quell'affetto e della vita che si tramanda di generazione in generazione. Quelle arance sono ancora qui a nutrirmi, e continueranno a nutrire gli abitanti di questa casa.
E quando il momento per gli aranci sarà giunto, la vita sarà innestata su un altro ramo, o messa a dimora in una nuova terra.
Quella linfa scorre nelle nostre vene, e noi ultimi nipoti siamo testimoni di come possiamo trapiantare un pezzo di cuore e seminarlo attraverso i secoli...
Chi conosce il rapporto terra/avi sa benissimo di cosa stai parlando. È appagante sentirsi parte di qualcosa che non sta alle nostre spalle per essere dimenticato, ma sta sotto di noi come fondamenta. 
Non c'è niente di più bello di quando un racconto ci rappresenta, ci coinvolge, ci accomuna.
Quindi grazie per questo bel testo, forse non ho analizzato a pieno trama, personaggi e intreccio, ma non ho molto da dire a riguardo. Non ho trovato nemmeno refusi. Uno spaccato di vita personale scritto con chiarezza e sentimento.

Leggerti è stato un vero piacere. :rosa:
A presto 

Re: Arance rosse

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@Adel J. Pellitteri, grazie per il tuo commento. 
Non avevo nessun particolare obiettivo narrativo se non esercitarmi nella scrittura, lasciandomi andare ad un flusso interiore di parole che sono emerse dalla pagina per automatismo. Non vi è nulla nella trama se non il racconto di un ricordo: da quando il nonno ci ha lasciati sentivo di non aver fatto abbastanza per commemorarlo, gli avrei voluto dire delle cose, ma sia io sia lui eravamo troppo introversi per dircele, e quella serata, quando tornai a casa, il nonno ci aveva già lasciati. Non piansi. Percepivo che era nell'ordine naturale delle cose e che in parte questa cosa era 'giusta', specie dopo una patologia molto grave. Quando ho scritto questo racconto ho ricordato l'affetto che provavo per lui e che lui provava per me. Sento di aver detto quelle cose, e di aver ricevuto quelle cose dette da lui. Scommetto che per un animo sovrappensiero come il mio lui avrebbe detto, porgendomi una delle sue spremute di arance: "Bevi, 'Ntonio, e non ci pensare, s'acconcia appresso" (si aggiusta strada facendo). 

Re: Arance rosse

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@bonsaitales92, benvenuto tra noi.

Il racconto è piacevole e pacato. Forse un po' troppo pacato, tenendo conto della miscela esplosiva fatta di colori, sapori e ricordi di cui è tessuto. Sarebbe interessante prendere un po' del magma incandescente di quelle arance e impregnarvi la narrazione. La prima cosa da fare, secondo il mio parere, è quella di vigilare sul lessico e sul ritmo. Eliminerei, inoltre, punti esclamativi e puntini di sospensione. Deve venire fuori in modo audace tutto il volume emotivo che è racchiuso nell'espressione "non piansi" della tua risposta a Jole @Adel J. Pellitteri.
bonsaitales92 ha scritto: gio set 28, 2023 4:19 pmIl giardino del nonno era uno spettacolo vivente, quando era ancora in vita. Il nonno aveva separato una sezione destinata all'orto che rendeva ortaggi ricchi di colori e profumi. Agli occhi di un fanciullo di sei anni come me apparivano come creature pittoresche e strambe – i peperoncini verdi, che io adoravo fritti, sembravano le dita affusolate di uno gnomo, i peperoncini rossi piccanti le corna di un drago. A lato si elevavano due fulgidi alberi di arance rosse come il magma! Quando fiorivano si sentiva la primavera in ogni dove...
"Fanciullo" è un termine che amo, ma purtroppo suona obsoleto. Qui nel tuo scritto, insieme ad altri termini che di volta in volta ti segnalerò, copre secondo me di una patina polverosa l'esuberanza che preme sotto. Eviterei la ripetizione ravvicinata vivente/vita. D'effetto le similitudini gnomo/drago, tanto che avrei voluto trovarne altre: coi loro impliciti colori verde/rosso concorrono alla espansione dell'eccellente cromatismo che sei andato formando e a cui, forse senza volerlo, hai dato il ruolo di spina dorsale del brano. Quest'ultimo, difatti, non ha eventi significativi, ma si veste a festa grazie al colore e al calore.
bonsaitales92 ha scritto: gio set 28, 2023 4:19 pmQuegli alberi hanno più di trentacinque anni ciascuno, e mi riportano indietro, alla sua immagine. Le dolci arance rosse mi pervadono in un abbraccio di ricordi, ai tempi in cui il nonno giovane mi lanciava in aria e mi riprendeva. Adoravo quel gioco! Come anche adoravo stare nella sua auto mentre lui 'correva', ma invero non si trattava di una corsa, poiché le velocità di fanciullo avevano tempi e spazi più a misura della mia tenera età.
A mio parere, l'aggettivo "dolce" collocato prima di "arance" non va bene, sempre per i motivi esposti sopra. La sequenza aggettivo/sostantivo/aggettivo smorza l'irruenza del sottotesto che stai tessendo: le arance rosse, così importanti da assurgere a titolo, non sono solo "dolci", ma hanno il sapore amaro della fugacità e della morte. Al lettore attento non è sfuggita, difatti, a inizio lettura, la velata allusione al titolo Profondo rosso. Pertanto, la "dolcezza" delle arance va sottolineata, certo, ma utilizzando similitudini o metafore e soprattutto senza disgiungerla dal dolore dei ricordi che a causa sua affiorano.
Riguardo al ritmo del testo, cui accennavo sopra, ho una mia idea: sarebbe preferibile, proprio per la coerenza interna delle sequenze, che nel brano non vi fossero ricordi al di là del giardino: il brano, difatti, si struttura grazie alla saturazione dei colori e all'immaginario che essi evocano. Eliminerei, quindi, il riferimento in corsivo, sostituendolo con altri ricordi relativi alla traboccante ricchezza dell'orto.
bonsaitales92 ha scritto: gio set 28, 2023 4:19 pmIl nonno potava gli alberi, anche quello di limoni - gialli come il sole -, preservandoli con degli insetticidi o un macerato d'aglio e peperoncino che gli proposi in epoca adulta, e nutrendoli con la composta, posta sotto un cumulo di detriti organici prodotti dagli scarti alimentari della cucina. Quell'humus era ricco di materia, così carico di energia che sembrava impossibile non potesse crescervi nulla.
In un angolo vi erano le rose, sulle quali ammiravo le api posarsi, oppure vespe e altri insetti attirati da quella squisita corolla. Credo di essermi punto toccando le spine qualche volta, ma quale bambino vivace non lo farebbe?
Qui, nell'ultima frase, farei accenno al sangue che esce dalle dita punte dalle spine: così, dopo le arance, il peperoncino, le rose, si amplia la gamma dei "rossi". Eliminerei la frase "ma quale bambino vivace non lo farebbe?": annulla la vertigine del sangue che punge la carne. Attenzione a non usare il trait d'union per gli incisi, i quali pretendono il trattino medio –.
  ha scritto:bonsaitales92Gli alberi ospitavano i nidi di passeri e rondini. Ma nel giardino del nonno la vita fecondava anche sotto terra, non soltanto in cima agli alberi. Piuttosto che fecondare, direi anzitutto che 'strisciava' nella sua versione lombrico o millepiedi. Di quelle creature avevo un palese orrore, anche se seppi a posteriori che nel ciclo vitale di un orto, e specie nella produzione della composta, svolgono un ruolo essenziale.
"Fecondare" mi pare abbia solo senso transitivo: userei pertanto il verbo "esplodere", o simili. Eliminerei i termini in corsivo e sostituirei la locuzione "a posteriori" con un più semplice "più tardi".
bonsaitales92 ha scritto: gio set 28, 2023 4:19 pmLa nostra gatta amava il giardino molto più di me. Trascorreva gran parte del tempo lì col nonno e sembrava che tra i due ci fosse una reciproca intesa. Il nonno le parlava, raccontando di frivolezze con frasi brevi, e lei ascoltava con le orecchie a punta, ricambiando con un esile miagolio. Se qualche insetto catturava la sua attenzione, Kira - micia per vocazione - risvegliava il suo istinto felino e arruffava il pelo, con gli occhi dilatati dalla cupidigia. Qualche volta portava un regalino assortito al nonno e alla sua fedele coniuge: poteva variare dal semplice pulcino spennato alla lucertola, ma tutto sommato è sempre stata troppo pigra per diventare una grande cacciatrice o guardiana dell'orto.
Un giorno il nonno ci lasciò - il giardino rimase incolto e infestato dalle erbacce che lui stesso era solito sradicare. Il cuore pulsante della terra, a cui il nonno si dedicò con tanta lena, fu rimosso: l'orto! Nessuno aveva più tempo da dedicarvi tra i figli, sempre indaffarati dal lavoro e poco inclini a svolgere una vita lenta, come la chiamano oggi.
La sezione sulla gatta la sostituirei con una narrazione in cui l'orto sia sempre protagonista. In corsivo ti segnalo i termini che secondo me non vanno bene perché desueti, o inadatti al contesto, o ridondanti. Nella frase "Un giorno il nonno ci lasciò - il giardino rimase incolto e infestato dalle erbacce che lui stesso era solito sradicare" mi fermerei a "erbacce": così lasci intendere sia la desolazione del giardino abbandonato sia il dolore della perdita.
bonsaitales92 ha scritto: gio set 28, 2023 4:19 pmIl sapore di quegli ortaggi non l'ho più sentito...
Ma sono rimaste quelle arance, rosse come il magma. Quando affondo i denti in quei piccoli pianeti rossi mi torna in mente quell'affetto e della vita che si tramanda di generazione in generazione. Quelle arance sono ancora qui a nutrirmi, e continueranno a nutrire gli abitanti di questa casa.
E quando il momento per gli aranci sarà giunto, la vita sarà innestata su un altro ramo, o messa a dimora in una nuova terra.
Quella linfa scorre nelle nostre vene, e noi ultimi nipoti siamo testimoni di come possiamo trapiantare un pezzo di cuore e seminarlo attraverso i secoli...
Vigorosa la metafora dei pianeti rossi. Ecco, è in espressioni come questa che si racchiude il senso ultimo del tuo brano: cosa è un pianeta, se non un corpo celeste immerso nell'infinita oscurità dello spazio? quale sentimento ci fa affiorare, se non un senso di numinosa vertigine? Mangiare un pianeta rosso deve essere un'esperienza straordinaria: tale puoi rendere il tuo brano.

Ti ringrazio per la lettura e ti auguro una buona serata.
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Re: Arance rosse

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@Ippolita, mille grazie per il tuo commento. Reputo che mi abbia aiutato a crescere dal punto di vista dello stile. In genere, ho la tendenza ad utilizzare termini un po' desueti, e vocaboli che mi appaiono 'ancorai in voga' in realtà sembrano essere già superati da un pezzo. Effettivamente, potrei semplificare la scrittura e renderla più diretta, ma ho ancora un po' di esperienza da fare. Sono ottimi consigli di stile che mi hanno molto arricchito. 
Per quanto riguarda i colori, non è stata molto intenzionale la scrittura, anzi più inconsapevole. Di fatti, ho visualizzato e immaginato la scena mentale che mi si è presentata agli occhi, dopodiché l'ho descritta.  Farò tesoro di questi preziosi consigli. Grazie :) 

Re: Arance rosse

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Pensieri che diventano parole: non è il mio pane, ma la tua scrittura me le ha fatte addentare, e il loro gusto era migliore di quanto mi aspettassi. :)

Non mi dilungherò molto, al contrario del mio solito, perché molti miei appunti sarebbero identici a quelli, impeccabili, di @Ippolita.

L'unico punto di disaccordo riguarda l'uso di parole desuete (come "fanciullo", "invero", "lena" eccetera), che io ritengo possano essere accettabili se dosate con criterio. Dal momento che lo scritto tratta di ricordi, alcune parole più poetiche potrebbero offrire un efficace contrasto ai colori vividi delle descrizioni di orto e giardino. Insomma, potrebbero garantire varietà di ritmo in un racconto senza una vera e propria narrazione in senso stretto.
Credo si tratti di una questione di stile e, soprattutto, di scelte.
Uno scritto esuberante e carico di colori funzionerebbe di certo. Un altro scritto, dove l'esuberanza fosse intervallata a malinconia suggerita da termini più ricercati, potrebbe funzionare altrettanto bene, a mio avviso.

In ogni caso, un pezzo piacevole. Mi piacerebbe poter leggere qualcosa di più strutturato dal punto di vista narrativo, in futuro, per vedere come usi la lingua in quel contesto.

A rileggerti. :)

Re: Arance rosse

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Ciao, @Mid! Sono i miei primi esperimenti narrativi. In verità sto muovendo i primi passi, fino a questo momento non ho utilizzato la scrittura a scopo narrativo, ma unicamente a scopi scientifici (stesura di tesi che ho fatto in passato). E il salto da una tipologia di testo ad un altro è davvero ampio, c'è una differenza abissale. In questo momento avrei bisogno anche di esplorare nuove possibilità linguistiche, quindi sto cercando dei testi italiani sul panorama contemporaneo come riferimento. Proverò a rimaneggiare questi scritti anche solo a scopo di esercitazione. Ci rivediamo presto :) 

Re: Arance rosse

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Ciao @bonsaitales92, cercavo un racconto a cui dire molto per postare qualcosa e ho trovato questo... e non è questo il caso. Il tuo racconto, infatti, non merita un'analisi particolareggiata, semplicemente perché non ne ha bisogno o perché finirei per rendere qui, nero su bianco, qualcosa di ovvio e che è detto molto meglio dal nostro io interiore mentre lo leggiamo.
Un racconto che fa leva, diciamo, alle corde del cuore: nostalgia, infanzia, qualcosa che abbiamo dentro e che si perde con gli anni fino a dimenticarla o ad associarla a qualcosa che non c'è più e che non vale la pena ricordare. Almeno fino a quando non sperimentiamo la perdita, ma lì è ormai tutto inutile secondo me...
Non aggiungo altro, davvero, per me è un ottimo racconto. Anzi no, una cosa la dico, credo che le descrizioni siano molto belle.

Alla prossima lettura.
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Arance rosse

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bonsaitales92 ha scritto: Il giardino del nonno era uno spettacolo vivente, quando era ancora in vita.
Ti suggerisco di cambiare la seconda parte con: "quand'era lui a curarlo".
bonsaitales92 ha scritto: Come anche adoravo stare nella sua auto mentre lui 'correva', ma invero non si trattava di una corsa, poiché le velocità di fanciullo avevano tempi e spazi più a misura della mia tenera età.
Un po' arcaico come linguaggio, anche per me. Ti suggerirei, per la seconda parte, di sostituirla con : ma, in tenera età, il concetto di velocità in auto è arbitrario e soggettivo.
bonsaitales92 ha scritto: che gli proposi in epoca adulta, e nutrendoli con la composta, posta sotto un cumulo di detriti organici prodotti dagli scarti alimentari della cucina. Quell'hum
età adulta è preferibile; meglio togliere "posta", superfluo e che fa cacofonia con "composta".
bonsaitales92 ha scritto: toccando le spine qualche volta, ma quale bambino vivace non lo farebbe?
"come farebbe qualsiasi bambino vivace"
bonsaitales92 ha scritto: Kira - micia per vocazione - risvegliava il suo istinto felino e arruffava il pelo, con gli occhi dilatati dalla cupidigia. 
Non capisco quel - micia per vocazione -
bonsaitales92 ha scritto: Il cuore pulsante della terra, a cui il nonno si dedicò con tanta lena, fu rimosso: l'orto! 
Il periodo mi sembra contorto. Ti suggerirei:

"L'orto, cuore pulsante del terreno cui il nonno tanto si era dedicato, venne rimosso!"

@bonsaitales92   :)

Ti ringrazio per questa lettura  :libro:

Ci ho trovato un parallelo con dei miei ricordi e ho apprezzato.

Per il modo di scrivere, ci sono dei termini obsoleti e dei giri di frasi che complicano la comprensione dei messaggi. Un po' mi ci risconosco, perché è anche un mio limite che cerco di superare.

Spero di esserti stata utile. A rileggerti!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Arance rosse

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Ciao @bonsaitales92 

Il fluire. Un racconto nasce subito nella nostra testa. Lento come un fantasma. Poi bisogna condire . Con tante cose.
Naturale pensare a sfoglie di cuore che riscaldano le parole, inevitabilmente.
E poi si ritorna sempre un pò bambini quando ci si lascia andare ai ricordi.
In questo racconto hai pensato velocemente e scritto lentamente, come il passo incerto di un bambino o di uno che non sa dove andare.
Dolci arance rosso fuoco o arancione appena accennato. Un respiro di vento riesce ad alleggerirle, se non sono troppo grandi. Se il testo è autobiografico, almeno in parte, si vola alto nei ricordi. E il vento non riuscirà mai a spezzare alcunché.
A volte le arance sono una coperta più che un frutto da gustare. Tutto sorride, tutto è caldo anche d'inverno.
Poi si può condire con gli sguardi. Essere passivi. Godere.
Tutto diventa luminoso come se fosse di un altro pianeta. E la musica nella nostra testa invade i ricordi trascinandoli verso qualcosa di più vero, più concreto.
Questo il linguaggio a cui dobbiamo abituarci e, poi, cercare di parlare la stessa lingua dei sogni. Anche per un mero esercizio di stile.
Il grande senso della vita che ci appartiene. Nessun dubbio.
I ricordi possono essere anche foglie d'autunno da custodire gelosamente.
Alla fine viviamo su un vaso e ci è dolce rincorrerci. Senza fine.

Alle prossime vele spiegate
Atlab
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