[MI 177] Servizio in camera

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Traccia n. 3 - incipit
Commento
Servizio in camera
Spinsi la porta ed entrai.
Seduta in poltrona con indosso soltanto un pareo variopinto, i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle, lei si girò lentamente verso di me.
Abbassai gli occhi sul vassoio che tenevo in mano.
– La sua colazione, signora.
Lei, senza dire una parola, tornò a guardare fuori dalla finestra, diede un ultimo tiro alla sigaretta che aveva tra le dita e la spense schiacciandola nel posacenere di vetro già colmo.
Rimasi fermo sulla soglia e attesi in allerta. Speriamo che questa volta non faccia la solita scena, pensai.
D’un tratto la sua voce ruvida.
– Beh, cosa fai lì impalato? Vieni qui, no?
In verità avrei preferito posare il vassoio e andarmene alla svelta, ma fui costretto ad avvicinarmi.
– Porta via il posacenere e metti qui il tavolino. Cos’è? Ti faccio così schifo?
Come si poteva rispondere a una domanda del genere? Cercai di nascondere la mia riluttanza rimanendo in silenzio ed eseguendo gli ordini con la massima celerità.
– Più vicino quel tavolino! Non vedi che non ci arrivo?
Mi dovetti chinare quasi su di lei. Il tessuto del pareo aveva una trama così rada da risultare trasparente. Copriva a malapena i seni flaccidi e l’addome prominente. Sentivo chiaramente il suo profumo: Chanel numero cinque che, nonostante fosse stato cosparso in abbondanza, non riusciva a coprire l’odore rancido delle sigarette.
Le bastò quell’attimo per allungare la mano e afferrarmi l’orecchio. Non fui abbastanza rapido a ritrarmi.
– Che c’è tesoro? Hai fretta di scappare via? Non senti che buon profumo?
Le sue unghie stavano tormentando il mio padiglione auricolare e non sarei riuscito a sfuggirle senza ferirmi.
– Signora, la prego. Mi sta facendo male.
Le afferrai il polso prima che mi costringesse ad appoggiare il viso su di lei. Nella mia posizione non potevo mettere in atto un comportamento violento nei confronti di una cliente dell’albergo, nemmeno per autodifesa, comunque alla fine riuscii a farla desistere e mollò la presa.
Feci un passo indietro per riconquistare una distanza di sicurezza, ma lei si era già girata dall’altra parte e aveva ripreso a osservare il mare oltre i vetri della finestra. Indeciso sul da farsi rimasi lì sull’attenti. Visto che lei continuava a ignorare la mia presenza diedi un piccolo colpo di tosse. Senza degnarmi di uno sguardo fece un cenno con la mano come per scacciare una mosca; segno che me ne potevo andare.
– Sul vassoio c’è il menù per il pranzo, se vuole ordinare il servizio in camera.
Nessuna risposta.
– Bene. Se permette io andrei.
Nessuna risposta.
Girai sui tacchi, ma appena misi la mano sulla maniglia della porta fui nuovamente raggiunto dalla sua voce roca.
– Il posacenere.
– Sì, certo. Il posacenere. Provvedo subito.
Presi il posacenere che avevo spostato dal tavolino, andai a svuotarlo nel bagno, lo sciacquai per bene e glielo riportai facendo attenzione a non cadere sotto le sue grinfie.
Questa volta, senza più chiedere il permesso, mi girai e guadagnai velocemente la porta.
Appena uscito sentii un tonfo alle mie spalle e rumore di verti che andavano in frantumi. Non me ne curai e procedetti verso la cucina.
Questa volta era stata peggio delle altre.

Vien qui! Fa’me veder el to orecio. Co te ga capità?
Adelina con me è sempre stata molto premurosa, e in effetti l’orecchio mi doleva ancora.
– Niente. È quella matta della trecentoquindici.
La vecia? E cossa vulea de ti?
– Beh, ti lascio immaginare. – Per non entrare in particolari feci solo un gesto inequivocabile con la mano.
E ti?
– E io cosa? Stai scherzando? Ma l’hai vista?
Non compresi l’espressione di rimprovero con cui mi stava guardando.
E ti, te ga visto tuti quei veci che me toca el cul quando che servo a tavola?
Fece un’alzata di spalle come per farmi capire che in fondo per lei non aveva una grande importanza.
– Ma che c’entra? È diverso.
– E perché sarebbe diverso? –  Adelina aveva smesso di parlare in dialetto. Per lei il dialetto era la lingua degli affetti, e se ora mi stava rivolgendo quella domanda in italiano era segno che qualcosa nel mio modo di fare l’aveva contrariata. – Se un uomo tocca una donna va tutto bene, ma se una donna tocca un uomo invece…
Cercai di metterla sullo scherzo.
– Beh, se tu mi toccassi non avrei niente da ridire.
Lei mi guardò di traverso. Non sembrò aver gradito la battuta.
Ma va in mona. – disse; che nel suo linguaggio voleva dire: “sei un cretino, ma ti voglio bene lo stesso”. Accompagnò la frase con il gesto di mandarmi a quel paese prima di girarsi e tornare alle sue faccende.

Erano circa le tre del pomeriggio quando mi chiamò il direttore.
– La signora Brunero non è scesa per pranzo né ha chiesto il servizio in camera. So che è una persona un po’ particolare, ma è una delle migliori clienti del nostro albergo. non vorrei che le fosse capitato qualcosa vista l’età. Vorresti per favore andare a controllare che tutto sia a posto? Con discrezione, mi raccomando.
A essere sinceri, “di mia volontà” avrei preferito evitare, ma si sa che quel “vorresti per favore” in realtà è un modo gentile di darti un ordine che non si può discutere, tanto più se si parla di una delle clienti più danarose dell’albergo.
Nel timore di trovarmi di nuovo in qualche situazione spiacevole chiesi ad Adelina di accompagnarmi. Salimmo al terzo piano. Bussai alla porta della trecentoquindici. Silenzio. Adelina provò a bussare in modo più energico.
– Signora. Mi scusi, dovrei rifare la stanza.
Ancora nulla.
Prese il passepartout e fece scattate la serratura. Aprì con cautela. Dietro la porta c’erano vetri rotti sul pavimento, poi alzammo lo sguardo.
– Oh Maria Vergine! – esclamò Adelina portandosi le mani al viso.
Il corpo informe della signora Brunero giaceva sul letto completamente nudo.
– Vai tu che a me fa impressione!
– Presto. Vai ad avvisare il direttore e digli di chiamare un’ambulanza.
Adelina corse via e io mi avvicinai al letto.
– Signora! Signora Brunero! – Provai a scuoterla. Nessuna reazione. Avvicinai l’orecchio al viso e mi sembrò di avvertire un lieve respiro, ma potevo anche sbagliarmi. Cercai di tastarle il collo con le dita come avevo visto fare, ma non ero abbastanza pratico per sentire se il cuore batteva ancora.
Mi misi le mani nei capelli sconfitto dal senso di impotenza. Guardai intorno per cercare almeno qualcosa con cui coprire quel corpo; le lenzuola e le coperte erano rimaste sotto di lei. A terra, accanto al pareo trovai diversi blister vuoti. Li raccolsi e li misi da parte. Presi il pareo e cercai di coprirla in qualche modo.
Ovunque c’erano mozziconi di sigaretta; alcuni avevano bruciato il copriletto. Passai istintivamente la mano per scrollarli via e in quel momento mi accorsi che sotto le sue dita c’era qualcos’altro. Era una vecchia fotografia.
In quel momento non ebbi modo di guardarla con attenzione; il direttore irruppe nella stanza insieme ad altri inservienti. Di lì a poco si sentì la sirena dell’ambulanza. Ormai non c’era più bisogno di me, sarei stato solo d’intralcio, così me ne andai senza rendermi conto di avere ancora quel pezzo di cartoncino in mano. Vidi passare velocemente la barella nella hall e l’ambulanza partire a sirene spiegate. Pensai che fosse un buon segno e che, nonostante tutto, avrei preferito che la signora Brunero fosse ancora viva.
Di lei non ho saputo più nulla, ma che importa; dall’hotel passano un sacco di persone e a nessuno interessa cosa ne sarà di loro dopo quel breve soggiorno. Ma quella sera, ritrovandomi in tasca quella fotografia rimasi sconvolto.
Era una donna bellissima, seduta sulla stessa poltrona della camera trecentoquindici. Si intravedeva il panorama del mare oltre i vetri della finestra. Indossava soltanto un pareo variopinto e i capelli sciolti le ricadevano sulle spalle. Sorrideva maliziosa, e sul tavolino accanto a lei c’era un vassoio con una ricca colazione.

Re: [MI 177] Servizio in camera

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Ciao @Poldo. Bel racconto! Parto subito con i refusi che ho trovato: 
Poldo ha scritto: è era sempre stata molto premurosa
Qua credo ci voglia un trapassato, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Attendo pareri degli altri. 
Poldo ha scritto: particolare, ma
Qua sono due coordinate, non serve la virgola.
Poldo ha scritto: albergo. Non
Maiuscola :)

Poldo ha scritto: Dietro la porta c’erano vetri rotti sul pavimento, poi alzammo lo sguardo.
Qua a parer mio si potrebbe lavorare un poco sulla sintassi, dato che è il momento cardine. 
Suppongo che i vetri siano del posacenere, che la signora avrà scaraventato frustrata per la stanza quando si è vista rifiutata dal cameriere. Se così fosse io lo menzionerei, del resto dovrebbe riconoscerlo anche in frantumi, magari anche in un secondo momento, quando poi il cameriere rimane solo nella stanza prima che arrivino i soccorsi (se invece i vetri non sono del posacenere ignora pure questo mio commento ^ ^). 

"Aprì la porta. Frammenti di vetro erano sparsi qua e là per il pavimento. D'istinto pensai che qualcuno fosse entrato dalla finestra, ma quando alzammo lo sguardo per controllare che fosse intera, Adelina vide la signora distesa scomposta sul letto" o qualcosa del genere.


 Il racconto comunque mi è piaciuto. All'inizio avevo pensato che la Brunero si fosse suicidata buttandosi giù dalla finestra, ma non avrebbe senso (quale suicida si scaraventa su una finestra per suicidarsi?).
Mi ha ricordato per qualche ragione Gran Budapest Hotel, con l'anziana signora che Ralph Fiennes *ehm* non ha problemi a "soddisfare" nonostante l'età  :fuma:
La storia della Brunero che oramai vive una avita amara perché la sua bellezza è svanita con l'età la trovo deliziosa: uno spaccato su come a volte corpo e mente viaggino a velocità diverse e su come si deve accettare questa cosa.

L'unica cosa che non mi quadra nella storia è dovuta alla mia interpretazione del racconto.
Come ti accennavo prima, nella mia mente la Brunero, dopo essere stata rifiutata per l'ennesima volta, scaraventa per la rabbia il posacenere che finisce in frantumi e poi tenta il suicidio finendo tutte le pastiglie in un colpo solo, ma non mi è chiaro perché poi viene ritrovata nuda. 

Re: [MI 177] Servizio in camera

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Ciao @Poldo
Un “Viale del tramonto” alla Billy Wilder, ma con finale ribaltato. 
Molto efficace la descrizione della decadenza della Brunero
Poldo ha scritto: Il tessuto del pareo aveva una trama così rada da risultare trasparente. Copriva a malapena i seni flaccidi e l’addome prominente. Sentivo chiaramente il suo profumo: Chanel numero cinque che, nonostante fosse stato cosparso in abbondanza, non riusciva a coprire l’odore rancido delle sigarette.
Mi sarei aspettato che il cameriere, una volta fuori dalla camera, sentendo il rumore dei vetri rotti tornasse repentinamente indietro se non altro per assicurarsi che la Brunero non avesse rotto qualcosa per poi incolpare lui, una sorta di vendetta.
Non sono riuscito a capire bene come la donna si sia uccisa, quel rumore di vetri rotti non lo spiega sufficientemente, forse si è tagliata i polsi? Però non si descrive il sangue. Comunque è indicativo che si faccia trovare nuda sul letto. Forse nell’imminenza della determinazione di darsi la morte, che narcotizza a vari livelli la razionalità e aggira l’istinto di conservazione (ci vuole una grande disperazione per arrivare a quel livello) vaneggia ricordando la sua passata bellezza e dentro di sé si convince che chi la troverà nuda rivedrà quella bellezza. Questo le avrà dato la forza. Una forza beninteso “sbagliata”, ma come la Brunero ce ne sono tante, sia persone comuni che famose, che non accettano il passare degli anni, la decadenza, la perdita della bellezza fisica.
Purtroppo, quando non si insegna che gioventù e bellezza non sono acquisite in eterno, per diritto, ci possono essere queste conseguenze.
Struggente la scena finale dove il cameriere contempla la foto giovanile della Brunero, vedendo che era una bellissima donna.
Mi è rimasto il dubbio di come si sia tolta la vita, ma penso che sia relativo il saperlo. La cosa importante, tragica, è che non poteva più vivere e la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’essere rifiutata dal cameriere.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 177] Servizio in camera

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Ciao @Poldo
Il racconto è scritto bene, è scorrevole e ha una struttura semplice e circolare che funziona bene dal punto di vista narrativo.
Se posso indicare un aspetto che non mi è piaciuto (ovviamente personale e quindi può esserti utile o meno) è la caratterizzazione della vecchia cliente, che ho trovato un po' stereotipata. La donna bellissima in gioventù, seducente e maliziosa, che diventa un orribile e repellente befana con l'età. Per mio gusto personale preferisco i personaggi che, almeno per qualche dettaglio, vanno a intaccare questi rigidi canoni di bellezza che condizionano in maniera pesante il nostro sguardo. Ma questa, ripeto, è solo la mia impressione di lettrice. Vedo che chi ha commentato prima di me non ha avuto la stessa sensazione...
Più interessante invece la parte in cui si accenna a una molestia da parte di una donna su un uomo e alle differenze quando accade il contrario. Mi pare un ottimo spunto da approfondire. 
Ciao!

Re: [MI 177] Servizio in camera

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@Zouks
Grazie per il passaggio e le correzioni degli immancabili refusi.
Per quanto riguarda i vetri rotti, onestamente speravo che si capisse che la Brunero aveva scagliato il posacenere contro la porta, che era andato in frantumi e che i vetri erano semplicemente rimasti lì. Il cameriere ha sentito il tonfo e il rumore di vetri rotti, ma ha deciso scientemente di non occuparsene perché ne aveva già abbastanza. Rientrando nella stanza li ha semplicemente trovati lì dove erano rimasti senza che per lui fosse una sorpresa.
Questo dentro la mia testa, ma è evidente che non sono riuscito ad esprimerlo in modo sufficientemente chiaro.
Del resto, il mio tentativo era quello di raccontare una storia attraverso un'altra storia. Mi spiego meglio e qui rispondo anche alle perplessità di @Alberto Tosciri che saluto e ringrazio.
La vera storia non è quella del cameriere, ma ovviamente della Brunero. Il mio tentativo è stato quello di mostrarla senza raccontare nulla di lei se non quello che il cameriere poteva vedere direttamente; e in parte, dai vostri commenti, mi sembra che l'abbiate colta. Ma, come il cameriere, continuerete a ignorare tutto quello che lui non è stato in grado di vedere.
Sulla modalità del tentativo di suicidio: forse anche qui sono stato troppo evasivo, ma mi aspettavo che il ritrovamento di tutti quei blister vuoti fosse un indizio sufficiente. (Deformazione professionale: quando arrivavano in pronto soccorso casi del genere era utilissimo avere i blister per sapere cosa avesse assunto il paziente). Anche su questo punto avrei dovuto insistere un po' di più.
Perché era nuda. Mi piace l'interpretazione di Alberto, ma ci potrebbero essere molte altre spiegazioni. Il pareo era a terra ai piedi del letto, magari è semplicemente scivolato via, se l'è slacciato quando faticava a respirare. Non credo che lo possiamo sapere perché il cameriere (narratore) non era lì quando è successo. Quando l'ha vista era troppo spaventato per chiederselo, ma il lettore se lo chiede e inventa una parte della storia.
Ciao @ivalibri e grazie anche a te.
Hai perfettamente ragione ed è la stessa critica che mi sono fatto quando ho riletto il racconto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro e riscriverlo da capo. Ti dirò di più, la stessa pecca l'ho riscontrata anche nella caratterizzazione della cameriera veneta.
Gli stereotipi sono sempre una grande tentazione. In un certo senso rassicurano chi scrive, ma anche a volte chi legge. Ci si appoggia su qualcosa di già visto, già sentito per procedere su un terreno solido e prevedibile. D'altra parte per costruire un personaggio che abbia un vero spessore ci vuole ben altro. ( Ma qui sto facendo pubblicità al Labocontest)  :)
In un certo senso, però, non bisogna nemmeno ignorare che molte persone si muovono nella realtà guidate da stereotipi e lo diventano loro stessi,
per cui non credo che si debba evitare del tutto il loro utilizzo. Ovviamente con criterio.

Re: [MI 177] Servizio in camera

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@Poldo ciao.
Poldo ha scritto: Presi il posacenere che avevo spostato dal tavolino, andai a svuotarlo nel bagno, lo sciacquai per bene e glielo riportai facendo attenzione a non cadere sotto le sue grinfie.
Dimmi che non ha buttato le cicche dentro il wc, ma dentro al cestino per i rifiuti: ti prego :facepalm: !
Mi sarebbe piaciuto una ambientazione stile Capri, in modo da rendere quel pareo molto avventuristico! 
A me invece ricorda la "lei" di uccelli di rovo, solo che questa è più diretta e audace.  :asd:
Ciao a presto
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 177] Servizio in camera

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[highlight defaultattr=][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]@Poldo ciao, [/font][/highlight]
Mi è piaciuta questa storia semplice e lineare con cui hai voluto inserire nel racconto, senza appensatire troppo la narrazione, il problema delle molestie e di come possano differire tra uomo e donna. 
Comunque, se la protagonista fosse stata una giovane cameriera e l' ospite un vecchio bavoso, la storia avrebbe avuto un tono molto più cupo, o sbaglio? E a poco sarebbe servito il finale in cui si scopre la bellezza passata del/della protagonista. Insomma, un viscido rimane un viscido :P

Comunque, devo pubblicare un racconto quindi sarò un po' pignola.
Poldo ha scritto: Seduta in poltrona con indosso soltanto un pareo variopinto, i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle, lei si girò lentamente verso di me.
Mi sarei soffermata maggiormente sulla descrizione della signora: le rughe sul volto, magari la pelle cadente, una dentiera, un trucco pesante? Sembra, da come la descrivi, una signora forse anziana, ma certamente ossessionata con l' immagine, infatti si chiede se al cameriere "faccia schifo" quel che vede.
Poldo ha scritto: Cos’è? Ti faccio così schifo?
Poi una maggiore descrizione sarebbe perfetta in contrasto con il finale, dove nella foto la protagonista si trova nella stessa posizione, nello stesso albergo.

I due protagonisti nel loro dialogo mettono in luce quel tema che ho evidenziato all'inizio, quello della molestia sessuale. Comunque, secondo me forse il dialogo in dialetto non aggiunge valore al racconto, inoltre confonde chi non lo capisce.
Sopratutto, cosa si intende per questo passaggio, perchè Adelina dovrebbe rimprovevarlo per non aver reagito alle avances?
Poldo ha scritto: E ti?
– E io cosa? Stai scherzando? Ma l’hai vista?
Non compresi l’espressione di rimprovero con cui mi stava guardando.
E ti, te ga visto tuti quei veci che me toca el cul quando che servo a tavola?
Forse era risentimento? Trovo, in generale, il senso del dialogo un po' contraddittorio.

Un' altra cosa che vorrei far notare, sarebbe bello sapere dove si trova questo albergo, in quale zona d' Italia: in Veneto? Sulla costiera amalfitana?
Per aiutare un po' l' ambientazione :)
Poldo ha scritto: Di lei non ho saputo più nulla, ma che importa; dall’hotel passano un sacco di persone e a nessuno interessa cosa ne sarà di loro dopo quel breve soggiorno. Ma quella sera, ritrovandomi in tasca quella fotografia rimasi sconvolto.
Inoltre qui, nel finale, non avrei aggiunto "ma che importa" e "sconvolto" a poca distanza. Aggiunge un forte contastro. Magari, avrei tolto quel "ma che importa" e sostituito con un "ma alla fine, dall' hotel passano un sacco di persone" etc etc :P

A presto e grazie per il racconto!



Re: [MI 177] Servizio in camera

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Poldo ha scritto: del nostro albergo. non vorrei che le fosse capitato qualcosa vista l’età.
Refuso: Non

Ciao @Poldo, ricordavo questo racconto, e ricordavo pure di averlo commentato, lo hai forse rielaborato e quindi postato ex-novo? 
A me è piaciuto tantissimo, racconti l'essenziale che però è tantissimo. Narri di una donna che, nel volere inscenare/rivivere un ricordo, rimane frustrata dalla riluttanza del cameriere (fosse stato al tempo della sua bellezza non sarebbe andata così). 
Il cameriere, in buona sintesi, le dà la conferma che la sua bellezza è sfiorita senza rimedio e, da prima donna quale deve essere stata, è giunto per lei il momento di abbandonare la scena. Lì per lì sembra solo una vecchia bavosa da evitare come la peste, eppure come ti ha fatto notare @ivalibri (e nel racconto Adelina) il testo mette sotto gli occhi del lettore come la stessa situazione assuma un altro aspetto se è un vecchio danaroso  a voler palpare una ragazza; tema sfiorato, ma che ben si evince dal semplice scambio di battute tra i due colleghi. 
Mi è piaciuta la sinteticità, per me nulla da togliere e nulla da aggiungere. Bravo!

P.S. Il ritrovamento della foto mi fa immaginare che la donna sia rimasta cliente dell'albergo in virtù di ciò che lì ha vissuto nel suo tempo migliore, con qualche cameriere più "fortunato" di quest'ultimo  :facepalm: :D
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