Le strade di Berlino sono tossiche.
Esco dalla fermata della S-bahn e mi dirigo verso l´ufficio. É l´alba, il sole sorto da poco illumina lievemente le strade grigie e umide. Da un paio di giorni ha cominciato a far caldo e non piove, cosí un costante lezzo di urina risale dall´asfalto e penetra nelle narici.
É un momento di pausa a Berlino, quel tempo di mezzo in cui le strade non sono ancora affollate di studenti e festaioli, e molti dei lavoratori non si sono ancora svegliati. Ci sono solo quelli come me, e i barboni.
Cammino all ombra del ponte di Warschauer Strasse, alcuni senzatetto hanno allestito un alloggio con tende da campeggio, materassi lerci, tavolini sconquassati, e hanno abbellito il tutto con suppellettili di fortuna e tappeti. Parlano tra di loro del piú e del meno, si lamentano dei soldi, dell´alcool scadente del supermercato.
Tra feci di piccione e colli di bottiglia, un barbone sulla sessantina rosso in viso e barbuto, addenta un panino con le mani sudice, mastica il boccone e poi lo sputa accanto a sé. Il suo cane da compagnia, un randagio nero e magro, addenta velocemente il boccone sputato e lo manda giú, poi ritorna ad accovacciarsi sul tappeto, guardando il resto del panino scodinzolante. La vita li morde e li sputa.
Steso su un materasso floscio e dimesso, un ragazzo tatuato in viso e con un cappello col pon-pon guarda un video sul suo cellulare. É vestito con uno stile nostalgico-rave che a quanto pare il progresso economico della Germania non é riuscito ad eradicare. Mi guarda di sffuggita, poi ritorna assorto nel suo telefono. Si gratta un piede. Il fetore mi scatena un forte senso di disgusto.
“Quando viene da vomitare, guardare il cielo fa sentire meglio” mi diceva mia madre. Ma sopra di me e vedo solo il ponte di metallo, e tanti piccioni grigi e neri che tubano, assopiti.
Nella S-bahn la ragazza seduta di fronte a me, vestita di pelle e con occhiali da sole spessi e neri, armeggia annoiata col cellulare, le sue dita inanellate tintinnano a ogni movimento. Ha i capelli lucidi di gel e tutto in lei contrasta con il giallo acceso delle pareti della S-bahn. Giallo e nero, i due colori di Berlino, aggressivi come le vespe. Appoggio la schiena contro il sedile, chiudo gli occhi e sento vibrare il cellulare nella tasca.
-Pronto?-
É mia madre.
In quel momento si sentono urla e calci contro la parete.
-Ma cosa succede?-
Tappo l´orecchio sinistro col pollice e il destro con il cellulare, piegando la testa tra le ginocchia.
-Ma niente, mamma, é uno dei tanti pazzi che ci sono qui-
Sbircio con la coda dell´occhio. Un uomo con una lunga giacca di pelle marrone, barba e capelli bianchi e lunghi, occhi spiritati, vaga per la strazione urlando qualcosa di indecifrabile, prende a testate i finestrini della S-bahn fino a quando la polizia lo trattiene e il treno parte lasciandolo indietro.
Mi appoggio sul sedile.
-Certo che é piena di gente strana, quella cittá-
-Sí, mamma. Che rottura.- la Sbahn attraversa il ponte sul fiume Spree, sullo sfondo da cui si intravede la torre della tv di Alexanderplatz. -Ah, eccone un altro che arriva.-
-Wenn Sie bitte mir eine kleine Spende- “Per favore una piccola donazione”
Un ragazzo magrissimo, con berretto e zaino troppo grandi per lui cammina per la carrozza reggendo una dozzina di giornali di un partito comunista e un bicchiere pieno di monetine. Con occhi persi lo agita a casaccio forse piú per far rumore, che per chiedere soldi.
-Sehr geehrte Damen und Herren wenn Sie bitte mir eine kleine Spende…-
Agita l´improvvisato sonaglino davanti a me. Faccio no con la testa, e lui passa avanti.
-Cosa voleva?- dice mia madre, ridendo
-Boh. soldi, credo. É un ragazzo giovane-
-E come mai si é ridotto cosí?-
-La droga, mamma. Quella e la pazzia, probabilmente. Nessuno sano di mente si ridurrebbe cosí. L´altro giorno ho visto un ragazzo magrissimo ed emaciato, ha cominciato a parlare da solo, guardando il vuoto, e del moccio verdastro ha cominciato a colargli giú per il naso, fino a raggiungergli il mento. “Questa gente non ha una famiglia?” mi sono chiesta. I problemi esistono, ma alla fine a Berlino ci sono le possibilitá, quindi o sei pazzo o é una scelta. Insomma, sono cose che non possono accadere a chi ha una famiglia o un´istruzione o una vita normale, no?-
No?
Chiudiamo la chiamata.
Guardo una pubblicitá progresso sulla parete. “Haben Sie Alcohol und Drogenprobleme? Bitte Rufe Sie an!”. “Hai problemi di alcool e droga? Chiamaci”. Il manifesto é tradotto nelle lingue di maggior interesse. Russo, arabo, turco.Questi cartelli, almeno, non si trovano in italiano.
Scendo alla fermata, un ragazzo si é chiuso dentro una cabina per fototessere, si sta bucando il braccio con una siringa.
Sul marciapiede scomposto di Neukolln, il quartiere dove vivo, un senzatetto anziano e pelato cammina sbilenco, la schiena piegata sotto il peso di buste di plastica cariche di bottiglie vuote. Rovista nei cassonetti, pacato, meticolosio, in cerca di una bottiglia che puó valere fino a quindici centesimi.
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Questa mattina il sole brilla alto nel cielo. É sabato e posso finalmente spendere il giorno come voglio io: bevendo caffé e leggendo libri. Ho con me il mio quaderno, qualora volessi scrivere.
Il bar dietro l´angolo é un punto di ritrovo per tutta la gioventú hipster di Berlino. Ha il muro ricoperto di edera e una bella tettoia di legno. Una ragazza vietnamita al tavolino accanto al mio, dai capelli lunghi e neri e dal vestitino sbracciato arancione, chiacchiera con un´amica mentre sorseggia da una cannuccia multicolore uno smoothie viola e decorato con frutti di bosco.
La gioventú colorata e queer di Berlino si addensa in questo caffé e finalmente mi sento parte della cittá.
Bevo il mio flat white con latte di mandorla, e leggo il libro comprato in un negozio italiano. La Ciociara di Moravia, spaccato dell´Italia della guerra, drammatico e impegnato come piace a me.
-Wenn Sie bitte mir eine kleine Spende-
-Non ci posso credere- bisbiglio, e sbuffo.
Un senzatetto é entrato e si aggira per i tavoli chiedendo soldi, qualcuno gliegli dá, io lo ignoro. Continuo a guardarlo da sopra le pagine.
“Ma perché li fanno entrare e non li cacciano via? L´odore disturba i clienti”
Ritorno con gli occhi sul mio libro. É il momento il cui la ciociara arriva in una casa di contadini imbruttiti dalla guerra. Mi ricordo Sopha Loren nel film in bianco e nero. Che personaggio divino é riuscita a interpretare, pensare che aveva solo venticinque anni quando ha recitato nel film.
-Wenn Sie bitte mir eine kleine Spende geben könnten…non sapevo fosse un libro.-
-Mh?- rispondo, sovrappensiero. Poi realizzo. Qualcuno mi ha appena parlato in italiano. Alzo gli occhi. Un ragazzo emaciato, con barba e capelli sfatti e due grandi occhi marroni mi guarda. Ha le mani sporche e trema un po´.
- Non sapevo che La Ciociara fosse anche un libro. Ho visto solo il film.-
Appoggio il libro sul tavolo.
-Anche io non lo sapevo. Poi l´ho trovato in un negozio italiano dall´altra parte della cittá… ti é piaciuto il film?-
-Sí sí sí- dice, agitando il capo. -Sai quale altro ho visto? Gli Indifferenti-
-Ma davvero? É anche un film?-
-Sí e recita Claudia Cardinale-
-Non lo sapevo… a me il cinema italiano di una volta piace molto-
-Anche a me- fa lui. -E comunque dei libri ti consiglio anche “La noia”, l´ho letto tutto durante la scuola.-
-Ah, non lo conoscevo- annuisco, e ci guardiamo in silenzio.
-Vabbé, hai un euro?-
Gli allungo una moneta sul tavolo.
Fa un gesto del capo di ringraziamento, e se ne va.
Non lo guardo uscire, ma non ritorno neanche sul mio libro, sono sovrappensiero.
Annoto sul quaderno quello che mi é appena successo. Se un giorno ci scriveró una storia, lasceró che siano gli altri a trarne le loro conclusioni.