[MI 176] Intervista a Peter Pan

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Traccia n. 2

"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci."


La luce fredda del proiettore disegna un sole triste sul tavolo illuminando il volto di Peter di rimbalzo sotto l’occhio vigile della telecamera.
«Non ha mai avuto il desiderio di cercarli, di sapere chi fossero, di conoscere chi sono oggi?»
Peter gioca con le proprie dita: prima massaggia l’unghia del pollice, poi apre e chiude la mano come una specie di lampeggio muto. 
«A quel tempo no» pausa «non era così importante… mi bastava sapere che erano vivi. Potevano ancora sperare nel futuro. Oggi invece vorrei tanto avere loro notizie. Per questo sono qui.»
«Cosa è cambiato? Perché proprio oggi?»
«Perché ho bisogno di credere ancora.»
«Cosa provò quando riuscì a entrare in quella terribile stanza?»
La mano di Peter cessa di lampeggiare chiudendosi in un pugno esangue: «Un fottuto senso di impotenza, dolore, odio e desiderio di vendetta e, per la prima volta in quel posto, ho capito davvero cosa vuol dire desiderare di uccidere.»
Una voce asettica invade la saletta. «L’ultima affermazione la tagliamo.»
Peter arretra sulla sedia allontanandosi dalla luce. Nella semiombra alza il dito medio della mano destra.
«Che ne sapete? Voi non avete visto…»
L’imbarazzo si frappone come una barriera invisibile tra i due. 
La giornalista si schiarisce la voce.
«Capisco... deve essere stato atroce. Non voglio tormentarla, ma devo farle ancora alcune domande. Come riuscì a trovare quel luogo?»
Peter guarda fisso l’occhio della macchina da presa. 
«Non è stato facile. Ho dovuto agire con moltissima cautela, la posta in gioco era troppo alta. È stata una caccia silenziosa. Vorrei dire che sono stato bravo ma in realtà sono stato solo fortunato.»
Le pupille sembrano galleggiare nel mare tempestoso dei ricordi. Sente ancora la voce squillante di Silvia, la sua compagna.

“Ho incontrato Clara oggi”
“Mi sembri felice… come sta suo figlio?”
“Non ci crederai ma pare che abbia trovato un donatore di cornee. Michele guarirà.”
“È stata fortunata, è difficile riuscire a trovare gli organi per un bambino così piccolo.”
Un silenzio innaturale calò sull’affermazione. Di sicuro Silvia gli aveva taciuto qualche aspetto importante. Quando lei lo raggiunse alle spalle baciandolo sul collo ne ebbe la certezza.
Diciamo che i suoi soldi le hanno dato una mano con la fortuna…”
“Spara, cosa mi nascondi?”
“Non so se dovrei. Le ho promesso di non dirtelo, ma non credo sia giusto. Un medico l’ha indirizzata verso una certa organizzazione.”

Peter raddrizza il busto.
«Stavo indagando da tempo sulla sparizione di alcuni bambini dal campo profughi. Ebbi una sorta di “illuminazione”» posa lo sguardo sulla donna, una bionda elegante dai lineamenti raffinati «…un angelo mi mise sulla buona strada.»
«È stato coraggioso.»
«Ero molto motivato. Il solo dubbio che i miei sospetti potessero essere fondati mi tormentava. Così mi ritrovai a pedinare, di notte, una coppia di infermieri della rinomata clinica privata del dr. Bianchi. Nei corridoi si diceva che i due avessero una tresca. Li seguii. Il posto era molto isolato e a prima vista si sarebbe detto che la coppietta si appartasse in una vecchia baracca apparentemente abbandonata. Attesi che uscissero prima di entrare. La catapecchia sembrava vuota ma, quello che contava si trovava sotto al pavimento.»
«Quindi la tresca era una solo una copertura.»
«Sì. Non avrei mai pensato di trovare una botola che conduceva a una specie di bunker, un cubicolo  scavato sottoterra. Tesi l’orecchio, ma, sulle prime, non riuscii a sentire alcun rumore.»
Peter smette di parlare all’improvviso. Le mani riprendono a lampeggiare seguendo il ritmo del  cuore tachicardico.
La donna gli versa dell’acqua, ma lui allontana il bicchiere. 
«Non avrei mai potuto  immaginare che proprio lì sotto c’erano quei ragazzini. Erano come sepolti vivi. L’odore della paura nell’aria» afferra la mano della giornalista «lei l’ha mai sentito l’odore della paura?»
L’intervistatrice si libera con grazia dalla presa e fa un cenno di diniego. Peter prosegue: 
«Nel buio sono riuscito a contarne tre, ma sono scappati subito via. Io dovevo controllare che non ce ne fossero altri là sotto, quindi non li ho seguiti. Ero solo, capisce?»
«Ma, alla fine, erano solo quei tre? Non c’era nessun altro?»
Peter si alza di scatto.
«Nessuno? Lei non ha la minima idea di quello che ho visto là sotto. Sei giacigli putridi. Escrementi sparsi dappertutto e una montagna di involucri di merendine. E poi scarpe… tante…  ammonticchiate in un angolo. Tanti piccoli paia di scarpe.»
A un cenno della donna una solerte assistente provvede a sistemare il trucco sciolto dalle lacrime.
La solita voce atona invade la stanza.
«Lasci stare. Niente ritocchi, le lacrime fanno audience.»
Peter, questa volta solleva il dito medio di entrambe le mani. Vorrebbe farlo a favore di camera, ma la commozione della sua interlocutrice gli pare sincera. Non vuole metterla nei guai. Riprende il racconto, laconico.
«Bambini usati come “pezzi di ricambio”. Bambini perduti, mai nati. Figli del mare, di madri disperse, di padri ignoti.»
«So che ha lasciato il servizio dopo il ritrovamento.»
«Sì, mi avrebbero senz’altro tolto il caso e io volevo debellare quel male oscuro. Troppe persone insospettabili avevano messo in piedi un giro d’affari milionario. Una odiosa tratta di organi. Le giuro che avrei dato la mia vita senza rimpianto. Sono sopravvissuto, ma sono morto dentro.»
«Non dovrebbe. Ne ha salvati parecchi, dopo. Per questo l’hanno soprannominata “Peter Pan”.»
Peter sorride.
«Ho giurato a me stesso che avrei fatto di tutto per evitare che altri bambini smarriti, finissero nelle mani sbagliate. Ma il mio fisico non è proprio il massimo per volare!»
Di nuovo la voce fuori campo: «Ancora un minuto. Passate ai saluti.»
Questa volta è la giornalista ad alzare il dito medio sotto il tavolo.
«E ora cosa fa Peter Pan?»
«Ho venduto quello che avevo e l’ho messo a disposizione di un asilo. Ci sono tante brave persone che si impegnano ogni giorno per questa causa.»
Peter Pan si alza. I due si guardano a lungo senza parlare più. Poi, lui le stringe la mano con una stretta forte che suona come una richiesta. 
Quei ragazzini fuggiti nella notte anni fa, saranno uomini ormai. 
Uomini cresciuti nella paura, uomini in cerca di vendetta. Sa troppo bene che la violenza chiama violenza. Per questo deve trovarli. Vuole guardarli negli occhi e dire loro: cercate di crescere i vostri figli in libertà. 

Re: [MI 176] Intervista a Peter Pan

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@@Monica ciao. 

Il tuo racconto mi porta a farti questa domanda: perché chiamare lui Peter Pan? Inizialmente non si realizza che è una persona a cui gli è stato dato quel nome. Ma l'attinenza al personaggio di fantasia è sviante. Non ho realizzato neanche il genere, il registro.. Eppure il racconto ha un argomento niente male. Hai avuto coraggio nell'affrontarlo. Ripeto che tale accostamento ha creato confusione e il finale non mi sembra assorbire l'idea quasi da favola che hai voluto dare al racconto (credo). Forse dovevi essere cruda, più cruda, senza pietà, trovare un personaggio più forte e fargli vivere l'esperienza terribile. Anche l'idea della intervistatrice di far cercare quei ex ragazzini mi sembra un po' così. I commercianti di organi umani io li darei in pasto agli squali...
Brava e sensibile. Ciao :sss:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 176] Intervista a Peter Pan

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bestseller2020 ha scritto: @@Monica ciao. 

Il tuo racconto mi porta a farti questa domanda: perché chiamare lui Peter Pan? Inizialmente non si realizza che è una persona a cui gli è stato dato quel nome. Ma l'attinenza al personaggio di fantasia è sviante. Non ho realizzato neanche il genere, il registro.. Eppure il racconto ha un argomento niente male. Hai avuto coraggio nell'affrontarlo. Ripeto che tale accostamento ha creato confusione e il finale non mi sembra assorbire l'idea quasi da favola che hai voluto dare al racconto (credo). Forse dovevi essere cruda, più cruda, senza pietà, trovare un personaggio più forte e fargli vivere l'esperienza terribile. 
Ciao @bestseller2020 grazie del commento. Mi fa sempre molto piacere quando vengono rilevati i punti critici di uno scritto. È il senso del “contest” quindi apprezzo le tue osservazioni e ti ringrazio. Posso solo dirti che “Peter Pan” (quello della fiaba)   cercava i bambini perduti. È quello che fa (e ha fatto) il personaggio intervistato di cui non si rivela mai il vero nome.  In tutta evidenza non appare con sufficiente chiarezza dal testo ma l’uomo che era nelle forze dell’ordine, ha lasciato il servizio per poter “sgominare” a suo modo (un modo cruento) la banda. Certo che non lo dice nell’intervista, non può farlo.
Ormai è anziano ma gli è rimasto il cruccio di non aver più avuto notizie dei bambini salvati nella suo primo intervento. Per questo vuole rendere la storia pubblica, per riuscire a incontrarli e dire loro che la violenza non paga, (È possibile che crescendo abbiano coltivato sentimenti di odio e di vendetta) che ci ha già pensato lui a vendicarli e che pensino solo a godere al meglio della libertà e della vita che, grazie a lui, hanno avuto la possibilità di continuare a vivere.

Re: [MI 176] Intervista a Peter Pan

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Ciao @@Monica l'istinto è quello di rifuggire da simili storie, almeno per me. Poi, con il dolore del tuo protagonista, è bene ascoltarle per capire fino a che punto l'essere umano può spingersi nell'orrore. Finché non riusciremo a invertire il binomio di violenza chiama violenza, assisteremo sempre a storie raccapriccianti come hai saputo descrivere lucidamente in questo breve testo.
Letto d'un fiato.

Re: [MI 176] Intervista a Peter Pan

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Hai affrontato la mia stessa traccia e devo dirti che, questa organizzazione di trafficanti d'organi, non mi sembra così "incapace", qui non si attua una violenza fine a se stessa o se vogliamo gratuita perché incapaci di fare diversamente. Si potrebbe, però, vedere la questione da un altro punto di vista... L'organizzazione non è in grado di "fabbricare degli organi", ecco l'incapacità, allora, se ne appropria con violenza. Secondo me è questo che volevi trasmettere.
Non si comprende il lavoro del protagonista, dalle poche informazioni sembrerebbe un poliziotto, ma agisce da solo... Poi si licenzia e continua, sempre in proprio, a lottare contro tante organizzazioni? 
Penso che "la voce fuori campo" giunga in un mondo non udibile da parte dei telespettatori, non è scritto se le persone in studio abbiano degli auricolari, anche se a un certo punto questa voce "invade la stanza". Il gesto del dito medio lo trovo abbastanza infantile in questo contesto, per di più fatto di nascosto. L'intervista non è in diretta (si fa cenno a parti da tagliare), si potrebbe pure imprecare senza che la cosa vada in onda.
Pure la parte in cui si dice che Peter "non vuole mettere nei guai la giornalista", mi sembra poco appropriata. Questo servilismo o timore ( verso chi? La voce fuori campo?) mi appare come una stonatura, qui non si ha paura di denunciare un fatto grave, ma si teme il direttore della rete televisiva o di perdere il posto di lavoro?
Un altro dubbio: Peter ha salvato tanti bambini, ma gli interessa solo la sorte dei primi tre? Questo è molto strano, di sicuro le storie degli altri bambini non dovrebbero essere così diverse.
Credo, inoltre, che non sia così difficile ricontattare i bambini sopravvissuti, saranno stati identificati e avranno avuto, si spera, tutto il supporto necessario. L'appello fatto in TV sembra rivolto a delle persone scomparse, ma non dovrebbe essere così.
Spero che i miei appunti ti possano essere d'aiuto.

Re: [MI 176] Intervista a Peter Pan

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Ciao @Monica
Un argomento molto coraggioso da affrontare in uno spazio così ridotto.
Questo funzionario che si decide a parlare, a dire poche cose non risolutive e dopo tanto tempo non mi convince pienamente. 
Lo fa per se stesso, per la sua coscienza, ma la situazione resterà esattamente com’era ai suoi tempi e ai giorni nostri anche peggio. Purtroppo i bambini smarriti, rapiti per i più svariati motivi, esiste da quando esiste il mondo. L’essere umano è capace di grandi cose, come delle più abbiette. Questo Peter Pan, che forse faceva parte delle forze dell’ordine, in teoria avrebbe dovuto combattere queste organizzazioni di rapitori, che faranno capo a poteri occulti infiltrati dappertutto nella società, con rami consapevoli e inconsapevoli, ma tutti funzionali al fatto che questa situazione non si risolva mai. Come è impossibile che un funzionario onesto che dedichi con sacrificio la sua vita per portare giustizia  ne riesca a venire a capo. Otterrà solo successi effimeri, anche quelli funzionali, per far dire alla politica, alla stampa: ecco vedete, si sta provvedendo finalmente a debellare questa vergogna.
Il funzionario onesto sarà impercettibilmente osteggiato dai superiori, magari convinti di agire secondo le leggi, loro non sono coinvolti ma in realtà, consapevoli o inconsapevoli, anche loro sono meccanismi di una macchina a livello mondiale davvero infernale.
Penso che serva a ben poco che Peter Pan, ora in pensione, vada in una tv che vive di introiti pubblicitari a denunciare cose risapute che non saranno mai risolte e non si risolverà niente. Si vede dalla scarsa partecipazione, scarso interesse  ed empatia della giornalista, della voce fuori campo, indicativa. Si tratta di uno spettacolo come un altro con divergenze anche fra la giornalista e i suoi direttori (mostra il dito medio sotto il tavolo…)
Forse questo discorso davanti alle telecamere serve solo a Peter Pan, ma non fa nomi, come ad esempio la coppia di infermieri, cosa non impossibile risalire a quei nomi e perlomeno farli finire in galere, non cita località, famiglie a cui sono stati sottratti i bambini, parla genericamente di traffico di organi, ma senza dati, nomi, circostanze è come dire tutto e niente, molto generico direi. Poi dice che avrebbe il desiderio di sapere se gli ultimi bambini di cui ha avuto sentore in quella sorte di prigione si siano salvati.
Ho trovato inquietante quel mucchio di piccole scarpe nella prigione, mi ha ricordato i campi di concentramento. Vorrebbe trovare questi bambini che si sono salvati, forse riusciti a diventare adulti per dire loro soltanto di crescere eventuali figli in libertà? Cosa vorrebbe dire con esattezza? Non è per mancanza di libertà che accadono queste cose, accadono dove c’è libertà e dove c’è tirannia. La libertà da sola non basta se non si appoggia a valori fondamentali, regole di convivenza, di rispetto reciproco, pulizia morale, ricerca della bellezza interiore in noi e negli altri, cose disattese, ignorate.
Chiaramente questi argomenti vanno esplicitati in argomentazioni, anche sotto forma di racconto che, mi rendo conto, occuperebbero molto più dello spazio richiesto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 176] Intervista a Peter Pan

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@Ciao Monica 
Piaciuto molto, sempre più brava, misurata, diretta senza essere prosaica, ormai hai uno stile che ti permette di maneggiare cupezze e orrori con tocco cristallino. 
Solo un pensiero
@Monica ha scritto: «Non dovrebbe. Ne ha salvati parecchi, dopo. Per questo l’hanno soprannominata “Peter Pan”.»
Mi sarebbe piaciuto che lui fosse davvero Peter Pan. Perché a tutte le storie che ci restano nel cuore spetta un pezzo di realtà, più grande ogni volta che le raccontiamo.  Accade alle bugie, bufale, fake, propaganda, ci sguazziamo come  maiali bendati.  Sarebbe ora di estendere la regola anche alle cose buone.
<3
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