[CDP1] La Stanza

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Traccia N1. Passaggio da persona libera a reclusa o viceversa. 

Letto, muro, pavimento. Porta, scrivania, sedia. Comodino, soffitto, finestra. 
Questo era tutto quello che Adele riusciva a vedere. Seduta sul pavimento, in un angolo della stanza, si nascondeva dal fascio di luce che dalla finestra tagliava in due la sua prigione. Non vedeva altro da molto tempo, e anche il tempo si era sfaldato, aveva riscoperto una dimensione primordiale. Ormai si trovava nella lunghezza di unghie e capelli, si odorava sulla pelle, sui vestiti da cambiare, si leggeva nei disegni che il sudore macchiava sulle lenzuola. Non era più tempo matematico, era tempo organico, scandito dal cuore e dal ventre.  Anche i ricordi si sgretolavano. Le voci si impastavano, i volti si trasformavano in grumi informi di sguardi taglienti ed occhi bassi. Il viso di sua madre si mescolava a quello di Chiara, la sua migliore amica. La voce di suo padre si faceva lontana, perdeva intensità a furia di cercarla. Si era indebolita fin quasi a sparire. 

Ogni notte Adele sognava di uscire da quella stanza, di evadere in punta di piedi, attraversare il corridoio, scendere in silenzio le scale e uscire finalmente in strada. Avrebbe fatto una piroetta e camminato in equilibrio sul bordo del marciapiede. Avrebbe osservato le persone in ritardo, annusato dei fiori, mangiato su di una panchina, chiacchierato con degli sconosciuti. Si immaginava chinata negli angoli della città ad accarezzare dei gatti che facevano le fusa.  Ma questi sogni erano un conforto effimero, come un tiro di sigaretta rubato a qualcuno. Come una fetta di torta mangiata con distrazione, che all’ultimo morso hai già scordato il primo. 

In realtà un gatto ormai lo aveva. Il gatto che i suoi genitori non le avevano mai regalato. Il gatto che la sua amica Chiara aveva e lei no. Il gatto per cui aveva pianto isterica per giorni. Salem, il gatto di Sabrina vita da strega. La sua serie preferita di quando era bambina. Quel gatto era li, steso sul letto, che la guardava con gli occhi a fessura, come se cercasse in lei qualche tipo di reazione. Gli occhi di un giallo crudo. Il pelo nero, lucido, unto al punto giusto. Lo sguardo ipnotico, sadico.  Adele lo sapeva che quel gatto non poteva essere reale, ma ci si era lentamente abituata, l’aveva accettato. Aveva deciso che avere un gatto come allucinazione non era niente male. 

Ogni sera le portavano del cibo. I piatti erano sempre i suoi preferiti, li mangiava da quando era bambina. La pasta con il ragù, il risotto ai funghi, i cordon bleau bruciacchiati, la macedonia senza banane.  Quando venivano, Adele era ancora sveglia, rintanata sotto le coperte, e li guardava con gli occhi socchiusi, fingendo di dormire. Li sentiva confabulare tra loro, e a volte dicevano il suo nome. Adele. Nome che ormai non sentiva più come suo. A'dɛle. La rappresentazione grafica di una sé stessa estinta. A'dɛle. Un suono solamente malinconico. 
Salem correva verso le due figure sperando di racimolare qualcosa, ma loro lo ignoravano, trascinavano il carrellino con il cibo nella stanza e se ne andavano poco dopo, portando con sé, nel ridicolo e sgradevole cigolio della porta, tutte le speranze di Adele.  
Ogni tre o quattro giorni, sempre verso sera, le portavano anche un cambio di vestiti e un piccolo secchio d’acqua con una spugna.  Capitava che Adele non avesse voglia di lavarsi e metteva i nuovi vestiti sul corpo rancido. Il gatto la guardava schifato, ma si abituava presto e le si acciambellava nuovamente sulla pancia. “ Dovresti lavarti via quella puzza”. Le diceva.  Potevano passare anche settimane prima che si lavasse nuovamente. In ogni caso si premurava sempre di smuovere l’acqua nel catino e di inzupparci qualcosa di sporco, per il timore che vedendo l’acqua intonsa, l’avrebbero costretta a lavarsi. 

La stanza aveva un unica finestra, come un occhio che la fissasse dall’esterno. Come se il mondo che le era precluso si divertisse ad osservarla, con quei fasci di luce indagatori che frugavano nella sua prigionia. Che scandagliavano la stanza come fari, a illuminare cose che sarebbero potute rimanere nascoste. 

Poi all’improvviso si era illuminato lo schermo del computer. Adele si era alzata per leggere il messaggio. “Come stai Adele? Ti va di uscire? Oppure posso passare a salutarti?” Il cuore di Adele perse un battito. Fortunatamente aveva tolto la spunta. Chiara non si sarebbe accorta che aveva letto il messaggio. Chiuse la chat con un click, e ritornò nell’angolo sicuro della stanza. La stanza da cui non usciva volontariamente da almeno tre anni. La prigione che si era autocostruita e di cui i genitori erano diventati involontari carcerieri. 

Il gatto la squadrò malamente: “Dovresti risponderle, ti è stata sempre vicino. Perchè non le vuoi nemmeno parlare?”  Adele non rispose, pensando che il gatto non avrebbe compreso il concetto di inadeguatezza. Nel suo angolo in penombra tornò a rintanarsi in qualche ricordo della sua infanzia, ma il sole si stava lentamente avvicinando al suo nascondiglio. La luce ormai frugava sul letto e sul muro, rivelando delle fotografie appese con del nastro adesivo colorato. All’interno di ognuna vi si poteva leggere un pezzo di vita di Adele. Da quanto era bambina a quando si era fatta grande. I genitori, i primi amici, le prime cotte. Alcuni dei volti erano cancellati, ritagliati, modificati, cadevano a pezzi, come i suoi ricordi. 

Il fascio di luce l’aveva infine raggiunta e iniziò a scavarle negli occhi. In quegli occhi verdi, giovani, stanchi. Adele pensò che volesse penetrarle l’anima. Quindi si alzò, ormai disturbata, e si avvicinò alla finestra per aprirla, come aveva chiesto il gatto.  
Subito Salem balzò sul davanzale, poi sull’albero, e si calo’ giù fin sulla strada. 
Sembrava felice, libero di girovagare per il quartiere. Il sole che gli risplendeva sul pelo. 

Adele d’istinto lo seguì. 

La strada, dei fiori, sua madre. Un albero, il cielo, un gatto. Questo era tutto quello che Adele riusciva a vedere. Distesa sul marciapiede, sembrava sorridere.  Facendo le fusa Salem le si accoccolò sul ventre. La coda irrequieta si calmò.

Re: [CDP1] La Stanza

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Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmNon vedeva altro da molto tempo, e anche il tempo si era sfaldato, aveva riscoperto una dimensione primordiale. O
Ti suggerisco un punto e virgola dopo "sfaldato", per una maggiore pausa.
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmNon vedeva altro da molto tempo, e anche il tempo si era sfaldato, aveva riscoperto una dimensione primordiale. Ormai si trovava nella lunghezza di unghie e capelli, si odorava sulla pelle, sui vestiti da cambiare, si leggeva nei disegni che il sudore macchiava sulle lenzuola.
Ti suggerisco, con riferimento alla dimensione primordiale scoperta dalla protagonista, di fare queste correzioni nel secondo periodo:

Ormai la trovava ecc ecc ... la odorava ecc ecc ... la leggeva ecc ecc...
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmLa voce di suo padre si faceva lontana, perdeva di intensità a furia di cercarla. Si era indebolita fin quasi a sparire. 
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmAvrebbe osservato le persone frenetiche in ritardo, annusato dei fiori, mangiato su di una panchina, chiacchierato con degli sconosciuti. 
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmSalem, il gatto di Sabrina vita da strega
Ti consiglio di mettere il titolo in corsivo.
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmLa stanza aveva un unica finestra,
un'unica
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pma illuminare cose che sarebbero potute rimanere nascoste. 
o avrebbero dovuto?
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmPoi all’improvviso si era illuminato lo schermo del computer. Adele si era alzata per leggere il messaggio. “Come stai Adele? Ti va di uscire? Oppure posso passare a salutarti?” Il cuore di Adele perse un battito. Fortunatamente aveva tolto la spunta. Chiara non si sarebbe accorta che aveva letto il messaggio. Chiuse la chat con un click, e ritornò nell’angolo sicuro della stanza. La stanza da cui non usciva volontariamente da almeno tre anni. La prigione che si era autocostruita e di cui i genitori erano diventati involontari carcerieri. 
Questo periodo, a mio avviso, è inverosimile. Tre anni? Mille giorni? E la sua migliore amica le fa quelle tre domande per la millesima volta, magari,
e la poveretta rivolge ancora la sua attenzione, nello stato in cui si trova, a un computer? E i genitori, dopo mille giorni, si limitano a permetterle di sopravvivere e basta? Mah!

Il finale, a questo punto, non può che essere  il (tardivo) suicidio. 

Molto ben scritto, con mestiere, sai come avvincere il lettore. Peccato per quelle frasi che non possono fotografare una situazione verosimile.

Sei bravo anche nei flash che, partendo da elementi esterni, fanno capire le emozioni della protagonista.  :)

Benvenuto nelle Gare e Tornei del CdM, @Neuromante  :benvenuto: 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CDP1] La Stanza

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Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pma volte dicevano il suo nome. Adele. Nome che ormai non sentiva più come suo. A'dɛle. La rappresentazione grafica di una sé stessa estinta.
A rigor di logica, visto che parla del suo nome che sente ripetere dagli altri, ma quasi non riconosce più, la definizione "rappresentazione grafica" è scorretta, sarebbe grafica se lo vedesse scritto, il nome.

Ti ho segnalato questo perché è un punto che mi ha interpellato subito, leggendo, ma non ho altre pulci vere e proprie. Ho trovato il racconto ben scritto, interessante, con una "liberazione" finale triste ma comprensibile.
Quello che non mi convince del tutto è che, per mantenere la sorpresa sulla natura di questa prigionia fin quasi alla fine del testo, a tratti tendi a "ingannare" il lettore. È vero che metti degli indizi, come i carcerieri che le portano solo i cibi preferiti, ma la descrizione della stanza, la sua percezione del tempo attraverso la sporcizia/sudore che si accumula, il ricordo della voce del padre che si affievolisce malgrado lei si sforzi di ritrovarla (mentre sappiamo, poi, che la sente ogni giorno. Se intendi che, nel suo stato, non la riconosce più, dovresti cercare di riformulare il tutto senza che risulti fuorviante per il lettore). È una ragazza molto giovane, forse minorenne, auto segregata in camera da 3 anni: difficile immaginare che i genitori la lascino rinchiusa nei propri umori corporali, limitandosi a portarle un secchio e una spugna ogni 3/4 giorni. Lo stesso vale per il messaggio dell'amica, lei che si preoccupa della spunta... se la situazione si protrae da tre anni è poco verosimile. Se l'amica continua a cercare di entrare in contatto ogni giorno, più che "vuoi uscire", forse le racconterebbe quello che succede fuori, cercherebbe di mantenerla in contatto con la realtà... non so.
Naturalmente, non ho minimamente l'intenzione di farti la lezione, non ne ho i titoli né gli strumenti, volevo solo condividere i dubbi e la riflessione che ho fatto leggendo. Se possano sembrarti utili, decidi tu :)
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [CDP1] La Stanza

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Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmPoi all’improvviso si era illuminato lo schermo del computer. Adele si era alzata per leggere il messaggio. “Come stai Adele? Ti va di uscire? Oppure posso passare a salutarti?” Il cuore di Adele perse un battito. Fortunatamente aveva tolto la spunta
aveva perso (consecutio) 

Mamma che tristezza @Neuromante. Una storia dove l’unico spiraglio di luce, anziché speranza, porta all’auto distruzione. 
Hikikomori? Ci fai vivere l’incubo di questa ragazza, la sua “maladie”, immaginare che tipo di famiglia possa avere (sostenere la malattia della figlia per anni in una condizione simile…) Un bel pugno e una liberazione finale che imprigiona per sempre la ragazza e i suoi familiari in un tunnel di disperazione.

Re: [CDP1] La Stanza

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ciao @Neuromante , piacere di essere dei nostri.

Prima cosa che ci tengo a dirti è questa: una storia come questa che finisce con il suicidio "é una cagata pazzesca", a definirla simpaticamente alla Fantozzi  :D

Evita queste soluzioni perché appaiono spesso mielose e pietose. Cerca invece qualcosa di più originale, in modo che il tuo personaggio ne esca interessante. In effetti, Adele è un caso interessante. Ma gettato in quel contesto di follia, un gatto che non esiste, tra sporcizia disseminata, un pc che si accende...Qualcosa di meglio, come finale, potevi farla. Hai una bella scrittura e qualche passo mi è piaciuto, come questo:
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmNon era più tempo matematico, era tempo organico, scandito dal cuore e dal ventre.  Anche i ricordi si sgretolavano. Le voci si impastavano, i volti si trasformavano in grumi informi di sguardi taglienti ed occhi bassi. Il viso di sua madre si mescolava a quello di Chiara, la sua migliore amica. La voce di suo padre si faceva lontana, perdeva intensità a furia di cercarla. Si era indebolita fin quasi a sparire. 
Ecco! Questo è essere originali nelle rappresentazioni. Il tuo finale doveva essere degno. Ciao e a presto :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CDP1] La Stanza

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Ciao, @Neuromante, piacere di incrociarti . Il racconto mi è piaciuto, a volte le gabbie sono nella nostra psiche. Un paio di dettagli surreali me lo hanno fatto apprezzare ancor di più, e riguardano il gatto. Efficace sta frase
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmAveva deciso che avere un gatto come allucinazione non era niente male. 
E poi che lei per seguire il gatto finisca... come lasci intendere... rende il finale molto Wtf!
Scrittore maledetto due volte

Re: [CDP1] La Stanza

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La sindrome, dal nome giapponese, che nega la socialità, e di cui molto si è parlato, mantiene intatta la sua forza perturbativa perché, nonostante siano più chiare le cause, continua a essere di quasi impossibile soluzione. Una piaga sociale devastante, su cui è bene tenere sempre i riflettori puntati. 
Il racconto, ben scritto, mi ha lasciato perplessa in alcuni punti, dei quali non so misurare la verosimiglianza. 
Nel complesso si è rivelato una lettura soddisfacente.
Grazie per essere qui con noi, @Neuromante. Un saluto.
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Re: [CDP1] La Stanza

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Ciao @Neuromante 

Il racconto mi è piaciuto, poiché possiedi una qualità di scrittura interessante con una buona capacità di rappresentare situazioni e stati d'animo.
La protagonista affetta da sindrome Hikikomori, si è chiusa in una sua autoreclusione dal mondo e dai rapporti con la specie umana.
E' ben riuscita la tensione che, nella prima parte del racconto, lascia intendere al lettore che la ragazza sia confinata in una cella carceraria, che poco dopo sembra invece di trattarsi di un istituto psichiatrico, per concludere che in realtà è la sua stanza di casa.
Vi sono però alcune cose che non mi hanno convinto: 1) se la ragazza vive con i genitori, mi risulta improbabile che per la sua toilette giornaliera le venga fornito un secchio d'acqua e una spugna ogni due o tre giorni; questo è un trattamento più credibile per un prigioniero di Guantanamo che per una figlia malata che ti vive in casa. 2) Il messaggio al pc, inviato a una che non esce di casa da tre anni, e quindi, fra le sue amicizie, il suo problema psicologico è sicuramente noto da tempo, è un altro fatto poco credibile.
3) Concordo con quello che è già stato segnalato: un finale con suicidio, banalizza la conclusione del racconto.
In sostanza direi che l'attuale stesura costituisce una buona base su cui lavorare per perfezionare il racconto.

Un saluto e buon lavoro.

Re: [CDP1] La Stanza

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Ciao @Neuromante complimenti. Hai un modo di scrivere molto tagliente, coinvolgente e ricercato. Ho molto apprezzato. Tendo a non stupirmi più di niente. Il fatto di lavarsi con un secchio e una spugna ogni tre o quattro giorni è un'immagine forte e posso comprenderla anche se viene da genitori; indice di un rapporto senza più speranza. Significativo. Come la chat.
A rileggerti con piacere

Re: [CDP1] La Stanza

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Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmLetto, muro, pavimento. Porta, scrivania, sedia. Comodino, soffitto, finestra. 
I miei due pezzi preferiti del racconto. Lo rendono circolare, gli danno una sorta di armonia, un ritmo. E rendono bene lo stato mentale della ragazza, diventata un riflesso di quello che la circonda: senza stimolazioni, perennemente chiusa, diventa essa stessa un groviglio di mere impressioni, flash ridotti all'osso, senza più la complessità della vita "di fuori".
Viene naturale pensare "come è possibile?", "come possono permetterlo?" eppure queste realtà esistono. Non sempre i genitori sono dei mostri menefreghisti, molto spesso semplicemente si arrendono: perché non sanno come affrontare le cose o non hanno più le forze per farlo. Sono famiglie che hanno bisogno di aiuto. Senza essere giudicate. Molto spesso è proprio il giudizio a rinchiudere questi ragazzi nelle loro gabbie mentali.

Tra l'altro molto bella l'ambivalenza di Adele: vuole uscire, ma evita qualsiasi cosa la possa esporre al mondo, si nasconde quando entrano i genitori, ma ce l'ha anche con loro perché non fanno nulla. E' tutto... vero.
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmCome una fetta di torta mangiata con distrazione, che all’ultimo morso hai già scordato il primo. 
Mi è piaciuta questa espressione, ho pensato "cavolo, ha ragione!"
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmAveva deciso che avere un gatto come allucinazione non era niente male. 
Altro momento che ho apprezzato. Le allucinazioni possono far parte di una sindrome depressiva. Un vecchio telefilm che si infiltra nella testa di Adele mescolandosi ai suoi desideri personali (avere un gatto) e prende la forma di Salem, è a suo modo convincente.

Molti ti hanno fatto notare che ci sono alcuni dettagli da rivedere perché, al contrario, poco realistici: come l'amica che dopo tre anni di reclusione le chiede ancora ingenuamente se vuole uscire, quando avrebbe dovuto ormai sviluppare un approccio diverso. A una prima lettura non ci avevo fatto caso, ma pensandoci, credo che abbiamo ragione. In alcuni momenti la sensazione che Adele sia chiusa lì da tempo è bella vivida, in altri sembra che la reclusione sia recente.
Per il resto si tratta di un racconto di indubbia qualità che mi ha colpito molto.

Re: [CDP1] La Stanza

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Ciao a tutti e grazie mille per i commenti gentili e super costruttivi. 
Premetto che mi sono accorto molto in ritardo che la data di consegna era per il 14 e non per il 18 quindi ho dovuto chiudere un po' di fretta per inviare in tempo. 

Concordo in parte sull'approccio inverosimile dei genitori. Inizialmente volevo che ci fosse un bagno nella stanza con un lavandino, utilizzato da Adele per lavarsi senza uscire dalla stanza. Poi però ho optato per il secchio perché ho pensato che avrebbe ingannato di più il lettore sul doppio senso della prigionia di Adele. 

Per quanto riguarda il messaggio dell'amica, mi sembra un ottimo punto. Non ci avevo riflettuto abbastanza. Probabilmente basta solo riscriverlo. Potrebbe essere il compleanno di Adele, che darebbe una motivazione in più a Chiara per scriverle, e magari anche ad Adele per il gesto finale. 
D'altronde una delle cose a cui non ho dato risposta è il perché Adele decida di fare quella determinata scelta in quel determinato momento. 

Riguardo appunto il gesto finale, nella mia idea originale ci sarebbe dovuto essere uno sviluppo un pelo più articolato ma alla fine per mancanza di tempo e anche di ispirazione ho deciso di chiudere forse in maniera troppo sbrigativa, ma cercando di metterci un po' di poesia per bilanciare. 

Grazie di nuovo a tutti. Piano piano cercherò di leggere anche i vostri racconti! 

Re: [CDP1] La Stanza

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L'incipit è estremamente potente. Molto, molto bello, vorrei incorniciarlo. Apprezzo anche il modo in cui si leghi con l'epilogo
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmAveva deciso che avere un gatto come allucinazione non era niente male. 
In effetti potrebbe andare molto peggio, credimi  :asd: Un ricordo di infanzia, apparentemente casuale, ma pescato dalla mente che cerca di aggrapparsi a qualsiasi cosa, e cosa meglio di una realtà fittizia, una narrazione? Le storie sono spesso un conforto e un argine contro la propria realtà.
Perché non mettere qualche riferimento ad abitudini di sonno poco sane? In tal modo potresti giustificare le allucinazioni e mostrare anche qualcosa di più sul malessere di Adele
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmOgni tre o quattro giorni, sempre verso sera, le portavano anche un cambio di vestiti e un piccolo secchio d’acqua con una spugna. 
Tre o quattro giorni è veramente parecchio  :aka: è un dettaglio che svia, perché sembra sottintendere una negligenza da parte dei "carcerieri", che invece poi scopriamo premurarsi parecchio della figlia. Certo, si mostrano inadeguati nel gestire la situazione in toto, ma questo particolare fa comunque strano
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmIn quegli occhi verdi, giovani, stanchi.
Questa successione di aggettivi fa quasi male. Poche parole per descrivere un dolore così immenso. Complimenti
Neuromante ha scritto: ven apr 14, 2023 7:37 pmSubito Salem balzò sul davanzale, poi sull’albero, e si calo’ giù fin sulla strada. 
Qui è l'unico passaggio in cui il lettore può intuire che la stanza non sia al piano terra, ed è abbastanza nascosto. Renderei la cosa un po' più esplicita: ad esempio, all'inizio quando descrivi la luce, potresti fare riferimento al fatto che siano a un qualche piano alto del palazzo

Il racconto racchiude in maniera delicata ed efficace un sentimento che faccio fatica anche solo a mettere a parole. Non sono mai stato hikikomori, ma comprendo il disagio, e non posso dire il salto non abbia allettato.
Mi è piaciuto il silenzio in cui la stanza è immersa. Adele non sta guardando un film, non sta ascoltando musica; sta semplicemente lì, in silenzio, schiacciata dalla vita.
Sono combattuto sul senso di inadeguatezza che menzioni: da una parte, penso meriterebbe un approfondimento, non tanto a livello logico ma ancora più emotivo; dall'altro, penso che non sia necessario sapere perché Adele sia finita così: è così e basta. A volte tutto l'amore che si può ricevere non è comunque abbastanza. A volte il malessere c'è ed è lì per restare.
Bellissimo il simbolismo del sole, realtà esterna che è una liberazione, che si avvicina lenta e inesorabile e infine spinge Adele a porre fine al supplizio, senza scampo, senza una ragione specifica del perché proprio ora: la luce esterna diventa semplicemente insopportabile e Adele è ormai disturbata. Il finale è giustissimo e assolutamente azzeccato; la realtà che descrivi può apparire lontana e incomprensibile a molti lettori, ma penso il racconto la colga molto bene: una realtà al confine tra sogno e veglia, allucinazioni e bisogni fisiologici
Livelli altissimi  (y)
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