Timothy Motivi
Posted: Tue Dec 20, 2022 10:37 pm
Commento: La fabbrica - Costruttori di Mondi
Timothy Motivi
Ho sempre creduto che la vita fosse una via che finisce di colpo, all'improvviso, e che questo improvviso sia la base stessa della vita in ogni cambiamento.
Inizia tutto il giorno in cui sono annegato.
Il mare... un paradiso cinto da una spiaggia o un inferno senza punti di riferimento a seconda dei punti di vista. Nel vedere sbiadirsi la pennellata di sole sulla superficie, vado sempre più giù, fino a chiudere gli occhi e ingoiare acqua salata. Cibo per squali o scheletro per futuri antropologi, l'ultimo grammo di cervello attivo immerso nell'oscurità senza ritorno, in un'attesa sempre più lenta.
La percezione della sabbia sulla schiena mi sveglia dal torpore. Apro gli occhi, quasi inutili nell'oscurità, sento il fondale, il freddo delle correnti e l'infinità della vita che mi circonda. Non è questa la morte, mi abituo alla temperatura, alla scarsa luce, apro la bocca e... respiro. Una, due boccate, sono vivo in quell'ambiente tanto nuovo quanto familiare.
Il mio primo giorno inizia con il guardarmi intorno, circondato da pesci di ogni dimensione che mi evitano per motivi che non conosco. Meglio così, devo capire se essere preda o predatore, anche se mi rendo conto di essere non più grande di un granchietto. Forse è meglio che resto all'erta... un movimento, i miei sensi sono molto sviluppati, spero di non essere una preda anche se, d'istinto, mi nascondo dietro a un piccolo sasso. Niente, il solito fondale freddo e accogliente, smetto presto di spaventarmi o di chiedermi il perché della mia esistenza. Circondato dal blu scuro, poggio i piedi sul nero fondale e l'unica domanda è se ci sia un "prima" rispetto a questo momento.
Ricordo solo di essere annegato in quel mondo.
Un granchietto vero mi passa vicino.
«Ciao.»
«Ciao.»
«Chi sei?»
«Un granchio, tu invece?»
«Non lo so, non riesco a capirlo. Puoi dirmelo tu?»
«Sembri un umano, anche se molto più piccolo rispetto a quelli che ho visto in passato. Tra l'altro non ne ho mai trovati sul fondale.»
«Sono un umano?»
«Non so, forse potrei sbagliarmi.»
«Ti ringrazio.»
Il granchietto smette di muoversi e, ventre a terra, copre gli occhi con le chele.
«Che cosa c'è, arriva qualcuno?»
«No, è che non sono abituato alla gentilezza o al dialogo. Nessuno apprezza i granchi, per come camminiamo, per come viviamo...»
«Tu sei stato gentile con me, non vedo perché non dovrei ringraziarti.»
«Di niente, piuttosto come ti chiami?»
«So solo che mi chiamo Timothy. Timothy Motivi. Tu?»
«Noi in genere non parliamo con nessuno, te l'ho detto, non so se ho un nome, Timothy.»
«Vuoi che ti chiamo in un certo modo?»
«Non saprei, che nome mi daresti?»
«Che ne dici di Mark?»
«È un bel nome.»
«Ti ringrazio,» di certo non specifico che è il primo che mi è venuto in mente.
«Dove andrai, ora?»
«Non lo so, devo cercare il mio scopo. Tu cosa fai, in genere?»
«Cerco di raggiungere una spiaggia: lì devo stare attento agli uomini, ma non ci sono predatori.»
«Posso venire con te?»
«Certo, mi farebbe piacere.»
Inizia così la mia amicizia con Mark. All'inizio mi inquietava il fatto che mi fissasse di continuo lungo il cammino, ma poi mi sono abituato al suo muoversi di lato e ai suoi occhi amici lungo il percorso. Lui conosce ogni posto dove nascondersi e mi ha insegnato a selezionare le alghe per nutrirmi. È un tipo originale, allegro, imprevedibile e molto profondo nei dettagli: una volta mi ha raccontato che i cavallucci marini lo hanno preso in giro per il suo modo di camminare. Lui ha risposto che un granchio magari non va avanti, ma almeno non va indietro. I cavallucci marini credono di essere le creature più belle, ma poi ti guardano con la loro naturale posa altezzosa e non ti rivolgono la parola se non per schernirti. Mark, invece, è un tipo sincero come i suoi occhi grandi e sorridenti e forte come le sue chele.
Camminiamo per mesi. L'acqua è sempre più trasparente, come la nostra amicizia, anche se non riesco a raccontagli dettagli della mia vita precedente. La mia vita nel mare è una singolarità che non riesco a superare, mentre per lui è piacevole raccontarmi della sua. Un'esistenza felice e piena di piccole cose che, di certo, avrei considerato ininfluenti prima di ritrovarmi in sua compagnia. Scopro che Mark ha molti anni e resto affascinato dalla sua capacità di meravigliarsi dei particolari e di tenerli a sé, infinite sfaccettature di ricordi ed emozioni.
L'acqua diventa sempre più chiara, il sole filtra nei bassi fondali cristallini non lontani da una spiaggia poco frequentata dagli esseri umani. Il mio compagno di avventure sussulta di gioia nell'aver trovato il proprio giardino dell'Eden e mi invita a condividere la propria felicità. Bassi fondali, acqua limpida, luce solare e scarsa presenza di predatori e altri organismi inquinanti. Il primo giorno, in una piccola cavità sotto a un sasso, guarda con speranza il cielo tremolante del proprio Paradiso. Abbracciato al mio compagno ne percepisco il sentimento e chiudo gli occhi, appoggiato al suo guscio, cullato dal tepore dell'acqua e dal sentimento che ci unisce.
Sussultiamo nel trovarci sfiorati da un ramo di legno, fendente improvviso nella quiete.
Chi può volerci male?
Terrorizzati da quel pensiero comune, sentiamo una voce.
«So che sei lì, ti prego, torna...»
Un richiamo familiare, sempre più soffuso e lamentoso. Ha il sapore di un gemito quando Mark è già sparito da un pezzo, nascosto sotto la sabbia mi invita a fare altrettanto.
Io resto, alzo lo sguardo al cielo.
«Non restare nel mare, ti voglio bene.»
Conosco la voce, forse è il ricordo di quanto è stato prima della mia nuova vita. Mi arrampico sul bastone, aiutato dal mare, più in fretta di quanto viaggia nella mente il mio più grande interrogativo: vivo da sempre nel mare, posso sopravvivere al di là di questa grande madre di vita?
Vedo l'esterno.
Infrango la pellicola che separa i due mondi.
Percepisco l'aria.
Vedo il mio corpo crescere, tornare a dimensioni umane; l'acqua arriva alla cintola, fisso negli occhi la persona che mi aspetta. Abbasso lo sguardo solo il tempo di percepire il fondale al di là dei piedi. Non c'è ombra del mio amico, dissolto come le mie certezze di fronte agli eventi.
Poco tempo, mi mancano il respiro e la forza nelle gambe.
Gli occhi si chiudono, mi accascio al di sotto della linea dell'acqua.
Sento tornare la vita, divento sempre più piccolo e riprendo a respirare nel mio mondo. Vedo Mark che sembra lieto nel notare che tutto si è risolto anche se resta lontano, non senza timore per quanto accaduto.
«Io sono Timothy Motivi, vivo qui.»
Riprendo il controllo di me stesso e la posizione verticale.
«Io sono Timothy Motivi, questo è il mio mondo.»
Mark sbuca dalla sabbia. La sua camminata timida contrasta con la mia voglia di raggiungerlo; di fronte a lui, mi adagio sul suo carapace e lo abbraccio con tutto l'affetto che ho.
«Io sono Timothy Motivi, questa è la mia vita.»
La persona che mi ha cercato se ne va.
Aggrappato al mio compagno di vita, mi rendo conto di far parte del mare e di non essere più adatto a un altro mondo, semmai lo sia mai stato in passato.
Timothy Motivi
Ho sempre creduto che la vita fosse una via che finisce di colpo, all'improvviso, e che questo improvviso sia la base stessa della vita in ogni cambiamento.
Inizia tutto il giorno in cui sono annegato.
Il mare... un paradiso cinto da una spiaggia o un inferno senza punti di riferimento a seconda dei punti di vista. Nel vedere sbiadirsi la pennellata di sole sulla superficie, vado sempre più giù, fino a chiudere gli occhi e ingoiare acqua salata. Cibo per squali o scheletro per futuri antropologi, l'ultimo grammo di cervello attivo immerso nell'oscurità senza ritorno, in un'attesa sempre più lenta.
La percezione della sabbia sulla schiena mi sveglia dal torpore. Apro gli occhi, quasi inutili nell'oscurità, sento il fondale, il freddo delle correnti e l'infinità della vita che mi circonda. Non è questa la morte, mi abituo alla temperatura, alla scarsa luce, apro la bocca e... respiro. Una, due boccate, sono vivo in quell'ambiente tanto nuovo quanto familiare.
Il mio primo giorno inizia con il guardarmi intorno, circondato da pesci di ogni dimensione che mi evitano per motivi che non conosco. Meglio così, devo capire se essere preda o predatore, anche se mi rendo conto di essere non più grande di un granchietto. Forse è meglio che resto all'erta... un movimento, i miei sensi sono molto sviluppati, spero di non essere una preda anche se, d'istinto, mi nascondo dietro a un piccolo sasso. Niente, il solito fondale freddo e accogliente, smetto presto di spaventarmi o di chiedermi il perché della mia esistenza. Circondato dal blu scuro, poggio i piedi sul nero fondale e l'unica domanda è se ci sia un "prima" rispetto a questo momento.
Ricordo solo di essere annegato in quel mondo.
Un granchietto vero mi passa vicino.
«Ciao.»
«Ciao.»
«Chi sei?»
«Un granchio, tu invece?»
«Non lo so, non riesco a capirlo. Puoi dirmelo tu?»
«Sembri un umano, anche se molto più piccolo rispetto a quelli che ho visto in passato. Tra l'altro non ne ho mai trovati sul fondale.»
«Sono un umano?»
«Non so, forse potrei sbagliarmi.»
«Ti ringrazio.»
Il granchietto smette di muoversi e, ventre a terra, copre gli occhi con le chele.
«Che cosa c'è, arriva qualcuno?»
«No, è che non sono abituato alla gentilezza o al dialogo. Nessuno apprezza i granchi, per come camminiamo, per come viviamo...»
«Tu sei stato gentile con me, non vedo perché non dovrei ringraziarti.»
«Di niente, piuttosto come ti chiami?»
«So solo che mi chiamo Timothy. Timothy Motivi. Tu?»
«Noi in genere non parliamo con nessuno, te l'ho detto, non so se ho un nome, Timothy.»
«Vuoi che ti chiamo in un certo modo?»
«Non saprei, che nome mi daresti?»
«Che ne dici di Mark?»
«È un bel nome.»
«Ti ringrazio,» di certo non specifico che è il primo che mi è venuto in mente.
«Dove andrai, ora?»
«Non lo so, devo cercare il mio scopo. Tu cosa fai, in genere?»
«Cerco di raggiungere una spiaggia: lì devo stare attento agli uomini, ma non ci sono predatori.»
«Posso venire con te?»
«Certo, mi farebbe piacere.»
Inizia così la mia amicizia con Mark. All'inizio mi inquietava il fatto che mi fissasse di continuo lungo il cammino, ma poi mi sono abituato al suo muoversi di lato e ai suoi occhi amici lungo il percorso. Lui conosce ogni posto dove nascondersi e mi ha insegnato a selezionare le alghe per nutrirmi. È un tipo originale, allegro, imprevedibile e molto profondo nei dettagli: una volta mi ha raccontato che i cavallucci marini lo hanno preso in giro per il suo modo di camminare. Lui ha risposto che un granchio magari non va avanti, ma almeno non va indietro. I cavallucci marini credono di essere le creature più belle, ma poi ti guardano con la loro naturale posa altezzosa e non ti rivolgono la parola se non per schernirti. Mark, invece, è un tipo sincero come i suoi occhi grandi e sorridenti e forte come le sue chele.
Camminiamo per mesi. L'acqua è sempre più trasparente, come la nostra amicizia, anche se non riesco a raccontagli dettagli della mia vita precedente. La mia vita nel mare è una singolarità che non riesco a superare, mentre per lui è piacevole raccontarmi della sua. Un'esistenza felice e piena di piccole cose che, di certo, avrei considerato ininfluenti prima di ritrovarmi in sua compagnia. Scopro che Mark ha molti anni e resto affascinato dalla sua capacità di meravigliarsi dei particolari e di tenerli a sé, infinite sfaccettature di ricordi ed emozioni.
L'acqua diventa sempre più chiara, il sole filtra nei bassi fondali cristallini non lontani da una spiaggia poco frequentata dagli esseri umani. Il mio compagno di avventure sussulta di gioia nell'aver trovato il proprio giardino dell'Eden e mi invita a condividere la propria felicità. Bassi fondali, acqua limpida, luce solare e scarsa presenza di predatori e altri organismi inquinanti. Il primo giorno, in una piccola cavità sotto a un sasso, guarda con speranza il cielo tremolante del proprio Paradiso. Abbracciato al mio compagno ne percepisco il sentimento e chiudo gli occhi, appoggiato al suo guscio, cullato dal tepore dell'acqua e dal sentimento che ci unisce.
Sussultiamo nel trovarci sfiorati da un ramo di legno, fendente improvviso nella quiete.
Chi può volerci male?
Terrorizzati da quel pensiero comune, sentiamo una voce.
«So che sei lì, ti prego, torna...»
Un richiamo familiare, sempre più soffuso e lamentoso. Ha il sapore di un gemito quando Mark è già sparito da un pezzo, nascosto sotto la sabbia mi invita a fare altrettanto.
Io resto, alzo lo sguardo al cielo.
«Non restare nel mare, ti voglio bene.»
Conosco la voce, forse è il ricordo di quanto è stato prima della mia nuova vita. Mi arrampico sul bastone, aiutato dal mare, più in fretta di quanto viaggia nella mente il mio più grande interrogativo: vivo da sempre nel mare, posso sopravvivere al di là di questa grande madre di vita?
Vedo l'esterno.
Infrango la pellicola che separa i due mondi.
Percepisco l'aria.
Vedo il mio corpo crescere, tornare a dimensioni umane; l'acqua arriva alla cintola, fisso negli occhi la persona che mi aspetta. Abbasso lo sguardo solo il tempo di percepire il fondale al di là dei piedi. Non c'è ombra del mio amico, dissolto come le mie certezze di fronte agli eventi.
Poco tempo, mi mancano il respiro e la forza nelle gambe.
Gli occhi si chiudono, mi accascio al di sotto della linea dell'acqua.
Sento tornare la vita, divento sempre più piccolo e riprendo a respirare nel mio mondo. Vedo Mark che sembra lieto nel notare che tutto si è risolto anche se resta lontano, non senza timore per quanto accaduto.
«Io sono Timothy Motivi, vivo qui.»
Riprendo il controllo di me stesso e la posizione verticale.
«Io sono Timothy Motivi, questo è il mio mondo.»
Mark sbuca dalla sabbia. La sua camminata timida contrasta con la mia voglia di raggiungerlo; di fronte a lui, mi adagio sul suo carapace e lo abbraccio con tutto l'affetto che ho.
«Io sono Timothy Motivi, questa è la mia vita.»
La persona che mi ha cercato se ne va.
Aggrappato al mio compagno di vita, mi rendo conto di far parte del mare e di non essere più adatto a un altro mondo, semmai lo sia mai stato in passato.