Resilienza

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Resilienza

Nel buio senza fine che avvolgeva la terra e il cielo, la prua di Resilienza, l'imponente veliero dell'Armata Rivoluzionara, fendeva come burro le torbide acque del Mare della Conoscenza, mentre l'equipaggio dormiva sottocoperta.
La notte durava da tempo immemore. Nessuno sapeva dire da quanto, né quando sarebbe finita. Dal giorno in cui Volpi il nostromo era nato, il cielo era sempre stato dello stesso colore: nero come il mare che, insieme al resto dell'equipaggio, stava attraversando da tanto, troppo tempo. 
Dopo l'ennesima fatica, gli uomini sulla nave potevano finalmente riposare, ma quel giorno il sonno del nostromo era tormentato da mille sogni che sembravano promettere nulla di buono per il domani: "Aaaahhhrrr... Mi serve un po' di rum." 
Forse era l'alcol, forse l'imbarcazione cullata dalle onde, o forse la brezza marina, ma sul ponte della nave Volpi ritrovò la quiete che cercava, che faceva alla malinconia ciò che il ghiaccio fa sulle ferite. Il mare nero rifletteva il cielo senza stelle e la nave sembrava attraversare un'oscurità senza fine. "Chissà quando arriveremo..."
Così si sentiva Volpi: la destinazione sembrava chiara, ma di approdi sicuri tra un porto e l'altro non ce n'erano. Così tutto sembrava una danza incerta, in cui perdere l'equilibrio era l'unico modo per trovare il passo successivo.
I rimpianti erano tanti, i dubbi molti di più. Eppure ogni volta che sul braccio destro vedeva tatuato l'emblema dei Rivoluzionari, le vecchie paure sembravano dissiparsi, per lasciare spazio all'uomo che era oggi e che, con fatica e orgoglio, aveva costruito: il nostromo, incrollabile pilastro della Rivoluzione; fidato braccio destro del Capitano.
Ma sotto quel cielo nero senza stelle Volpi non era solo. Il legno del ponte iniziò a cigolare sotto i passi lenti e pesanti di vecchi stivali di cuoio. Il nostromo estrasse il serramanico dalla cintura, si voltò di scatto e: "...Anche voi in piedi a quest'ora della notte, Capitano?"
Passigli, capitano del veliero e delle centodue anime che lo abitavano, stentò un sorriso gentile sotto la barba incolta: "Il mare è un luogo dolorosamente poetico: tanti sono i pazzi che lo navigano per la libertà, altrettanti col tempo ne diventano prigionieri. A volte mi chiedo noi da che parte stiamo... Da quanto siamo in viaggio?" Il Capitano tracannò mezza bottiglia di whisky e tossì fino a piegarsi sul parapetto del ponte.
"Da quarantadue giorni, Capitano." Volpi deglutì e solo nel dirlo sentiva le gambe venire meno. Ripensò alla sua famiglia, a casa sua, a tutto ciò che di più caro custodiva in quel vecchio cuore che col tempo aveva imparato a domare e azzittire. Ma a volte era tremendamente difficile.
Passigli si toccò la benda sull'occhio sinistro e sorrise ancora: "So a cosa pensi. Io avevo ancora tutti e due gli occhi l'ultima volta che ho visto il viso di mia moglie..." - Il Capitano tossì di nuovo e poi riprese - "Presto approderemo. Approderemo di nuovo e porteremo il nostro messaggio alla gente." Eppure, nella notte eterna che li avvolgeva, spesso era difficile vedere un barlume di speranza.

Da sempre i Rivoluzionari erano bollati come pirati dai governi di tutto il mondo. Non appena mettevano piede a terra, avevano pochissimi giorni per divulgare il loro messaggio alla gente prima che qualcuno venisse a dargli la caccia. Allora dovevano rifuggire in mare.
Guardie, federali, eserciti, sovrani adirati: erano ricercati da tutti, eppure non mollavano mai. Erano preparati a tutto questo, ma la parte più difficile veniva quando era il popolo stesso a mettersi contro di loro. Quella stessa gente a cui si rivolgevano e che invece rifiutava il loro intervento.
"Per cosa lottiamo?" Volpi se lo era chiesto un'infinità di volte, ma la risposta era sempre lì, sul suo braccio destro, impressa come sulle vele del veliero: l'emblema dell'Armata Rivoluzionaria. Era un corvo di spalle col piumaggio nero e stellato, e una chiave rossa stretta nel becco.

Quando poi era ora di salpare perché venivano a dargli la caccia, i Rivoluzionari erano costretti a rifugiarsi nel Mare della Conoscenza. D'altronde erano gli unici in grado di solcare quelle acque così ostiche che, per chi non le aveva mai navigate, erano solo un vasto e profondo mistero.
Volpi le conosceva bene quelle acque, ma ogni volta che si prendeva il largo c'era sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Tanti ci si erano persi, altrettanti invece erano periti sotto le accuse e i soprusi degli uomini che abitavano la terraferma. Era un mondo difficile. E Volpi, dopo tanti anni, di una cosa sola era certo: sguardo fisso all'orizzonte e mai tornare indietro. Ma certe notti era difficile guardare avanti, e questa era una di quelle. Così, nella sua ora più buia, Volpi diede una dolorosa occhiata al suo passato e la stessa domanda di sempre gli sfuggì di bocca: "Capitano, per cosa lottiamo?" 
Non poteva lasciarsela scappare davanti ai suoi sottoposti, ma al Capitano poteva mostrare senza timore quell'immortale insicurezza.
"Ahahahahahahah... Per cosa lottiamo, dici? Me lo sono chiesto così tante volte..." - Passigli si schiarì la voce e poi riprese - "È difficile a dirsi, amico mio, perché ognuno di noi in realtà sta combattendo una battaglia diversa in questa notte così buia, e io... Io posso dire che lotto per vedere l'alba." Passigli si strinse con forza al parapetto, mentre le acque del Mare della Conoscenza si agitavano sotto di loro, come un demone che si risveglia quando il suo nome viene invocato.
Volpi prese coraggio e poi aggiunse sospirando: "E quando smetteremo di lottare, Capitano?"
"Quando moriremo."
Passigli si svuotò per un attimo della sua incrollabile quiete, con lo sguardo perso nelle acque torbide sotto di loro. Tracannò fino all'ultimo sorso di whisky per poi donare la bottiglia alle onde, come si fa coi morti in certe tradizioni. Poi tossì di nuovo e riprese: "Sto morendo, Volpi."
"È uno scherzo, Capitano?!"
Il torace di Passigli si gonfiò sotto l'ennesimo attacco di tosse: "Vorrei che lo fosse, almeno non passerei le mie notti a guardare il mare e il cielo."
"Ma come fate a esserne certo?"
"Il maestro di bordo mi tiene sotto osservazione da mesi. Pensa che non mi restano più di altri sei cicli di luna su questa Terra."
Il vento si alzò appena, e fu allora che Volpi crollò. L'eterno pilastro alla destra del Capitano si accasciò in ginocchio sul ponte della nave.
"E adesso come faremo, Capitano?" Chiese Volpi, timoroso della risposta.
"Come farete a fare cosa?"
"Ad andare avanti. Chi ci guiderà?" 
Passigli, nel vedere il nostromo pieno di dolore come il suo torace, si sollevò con fatica dal parapetto e poi si schiarì la voce: "Amico mio, non lasciarti guidare dagli uomini, ma segui le idee. Per quanto grande possa essere, un uomo è solo un mezzo attraverso il quale le idee viaggiano da un luogo all'altro. Ma gli uomini hanno gambe e possono cadere, le idee invece... Le idee non muoiono mai."
Le acque continuavano a tremare irrequiete sotto di loro. Il Capitano, monumento cadente di un'epoca immortale, non si spostò di un centimetro. Allora anche Volpi trovò la forza di rialzarsi in piedi sul ponte della nave. Incrociò lo sguardo del Capitano ancora una volta quella notte, e gli chiese un'ultima cosa:
"Capitano... E quand'è che arriverà l'alba?"
Passigli si voltò nuovamente, come per scrutare i primi raggi oltre il buio secolare che avvolgeva l'orizzonte, e poi disse con voce cupa: "Solo quando gli uomini decideranno di svegliarsi."

Re: Resilienza

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Brambilla Junior ha scritto: Per cosa lottiamo?" Volpi se lo era chiesto un'infinità di volte, ma la risposta era sempre lì, sul suo braccio destro, impressa come sulle vele del veliero: l'emblema dell'Armata Rivoluzionaria. Era un corvo di spalle col piumaggio nero e stellato, e una chiave rossa stretta nel becco.

Quando poi era ora di salpare perché venivano a dargli la caccia, i Rivoluzionari erano costretti a rifugiarsi nel Mare della Conoscenza. D'altronde erano gli unici in grado di solcare quelle acque così ostiche che, per chi non le aveva mai navigate, erano solo un vasto e profondo mistero.
Volpi le conosceva bene quelle acque, ma ogni volta che si prendeva il largo c'era sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Tanti ci si erano persi, altrettanti invece erano periti sotto le accuse e i soprusi degli uomini che abitavano la terraferma.
Racconto particolare e suggestivo, bella l'idea dell'Armata Rossa identificabile con gli scienziati e uomini di cultura che non smettono mai di cercare nel Mare buio della conoscenza nuove verità. Gli uomini piantati sulla terra ferma faticano a comprendere e accettare le nuove scoperte, soprattutto quelle più ardite (Galileo Galilei?!), da questo gli attacchi dei governi, dei re, delle istituzioni,  a chi porta "novità". Vero, terribile quanto inevitabile.
Brambilla Junior ha scritto:  Per quanto grande possa essere, un uomo è solo un mezzo attraverso il quale le idee viaggiano da un luogo all'altro. Ma gli uomini hanno gambe e possono cadere, le idee invece... Le idee non muoiono mai."
In questo paragrafo rileggo la frase di Falcone: Gli uomini passano ma le loro idee continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini  (non so se hai usato lo stesso concetto volutamente oppure no). 

Non so dirti se ci sono virgole fuori posto, non sono brava in queste cose.  

La tua scrittura è scorrevole e vivida, grazie per questa bella lettura.
Se posso dirti, mi lascia perplesso giusto un po' la chiusa. 
Brambilla Junior ha scritto: "Capitano... E quand'è che arriverà l'alba?"
Passigli si voltò nuovamente, come per scrutare i primi raggi oltre il buio secolare che avvolgeva l'orizzonte, e poi disse con voce cupa: "Solo quando gli uomini decideranno di svegliarsi."
L'alba, in questo racconto, non arriverà mai, per il semplice fatto che ogni scenziato porta solo poche ore di luce (quando attracca nel porto) per offrire al mondo le sue scoperte. Queste prima o poi verranno superate, perchè la scienza e la conoscenza sono sempre in cammino. Non tutti si sveglieranno con la conquista definitiva della conoscenza, e allora a mio vedere avrei colto meglio qualcosa del tipo: Il Mare della Conoscenza ha soltanto fiaccole, a noi il compito di diffonderne la luce di porto in porto. 
Non voglio imbeccarti (lo so che è una cosa che, almeno lì per lì, infastidisce), ma dirti solo ciò che da lettrice mi ha lasciato un po' perplessa. Il nostro leggere, a volte, è più un cavillare, perchè scaviamo dentro le parole. Sappi comunque che ho navigato nel mare nero del tuo racconto, ho percepito l'atmosfera che regnava sulla nave, ho sentito il tossire del Capitano, e osservato il nostromo perso nel desiderio di rivedere la famiglia, perché qualunque cosa un uomo faccia, raggiunga pure l'ultimo angolo dell'universo e della conoscenza avrà sempre dei sentimenti nel petto, un'appartenenza che nessuno e nessuna cosa gli strapperà dal cuore. 

Complimenti, un sottotesto molto bello. 
Ciao e alla prossima

Re: Resilienza

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 Ciao @Brambilla Junior 
Il titolo del racconto mi ha attirato, in questi tempi la parola “resilienza” è molto usata. A cosa resistono questi rivoluzionari divulgatori? Vogliono spiegare qualcosa, una verità, una conoscenza nascosta? Viene loro impedito di farlo? Perché?
Certe conoscenze devono quindi restare nascoste, almeno alla maggior parte del popolo. È sempre stato così. Oggi più che mai. Ma da qualche tempo, da poco tempo, si comincia a indagare, parlare, divulgare.
Dall’ambientazione del tuo racconto si deduce un tempo passato, oggi sarebbe difficile esporre pubblicamente idee “eretiche” per qualche giorno, in quanto si è immediatamente individuati e bloccati in vari modi. Sarebbe interessante conoscere la natura di questa conoscenza così pericolosa, posso immaginare dal fatto che gli uomini debbano svegliarsi per venire a sapere, ma sarà molto difficile che lo facciano.
I dialoghi fra il Nostromo Volpi e il Capitano Passigli a mio parere spiegano troppo al lettore circa i motivi della loro missione, pur senza entrare nello specifico. Loro sanno bene perché stanno navigando, conoscono la loro missione, non hanno bisogno che se la spieghino sotto forma di discussione. Nel dialogo poteva apparire mascherata da altre considerazioni, magari più “tecniche” circa la navigazione.
Naturalmente il tutto può essere metaforico, come il rifugiarsi nel Mare della Conoscenza, ma io vedo questo mare ostico non solo al potere, qualunque esso sia, ma anche alla rivoluzione, qualunque essa sia. Entrambi non amano che il popolo che devono comandare, dirigere, conosca la verità, od osi avvicinarsi a essa. Chi conosce la verità è libero e non ha più bisogno di governi o rivoluzioni e nessuna rivoluzione ha mai permesso la conoscenza. Ne ha dato una innocua e spesso edulcorata parvenza.
Comunque questi pirati rivoluzionari sono molto interessanti. Si potrebbe costruire un discorso anche più vasto, a mio parere.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Resilienza

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Ciao @Brambilla Junior ,
il tuo testo scorre abbastanza bene, un tuo stile di scrittura ce l'hai, ma mi sembra un racconto incompiuto e con alcuni "buchi" narrativi.
Brambilla Junior ha scritto: Il nostromo estrasse il serramanico dalla cintura, si voltò di scatto
Questa scena è plausibile, ma un po' inverosimile. Cioè è vero che per riflesso incondizionato il nostromo potrebbe estrarre il serramanico al primo scricchiolio, ma se in quella nave sono tutti rivoluzionari "fidati", in teoria non dovrebbe temere nulla.

Un'altra cosa mi è poco chiara: per cosa lottano nel concreto questi rivoluzionari? La risposta filosofica del capitano non mi fa capire qual è la reale motivazione che spinge queste persone a stare lontano dai propri affetti e rischiare la vita in mare aperto. Se lo sapessi empatizzerei di più con loro.
Vista così sembrano dei rivoluzionari un po' "spaesati" e "demotivati". In particolare il nostromo, che arrivato a quel punto della sua "carriera", me lo immagino un po' più convinto delle sue scelte, a prescindere dalle difficoltà e dalle rinunce di quella vita.

Non avendo a disposizione gli elementi che mi dovrebbero fare empatizzare di più con i personaggi, non mi sento coinvolto davvero nel racconto.

Il mondo che hai costruito ha del potenziale, ma deve essere espresso di più.

Non vederla come una critica negativa, è solo un mio parere.

Re: Resilienza

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Ciao! Innanzitutto grazie dei commenti! E scusate se userò male Citazioni e quant'altro, ma non sono abituato a scrivere sui forum.

Segnalo qui sotto l'ispirazione del racconto, che è utile per capire alcuni chiarimenti che farò 😁
Eccola:

Volpi e Passigli sono stati due miei docenti presso un master universitario fatto qualche anno fa. Volpi, nello specifico, è stato il mio relatore di tesi, a cui ho regalato il racconto il giorno del Graduation Day. Entrambi sono stati (e sono tuttora) praticamente dei divulgatori scientifici, poiché diffondono la conoscenza in quello che è il loro e il mio ambito professionale.
Le loro lezioni sono state fonte di ispirazione per questo racconto, in cui si incrociano la pesantezza dei loro sacrifici e la resistenza culturale del mondo, che non è mai pronto ad accogliere i cambiamenti.

@Alberto Tosciri Grazie dell'osservazione sul titolo. Resilienza è una parola oggi spesso abusata e, per come la vedo, ha perso un po' di potenza nell'immaginario collettivo. Eppure è il vocabolo di cui avevo bisogno in questo racconto.
Mi scrivi questo: "I dialoghi fra il Nostromo Volpi e il Capitano Passigli a mio parere spiegano troppo al lettore circa i motivi della loro missione, pur senza entrare nello specifico. Loro sanno bene perché stanno navigando, conoscono la loro missione, non hanno bisogno che se la spieghino sotto forma di discussione. Nel dialogo poteva apparire mascherata da altre considerazioni, magari più “tecniche” circa la navigazione."
Grazie dell'osservazione. Per quella che è la mia sensibilità, non credo che i due personaggi si dicano troppo. Entrambi conoscono bene i motivi per cui sono in viaggio, dunque la domanda del Nostromo "Per cosa lottiamo?" ha in realtà un valore non letterale, ma più profondo e simbolico. Tant'è che il Capitano gli dà una sua risposta personalissima con un taglio esistenziale, che il Nostromo non poteva conoscere a priori. Ergo, a mio avviso non si dicono cose ovvie.

@edotarg
Figurati, si accetta qualsiasi opinione 😁
La risposta a qualche dubbio la troverai in cima a questo messaggio, dove ho scritto più precisamente il contesto da cui trae le basi questo racconto. In particolare, puoi capire meglio le motivazioni che allontanano questi personaggi dalla loro vita e dai loro affetti. Chiaramente nel racconto ho portato all'estremo questo concetto, che però di fatto è molto presente nella vita di chi fa questo per professione: la diffusione della conoscenza e l'aggiornamento costante.
La parte del serramanico l'ho scritta perché mi serviva un pretesto per far iniziare il dialogo tra i due personaggi, e mi piaceva anche che ci fosse un filo di tensione. L'ho trovata credibile e l'ho scritta, ma di base è tranquillamente rimpiazzabile.
Hmm, non considero un buco di trama i dubbi del Nostromo. Il suo è un momento di cedimento in cui si confida col Capitano, e cerca conforto chiedendogli come lui affronta il destino che condividono. Non lo vedo diverso da un attimo di debolezza professionale ed esistenziale come è capitato a tutti di averne.
Per il resto sì, il racconto è volutamente criptico. Quello che si può cogliere è l'essenziale: la ricerca della conoscenza, il sacrificio, la resistenza del mondo ai cambiamenti. Non sentivo il bisogno di dire di più nel testo, ma sono lieto di approfondirlo adesso attraverso queste righe.

@Adel J. Pellitteri
Grazie tante delle belle parole e complimenti per la capacità di comprensione del testo! La parola "scienziato" non me la aspettavo e hai colto perfettamente il punto 😁
Sono felice che hai colto anche la citazione a Falcone.
Comprendo la perplessità sul finale ma mi dispiace perché a me invece piace parecchio come chiusura! 😁
Ho una prospettiva sottilmente diversa: il buio secolare che avvolge il mondo nella storia è chiaramente l'ignoranza e l'hai ben inteso; la luce è la conoscenza, e hai ben inteso anche questo. Tuttavia l'alba che arriva NON è qualcosa che si farà strada solo quando l'ignoranza verrà sconfitta, ma quando gli uomini decideranno di svegliarsi, ossia di accettare il cambiamento. Quando le persone saranno disposte ad accogliere le nuove conoscenze a discapito dei vecchi insegnamenti, allora basterà questo a noi come esseri umani per vedere la luce. L'ignoranza invece è e resta invincibile perché siamo e saremo sempre ignoranti del mondo.
Quindi il finale intende essere un momento di critica sociale a quell'atteggiamento molto comune del "Eh, perché dobbiamo cambiare questa cosa? Si è sempre fatta così..." Un momento amaro e senza speranza, come il Capitano che all'orizzonte vede solo il buio eterno.
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