[Lab3] Signorina

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Laboratorio: Show, don't tell.

Traccia: Mutamenti



La plastica, dura e di pessima qualità, mi massacra le natiche e il sapore dolce della brioche alla marmellata che ho appena finito di mangiare abbandona gradualmente il mio palato.
Giuseppe Rambaldi, sala visita otto. Rambaldi sala visita otto.
Poco più in là altre due sedie, uguali a quella su cui sono seduta, lanciano cigolii di disappunto mentre una coppia di anziani si alza. Lui segue lei che, cartelletta portadocumenti alla mano, brontola: «Giuseppe, sbrigati. In fondo al corridoio, a sinistra.»
Il brusio di conversazioni riprende, interrotto di quando in quando dagli annunci provenienti dall'altoparlante.
Adele Piancastelli, sala TAC, Piancastelli, sala TAC.
«È già la terza volta che la chiamano, questa. I s'ciamarà pu neca a nun!» papà ripiega il giornale in quattro parti uguali.
Giulia Bandinelli, sala visita tre. Bandinelli, sala visita tre.
***
Le ciabatte dell'infermiera marcano ogni suo passo con il consueto "ciac-ciac" della plastica che sbatte contro il pavimento.
«Prego...»
«Papà, va bene se stavolta entro solo io?»
«Sei sicura?»
«Sì. Tanto comunque sei qui fuori.»
Lui alza le spalle e si dirige verso una delle poltroncine del corridoio davanti all'ambulatorio.
Seguo l'infermiera in sala vista tre.
«Aspetta qui, che adesso arriva il medico.» smolla una cartella rosa, che ricade con un tonfo sulla scrivania.
«Intanto comincia a spogliarti.» dice mentre se ne va, chiudendo la porta alle sue spalle con un "clac".
La lana mi sfiora le orecchie, morbida, e la peluria delle braccia scatta sull'attenti. Poggio il maglione sul lettino e salgo sulla la scaletta. il rotolo di carta che ricopre il letto si increspa con un fruscio mentre mi ci siedo sopra, le gambe penzoloni. Questa stanza è sempre uguale, non cambia mai nulla. C'è il lettino per le visite, un mobile con guanti, copriscarpe e altri strumenti che non so a cosa servano, e un armadietto. Di fronte al lettino, una scrivania di formica con un computer e un portapenne.
Dietro la scrivania, la sedia da ufficio.
La sedia. Strano che sia lì.
Guardo la porta a scomparsa, ricavata nella parete che comunica con la sala visita due. Da lì mi aspetto che, da un momento all'altro, faccia la sua comparsa il dottor Cannizzaro.
Cannizzaro è un cinquantenne piccolo e tarchiato, dalla barba sempre mal rasata e i modi sgarbati.  Di solito fa la spola tra i due ambulatori spingendosi su quella cazzo di sedia, che ha le ruote. Da quando lo conosco, non l'ho mai visto staccare il culo da lì e alzarsi in piedi. E se me ne sto qui a torso nudo, nonostante faccia un freddo porco, è perché so che se entra e mi vede ancora vestita si incazza.
***
«Buongiorno!»
Un uomo sulla sessantina alto e magro, in camice bianco, entra dalla porta che dà sul corridoio.
«Buongiorno…» la voce mi esce un po' insicura. Incrocio le braccia davanti al petto, la mano destra a toccare la spalla sinistra.  E questo chi è?
«Allora, Giulia Bandinelli, giusto?» chiede buttando un occhio alle radiografie che tiene in mano.
«Sì».
Lo osservo meglio. Ha il viso un po' squadrato ma i lineamenti non sono spigolosi. Ha un sacco di capelli bianchi in testa, nonostante l'età, e mi guarda con un sorriso un po' titubante. L'impressione è quella di un uomo dai modi garbati ma un po' formali. Un medico di altri tempi. Anche il completo che indossa sotto il camice mi dà questa impressione.
Lascio ricadere le braccia sui fianchi e raddrizzo le spalle, inarcando un po' la schiena.
Mi sa che forse ci ho guadagnato, nel cambio con Cannizzaro. Questo qui sembra gentile, almeno.
Appende le lastre al tabellone luminoso appeso alla parete e le osserva, mentre io resto in silenzio. Poi spegne e le ricaccia nella busta.
«Quanti anni hai, Giulia?»
«Diciassette».
«Avrei detto meno, sembri più giovane. Il busto da quanto lo porti?»
«Da quando ne avevo tredici. Quattro anni».
«Quante ore al giorno?»
"Quattordici. Cioè… i primi tre anni lo portavo sedici ore, adesso quattordici".
«E quando sei diventata signorina?»
Alzo le sopracciglia. Non ho mica capito.
Rimango perplessa una frazione di secondo. Poi, per fortuna, il mio cervello riesce a tradurre l'eufemismo in termini comprensibili, e allora ci arrivo.
«Da pochi mesi.» rispondo, cercando di trattenere un risolino.
"Diventare signorina" che razza di espressione sarebbe? Va bene che questo tizio ha una certa età, ma è pur sempre un medico. Perché parla come la mia bisnonna? Il dottor Cannizzaro sa essere un gran maleducato, ma per lo meno quando mi fa questa domanda non ci gira tanto intorno. 
L'ortopedico distoglie gli occhi da me, guardando per un attimo il pavimento. Poi torna a fissarmi con una ruga in più sulla fronte.
«Mi sa che c'è stato un qui-pro-quo. Non mi riferivo alle tue… esperienze».
La risata che poco prima avevo ricacciato giù nella pancia torna su, violenta e incontrollabile. Rido per un tempo che mi sembra troppo lungo, e non riesco a smettere, i muscoli attorno all'ombelico mi fanno male.
Poi agito le mani davanti alla faccia in segno di diniego e cerco di riprendere fiato.
«No, ho capito. Vuole sapere quando ho avuto il menarca. Glie l'ho detto: pochi mesi fa. Saranno tipo due mesi. Cioè, quasi tre. Dovrei avere il terzo ciclo tra qualche giorno».
Mi scappa ancora quasi da ridere. Questo qui, se usasse i termini adatti, eviterebbe di fare ste figure di merda.
«Com'è possibile?»
«Sono nata con la sindrome di Turner. Ho cominciato ad assumere gli estrogeni solo da settembre, prima ero ancora in terapia con l'ormone della crescita».
Alzo gli occhi dalle piastrelle e li porto alla mia cartella clinica, che sta prendendo polvere, inutilmente chiusa sulla scrivania.
«Vabbè…vieni qui».
Scendo dal lettino e mi avvicino al dottore.
Mi giro in modo da dargli le spalle.
«Togli anche il reggiseno, per favore».
Slaccio il reggiseno di cotone scuro che copre la mia modesta seconda. Lo stringo nel pugno e porto le braccia in avanti, perpendicolari al busto. Unisco le gambe e vado giù con la schiena.
La sua cravatta mi sfiora il viso, mentre fa scorrere il dito indice lungo la mia colonna vertebrale. Alle narici mi arriva un odore leggero di mentolo. Dopobarba, o acqua di colonia.
«Torna su».
«Posso rivestirmi?»
«Sì, abbiamo finito».
Il maglione mi riscalda in un abbraccio confortevole mentre lui va alla scrivania ad aggiungere un altro po' di scartoffie alla mia cartella.
«Senti Giulia, chi è che ti accompagna?»
«Mio padre, è seduto qui fuori."
"Va bene se lo faccio entrare?"
"Certo."
Lo sento dire: «Signor Bandinelli? Venga pure!», poi rientra, seguito da papà.
«Ma è vero quello che dice sua figlia, che ha avuto le mestruazioni solo da pochi mesi?»
«Sì, è seguita al Gozzadini per la sindrome di Turner. L'endocrinologa ha preferito aspettare qualche anno perché potesse crescere un po' di più in altezza, diciamo...»
Una gran manata mi cala sulla spalla con uno schiocco, facendomi sobbalzare. «Ma allora sei davvero giovanissima!»
«Sì…gli anni son sempre quelli, sa? Diciassette».
***
Buttati, che è morbido!
«Papà, cambia stazione radio, please. Ha rotto le palle sta pubblicità, tutti gli anni la stessa».
«Ohi, tra dieci giorni è Natale. A proposito, hai deciso che regalo vorresti quest'anno?»
«Una sega circolare, di quelle che tagliano anche le sbarre di acciaio».
«Ma va là! Cosa ci dovresti fare scusa?»
«Devo tagliare a pezzi il busto. Tanto l'ortopedico ha detto che non lo devo più portare, adesso che sono diventata signorina».

Re: [Lab3] Signorina

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Ciao @ScimmiaRossa prima di tutto ti faccio i complimenti per il tuo “show”! Leggendo ho visto scorrere nitide le scene davanti agli occhi, la narrazione al tempo presente indicativo e in prima persona è funzionale a far immergere il lettore nella storia. 
Ho trovato molto ben gestiti i vari momenti: il pdv, correttamente, non si sposta mai dalla protagonista. C’è un buon ritmo e anche la tensione è crescente.
Il disvelamento della malattia, attraverso le parole del medico, è super corretto senza incorrere nell’infodump.
Fin qui l’ottima esecuzione dell’esercizio Labocontest. 
Quello che, mi pare un po’ debole è la storia in sé. La mutazione da bambina a signorina, che, in questo caso, si sostanzia con la distruzione del busto ortopedico, non mi pare un tema così forte. Oltretutto non mi ha convinta la gestione della chiusa finale che ho trovato affrettata, meno curata ed efficace di tutta la prima parte.  Mi è mancata una parte dell’emozione vissuta dalla protagonista, e la richiesta di una sega circolare per regalo di Natale, ancorché simpatica, non mi ha regalato quel guizzo che un racconto così ben scritto poteva offrirmi. Lavorerei ancora sul messaggio che vuoi trasmettere al lettore.
Per il resto, solo complimenti. 

Re: [Lab3] Signorina

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Ciao, @ScimmiaRossa
Piacere di conoscerti e di leggerti!
Ho trovato la tua scrittura molto gradevole e pulita, hai senza dubbio una bella penna. Il racconto ha una sua delicatezza che ho molto gradito. Inoltre la "storia" prende, nel senso che si legge con curiosità per capire di cosa soffre la ragazza, quindi c'è un buon ritmo e una buona tensione narrativa. Mi è piaciuto il modo in cui hai introdotto il tema del cambiamento del corpo, con l'arrivo delle mestruazioni, un evento che per quanto fisiologico segna comunque come uno spartiacque nella vita di una ragazzina. Ciò che mi pare un'ottima qualità della tua scrittura è la capacità di tratteggiare i personaggi. Sono infatti tutti vivi, credibili e tridimensionali. Non solo la protagonista ma anche i due dottori e anche il padre, con la sua presenza discreta. 
Ti lascio alcune annotazioni puntuali sul testo, sperando che possano esserti utili:
ScimmiaRossa ha scritto: . I s'ciamarà pu neca a nun!» papà ripiega il giornale in quattro parti uguali.
Non ho capito lbene la frase in dialetto (a proposito che dialetto è?). Spesso si dà per scontato che il dialetto si capisca, ma i lettori possono essere di qualunque parte d'Italia ed è meglio cercare di ovviare all'eventuale incomprensione. Ci sono diversi modi, glossario alla fine, nota, o traduzione tra le righe. Altrimenti rimane in chi legge la sensazione di perdersi qualcosa (che però può essere voluta).
ScimmiaRossa ha scritto: comincia a spogliarti.» dice mentre se ne va, chiudendo la porta alle sue spalle con un "clac".
Qui ho avuto la sensazione che lo show don't tell fosse un po' troppo. Va bene ai fini del contest, come esercizio, ma altrimenti lo toglierei perché mi pare una ripetizione che appesantisce il testo.
ScimmiaRossa ha scritto: La lana mi sfiora le orecchie, morbida, e la peluria delle braccia scatta sull'attenti. Poggio il maglione sul lettino e salgo sulla la scaletta
Qui c'è un piccolo inghippo. Si capisce che è del maglione che si sfila la lana solo dopo aver letto la seconda frase. Riformulerei meglio le due frasi per renderle più chiare.
ScimmiaRossa ha scritto: Da quando lo conosco, non l'ho mai visto staccare il culo da lì e alzarsi in piedi. E se me ne sto qui a torso nudo, nonostante faccia un freddo porco, è perché so che se entra e mi vede ancora vestita si incazza.
Ottima descrizione del personaggio!
ScimmiaRossa ha scritto: Vuole sapere quando ho avuto il menarca. Glie l'ho detto: pochi mesi fa. Saranno tipo due mesi. 
Il menarca mi pare un termine un po' troppo tecnico per una ragazza di diciassette anni. Io le farei dire le prime mestruazioni. Anche perché dopo il suo modo di esprimersi è piuttosto titubante (usa l'espressione "tipo", perfetta per la sua età).
ScimmiaRossa ha scritto: eviterebbe di fare ste figure di merda.
'ste.
Per il resto ho trovato ottimo l'uso dello show don't tell. 
Benvenuta al contest e complimenti!

Re: [Lab3] Signorina

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ScimmiaRossa ha scritto: La plastica, dura e di pessima qualità, mi massacra le natiche
Se si trattasse di una donna anziana, capirei, ma una diciassettenne che patisce questo mi sembra esagerato!
ScimmiaRossa ha scritto: Giuseppe Rambaldi, sala visita otto. Rambaldi sala visita otto.
Con la legge sulla privacy, sui dati personali, sono quasi vent'anni che veniamo chiamati coi numeri, negli ambienti medici.

Altri appunti che possano esserti utili non ne ho.

Passo a farti ii complimenti, sia per lo "Show" che per il rispetto della traccia.

Brava, @ScimmiaRossa   (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab3] Signorina

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Ciao @ScimmiaRossa!
Trovo assolutamente commovente la storia che racconti, il momento topico della liberazione dal busto di una ragazzina che ha dovuto conviverci praticamente per tutta la vita.
Hai caratterizzato benissimo i personaggi e il rapporto padre-figlia, stretto ma anche un po' pesante come spesso è quello tra i genitori e i figli disabili. Hai reso bene la sensazione di insofferenza verso l'ennesima visita medica, verso la sindrome che ha condizionato tutta la sua vita.
E' scritto molto bene, scorrevole e privo di inciampi, rispetta assolutamente la consegna, impresa già di per sé non facile.
Ho solo un elemento che non mi torna e una proposta di modifica.
ScimmaRossa ha scritto:«No, ho capito. Vuole sapere quando ho avuto il menarca. Glie l'ho detto: pochi mesi fa. Saranno tipo due mesi. Cioè, quasi tre. Dovrei avere il terzo ciclo tra qualche giorno».
Mi scappa ancora quasi da ridere. Questo qui, se usasse i termini adatti, eviterebbe di fare ste figure di merda.
«Com'è possibile?»
Ciò che non mi torna è che sembra che il dottore non si accorga affatto che la ragazza soffre di una sindrome, mentre a quanto leggo (non conoscevo la sindrome, ma dopo aver letto il racconto ho fatto una ricerca), dovrebbero esserci tratti distintivi tali da fargli capire che la ragazza ha qualche problema legato alla crescita. Mi aspetterei quindi che il medico approcciasse la questione in modo diverso, chiedendole ad esempio se soffra di qualche patologia.
ScimmiaRossa ha scritto:«Ohi, tra dieci giorni è Natale. A proposito, hai deciso che regalo vorresti quest'anno?»
«Una sega circolare, di quelle che tagliano anche le sbarre di acciaio».
«Ma va là! Cosa ci dovresti fare scusa?»
«Devo tagliare a pezzi il busto. Tanto l'ortopedico ha detto che non lo devo più portare, adesso che sono diventata signorina».
La modifica che ti suggerirei è di togliere il riferimento alla sega circolare. In realtà il dialogo che hai scritto sarebbe assolutamente realistico, ma in un racconto, non so... a me stona, non saprei spiegartelo meglio di così. Se invece lei chiedesse ad esempio un vestito carino o di poter praticare un'attività che il busto le inibiva, a quel punto suo padre tirerebbe per forza fuori la questione del busto, e così ti trovi praticamente servita la frase "non lo devo più portare, ora che sono diventata signorina!" (io ci infilerei anche un sorriso malizioso)

Davvero il tuo racconto mi è piaciuto molto, ed è perfetto per il tema del Labocontest  (y)

Re: [Lab3] Signorina

7
Ciao @ScimmiaRossa,

e niente, tu mi piaci. Sai quelle cose a pelle, che quando leggi la prima frase hai già la sensazione che il racconto non sarà "banale"? Non fraintendermi, nel senso che non è un fatto di trama, (lineare, forse un pizzico ordinaria), ma è il come narri/mostri la storia che fa la differenza, secondo me. 
ScimmiaRossa ha scritto: La plastica, dura e di pessima qualità, mi massacra le natiche e il sapore dolce della brioche alla marmellata che ho appena finito di mangiare abbandona gradualmente il mio palato.
Riesce a dar fastidio anche a me, che invece in questo momento sono seduta su di una poltroncina imbottita... E ho detto tutto! Parti a bomba qui, brava! 

E poi la routine dell'ospedale, che subito mi fa capire, e non perché tu lo abbia narrato, che la protagonista è un'abituè del posto e conosce quasi a memoria gesti, camminata dell'infermiera, e anche una buona dose di noia nel farla accomodare in saletta visita. 
ScimmiaRossa ha scritto: La lana mi sfiora le orecchie, morbida, e la peluria delle braccia scatta sull'attenti. Poggio il maglione sul lettino e salgo sulla la scaletta. il rotolo di carta che ricopre il letto si increspa con un fruscio mentre mi ci siedo sopra, le gambe penzoloni. Questa stanza è sempre uguale, non cambia mai nulla. C'è il lettino per le visite, un mobile con guanti, copriscarpe e altri strumenti che non so a cosa servano, e un armadietto. Di fronte al lettino, una scrivania di formica con un computer e un portapenne.
Ho sottolineato le frasi efficaci, lo "show": "pelle d'oca" sarebbe stato l'equivalente, ma narrato. E anche l'immagine del rotolo di carta steso sul lettino, e quel suono, mi verrebbe da dire "strusciato", che udiamo quando ci saliamo sopra. Brava! Io di solito lo rompo anche, perché non ditemi che non succede anche a voi che quel coso si strappi facilmente sotto la pressione delle chiappe. (Ecco, avrei aggiunto anche una roba così)
ScimmiaRossa ha scritto: Mi sa che forse ci ho guadagnato, nel cambio con Cannizzaro. Questo qui sembra gentile, almeno.
Appende le lastre al tabellone luminoso appeso alla parete e le osserva, mentre io resto in silenzio. Poi spegne e le ricaccia nella busta.
«Quanti anni hai, Giulia?»
«Diciassette».
«Avrei detto meno, sembri più giovane. Il busto da quanto lo porti?»
«Da quando ne avevo tredici. Quattro anni».
«Quante ore al giorno?»
"Quattordici. Cioè… i primi tre anni lo portavo sedici ore, adesso quattordici".
«E quando sei diventata signorina?»
Alzo le sopracciglia. Non ho mica capito.
Rimango perplessa una frazione di secondo. Poi, per fortuna, il mio cervello riesce a tradurre l'eufemismo in termini comprensibili, e allora ci arrivo.

«Da pochi mesi.» rispondo, cercando di trattenere un risolino.
"Diventare signorina" che razza di espressione sarebbe? Va bene che questo tizio ha una certa età, ma è pur sempre un medico. Perché parla come la mia bisnonna? Il dottor Cannizzaro sa essere un gran maleducato, ma per lo meno quando mi fa questa domanda non ci gira tanto intorno. 
L'ortopedico distoglie gli occhi da me, guardando per un attimo il pavimento. Poi torna a fissarmi con una ruga in più sulla fronte.
«Mi sa che c'è stato un qui-pro-quo. Non mi riferivo alle tue… esperienze».
La risata che poco prima avevo ricacciato giù nella pancia torna su, violenta e incontrollabile. Rido per un tempo che mi sembra troppo lungo, e non riesco a smettere, i muscoli attorno all'ombelico mi fanno male.
Poi agito le mani davanti alla faccia in segno di diniego e cerco di riprendere fiato.
«No, ho capito. Vuole sapere quando ho avuto il menarca. Glie l'ho detto: pochi mesi fa. Saranno tipo due mesi. Cioè, quasi tre. Dovrei avere il terzo ciclo tra qualche giorno».
Mi scappa ancora quasi da ridere. Questo qui, se usasse i termini adatti, eviterebbe di fare ste figure di merda.
«Com'è possibile?»
«Sono nata con la sindrome di Turner. Ho cominciato ad assumere gli estrogeni solo da settembre, prima ero ancora in terapia con l'ormone della crescita».
Alzo gli occhi dalle piastrelle e li porto alla mia cartella clinica, che sta prendendo polvere, inutilmente chiusa sulla scrivania.
«Vabbè…vieni qui».
Scendo dal lettino e mi avvicino al dottore.
Mi giro in modo da dargli le spalle.
«Togli anche il reggiseno, per favore».
Slaccio il reggiseno di cotone scuro che copre la mia modesta seconda. Lo stringo nel pugno e porto le braccia in avanti, perpendicolari al busto. Unisco le gambe e vado giù con la schiena.
La sua cravatta mi sfiora il viso, mentre fa scorrere il dito indice lungo la mia colonna vertebrale. Alle narici mi arriva un odore leggero di mentolo. Dopobarba, o acqua di colonia.
«Torna su».
«Posso rivestirmi?»
«Sì, abbiamo finito».
Il maglione mi riscalda in un abbraccio confortevole mentre lui va alla scrivania ad aggiungere un altro po' di scartoffie alla mia cartella.
Sai più di tutto cosa hai mostrato secondo me? La leggerezza di Giulia. È una ragazzina che avrebbe mille ragioni per sentirsi "ingabbiata" nella sua sindrome, e invece, appunto, è una ragazzina, e porta in dote tutta la leggerezza e la spensieratezza proprie della sua età. Esorcizza l'ospedalizzazione, come pure la sua malattia genetica, questo ho percepito, e se il tuo intento era anche questo, brava, ma brava davvero! 
ScimmiaRossa ha scritto: «Una sega circolare, di quelle che tagliano anche le sbarre di acciaio».
«Ma va là! Cosa ci dovresti fare scusa?»
«Devo tagliare a pezzi il busto. Tanto l'ortopedico ha detto che non lo devo più portare, adesso che sono diventata signorina».
Efficace il finale, che rivela il mutamento a signorina, certo, mica poi tanto nascosto, perché l'hai narrato durante il racconto, sebbene attraverso l'artifizio del dialogo diretto (sì, ma narrare è necessario a mio parere, e come ho già scritto in un altro commento, serve a equilibrare il mostrato e a tenere le fila della trama), ma, soprattutto, il finale rivela un senso di libertà, che sono sicura Giulia ha provato sin da quando scherzava con l'inedito medico, il quale è riuscito a spezzare la monotonia della routine delle sue visite. Il mutamento nasce lì. 
Grazie per aver scritto!  <3

Re: [Lab3] Signorina

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Ciao @ScimmiaRossa 

Il racconto è gradevole e ben scritto, per altro mi ha incuriosito il nome della malattia di cui è affetta la giovane adolescente.
La sindrome di Turner, che solo conoscendo di che si tratta, si coglie appieno il dramma che affligge la povera ragazza.

«La sindrome di Turner, nota anche come sindrome di Ullrich-Turner, monosomia X o 45,X, è una sindrome legata ad un'anomalia citogenetica e una disgenesia gonadica, in cui in una donna è assente, in parte o del tutto, un cromosoma X.
I segni e i sintomi variano tra le persone colpite; i più comuni sono un collo corto e con pterigio, attaccatura delle orecchie bassa, bassa attaccatura dei capelli nella parte posteriore del collo, bassa statura e mani e piedi gonfi, sono visti fin dalla nascita.

In genere le donne con la sindrome non hanno il ciclo mestruale, non sviluppano le mammelle e non sono in grado di avere figli. Frequentemente si verificano difetti cardiaci, il diabete e una bassa produzione di ormoni tiroidei (ipotiroidismo). La maggior parte delle persone affette dalla condizione ha un quoziente di intelligenza normale; molti, tuttavia, presentano deficit per la visualizzazione spaziale, necessaria per l'applicazione della matematica. Problemi di vista e di udito si verificano più frequentemente.

Non è nota nessuna cura per la sindrome di Turner. Un corretto trattamento, tuttavia, può aiutare a gestire i sintomi. Iniezioni dell'ormone della crescita durante l'infanzia, possono aumentarne l'altezza una volta divenuti adulti. La terapia estrogenica sostitutiva può permettere lo sviluppo delle mammelle e dei fianchi. L'assistenza medica è spesso necessaria per gestire altri problemi di salute con i quali la sindrome è correlata

La sindrome di Turner si verifica in un caso tra le 2000 e le 5000 femmine nate.
Questo dato si verifica con la stessa frequenza circa in tutte le regioni del mondo e in tutte le culture. Le donne con la sindrome di Turner hanno un'aspettativa di vita più breve, per lo più a causa dei problemi al cuore e del diabete.»

Leggere di cosa si tratta mi ha raggelato, è un dramma tale da mozzare il fiato.
Nel tuo racconto è commovente la figura di questa ragazzina cosciente del male che l'ha colpita e da sempre abituata a frequenti visite terapiche.
Sei riuscita a darne un ritratto interiore molto toccante nelle sue ingenuità, così realistiche e fedeli alle emozioni della sua giovane età.

Un racconto molto riuscito e piacevole da leggere, complimenti e un saluto.

Re: [Lab3] Signorina

9
Ciao @ScimmiaRossa devo ringraziare @Nightafter per aver pubblicato la parte scientifica  della malattia della tua protagonista.
Ti chiedo scusa per non aver approfondito prima questa tematica alla luce della quale il tuo testo e anche il “diventare signorina” acquista tutta un’altra luce che fa risplendere il tuo racconto ancora di più. Sono proprio una “capra”. Perdonami. 🙏🌼🌷

Re: [Lab3] Signorina

10
Un racconto molto vivido e ben descritto, davvero molto godibile e piacevole da leggere

Se posso esserti sincero, oltre che sullo "show" avrei calcato un poco la mano anche sul tema del cambiamento, che mi pare rimanga un poco in sordina fino alla fine: all'inizio pensavo che il grande mutamento fosse il nuovo dottore, solo dopo ho realizzato che fosse l'arrivo del ciclo e cosa questo significasse per la protagonista, vista la malattia che ha. Avrei calcato un poco la mano su questo, su cosa sente e come la ragazza si relaziona con la sindrome e con questa esperienza nuova, che mi sembra di aver capito essere un segno che la cura sta procedendo bene

Il mostrato è filtrato benissimo dagli occhi della protagonista, scrivendo direttamente al lettore cosa vede e come lo vede, complimenti; anche le reazioni della ragazza e del medico sono sia realistiche che ben descritte

Un gran bel racconto, nulla da dire

Re: [Lab3] Signorina

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Ciao @ScimmiaRossa, un racconto toccante. Sei riuscita a emozionare senza cadere nel patetico e, visto il tema della malattia e l'età giovane della protagonista, non era per nulla scontato.

Riesci a comunicare le impressioni, le sensazioni e sentimenti di una ragazzina senza dirli espressamente ma mostrandoli.

La sala d'attesa è descritta in maniera realistica, chiunque ne ha frequentate riconosce quello che racconti. Si capisce che la protagonista (che non si sa ancora che è una giovanissima ragazza) è abituata a frequentare questi luoghi e subito ci si sintonizza con lei, nasce subito l'empatia.
Trasmetti molto bene la freddezza del luogo asettico, formale, l'infermiera che è gentile ma distante.

Commuovente il moto di pudore che ha la ragazzina quando entra il nuovo dottore.
Dal dialogo tra la protagonista e il dottore si capisce che è si giovane, ma, come tutte le persone che fin da giovani hanno dovuto affrontare una malattia, è anche matura per la sua età.

Sei stata capace di comunicare la malattia di questa giovane grazie ai dialoghi. Senza approfondire troppo, ma facendo capire che comunque è una malattia importante, che non può non averla segnata.
Sei stata brava a non indugiare troppo nella descrizione della malattia, in questo modo il racconto rimane scorrevole.

La chiusa sulla sega circolare io l'ho apprezzata parecchio, perché contrasta con la dolcezza di questa ragazzina. Lei finora è rimasta a sopportare questa malattia che le ha cambiato la vita, fino a quel momento si sarà sentita diversa dalle sue coetanee, avrà dovuto affrontare delle esperienze diverse. Ora ha il carattere per svoltare. Non si piange addosso, ma affronta la vita che ha davanti a sé con grinta.

Ottimo lavoro, hai saputo caratterizzare bene la figura di questa giovane, il lettore partecipa alla sua svolta.

Re: [Lab3] Signorina

13
ScimmiaRossa ha scritto: Poggio il maglione sul lettino e salgo sulla la scaletta.
Refuso

Lo stile è scorrevole, i personaggi sono veri e credibili. Non ho trovato sbavature, a parte a volte che i caporali per i dialoghi diventano virgolette. Mi è un po' mancato il punto del racconto, però. È un episodio interessante, ma non mi è chiaro il movimento dei personaggi o perché questa vicenda ci venga raccontata in un racconto autoconclusivo. Alla fine ne emerge l'importanza:
ScimmiaRossa ha scritto: «Devo tagliare a pezzi il busto. Tanto l'ortopedico ha detto che non lo devo più portare, adesso che sono diventata signorina».
ma prima del finale mi sembra solo una normale visita medica, narrata molto bene
A presto!

Re: [Lab3] Signorina

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Racconto ben riuscito e toccante.
Il medico mi é stato davvero antipatico: superficiale e gretto soprattutto nella sua manata finale.
Non conoscevo questa sindrome, e dopo aver letto il post di Nightafter mi sono appena resa conto della gravitá di questa malattia.
Alla luce di questo devo dire che mi sarei immaginata un maggiore sollievo all'idea di non portare piú il busto. È vero che quando si fa dentro e fuori dagli ospedali magari nemmeno si realizza subito la portata di quello che succede, peró in qualche modo l'avrei sottolineato di piú, soprattutto rispetto a tutto il lavorio mentale precedente della ragazza.

Re: [Lab3] Signorina

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Ciao ragazzuoli. 
Stasera non si dorme 🙄 e, come promesso, ora che i giochi sono fatti mi prendo un po' di tempo per rispondere bene a tutti i vostri commenti. 
Innanzitutto vi ringrazio per aver apprezzato così tanto il mio racconto e devo dirvi che, data la difficoltà del tema e la qualità di scrittura davvero alta che avete dimostrato tutti quanti in questo Lab, sono più che contenta di non aver "sfigurato". 

Faccio una premessa: questo non è affatto un racconto di fantasia. L'unica parte inventata è la conclusione, la scena della ragazza che, scherzando, chiede al padre una sega circolare per fare a pezzi il busto. Tutto il resto è un ricordo di gioventù che risale a tanti anni fa. Non c'è nulla di inventato. 
Non so quanti di voi lo avessero capito leggendo il mio racconto. Di sicuro vi siete accorti, in qualche modo, dello scarto che c'è tra il finale, inventato, e il resto del racconto e credo sia per questo che ad alcuni non ha convinto quel finale. Ci sta, avete ragione.
ivalibri ha scritto: Mi è piaciuto il modo in cui hai introdotto il tema del cambiamento del corpo, con l'arrivo delle mestruazioni, un evento che per quanto fisiologico segna comunque come uno spartiacque nella vita di una ragazzina.
Ti ringrazio dei complimenti, ti faccio solo un appunto: in questo caso l'arrivo delle mestruazioni non è un evento fisiologico, ma indotto tramite una terapia ormonale specifica decisa dai medici in base ai fattori di crescita della ragazza. Insomma: se nasci con quella patologia è il tuo endocrinologo a decidere quale sia il momento adatto per farti venire le mestruazioni. (Oddio, nel mio caso quando chiesi se potevo iniziare ad assumere gli estrogeni due endocrinologhe che non si sopportavano tra di loro, litigarono di brutto perché una era d'accordo e l'altra diceva che era troppo presto.  Alla fine dovette intervenire il primario a mettere pace, ma questa è un'altra storia...🙄) Comunque, questo mutamento non fisiologico ma deciso da altri, insieme al fatto di togliere il busto, è il centro del del mio racconto.
ivalibri ha scritto: Non ho capito lbene la frase in dialetto (a proposito che dialetto è?)
Dialetto romagnolo. La frase dire "ci chiameranno pure anche a noi, prima o poi". Non era una frase così fondamentale ma hai ragione, avrei dovuto renderla più compensibile.
ivalibri ha scritto: Il menarca mi pare un termine un po' troppo tecnico per una ragazza di diciassette anni. Io le farei dire le prime mestruazioni. Anche perché dopo il suo modo di esprimersi è piuttosto titubante (usa l'espressione "tipo", perfetta per la sua età).
Il tuo discorso ha perfettamente senso per una "normale" ragazzina di 17 anni. Non per chi ha fatto "dentro e fuori" dagli ospedali fin da piccolo.
Io a quell'età conoscevo questo termine, insieme a tantissimi altri termini medici, già da molti anni. Quando si ha a che fare con i medici così spesso, si impara il loro linguaggio semplicemente a forza di sentirlo.
Infatti ero talmente abituata a sentirmi chiedere se avessi già avuto il menarca o meno, dato che era una domanda che mi facevano sempre, ad ogni visita di controllo; che quando mi sono trovata  davanti un nuovo ortopedico, diverso da quello scorbutico a cui ero abituata e che ha usato un termine non medico, subito non l'ho capito e poi quando l'ho capito l'ho trovato talmente inappropriato che mi sono messa a ridere. Sul serio. E mi sono chiesta "ma se avesse usato subito la parola menarca, senza girarci attorno, non avremmo evitato tutti 'sti malintesi?"
Però, per tutto il resto, chiaramente parlavo come tutte le ragazzine di quell'età...
Poeta Zaza ha scritto: Con la legge sulla privacy, sui dati personali, sono quasi vent'anni che veniamo chiamati coi numeri, negli ambienti medici.
Vero. Infatti è un ricordo che risale a  circa 20 anni fa e allora funzionava ancora così. :) . PS: prova a stare seduta per mezz'ora su quelle sedie: vedi che comincia a farti male l'osso sacro a qualunque età 😅
Raven ha scritto: Ciò che non mi torna è che sembra che il dottore non si accorga affatto che la ragazza soffre di una sindrome, mentre a quanto leggo (non conoscevo la sindrome, ma dopo aver letto il racconto ho fatto una ricerca), dovrebbero esserci tratti distintivi tali da fargli capire che la ragazza ha qualche problema legato alla crescita. Mi aspetterei quindi che il medico approcciasse la questione in modo diverso, chiedendole ad esempio se soffra di qualche patologia.
No cara Raven, ti assicuro che non se ne accorgono mai (per fortuna non ce l'ho scritto in faccia...) A meno che non siano proprio endocrinologi specializzati in quel tipo di patologia. A tutti gli altri medici lo devo comunicare io, altrimenti non lo saprebbero, ma è normale che sia così... Tanti medici nemmeno li vedono mai pazienti di questo tipo. Meno normale è che, anche dopo che glielo dissi, sto medico non ne fosse convinto. Infatti ci rimasi male solo quando chiese conferma a mio padre, quello sì. Che poi, bastava che si degnasse di guardare la cartella clinica....🙄
Almissima ha scritto: Alla luce di questo devo dire che mi sarei immaginata un maggiore sollievo all'idea di non portare piú il busto. È vero che quando si fa dentro e fuori dagli ospedali magari nemmeno si realizza subito la portata di quello che succede, peró in qualche modo l'avrei sottolineato di piú, soprattutto rispetto a tutto il lavorio mentale precedente della ragazza.
Boh sì...capisco che questo finale inventato non mi sia riuscito proprio benissimo. Però boh... ad essere sincera ero contenta quanto ho tolto il busto ortopedico sì...ma non da farci chissà quali salti di gioia. Sarà che lo portavo da talmente tanto tempo che ormai per me era naturale, manco mi accorgevo di averlo. Anzi...il mio cervello ci ha messo alcuni mesi per abituarsi all'idea di non indossarlo più. Nel senso che i primi mesi, la mattina, nel dormiveglia prima di svegliarmi sentivo addosso il peso del busto, la sensazione fisica di indossarlo  (sensazione non spiacevole eh!)  anche se non lo indossavo più. Tipo come succede per gli arti fantasma, anche se chiaramente in misura minore e meno traumatica. Giusto per dirti che come cambiamento non è che sia stato poi così epocale 😅
Mina ha scritto: ma prima del finale mi sembra solo una normale visita medica, narrata molto bene
Infatti lo è. È solo un normale ricordo di vita nulla di straordinario. Ed è un po' la sua pecca, è vero, hai ragione. Mi sono chiesta infatti se raccontarlo o no, perché non è che ci fosse tutta sta gran storia eccezionale. Però poi mi sono detta che per un Lab come questo, un racconto breve incentrato sullo show don't tell, poteva essere la storia adatta. 

Grazie mille anche a tutti gli altri che hanno commentato, e un grazie particolare a @Nightafter Che si è preso la briga di postare tutta la pappardella scientifica in merito. 

Re: [Lab3] Signorina

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@ScimmiaRossa 
Non l'avevo capito quando ho letto il racconto, ma l'ho intuito quando hai scritto che avresti risposto ai commenti dopo le votazioni :)
Continuo a trovare assurdo che un un medico non si informi un minimo sull'anamnesi del suo paziente (come dici tu esiste una cartella clinica) ma in effetti non mi stupisce nemmeno… la realtà supera sempre la fantasia!
Bellissimo racconto comunque, infatti l'ho votato ;)
Spero di leggerti ancora
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