[LMI171] La bellezza di scrivere

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Traccia di mezzogiorno: La scoperta della bellezza.

[LMI171] La bellezza di scrivere
Se rifletti la bellezza, le appartieni:
ne fai parte, come una pennellata a un quadro.

Riverito padre,

voi mi insegnate da sempre che la vita non basta assaggiarla: occorre morderla, masticarla e cercare di smaltirla. Farla avventura: realtà romanzesca. Che gli eroi in partenza possono essere svantaggiati, come il vostro D’Artagnan o Edmond Dantes. Che ogni genere di handicap si supera con la tenacia e la forza di carattere. Con la tempra della mente e del corpo, con il rivolgersi ad alti ideali, a Dio o alla spietata vendetta… anche dopo aver sperimentato gli abissi e le fogne, ed esserne riemerso con virtuali o meno ossa ammaccate e pelle sporca.
Voi avete bisogno di eccessi di vita per alimentare questo enorme focolaio di vita letteraria, come dice la vostra amica giornalista? Secondo me, è il contrario: voi create a raffica questi personaggi perché avete vissuto a raffica.
Rivalsa sociale e esistenziale, la vostra.
Come scrive il letterato italiano Giacomo Leopardi: "Nessuno diventa uomo innanzi di aver fatto una grande esperienza di sé, o per un grande bisogno, o per un infortunio o un dolore grande, o a causa di un amor grande e appassionato, l'uomo conosce  ab esperto la natura delle passioni, poiché una di loro che arda infiamma tutte l'altre."
Sulla falsariga, e viceversa, scrivo io, quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali.

Sapete... Ho perso la mia Marie, morta di tisi dopo che io l’avevo colpevolmente abbandonata.
Soffro come un cane senza padrone da un anno, e nessuno dei piaceri della vita a cui mi avete iniziato me lo attenua. E ogni notte mi ottunde con le pieghe delle sue tenebre da penetrare a occhi chiusi. Anzi, soffrivo.
Prima.
Adesso c’è una cosa che sì, lenisce il mio dolore, lo sublima, ne fa bellezza.
Non è neanche un mese che scrivo, a getto continuo, di questo mio perduto amore, ed è mia benefica catarsi questo scrivere incessante e sgorgante di continuo, perpendicolare al foglio, col calamaio che reclama inchiostro, che poi verga con la penna, quasi di sua sponte. Sono felice padrone e schiavo di scrivere, mentre i miei personaggi vivono la vita che mi spingono a fargli interpretare. Il contenuto di questa storia prende le mosse dalla mia: questa  Mauguerite Gautier la trasfigura e me la rende una creatura immortale, con la sua bellezza dalle camelie bianche, che alla fine mostrerà solo per il suo Armand Duval.
Eppure lei è una cortigiana, ma è anche una che serba in sé fierezza e indipendenza, due sentimenti che, feriti, sono in grado di fare quello che fa il pudore.

So a chi devo questa bellezza, che trascende pure il male di un passato di abbandono che mi ha segnato, e favole di buonanotte perdute come il vostro Schiaccianoci: a voi, padre mio, perché l’inchiostro prestigioso e inarrestabile me l'avete trasmesso voi, misto al sangue che mi scorre nelle vene.
Come le mani e l’occhio dello scultore capace sanno scavare la pietra e tirarne fuori l’opera nascosta. Che sembra gridare, da dentro all’involucro che la copre: Liberami!
Come lo scultore capace sa le sembianze della statua che cerca, le sue fattezze, e non sbaglia nello scartare i frammenti che la coprono nelle sue minute schegge circostanti. E scavando, sbozzando, sagomando, la raggiunge e la estrae, liberandola dalla sua prigione. 
Questo sto facendo io con la mia storia, nata dal prodotto delle mie esperienze, che sto creando impetuosamente: ce l‘avevo in me, già scritta e immemore, e il dolore l‘ha fatta uscire, mentre la nemesi tramuta la sofferenza in frammenti di buio minutissimi e trasparenti che non scorgo più.
Esce, la mia opera, con maestoso, teatrale incedere, puro e intenso, nello sfondo di vizi e di degrado, e solo adesso riconosco quello che mi salva e conforta: la bellezza di scrivere.

Il vostro rispettoso figlio
Alexandre

Parigi, 1848.
Precisazione
Il sottolineato concerne frasi originali di Alexandre Dumas - figlio.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Ciao @Poeta Zaza   Nel tuo racconto hai centrato la traccia e il PoV è sempre rispettato.
Corto, e davvero credo che avresti potuto osare di più, ma comunque un bel pezzo. Una lettera, credo del tutto immaginaria, così densa di atmosfera d'altri tempi che mi ha piacevolmente colpito. Il registro lessicale è ottimo, dovresti scirvere racconti storici, magari ispirati alla vita di Leopardi, so che tu lo ami molto. Il genere storico, con una vena romance, ferebbe sicuramente per te.
Grazie per la bella lettura Mariangela, alla prossima. 

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Alba359 ha scritto: Una lettera, credo del tutto immaginaria, così densa di atmosfera d'altri tempi che mi ha piacevolmente colpito. 
Il giovane Dumas sta scrivendo a raffica, quasi una scrittura automatica, un romanzo tratto da un episodio ancora fresco nel dolore della sua vita. È la catarsi,  l’elaborazione di un lutto. Di più, è la scoperta della bellezza di scrivere, che trae dal sangue che gli scorre nelle vene, quello del padre. È una scoperta importante: per questo gli scrive, per condividerla. -

Ho svolto delle ricerche sui rapporti, a volte burrascosi (comunque, il figlio fu riconosciuto solo a sei anni) tra i due Dumas. 
Mi premeva dare un senso di verosimiglianza alla lettera. Ti ringrazio per il riscontro positivo, cara @Alba359:)
Alba359 ha scritto: mar lug 05, 2022 8:45 pmIl registro lessicale è ottimo, dovresti scrivere racconti storici, magari ispirati alla vita di Leopardi, so che tu lo ami molto. Il genere storico, con una vena romance, farebbe sicuramente per te.
Grazie, ma non credo di esserne all'altezza. Ti ricordi i Racconti nel tempo dell'anno scorso? Per farli bene, ci vuole un lavoro importante e lungo, che non credo di avere tempo e voglia di fare. Per piccoli flash, magari sì. Ti ricordi l'intervista in treno al Leopardi?
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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@Poeta Zaza 
Che bella lettera appassionata!
L'ho divorata, scorrevolissima mi é scesa fin nel cuore, che per quanto rifugga il dolore, sa che é la via breve per la crescita.
L'unica cosa é stata la parola "handicap" che in tutta quell'armonia mi ha davvero artigliato l'occhio, non che io sia in grado di proporti un sinonimo adeguato, però se tu ne trovassi uno, sarebbe davvero perfetto.
Grazie per questo meraviglioso viaggio nel tempo.

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Ciao @Poeta Zaza 
Mi è piaciuta questa lettera di Dumas figlio che parla al padre dei suoi leggendari eroi letterari quasi come se fossero persone reali, conosciute, anzi, penso che per loro in un certo senso lo erano davvero, come lo sono sempre stati nelle generazioni dei lettori.
Questo punto
Poeta Zaza ha scritto: dopo aver sperimentato gli abissi e le fogne, ed esserne riemerso con virtuali o meno ossa ammaccate e pelle sporca.
il termine “virtuali” non mi convince molto. Certo il termine doveva essere in uso anche ai tempi di Dumas, contestualizzato diversamente, ma oggi suona troppo vincolato alle famose realtà virtuali tecnologiche. Si potrebbe usare un altro termine, più ammantato all’epoca.
Poeta Zaza ha scritto: Rivalsa sociale e esistenziale, la vostra.
sociale ed esistenziale
Poeta Zaza ha scritto: Come lo scultore capace sa le sembianze della statua che cerca,
Come lo scultore capace conosce le sembianze della statua che cerca,
Suggestivo e appropriato il riferimento leopardiano alle esperienze della vita che determinano la strada della consapevolezza circa il proprio divenire uomini. Commovente che Dumas figlio ammetta che dopo la morte di Marie abbia perso interesse alla vita e lo abbia ritrovato grazie alla scrittura, alla creazione di personaggi a imitazione del padre che ringrazia per avergli trasmesso questa facoltà e qui scopre la bellezza della scrittura.
Un piccolo spaccato storico che ho apprezzato molto, io amo la storia, e ti do ragione sul fatto che addentrarsi su narrazioni a sfondo storico comporta un notevole impegno di ricerca.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Poeta Zaza ha scritto: Che gli eroi in partenza possono essere svantaggiati penalizzati, come il vostro D’Artagnan o Edmond Dantes. Che ogni genere di handicap svantaggio
Hai ragione, @Almissima. Meglio "svantaggio", cambiando con "penalizzati" il termine precedente.
Almissima ha scritto: @Poeta Zaza 
L'unica cosa é stata la parola "handicap" che in tutta quell'armonia mi ha davvero artigliato l'occhio, non che io sia in grado di proporti un sinonimo adeguato, però se tu ne trovassi uno, sarebbe davvero perfetto.
Almissima ha scritto: @Poeta Zaza 
Che bella lettera appassionata!
L'ho divorata, scorrevolissima mi é scesa fin nel cuore, che per quanto rifugga il dolore, sa che é la via breve per la crescita.
Grazie per questo meraviglioso viaggio nel tempo.
Grazie, cara!  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Alberto Tosciri ha scritto:
Ciao @Poeta Zaza 
Mi è piaciuta questa lettera di Dumas figlio che parla al padre dei suoi leggendari eroi letterari quasi come se fossero persone reali, conosciute, anzi, penso che per loro in un certo senso lo erano davvero, come lo sono sempre stati nelle generazioni dei lettori.
Questo punto
il termine “virtuali” non mi convince molto. Certo il termine doveva essere in uso anche ai tempi di Dumas, contestualizzato diversamente, ma oggi suona troppo vincolato alle famose realtà virtuali tecnologiche. Si potrebbe usare un altro termine, più ammantato all’epoca.
sociale ed esistenziale
Come lo scultore capace conosce le sembianze della statua che cerca,
Suggestivo e appropriato il riferimento leopardiano alle esperienze della vita che determinano la strada della consapevolezza circa il proprio divenire uomini. Commovente che Dumas figlio ammetta che dopo la morte di Marie abbia perso interesse alla vita e lo abbia ritrovato grazie alla scrittura, alla creazione di personaggi a imitazione del padre che ringrazia per avergli trasmesso questa facoltà e qui scopre la bellezza della scrittura.
Un piccolo spaccato storico che ho apprezzato molto, io amo la storia, e ti do ragione sul fatto che addentrarsi su narrazioni a sfondo storico comporta un notevole impegno di ricerca.
Condivido e ti ringrazio per le tue puntuali e giuste osservazioni. Grazie per l'approvazione.  :) @Alberto Tosciri 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Cara @Poeta Zaza
Purtroppo il mio commento non sarà favorevole come quelli che mi hanno preceduto. Forse tendo ad essere eccessivamente critico, ma lo faccio con spirito sincero perché penso che tutti possiamo migliorarci.

In primo luogo hai cercato di rendere in forma epistolare il tema proposto, e già questo era in contraddizione con la boa indicata da @Anglares. Ti è costato un punto di penalità, ma non è quello l'importante. Visto che la contraddizione era palese, perché ostinarsi a procedere per questa strada?
Comunque, non importa. Vediamo il racconto per quello che è.
Per prima cosa direi che è una lettera e non un racconto. La forma epistolare può essere utile in narrativa se inserita in un contesto più ampio, per l'appunto all'interno di una trama, magari come elemento di chiarificazione. Persino nelle raccolte epistolari come nel Werther o nello Iacopo Ortis è il succedersi degli eventi a creare la trama complessiva. Una singola lettera rimane tale, una voce isolata e nulla di più.
Dovendo necessariamente ambientare il tuo scritto in un clima ottocentesco hai dovuto usare un linguaggio particolarmente involuto; ci può stare, ma poi cadi in certi inciampi, alcuni dei quali ti sono già stati fatti notare.
Poeta Zaza ha scritto: Voi avete bisogno di eccessi di vita per alimentare questo enorme focolaio di vita letteraria, come dice la vostra amica giornalista? Secondo me, è il contrario: voi create a raffica questi personaggi perché avete vissuto a raffica.
Questo passaggio lo trovo particolarmente stonato e poco consono al linguaggio dell'epoca. L'espressione "a raffica" la immagino più adatta a un adolescente moderno, anche perché si riferisce alla raffica di una mitragliatrice per intendere qualcosa che avviene in rapida successione, e le armi automatiche sono successive.
Poeta Zaza ha scritto: Sulla falsariga, e viceversa, scrivo io, quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali.
Qui non capisco il senso di sottolineare la frase, anzi, trovo la cosa particolarmente molesta anche se nello spoiler specifichi che sono le frasi originali (sarebbe stato più corretto un asterisco con nota a piè di pagina). La sottolineatura è come se chi scrive volesse a tutti i costi costringere il lettore a soffermarsi su quella frase. Se la frase ha valore e da senso, sarà il lettore a notarla, se così non fosse vuol dire che abbiamo un problema nel comunicare al lettore quello che vogliamo, ma la sottolineatura non sarà la soluzione. A volte, da lettore, mi capita di sottolineare alcune frasi significative, ma sono io che le scelgo, non chi le ha scritte.
Comunque, non so da dove hai tratto quelle frasi, ma se il Dumas originale le aveva scritte perché non lasciarle a lui invece di inventarsi per forza una brutta copia di qualcosa che già esiste?

E ora vediamo di capire quale scoperta della bellezza abbia fatto quel bell'imbusto di Alexandre Duma figlio (per lo meno quello che tu descrivi, sull'originale non mi esprimo)
Poeta Zaza ha scritto: Sapete... Ho perso la mia Marie, morta di tisi dopo che io l’avevo colpevolmente abbandonata.
Soffro come un cane senza padrone da un anno, e nessuno dei piaceri della vita a cui mi avete iniziato me lo attenua. E ogni notte mi ottunde con le pieghe delle sue tenebre da penetrare a occhi chiusi. Anzi, soffrivo.
Prima.
Cioè, Marie è morta di tisi dopo che lui l'ha mollata e lui, lungi dall'avere la minima compassione per la defunta, si preoccupa del fatto che i suoi sensi di colpa gli tolgono il piacere della vita. Così scrive La signora delle camelie per sciacquarsi la coscienza e non pensarci più.
Bravo.
Peccato che la mia idea di bellezza sia molto differente.

Devi scusarmi, saranno gli anni che a volte mi rendono un po' acido, ma non posso fare a meno di dire quello che penso.
Hai avuto altri riscontri molto positivi, sicuramente da chi ha una sensibilità diversa dalla mia. Che ci vuoi fare, non si può piacere a tutti. Concedimi però che se mi sono fermato a scriverti invece di passare oltre guardando il tuo testo con sufficienza, qualcosa vorrà pur dire. A te le conclusioni.

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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Poldo ha scritto: In primo luogo hai cercato di rendere in forma epistolare il tema proposto, e già questo era in contraddizione con la boa indicata da @Anglares. Ti è costato un punto di penalità, ma non è quello l'importante. Visto che la contraddizione era palese, perché ostinarsi a procedere per questa strada?
Perdonami, @Poldo ma non ne capisco la contraddizione, né il perseverare, con la scelta della forma epistolare.
Tra l'altro, nel WD, l'ho vista usare per qualche racconto, del MI, beninteso, senza che fosse mai stigmatizzata.
Perché mai dovrebbe andare contro la boa il parlare, per lettera, di un evento che sta succedendo al firmatario in diretta, al presente, e che lui vuole condividere con la persona che glielo ha ispirato?

Qui ho già cercato di esprimere il concetto:
Poeta Zaza ha scritto: Il giovane Dumas sta scrivendo a raffica, quasi una scrittura automatica, un romanzo tratto da un episodio ancora fresco nel dolore della sua vita. È la catarsi,  l’elaborazione di un lutto. Di più, è la scoperta della bellezza di scrivere, che trae dal sangue che gli scorre nelle vene, quello del padre. È una scoperta importante: per questo gli scrive, per condividerla. -
Poldo ha scritto: ven lug 08, 2022 12:28 amComunque, non so da dove hai tratto quelle frasi, ma se il Dumas originale le aveva scritte perché non lasciarle a lui invece di inventarsi per forza una brutta copia di qualcosa che già esiste?
Non capisco la tua obiezione: la mia lettera è un'invenzione cui ho cercato, con le ricerche fatte, di dare verosimiglianza storica (e mi è sfuggita la raffica e altro, d'accordo, e grazie di avermelo fatto notare) ma nel fare l'inserimento di frasi vere di Alexandre Dumas - figlio (se vuoi ti manderò le fonti, non ho problemi), che cosa ho fatto di male? Non capisco: io credevo di avere dato un valore aggiunto alla mia lettera...

Già che ci sono, credevo di avere fatto tutta la narrazione al presente, toccando solo l'epoca dell'abbandono del padre in funzione del nuovo rapporto
alla pari attuale dei due. Il figlio scopre solo ora, dopo un grande dolore, la bellezza di scrivere. C'è "un prima e un dopo" come mi diceva @Anglares  nelle spiegazioni che chiedevo sula traccia. E Dumas figlio non era la prima volta che scriveva...
Poldo ha scritto: ven lug 08, 2022 12:28 amCioè, Marie è morta di tisi dopo che lui l'ha mollata e lui, lungi dall'avere la minima compassione per la defunta, si preoccupa del fatto che i suoi sensi di colpa gli tolgono il piacere della vita. Così scrive La signora delle camelie per sciacquarsi la coscienza e non pensarci più.
Bravo.
Peccato che la mia idea di bellezza sia molto differente.
Caro @Poldo , immagina una scala della bellezza, in cui ogni creatura sia a uno scalino diverso e che per lei quello che raggiunge sia il massimo:
chi giunga al quinto gradino o al centesimo crederà di vederne l'apoteosi.
Così, indipendentemente dal lato umano e morale del soggetto, che peraltro non spetta a noi valutare, il concetto della bellezza dello scrivere, nel mio racconto epistolare, la vedo scoperta nel momento in cui Dumas figlio verga, in pochissimo tempo, a valanga inarrestabile, all'età di 24 anni, il suo capolavoro: La signora delle camelie. Che lo travolge mentre gli fa scoprire la bellezza dello scrivere, nel momento in cui ne fa catarsi, sublimazione del suo dolore.

 
Poldo ha scritto: ven lug 08, 2022 12:28 amConcedimi però che se mi sono fermato a scriverti invece di passare oltre guardando il tuo testo con sufficienza, qualcosa vorrà pur dire. A te le conclusioni.
Ti assicuro che sono onorata del tuo passaggio e che faccio tesoro di alcune delle tue annotazioni. :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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@Poeta Zaza ciao. Eccomi a te! :hug:

Mi sono ritagliato un momento di calma per guardare in profondità nel tuo testo. Anche perché mi serve per regolarizzare l'onere del commento.
Mi sento, prima di tutto, nella necessità di esternare, a te e a tutti gli amici, questo pensiero. Niente di personalmente rivolto a te, ma alla attenzione di tutti. La questione è il rispetto della traccia e della boa. Ripeto, Mariangela, niente di personale. Io credo che la traccia e le boe abbiano uno scopo didattico. Spesso, queste, sono semplici da rispettare e superare. Queste indicazioni ci obbligano a impostare il nostro lavoro, a dargli un indirizzo, un risultato. Lo scrittore è anche uno che deve sapere costruire partendo da una indicazione, una idea, un suggerimento. Appunto, una traccia, una boa.
Se noi, in questo lavoro, scansassimo queste indicazioni, mai impareremmo a fuorviare trame, personaggi, lo spazio tempo. A prendere il racconto come un bue per le corna. Ben vengano quindi le tracce e le boe. Con queste si impara molto. :)

Fatta questa premessa, vengo al tuo lavoro.
Poeta Zaza ha scritto: Riverito padre,

voi mi insegnate da sempre che la vita non basta assaggiarla: occorre morderla, masticarla e cercare di smaltirla. Farla avventura: realtà romanzesca. Che gli eroi in partenza possono essere svantaggiati, come il vostro D’Artagnan o Edmond Dantes. Che ogni genere di handicap si supera con la tenacia e la forza di carattere. 
Poeta Zaza ha scritto: sono felice padrone e schiavo di scrivere, mentre i miei personaggi vivono la vita che mi spingono a fargli interpretare. Il contenuto di questa storia prende le mosse dalla mia: questa  Mauguerite Gautier la trasfigura 
Ti ho segnato questi due passi che dicono tutto. Nel momento che il giovane Dumas scrive al padre già si è compiuto tutto quel percorso narrativo che doveva essere sviluppato pian piano. Il giovane ha già maturato l'idea di bellezza senza che niente si sappia del fatto di partenza: ossia, cosa ne pensava prima dello scrivere? Questa lettera è un atto di fede alla scrittura e un riconoscimento, un tributo al padre. Non vi è traccia dello stato antecedente a questa lettera. Ecco perché non è bastato usare il presente. Perché manca del tutto l'azione. Non si sente una mosca volare e fendere l'aria. Il rumore stridulo e fastidioso del pennino che gratta la carta. Il tuo diviene un racconto intimista privo di movimento. Eppure stai parlando di due autori che della azione era il loro pane. Hai citato i Tre moschettieri, il Conte di Montecristo. I tuoi protagonisti sono maestri del racconto d'avventura, ma di questa, non se ne vede traccia. Credo che ti sia lasciata ammaliare dall'idea che con questa lettera avresti potuto manifestare tanta bellezza e tanto amore. Ma non è bastata. Secondo me, avresti dovuto cambiare percorso narrativo e se tanto ti piaceva questa lettera potevi inserirla ugualmente o trasformarlo in un dialogo nel finale. Ma comunque partendo con il movimento giusto e un po d'azione. Non sono in grado di sapere se non hai pensato a soluzioni diverse per rendere il racconto a presa diretta, con l'azione che va di pari passo agli eventi. Secondo me potevi utilizzare la tua idea in questo modo. Magari iniziando la storia mentre il giovane, all'interno di una carrozza, compie il viaggio per andare dal padre morente. Il viaggio è azione. Cavalli al galoppo su panorami da descrivere. All'interno di essa ti permette di far pensare, o parlare, il  protagonista. Farlo esprimere sui sentimenti difficili che ha col padre, magari insinuando il lui, una sorta di scontro parentale e professionale. Il giovane Dumas che ha una sorta di ostilità verso la scrittura e il mondo che circonda il padre. Poi, in questo ritrovarsi di fronte al padre morente, poteva avvenire questo ribaltamento dei sentimenti e la pacificazione interiore del giovane Dumas, sino ad arrivare alla consapevolezza che in fin dei conti, anche lui, senza sapere, ama la scrittura. Un finale degno? Il figlio arrivato in tempo gli esterna il suo amore e la sua scoperta della bellezza di scrivere. Magari il padre gli avrebbe lasciato le bozze per scrivere la signora delle Camelie. Un finale fuori dalla realtà ci poteva stare. :P

Questa è solo una mia idea, ma tu ne potevi trovare una tua, certo che sarebbe stata ottima. Ho solo voluto farti notare della mancanza di azione in un racconto dove questa doveva imperare. Spero di non essere stato invadente ma viceversa costruttivo. Ciao Mariangela.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

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bestseller2020 ha scritto: Nel momento che il giovane Dumas scrive al padre già si è compiuto tutto quel percorso narrativo che doveva essere sviluppato pian piano. Il giovane ha già maturato l'idea di bellezza senza che niente si sappia del fatto di partenza: ossia, cosa ne pensava prima dello scrivere? Questa lettera è un atto di fede alla scrittura e un riconoscimento, un tributo al padre. Non vi è traccia dello stato antecedente a questa lettera. Ecco perché non è bastato usare il presente. Perché manca del tutto l'azione.
@Poldo  ha cominciato a minare le mie certezze e tu hai acceso la miccia. @bestseller2020    :esplosione:


Grazie!  :(  (  :D  )
Di sabbia e catrame è la vita:
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@Poeta Zaza
Permettimi di utilizzare questo spazio per fare i miei complimenti a @bestseller2020 che ha commentato il tuo racconto in modo ineccepibile, chiarendo meglio di quanto abbia fatto io il senso delle critiche che avevo rivolto al tuo testo.
Ciò che mi sta più a cuore è vedere quella collaborazione tra di noi che possa aiutarci a migliorare, perché la strada è ancora lunga per tutti.
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