[MI170 - Testo successivo all'editing] Hansel & Gretel

1
Link al Racconto originale

Testo dopo editing con @Alessandra Trinci 


In un torrido mezzodì estivo, il signor Ennio caracollava con il suo vecchio trattore, su e giù per le colline dell’entroterra.
Aveva aperto i finestrini e l’aria entrava calda. Riarsa di vento.
Avanzava con un gomito fuori e uno stecchino tra i denti, godendosi la pace di quel paesaggio.
Il sole era un gigantesco buco incandescente nel cielo perfettamente blu. Si stagliava sui declivi rossastri d’erba secca a perdita d’occhio, con la sola eccezione della strada bianca su cui lui procedeva placidamente.
Il trattore aveva almeno tre decenni, ma era abbastanza silenzioso da permettergli di godere del frinire delle cicale.
“Una terra morta”, pensava Ennio, spostando lo stecchino da un angolo della bocca all’altro. “Speriamo che la giornata sia propizia.”
Prese un fazzoletto dal cruscotto impolverato e si terse il sudore dalla fronte.
Quando rialzò lo sguardo, scorse una figura all’orizzonte che si sbracciava per attirare la sua attenzione.
Abbandonò la strada, tagliando attraverso i pendii che tanto bene conosceva, e ben presto riconobbe la sagoma di Augusto, con la bicicletta appoggiata alla coscia e le mani affondate nelle tasche del completo nero, che non levava mai.
Frenò.
Gli pneumatici slittarono sul terreno arido nonostante la scarsa velocità e il mezzo scivolò per alcuni metri prima di scomparire nella nuvola di polvere che aveva alzato.
Seguirono lunghi istanti di silenzio finché Ennio non salutò dal trattore: «Augu’!». La polvere entrò a fiotti fin giù nei polmoni e trasformò il saluto in colpi di tosse così forti che pareva stesse rimettendo l’anima al diavolo.
L’altro non batté ciglio, immobile sulla sua bici.
«Conbà…»
«Che soccede?»
«Soccede c’agghio notatu ‘na maghena, jo’la vecchia fonde, co’ nisciù accòstu», rispose l’altro.
«Turisti?»
«Podasse», scrollando le spalle. «Ma se ce vai, statte attende!»
Ennio annuì: «Augu’, nun llammarte: so’ astùtu!».
«Lu somaru te freca solo per le recchie!» gridò l’altro di rimando.

Ennio ingranò la marcia e balzò fuori dalla polvere.
Con Augusto erano sempre prese in giro. Soprattutto durante i pasti, quando si trovavano tutti assieme. Anche se gli umori non erano sempre dei migliori.
Quel giorno sì. Li aspettava un buon pranzo e non era sempre così: non sempre avevano a disposizione abbastanza per sfamarsi. La siccità durava da anni e quando pioveva, lo faceva con tale violenza da trascinare via almeno metà del coltivato.
Si moriva letteralmente di fame e poco alla volta la gente se n’era andata in cerca di miglior sorte. Tutti erano fuggiti tranne le teste dure, come li definivano gli altri. O semplicemente quelli che non avrebbero saputo dove andare, come si autodefinivano loro.
Così, nel raggio di vita del signor Ennio erano rimasti in sei.
Abitavano in casolari distanti, ma erano divenuti una vera comunità. Si aiutavano reciprocamente: procuravano il cibo, cucinavano, cercavano l’acqua nei pozzi e preparavano persino prodotti e orpelli per i turisti.
Già, per fortuna c’erano turisti che arrivavano dalle città e perfino dall’estero, attratti dai borghi fantasma, dal paesaggio dolce ma selvaggio. Non c’erano più alberghi, ma le case abbandonate non si contavano e spesso passavano la notte lì.
Erano sciocchi, perché una landa inselvatichita può essere pericolosa, ma andava bene così: era grazie a loro che potevano sostentarsi.

Pochi minuti più tardi Ennio fermò il trattore di fronte a un’auto bianca. Attese immobile ma non comparve persona.
“Strano”, fece spallucce e manovrò, invertendo la direzione. Ancora non si fece avanti anima viva e allora, grugnendo infastidito, scese dall’abitacolo. Aprì il cassone dietro al trattore e ne prese un tondino d’acciaio lungo un metro, perché non si sapeva mai.
Con il tubo sulla spalla ispezionò la vettura. Era chiusa e vuota.
Notò però una traccia che si allontanava nell’erba secca, in direzione dei pochi alberi della vecchia fonte.
Sospirò pesantemente e stringendo la sua arma improvvisata, decise di andare a dare un’occhiata.
Avanzava cauto, sudando copiosamente, teso, perché lo stridore delle cicale era talmente forte da non lasciare sentire la carica di un elefante.
Avanzava lento e fu un bene, perché poté fermarsi appena in tempo.
Se avesse fatto ancora un passo lo avrebbero visto, così invece poté rimanere nascosto e spiare i due corpi nudi che si amavano senza alcun pudore. Rilucenti di sudore e turgidi di gioventù.
A lungo li osservò.

Era ormai l’ora di pranzo, quando Ennio parcheggiò il trattore dietro al fienile.
“Che bella giornata”, pensò, balzando giù dall’abitacolo.
Aveva ancora del lavoro da fare, ma nulla poteva rovinare il suo buonumore.
Si era divertito come un fanciullo a spiare la coppia. Era persino arrossito per quel che facevano e tutto andava bene, finché non si era allungato troppo, perdendo l’equilibrio.
Aveva fatto un passo, un rumore, e lo avevano visto. La ragazza aveva iniziato a urlare, mentre il maschio, probabilmente spaventato dal tubo sulla spalla, aveva raccolto una pietra e si era scagliato contro di lui.
Ennio non aveva potuto far altro che difendersi: un colpo in testa e l’assalitore s’era afflosciato come un sacco di patate. La femmina aveva aumentato il livello delle grida.
Lui si era avvicinato adagio, facendole cenno di tranquillizzarsi, di stare calma, ma quella si era data alla fuga. Solo che correva in direzione della rupe. Sarebbe caduta, si sarebbe sfracellata se lui non l’avesse rincorsa e acciuffata per i capelli.
Quella aveva provato a divincolarsi, a buttarsi, e non aveva potuto che colpire anche lei.
L’aveva portata in braccio fino a dov’era il ragazzo, l’aveva adagiata delicatamente, poi aveva estratto il serramanico e, con un colpo netto aveva sgozzato il maschio. Quindi aveva reciso i tendini d’Achille della femmina, così non sarebbe fuggita mentre lui recuperava il trattore.

Di loro sei, Dante era il macellaio. Un vero artista della filettatura.
Ennio lo aveva visto felice come un bambino, mentre appendeva il ragazzo al gancio nella cella frigorifera. Aveva tastato i muscoli e annuito soddisfatto: sarebbe bastato per due o tre giorni. Era proprio un ottimo esemplare.
La ragazza invece l’aveva tenuta Ennio, e adesso la stava estraendo dal cassone del trattore.
Uno degli otto stalli del fienile era vuoto. Ve la trascinò, ancora svenuta.
La mise seduta sulla sedia di legno e con calma le sollevò la testa, reclinandola indietro e legandola al legno con una fascetta di plastica.
Da terra raccolse mazzetta e due lunghi chiodi dalla testa larga. Appoggiò delicatamente le braccia sui larghi braccioli. Puntò con attenzione il primo chiodo e con un solo colpo infilzò mano e legno.
La ragazza si risvegliò urlando ma lui non vi badò e ripeté l’operazione con l’altro braccio.
Afferrò un tubo che pendeva dal soffitto e forzatamente glielo infilò in bocca, giù lungo l’esofago, fino allo stomaco.
Attivò il pulsante dell’alimentazione forzata e il pastone cominciò a fluire lungo il tubo.
Fischiettando soddisfatto mise un secchio sotto il foro della seduta e andò a lavarsi le mani. Era ora di pranzo e aveva davvero appetito.
Per l’aia risuonò il campanello.

Ennio chiuse il fienile e si diresse a passo lento verso lo spaccio.
Lì trovò una turista, le sorrise.
«Posso aiutarla?»
«Per fortuna è ancora aperto, mi hanno consigliato caldamente il vostro foie gras.»
«Ottimo, quanto ne vuole?»
La donna era grassoccia e rubiconda e lui si rammaricò di non avere neanche uno stallo libero, sarebbe stata perfetta: se solo fosse arrivata un paio di giorni dopo avrebbe avuto un posto, perché una delle femmine era quasi abbastanza gonfia.
Pensando che non si poteva avere tutto nella vita, tornò ad ascoltare la cliente.
«È davvero molto caro, ma m’han detto che è ineguagliabile.»
«È perché uso solo femmine, signora. Come voi.»
Lei ridacchiò. Pensava si riferisse alle oche.
«Immagino perché le femmine sono più dolci, vero?»
«È così, signora, proprio così», annuì Ennio, mentre metteva da parte il pacchetto e impugnava un coltellaccio.
Era una terra morta, non poteva lasciarsela scappare.
Un paio di prosciutti…

Re: [MI170 - Testo successivo all'editing] Hansel & Gretel

2
Racconto che definirei, se permetti, disturbante, nel senso buono del termine; nel senso che, pur partendo da una premessa bucolica e pacifica, si evolve poi in un qualcosa di così diverso, in maniera così improvvisa, che ammetto di aver letto due o tre volte alcuni passaggi, perché convinto di aver saltato una qualche spiegazione o altro. Ti ammetto che, quando viene descritto l'incontro con i due ragazzi, non ho capito per quale motivo il protagonista decidesse di ucciderli fino al paragrafo successivo, davvero complimenti per come hai strutturato il tutto, perché il colpo di scena arriva così improvviso ed inaspettato che sfiderei chiunque a coglierlo dall'inizio del testo

Il personaggio di Ennio è ben tratteggiato, pur mostrando una psicologia con cui non riesco bene ad interfacciarmi, una spietatezza da serial killer ed una tranquillità che, ad essere onesto, mi fa accapponare la pelle. La serenità con cui viene introdotto, un normale e semplice fattore, evolve in un qualcosa di così diametralmente opposto che quasi mi sono convinto di star leggendo di due personaggi diversi. Anche il finale, con la nuova turista, lascia un senso di suspence ed ansia molto forte, complimenti. Certo, viene da domandarsi come sia possibile che, facendo cose simili gli abitanti, nessuna forza dell'ordine si sia ancora interessata a questo paesino fantasma, ma credo che questo sia uno degli ingredienti necessari per una storia di questo tipo

Sulla forma, essendo intervenuta un'editor e non avendo letto il racconto originale, preferisco non esprimermi, sia perché non mi pare di leggere refusi o passaggi privi di chiarezza, sia perché le uniche osservazioni che mi verrebbero da fare sono dettate dal puro gusto personale e quindi del tutto non necessarie. Complimenti per lo stile semplice ed immediato, che rispecchia del tutto la tranquillità e l'immediatezza con cui il protagonista compie i suoi gesti e le sue azioni

Re: [MI170 - Testo successivo all'editing] Hansel & Gretel

3
@L'illusoillusore 

Ciao, racconto interessante. Ho trovato lo stile molto vivido, direi pittorico, che permette al lettore di raffigurarsi molto bene tanto l'ambientazione quanto l'azione. Pur avendo avuto dal titolo l'indizio che il racconto potesse essere sul "nero fiabesco," per non dire truculento, ti confesso che fino a metà non avevo compreso dove andasse a parare. Dapprima pensavo fosse improntato a una sorta di neo-verismo, poi però ho ben presto compreso che andavamo verso i territori dell'horror. La trama ha richiamato agli occhi della mente certi terribili film horror come "Non aprite quella porte," mentre onestamente non conosco tanto bene la letteratura di genere per trovare riferimenti rispetto alla tua opera. La parte finale del racconto mi è sembrata improntata allo splatter, e il finale a una sorta di humour nero. Ho trovato che i personaggi fossero nel complesso funzionali al racconto, ma onestamente non mi hanno colpito particolarmente. Pur non apprezzando particolarmente questo genere di lettura, ho trovato che la tua storia facesse il suo dovere, provocando nel lettore una forma di avversione, di disgusto e d'inquietudine, come immagino debba fare un horror. Sicuramente le tue capacità stilistiche ti rendono in grado di tratteggiare bene le scene e i personaggi, e anche i dialoghi mi sembrano interessanti. Forse, potresti pensare di lavorare maggiormente sulla caratterizzazione psicologica dei protagonisti, anche se mi rendo conto che, in un racconto di poche battute, questo non sempre è possibile.
Nel complesso un racconto interessante che, pur non rientrando nel mio gusto personale, sucuramente è ben scritto e fa il suo dovere. L'azione è ben scandita e ti prendi il giusto tempo per introdurre il lettore alla storia, all'ambientazione e ai personaggi, anche se il finale forse è un po' frettoloso. Dal punto di vista contenutistico non è particolarmente densa, ma trattandosi di una storia di genere questo è comprensibile. Magari potresti dedicare più tempo a tratteggiare i protagonisti e a farci comprendere le loro motivazioni. Sarebbe interessante leggere la stessa storia però dal POV delle vittime, il che aiutrebbe anche il lettore a immedesimarsi maggiormente. A presto.
https://domenicosantoro.art.blog/
Rispondi

Torna a “Racconti”