[Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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Sono struccata, quindi credo che non gli aprirò. Paolo, visto dallo spioncino, sembra tutto deformato, agitato. Mi vuole anche stasera, lo so. Ma io, stasera, non vendo. 
Di mestiere timbro carte in un ufficio, per hobby, invece, vendo sogni agli sventurati come lui, che hanno inghiottito di tutto nella vita, anche le ultime briciole di un desiderio. Vendo perché vendere è un’arte di cui necessito per scompormi e ricompormi. Anche da bambina era così. Quando facevano mercato, la domenica, mi vestivo da maschio e ingannavo mia madre; le dicevo che sarei andata a messa e invece, una volta fuori casa, sfilavo dallo zaino una gonnella a fiori salvata da un mucchio di vestiti che lei aveva bollato come “stracci”, la indossavo sopra i calzoni, e questi poi li arrotolavo sopra il ginocchio affinché non sporgessero al di sotto della bambina che volevo essere. 
Già mi riciclavo, ma ancora non lo sapevo. Ricordo che, vestita della mia meravigliosa “gonna straccio”, mi insinuavo tra i banchi chiassosi della fiera, che mi sembrava di essere io stessa una di quelle cianfrusaglie inutili e tuttavia vendibili alle casalinghe. Ma la bancarella che più di tutte mi piaceva era quella delle caramelle, che si trovava all’angolo tra via Schiusa e via Brega. 
Avrei voluto venderle io, quelle caramelle: morbide, colorate, e profumate d’un odore frivolo che oggi, a ricordarmene, l’euforia esplode senza preavviso. 
Io vendo. Tutto quello che non ho potuto comprarmi da ragazza. Un rossetto rosso fragola, un ombretto color arancio pallido, un profumo sfacciato che facesse accapponare la pelle a quanti avrei voluto si fossero allungati per annusarmi. Mi volevano, questo sì. Glielo leggevo negli sguardi traboccanti perversione mentre conducevano sottobraccio mogli grasse, mogli donne. Essere donna è stata una pulsione nata lenta ma inesorabile, come solletico, e infatti a sei anni già l’anima mi tremava di risate: sguaiate, disperate. 
Essere donna non è questione di gonne a fiori, tacchi a spillo, o borsette a tracolla, l’ho compreso col tempo; esserlo è sentire che la pelle in cui sei nato non ti appartiene, ti brucia, ti uccide se non te la strappi di dosso. Io non potevo, e allora bruciavo; sarei morta carbonizzata prima o dopo, ma alla fine non morivo mai, il che era peggio, perché ardere per un tempo indefinito ti fa uscire di senno. Sentirsi indefinita fa impazzire. Quei pantaloni mi facevano impazzire, e le camicie buone della domenica a pranzo dai partenti mi facevano impazzire, e mio padre mi faceva impazzire, i suoi discorsi rassicuranti su quanto mi piacesse il calcio, o i culi delle ragazze, o le macchinine della polizia. Volermi definire maschio mi faceva impazzire. 
Io vendo. Un chilo di carne bruciata quanto potrà valere? A sedici anni invece ho comprato una piastra per capelli al costo di trentamila lire. La tenevo nascosta sotto il letto e la notte la usavo per addomesticare le mie ciocche ruvide. Lisciavo la mascolinità, che così mi pareva potesse assumere sembianze più gentili. Ecco, essere donna non è questione di gentilezza o ruvidezza, solo che da ragazza non lo capivo. Oggi le donne ruvide mi paiono tali quanto le gentili. 
Sentirsi donna, per me, è stato come un solletico che da adolescente è mutato nell’urgenza di piangere. Ma io non potevo, perché i maschi non piangono mai. E allora le lacrime le facevo sgorgare dal cuore, ché tanto era nascosto. 
Stasera è meglio che Paolo desista, che se ne torni a casa sua e mi lasci stare così come sto: struccata, spettinata, ancora maschio per un po’. Voglio coccolarlo, il mio maschio riuscito male. 
A ventitré anni ho baciato Maria. Aveva un bel sapore, un sapore di donna gentile alla quale avrei voluto assomigliare. Per il mondo degli altri eravamo fidanzati; per il nostro, invece, due amiche complici. Maria è stata la donna della mia vita, lei me l’ha salvata la vita, perché sentirsi donne è anche salvare esseri spauriti come me. Per salvarmi mi ha sposato e siamo andati a vivere a Milano, ché lì sarebbe stato tutto meno etichettabile, mi ripeteva. E infatti lo è stato. La prima cosa che abbiamo fatto a Milano è stata cercare un parrucchiere che mi lisciasse chimicamente i capelli. Abbiamo riso tanto, ci siamo amate con quello che avevamo: la libertà. Una libertà che si è allungata fino al giorno del parto, quando è arrivato Luca, l’amore vero. Ci si può regalare la maternità anche al rovescio, che io mi sentivo madre senza aver sofferto un travaglio lungo dieci ore. Maria era stremata, e io l’amavo come s’ama una Madonna che genera la vita, con devozione. 
Luca ha sette anni adesso, e gli ho spiegato che, da domani, quando mi abbraccerà, sul petto sentirà un seno di gomma, non tanto morbido come quello di sua madre, ma pieno d’amore almeno quanto il chirurgo ce ne vorrà infilare. A Luca ho anche detto che l’amore che io e sua madre nutriamo per lui è gentile e ruvido insieme, e carico di una potenza inesauribile perché sgorga da due individui che sanno come riciclarsi. Domani non muoio, domani rinasco. 
Ecco, finalmente Paolo ha desistito. Dopo l’amore, sono certa, avrebbe voluto tranquillizzarmi, dirmi che l’intervento sarebbe andato bene ma io, stasera, non voglio vendergli niente, me ne voglio restare con questo maschio ammaccato ancora per un po’, prima di riciclarlo. Paolo, nella mia vita, è arrivato quando il corpo nel quale continuo a respirare si nutriva di ormoni. Lui dice di amarmi, ma io non gli credo. Lui ama l’ibrido che vede, ma non la donna che sto per abbracciare. A Paolo ho deciso di vendere un po’ d’amore consolatorio; uno di quegli amori tiepidi con cui sperano di quietarsi gli uomini confusi come lui. Uno di quegli amori di cui io stessa mi sono servita per capirmi fino alle ossa. Paolo è buono, questo glielo riconosco, ma da stasera io non vendo, io voglio soltanto restarmene con questo straccio di maschio che ho maltrattato da quando sono in vita. Che pure, domani, quando riaprirò gli occhi e mi ritroverò, spero non mi odi, spero che un pezzetto rimanga, spero di sentirlo scorrere nelle vene della splendida, e ruvida, e gentile donna che sarò. 
Ecco, dirò anche questo a Luca: di non avere paura né vergogna delle identità riciclate, e di accogliere, sempre, tutte le pulsioni che vorremo essere. 
È meglio se dormo, ora, ché domani non voglio trascinarmi la stanchezza di una vita.

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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Salve, provo a commentare il tuo racconto

Il tema che mi pare di intravedere nello scritto è molto interessante e delicato, complimenti per aver avuto il coraggio di trattarlo e la competenza per farlo senza senza scadere in banalità gratuite
Fino ad una buona metà del racconto non ero sicurissimo se il personaggio narrante fosse maschio o femmina, perché usi il femminile per riferirti a lui ma da alcune riflessioni e pezzi di testo pare invece necessario il maschile. Credo che questa "confusione" sia voluta, e viene in effetti sciolta del tutto nel finale

Il personaggio principale è ben tratteggiato, sia nelle sue riflessioni che nel mostrare come evolve e cambia nel corso della narrazione, descrivendo e narrando la sua storia. Mi dispiace che gli altri siano appena accennati, ma in un racconto breve non credo ci sia abbastanza spazio per approfondirli tutti

La prosa è molto buona, ho trovato solo difficoltà a collegare il tema della "vendita", che ripeti più e più volte, con la storia vera e propria del personaggio principale; non ho ben afferrato cosa c'entrasse questo suo "vedersi", mi pare di capire, essenzialmente, che "venda" il suo corpo a Paolo, ma non riesco a collegare questo suo comportamento con il resto del racconto, in particolare con la parte dove dice di avere una moglie ed un figlio, e con la decisione di cambiare sesso. Se posso dare un consiglio, questo racconto andrebbe espanso ed approfondito, perché in questa forma lascia alcuni interrogativi e dei punti in sospeso, almeno a me 

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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Ciao @Bardo96,
ti ringrazio molto per aver letto il mio breve racconto e avermi dedicato un commento. L'intenzione era di partecipare al tema lanciato nel secondo Labocontest, che richiede un limite di caratteri, e questa cosa è limitante, appunto, perché in poche battute non è sempre semplice delineare in modo approfondito ogni personaggio ma anche le proprie storie, ed è vero, hai ragione, il racconto andrebbe approfondito e arricchito di ulteriori dettagli che chiariscano meglio alcune dinamiche, seppur complesse, della vita e dalla transizione del protagonista principale. Poi sono arrivata tardi, alla scadenza dei termini per la partecipazione al Lab, e il racconto è rimasto una bozza quasi incompiuta. 
Bardo96 ha scritto: complimenti per aver avuto il coraggio di trattarlo e la competenza per farlo senza senza scadere in banalità gratuite
Era il mio timore più grande quello di scadere nei soliti cliché, che peraltro trovo irrispettosi quando si trattano temi come questi. Ho sentito di scrivere, pur nella fretta, in punta di penna, sfiorando la tastiera mi viene da dire... 

Quanto all'ambiguità che può generare confusione, be', in parte è voluta e necessaria, perché il personaggio nasce biologicamente maschio, ma dal suo punto di vista, lui si pensa come una bambina, lui si sente una femmina. Ecco perché ho utilizzato il femminile. 
Bardo96 ha scritto: ho trovato solo difficoltà a collegare il tema della "vendita", che ripeti più e più volte, con la storia vera e propria del personaggio principale; non ho ben afferrato cosa c'entrasse questo suo "vedersi", mi pare di capire, essenzialmente, che "venda" il suo corpo a Paolo, ma non riesco a collegare questo suo comportamento con il resto del racconto, in particolare con la parte dove dice di avere una moglie ed un figlio, e con la decisione di cambiare sesso.
Ancora una volta, è il punto di vista soggettivo a prevalere. Il personaggio, in questo suo peregrinare doloroso fra accettazione di sé come femmina e il dover convivere con il suo corpo, biologicamente di sesso diverso, si sente "merce" di quanti esercitano l'ambiguità per soddisfare esigenze sessuali borderline, come Paolo. Ma anche lo stesso personaggio principale, in verità, ha bisogno di "vendersi", perché attraverso quest'arte, come egli stesso la definisce, ha dovuto capirsi, e capire se voleva essere donna, vera, completa. 
ioly78 ha scritto: Vendo perché vendere è un’arte di cui necessito per scompormi e ricompormi.
Lo scrivo qui, a poche righe dall'inizio del racconto. 
ioly78 ha scritto: A Paolo ho deciso di vendere un po’ d’amore consolatorio; uno di quegli amori tiepidi con cui sperano di quietarsi gli uomini confusi come lui. Uno di quegli amori di cui io stessa mi sono servita per capirmi fino alle ossa
e poi qui, verso la fine della breve storia.

Infine, il matrimonio con una donna, Maria, e un figlio avuto dalla stessa: Luca. Perché l'amore, credo, e lo crede anche il personaggio, assume un milione di forme diverse che nulla hanno a che fare con le "gabbie" dei nostri corpi. Ecco, questo era un elemento che andava a corredare il tema del Labocontest, le identità. 

Spero di aver chiarito, seppur superficialmente, tutto quello che c'era nella mia testa. Vale ciò che hai detto e con cui sono d'accordo, è un tema molto delicato, complicato, impossibile da "liquidare" in poche battute, e forse è stato un azzardo che solo in questo luogo di costruzione mi son potuta concedere.

Grazie ancora per avermi letta.  <3

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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@ioly78 

Ciao, oggi vorrei postare uno dei miei, pertanto provo a commentare in modo approfondito il tuo racconto, nella speranza di risultarti utile.

Allora, io partirei dalla forma: il monologo interno. Ti confesso che non amo molto questo stile del narrare, perché tende a fare di me un lettore confuso e spaventato, che deve fare fatica trovare un filo logico del discorso. Secondo me, il tuo intento è molto lodevole e, per gran parte del racconto, è ben condotto. Anziché però mantenere questa forma, ti consiglierei una cornice più piacevole e che rende maggiormente chiara la vicenda. Ad esempio, la persona transessuale che espone la sua storia potrebbe parlare con un'amica o con un amico al bar, oppure a un parco a una o uno sconosciuto con cui ha attaccato bottone. Questo permetterebbe di aggiungere alla storia una voce critica, quacuno che fa domande, un personaggio, cioè, in cui il lettore potrebbe identificarsi. Inoltre il racconto, presentando una vicenda parallela a quella principale, sarebbe maggiormente variegato. Solo un piccolo suggerimento, dettato, più che altro, dal mio gusto personale in fatto di narrativa.

Per quanto riguarda il contenuto: devo dire che mi ha colpito del tuo modo di scrivere l'energia, sicuramente la storia ha energia e forza, e questo non è scontanto. Diciamo che è come una macchina molto potente e molto veloce, che porta il lettora da un punto all'altro con grande rapidità, quasi senza dargli modo di pensare. Onestamente non so molto del tema da te trattato, ma non stento a credere che tu abbia scritto in maniera competente e onesta; inoltre, non trovo nel tuo scritto tracce di sentimentalismo, direi che è molto onesto (per ripetermi) e anche asciutto. Come uno dei commentatori di sopra, all'inizio ho fatto fatica a comprendere se il protagonista fosse un uomo che voleva essere una donna, o una donna che voleva essere un uomo. Forse potresti dosare il rilascio delle informazioni in modo da renderlo subito evidente, in quanto non è questo tuo racconto, caratterizzato dal suo essere serio e articolato, come uno di quelli in cui si legge "per sapere come andrà a finire".

Un'altra impressione che ho avuto, leggendo, è che tu abbia voluto comprimere in poche righe una storia che meriterebbe benaltro spazio. Trattandosi, la tua, di una tematica di sicuro interesse penso anche per il mondo editoriale, potresti pensare di articolarla in qualcosa di più lungo e approfondito. Ti rinnovo però il mio invito a pensare a una cornice narrativa più ampia. Lentamente, potresti pensare a come "dare voce" ai personaggi che contornano la tua protagonista, rendendo la storia più corale e sfaccettata, aggiungendo quella piacevolezza che abbiamo, leggendo narrativa, nell'immergerci in un mondo più complesso, non dissimile perciò da quello nostro.

Spero, almeno in parte, di essere stato utile! Le mie critiche volevano essere costruttive, nel complesso penso che la storia sia valida. A presto!
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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Ciao @Domenico S.,

ben ritrovato anche qui. Mi fa molto piacere che tu abbia voluto dedicare del tempo al mio breve racconto e, come ho avuto modo di scrivere in precedenza, questo voleva essere un tentativo di partecipazione al Labocontest n. 2, che trattava il tema della Identità e imponeva allo scrivente di narrare in prima persona... Purtroppo non sono riuscita a partecipare, ma avevo abbozzato una trama, necessariamente entro i limiti di battute previsti dal concorso, che poi ho lasciato quasi a metà. Sai quelle cose che scrivi in preda all'ansia? Ecco, tipo macchina piena di idee che s'accavallano urgenti nella testa. Alla fine l'ho postato così com'era, acerbo, perché ho creduto fosse comunque un esperimento interessante da condividere con voi, che scrivete sicuramente da più tempo di me e con più esperienza alle spalle. Dunque, grazie per i consigli e le impressioni che mi hai donato, ne farò tesoro! 
Chissà, magari, da un maldestro tentativo, potrebbe nascerne qualcosa di più compiuto, articolato, come dici tu, con tutti quegli altri elementi che fanno una storia, una trama credibile, e perché no, anche piacevole da leggere. 
Domenico S. ha scritto: devo dire che mi ha colpito del tuo modo di scrivere l'energia, sicuramente la storia ha energia e forza, e questo non è scontanto. Diciamo che è come una macchina molto potente e molto veloce, che porta il lettora da un punto all'altro con grande rapidità, quasi senza dargli modo di pensare
Una descrizione, la tua qui sopra, che mi ha fatto molto piacere, non sai quanto... sì, perché io comunque l'ho presa come un complimento!   :arrossire:
Domenico S. ha scritto: Onestamente non so molto del tema da te trattato, ma non stento a credere che tu abbia scritto in maniera competente e onesta; inoltre, non trovo nel tuo scritto tracce di sentimentalismo, direi che è molto onesto (per ripetermi) e anche asciutto
Anche io so poco, e infatti ho fatto un azzardo e mi auguro di non aver urtato la sensibilità di quanti vivono più da vicino il doloroso percorso della transizione di genere. E ti ringrazio per aver colto l'onestà con cui ne ho scritto o, almeno, era questo il mio intento. Niente sentimentalismi, hai detto bene, proprio perché non volevo di scivolare in stucchevoli stereotipi. Voleva essere così com'era: senza fronzoli o giudizi impliciti. Asciutto, come ben sottolinei. 
Grazie ancora e, a rileggerci.  <3

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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Ciao @ioly78 ,

è la prima volta che leggo qualcosa di tuo, questo racconto è molto bello, tratta con una intensità tragica il tema della diversità e della sua accettazione.
Riesci non senza poesia a narrare la vicenda di un essere umano che attraverso esperienze, a volte assai difficili, giunge a realizzare il proprio sogno esistenziale, trovare anche fisicamente il compimento della propria natura interiore, a dispetto di ciò che la natura ha deciso biologicamente per lei.

Il racconto è assai gradevole poiché riesci a trattare la materia in una maniera diretta e oggettiva, senza cadere in fronzoli pietistici e questo gli conferisce una nota di realismo che maggiormente lo eleva.

Complimenti e a presto rileggerti. Un saluto.

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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ciao @ioly78,
ho trovato il tuo racconto intenso, un po' caotico (come del resto la vita del protagonista), ma scorrevole. 
Descrivi la vita di queso trans in un modo molto preciso e profondo, deduco che conosci il mondo trans o per lo meno mi sembra che sai immedesimarti molto bene nei suoi panni.

Ho iniziato a intuire che il protagonista fosse un trans qui:
ioly78 ha scritto: Mi volevano, questo sì. Glielo leggevo negli sguardi traboccanti perversione mentre conducevano sottobraccio mogli grasse, mogli donne.
Poi hai sciolto ogni mio dubbio qua:
ioly78 ha scritto: Lisciavo la mascolinità, che così mi pareva potesse assumere sembianze più gentili
Mi piace il fatto che non sveli subito la natura del protagonista, ma ce lo fai capire vivendo il cambiamento e la crescita del ragazzo.

Non ho ben chiaro come sia arrivato dal matrimonio con Maria alla prostituzione, forse questo passaggio sarebbe da approfondire di più.

Nel complesso mi è piaciuto il tuo racconto.

Re: [Lab 2 Fuori concorso] Identità riciclate

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Buon pomeriggio a @Nightafter@edotarg,

ringrazio entrambi per avermi letta e, soprattutto, vi ringrazio per i commenti ricevuti. Questo brevissimo racconto in realtà nasceva "ritagliato" su misura del Labocontest n. 2, la cui traccia era: l'identità, con narrazione in prima persona. Avevo quindi preparato una bozza, ma purtroppo per motivi di tempo non ho potuto partecipare ed ecco lì che è rimasto un po' com'era; grezzo e a tratti incompleto. 
A rileggerci! <3
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