[MI 170] La ricetta

1
Traccia di mezzanotte: mezzogiorno

Il mio commento: viewtopic.php?p=36781#p36781



La piazza di terra battuta è deserta sotto il sole cocente. Nella luce abbagliante del mezzogiorno nulla si muove, nulla respira. Si potrebbe pensare che dietro alle imposte serrate i paesani non facciano altro che sudare immobili.

Non ci si può nemmeno accomodare su una delle panchine roventi per sbirciare dentro all’unica casa dall’uscio semiaperto.

Passando davanti a quella porta si intuisce la lieve brezza data da una corrente fra due porte aperte. L’altra si apre su un orticello interno, e in mezzo alle due porte un ambiente unico.

Sul tavolaccio un cesto scalcinato pieno di pomodorini dal profumo di estate, un mazzo di basilico, una treccia d’aglio e due limoni dalla buccia grossa e butterata.

Marilú prende dal frigo la mozzarella e le olive, dopo aver messo a bollire l’acqua per la pasta.

Stende una tovaglia bianca su metà tavola e apparecchia per due.

“Amore, ma ancora prepari il pranzo?”

È più forte di lei. A mezzogiorno e mezzo si mangia.

Da quando si sono trasferiti Alex vorrebbe cambiare tutte le loro abitudini.

“Marilú, tesoro, qui non si cucina a pranzo. Bisogna fare la lunga pennichella per superare il rovente mezzogiorno. Lo sai che il pranzo appesantisce, io lo salto. Al massimo si possono finire gli avanzi.”

“Lo sai che noi non abbiamo avanzi. E io ho fame, quindi cucino.”

“Che ti prepari?”

“Una pasta fresca.”

Inizia a mondare due spicchi d’aglio, che poi trita fini. Li butta nella grande ciotola dove affondano in una pozzanghera di olio dorato.

“Ma cara, non hai strizzato l’aglio?”

“Mi piace sentirne l’aroma quando li mastico.”

“Almeno non rischi di baciare un vampiro!”

A Marilú e Alex era sembrato di trasferirsi in un angolo di paradiso. Un paesotto semplice nell’entroterra con vista sul mare. Alla sera guardavano le nuvole al tramonto e i riflessi di luce sull’acqua lontana. Si erano anche presi un Apecar per viaggiare meglio nei vicoli e ci andavano fino in spiaggia muniti di cocomeri e pesche per scottarsi sui ciottoli levigati. Si baciavano fra le onde, a prescindere dall’aglio.

Straccia le foglie di basilico appena sciacquate. Sprigionano tutto il loro profumo mentre planano sull’olio e l’aglio.

“Almeno il basilico non l’hai tagliato col coltello.”

Marilú nemmeno risponde. Apre il barattolo dei capperi, ne prende una manciata per farli cadere sul resto.

“Per fortuna che i capperi non sono stati passati alla lama, interi sono molto più buoni.”

Continuando a far finta di niente sfiletta le olive: un taglio per il lungo, mezzo giro e altri tre tagli. Sono belli questi semicerchi verdi più chiari all’interno. Sospirando se li immagina come affondano in mezzo agli altri ingredienti.

“Ma ti sei messa anche a tagliare le olive? Bastava farle a metà.”

Con un sospiro Marilú alza il tagliere e le olive scivolano, aiutate dal coltello, incontro al loro destino.

Fiocchi di scorza di limone punteggiano il verde sottostante.

“Ma che grattugia usi, amore? Quella per il tartufo sarebbe sicuramente stata meglio, ma ormai è fatta.”

Com’è cedevole la mozzarella fra le sue mani. La strizza un po’ per tagliare meglio le fettine. Poi le impila fino a ricostruire il morbido bolo e riprende a tagliare. Infine, prende i mazzetti di strisce di mozzarella e a una certa velocità inizia a decapitarle.

“Epperò così la mozzarella sembra premasticata!”

Mentre il coltello aumenta il numero dei battiti al minuto “Avresti gradito un altro tipo di taglio?”

“Ormai hai finito, va bene anche così.”

“Guarda che non ho nulla in contrario, se vuoi cucinare tu. Anzi.”

“Ma figurati, che te la cavi benissimo, cara.”

Sciacqua i pomodorini, li dispone sul bordo del tagliere. Belli, rossi, caldi appena colti dall’orto. Sono i primi pomodorini maturi e li ha coltivati proprio lei. Ne tasta uno. È liscio, la polpa elastica promette di essere prelibata. Lo immobilizza fra pollice e indice, ne incide la pelle, cola fuori un liquido rosato semitrasparente, sull’onda viaggia qualche semino. Il coltello affonda e dimezza il pomodorino. Marilú riunisce le due metà e le sminuzza con perizia.

“Senti, amore, ma hai già buttato la pasta?”

Lo osserva con la coda dell’occhio.

“Ovvio, finito qui, io mangio.”

Alex prende un mestolo, rimesta nell’acqua bollente.

“Il sale l’hai messo?”

“Si”

“Ma quanta pasta hai buttato?”

“Quanto basta anche per te.”

“Ma, stella mia, ti ho detto che non pranzo.”

“Appunto te la mangi stasera, caso mai.”

Questi pomodorini danno proprio soddisfazione. Non si disfano sotto alla lama, sono sodi e si tagliano che è un piacere. Nella ciotola si mischiano senza pudore con tutti gli altri ingredienti, verde, bianco e rosso. Un piatto estivo squisitamente nazionalista.

“Ma, Marilú! Non li hai sbollentati e sbucciati! Ma ci mangiamo anche le bucce che fanno aria!”

Il coltello rimane sospeso, un tutt’uno con la mano. Marilú fa un mezzo giro su sé stessa, il gomito appoggiato al fianco, la lama diritta davanti a sé.

Basterebbe allungare il braccio.

Cosa si trova li davanti? Lo sterno? Lo stomaco?

Poi come nei film, spingere giù per sbudellare.

Nella mente di Marilú il gesto è compiuto, strizza gli occhi per valutare la portata degli schizzi di sangue. Certo il sugo non si salverebbe, verrebbe inquinato e dopo tutto l’impegno sarebbe un peccato.

“Non stare lì imbambolata, che la pasta si scuoce. Spostati, che faccio io.”

Alex rovescia i maccheroni scolati nella ciotola, aggiunge olio, e mescola con entusiasmo.

Lei lo sente alle sue spalle. Ruota su sé stessa, questa volta ha davanti il fianco. Riflette un momento, capisce che per essere davvero letale il taglio dovrebbe essere orizzontale al di sotto delle costole che sono sempre un impedimento.

Perde l’occasione.

Alex mette in tavola, ci aggiunge una bottiglia di vino bianco fresco, il la ciabatta croccante per fare scarpetta c’è già.

“Muoviti Marilú che è pronto.”

Con garbo appoggia il coltello sul tagliere, si slaccia il grembiule e lo ripiega sullo schienale della sedia.

Mentre Alex versa il vino, Marilú lo bacia lievemente fra i capelli consapevole di essere incapace di smettere di amarlo per quanto la faccia arrabbiare.

Appena seduta lui brinda.

“A noi due e alla nostra nuova vita!”

“Alla tua! Anche se ormai sono sei mesi che pranzo e cena brindiamo alla tua pensione.”

“Marilú, tesoro mio, bisogna festeggiare, bisogna godersela che alla nostra età non si sa mai!”

Dopo il primo boccone della sua meravigliosa pasta fresca Marilú ribatte

“Ma se la cosa più rischiosa della tua vita sono le bucce dei pomodori che ti fanno aria!”




Marilú, ma soprattutto Alex ringraziano Ivalibri :)

 

Re: [MI 170] La ricetta

2
@Almissima Ciao!
Bel noir mancato  :P
Forse un po’ troppo lunga e didascalica la descrizione della ricetta, che a un certo punto mi ha fatto temere nel parmigiano, ma direi che funziona.
L’unica frase che non mi suona bene é:
Almissima ha scritto: Passando davanti a quella porta si intuisce la lieve brezza data da una corrente fra due porte aperte. L’altra si apre su un orticello interno, e in mezzo alle due porte un ambiente unico.
Troppe “porte” in una riga e mezza: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Passando davanti a quell’uscio si intuisce la lieve brezza data da una corrente fra due porte aperte. L’altra si apre su un orticello interno, e in mezzo un ambiente unico.[/font]


[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Brava che non hai ucciso nessuno, ci è mancato un pelo![/font]

Re: [MI 170] La ricetta

4
@L'illusoillusore  Per prima cosa grazie di aver risolto il labirinto di porte. Avevo l'immagine davanti agli occhi ma non riuscivo a venirne fuori.
Sono felice che tu abbia colto la minaccia del grana. Avendo deciso di non uccidere alcuna persona, ho pensato che il lettore buongustaio meritasse qualche ansia in piú.

@ScimmiaRossa  La parola "criticone" mi ha dato molta soddisfazione, avevo paura di essere stata troppo blanda. Grazie per il tuo commento!

Re: [MI 170] La ricetta

5
In una feroce estate, nell'unica casa costruita con un corridoio binario da una parte all'altra per il beneficio di una, benché minima, 
corrente d'aria, una moglie prepara la pasta al pomodoro, con basilico, olive, capperi e mozzarella, aglio e olio.
Mentre il marito la critica nella preparazione di "ogni" ingrediente, la moglie, mentre si trova il coltello in mano, fantastica su come
eliminarlo... 
Ma poi il momento  di insofferenza e rivolta passa e i due brindano, concordi.

Detta così, la storia sembra banale, ma con la tua penna si trasforma.
Come per una ricetta di cucina, non basta avere  gli ingredienti giusti, ci vuole anche un bravo cuoco...

Brava, @Almissima   :)

Grazie di essere stata la prima a non lasciarmi sola.  :hug:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 170] La ricetta

7
Come giustamente consigliatomi dai moderatori torno a una seconda lettura del tuo racconto, anche se francamente non ho tanto altro da segnalarti.

Solo una  minima svista che all'inizio non avevo colto:  "il la ciabatta croccante per fare scarpetta c’è già."

E anche questa frase che a rileggerla mi lascia un dubbio: "Anche se ormai sono sei mesi che pranzo e cena brindiamo alla tua pensione"
Io avrei scritto "A pranzo e A cena". Però forse è corretta anche così, bisognerebbe approfondire.
Per il resto ti rinnovo i complimenti perché è un racconto che si regge principalmente sui dialoghi, e a volte si commette l'errore di non scriverli bene, nel senso che risultano legnosi, poco spontanei. Ma non è il tuo caso, anzi li ho tovati tutti molto naturali e credibili.
Forse l'unico che rivedrei un po' è questo: "Bisogna fare la lunga pennichella per superare il rovente mezzogiorno"
Ecco qua è l'unico caso in cui ci sono forse un po' troppi aggettivi che normalmente in un dialogo non si userebbero.

Però ripeto, te lo segnalo proprio per pignoleria, non per altro. Un buon lavoro! 

Re: [MI 170] La ricetta

8
Ciao @Almissima mi hai fatto sentire il profumo di quei squisiti ingredienti che con sapienza prepara Marilù. Sono di origine pugliese e mi hai fatto reimmergere  in quell'atmosfera fantastica delle mie estati da ragazzo, quando si passavano le ferie al paese di origine. Una bella storia, tenera e delicata nonostante i pensieri delittuosi, anzi proprio per quelli.
Piaciuta molto.
Rispondi

Torna a “Racconti”