[Lab2] La piscina

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La piscina
Un edificio come gli altri, squadrato e anonimo. Mi soffermo a guardarlo un istante appena, giusto il tempo di notare quanto è brutto.
"Fedett medence": leggo nelll'insegna in ottone. Deve essere piuttosto vecchia, visto che riporta una traduzione in caratteri cirillici. Accanto hanno appeso un moderno cartellino plastificato in cui campeggia la scritta "swimming pool" con tanto di simbolo, una serie di linee ondulate da cui emergono un pallino e un segmento. Più che un uomo che nuota, sembra un naufrago che affonda mentre chiede aiuto. Il disegno stilizzato mi dà la spinta definitiva per entrare.
 La donna alla biglietteria ha un'espressione scocciata che si acuisce quando deve ripetermi il prezzo del biglietto. Lo fa alla stessa identica velocità. Non mi abituerò mai a questi suoni gutturali e sincopati. 
Cosa mi abbia fatto convincere a fare un abbonamento, non saprei dirlo. Non certo l'approvazione di mia figlia: 
- Finalmente! - mi ha detto quando le ho chiesto se conoscesse una piscina vicino a casa - Ti sei decisa a fare qualcosa per te stessa, per tirarti su.
Quasi le ho riso in faccia. Mi sono trattenuta: altro che tirarsi su, l'idea era andare giù, semmai, sempre più giù, fino ad affondare. Quello che più mi manca qui è proprio il mare. Ma non per la sua bellezza, per passeggiare sulla riva al tramonto o altre simili sciocchezze romantiche, mi manca quella massa d'acqua scura e torbida delle giornate nuvolose, quando non si vede il fondo e il mare agitato odora di naufragio. Mi piacerebbe nuotare fino al largo, oltre le boe, e perdermi tra le onde.
La verità è che sono una vigliacca. Non c'è bisogno del mare per affondare. Qui c'è il fiume, volendo, e anche un lago, basta prendere un treno. Ma, no, non è quello che cerco. Per ora voglio solo assaporare il preludio della morte, tastarne la temperatura, come si fa con i piedi prima di immergersi nell'acqua fredda. Lasciare che il mio corpo si sciolga nel liquido, che si decomponga poco alla volta, come un cadavere in una pozza.
- Ingyenes úszni - dico alla donna.
- Nem értettem.
Non capisce. Úszni è nuotare. Provo con úszás, non ho mai capito come si usano i verbi e i sostantivi in questa maledetta lingua, o forse sarebbe meglio dire che non ho mai voluto capire. Úszás, nuotare, ingyenes, libero, le dico. Voglio solo nuotare, non voglio un istruttore o fare un corso.
- Igen - dice. Deve aver capito.
Superato il consueto scoglio linguistico mi addentro nel ventre della balena.
Percorro un piccolo corridoio ed entro nello spogliatoio. L'aria è calda e spessa. Mi spoglio e mi metto il costume. Con me ci sono altre donne che parlano tra loro. Capisco la metà di quello che dicono, ma l'atto di svestirsi e avvolgersi negli accappatoi mi trasmette un inedito senso di comunanza con loro, lo stesso che si prova quando si è ricoverati tra estranei in una corsia di ospedale. Prima di entrare nella vasca, passo dal locale delle docce e sono costretta a mettere i piedi nella vaschetta per la disinfezione dei piedi. Mi viene in mente che bisognerebbe fare la doccia prima di entrare, ma che nessuno la fa, né nel mio paese, né qui, a quanto pare. I piedi però non sfuggono al rituale di pulizia.
Dunque entro nella piscina vera e propria. Una violenta serie di sensazioni mi investe. L'aria ancora più spessa e umida mi avvolge la pelle, mi immergo dentro un rumore di fondo attutito e ovattato, inconfondibile, e infine aspiro con voluttà l'odore, l'effluvio acre del cloro. 
Mi ritrovo, nel mio corpo di adulta, scaraventata nella carne di quello di me bambina. Affiorano dal nulla a cui erano relegati i lunghi inverni delle elementari, scanditi dal corso di nuoto tre volte a settimana. La mamma credeva che il nuoto facesse bene alla crescita e aveva obbligato tutti i suoi figli a iscriversi in piscina. Io avrei preferito fare danza classica, ma mi sarebbe dispiaciuto contrariare la mamma, che adoravo.
Raggiungo il bordo vasca dopo aver appeso l'accappatoio e allineo le mie ciabatte accanto alle altre. Tutte insieme formano una lunga fila ordinata. L'ultimo vestigio della vita terrestre prima di poter cambiare elemento. Mi siedo sul bordo, dove spunta la scaletta, e mi infilo la cuffia. Guardo gli altri nuotatori, seminudi e con le teste imbozzolate nelle cuffie sono esseri ridotti a corpi, inermi e puri, tutti uguali come neonati appena usciti dal grembo materno. 
Entro piano nell'enorme ventre della piscina, scendendo i gradini della scaletta. Pochi passi a ritroso verso l'infanzia, la propria era preistorica. Una volta immersa, il corpo cambia stato, non sottostà alle regole di terra e aria. Leggero, perde peso e vola.
Tutti quegli uomini e donne galleggiano come crisalidi a fior d'acqua, e anch'io, come loro, non sono più una külföldi, una straniera, e nemmeno un singolo essere umano, ma una libellula regredita a ninfa. Siamo larve impupate di cicala.
Immergo anche la testa. Inspiro aria ed espiro bolle d'acqua. Percorro con tutta la foga possibile la corsia a stile libero. Quando arrivo dall'altro lato ho il fiatone, ma non mi fermo. Continuo a nuotare. Fino allo sfinimento. 
Mi ritrovo a pancia in giù, ferma a galleggiare mentre guardo il fondo della piscina. È uguale a quello di qualsiasi altra piscina, anzi, sono le piscine a essere tutte uguali. Continuo a guardare le piastrelle del fondo, in apnea. Basterà rimanere così ancora per qualche minuto e sarà finita. È così semplice.
Sento l'acqua che mi penetra nei polmoni, dal naso, dalla bocca, dagli occhi, da tutti i pori, e spinge le pareti del mio sterno. È stato il maestro di nuoto che mi ha buttato in mezzo alla corsia, senza braccioli. La mamma mi guarda dagli spalti, si è alzata in piedi, attenta, ma non interviene. Sento che sto morendo, non è vero che i bambini hanno l'istinto di galleggiare. Sbracciano in modo inconsulto, annaspano e poi affondano. Vedo le gambe dei nuotatori che mi scivolano vicino, gli occhi e la gola bruciano, le voci attutite sono sillabe urlate in una lingua universale, non è né italiano né ungherese, ma un esperanto che risale a prima di Babele, la lingua che il feto sente dal ventre materno, prima di potere articolare i suoni. Vedo il volto del maestro sott'acqua. Non mi tocca, né mi aiuta. L'iniziazione crudele alla piscina non lo prevede, ma è lì accanto a me. E allora riemergo, e riesco a prendere fiato, l'ossigeno entra nei polmoni a farsi spazio tra le branchie. Vado su e giù, su e giù. Finché il mio corpo capisce.
Sono attaccata alla corda che divide le corsie. Riemersa non so come. Respiro, sto respirando. E piango, ma non di disperazione, né di gioia. Piango di vita.
Nessuno si deve essere accorto che stavo affogando. Non si può annegare volontariamente, il corpo non te lo permette.
Guardo i dorsi delle mie mani coperti di goccioline. La pelle è impermeabile, idrorepellente come le piume dei cigni, non si impregna come i capelli e l'acqua scorre via. Poi guardo i palmi. La pelle è raggrinzita. Mi sono sempre chiesta come mai stare in acqua a lungo la faccia seccare. Allora inspiro una grossa boccata d'aria e mi immergo un'ultima volta. Punto verso il fondo della piscina e vado a toccarlo con le mani e dopo nuoto ancora, sott'acqua e sotto i corpi degli altri nuotatori. Fino a raggiungere il piolo più basso della scaletta. Lo afferro. Non serve decidere se rimanere sotto o risalire. Una forza che non è la mia mi spinge verso la superficie. Sono solo le mani strette alla scala a tenermi giù. Ma non lo possono fare ancora per molto.

Re: [Lab2] La piscina

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Racconti un momento, molto probabilmente l'ultimo o forse no... non dai troppe spiegazioni del perchè, ma in fondo ha anche questo il suo fascino. Belle anche certe immagini che donano una patina di lirismo al testo, che riescono a voler far apparire questa piscina alla stregua di un organismo. Il rischio di un testo di questo tipo però sta proprio nel suo preggio, il suo abitare una zona indefinita del mondo, ma secondo me la cosa si compensa con una certa tensione che è dovuta all'incertezza del momento. Non sono sicuro però quanto sia centrato il tema dell'identità della call... Comunque bel racconto, ben fatto.

Re: [Lab2] La piscina

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@ivalibri  Ciao e bentrovata qui  :)

Un ottimo racconto il tuo, con l'avventurarti nella costruzione di un tentativo di suicidio che, sino all'epilogo, non si capisce se riuscito o no.
Però...  al lettore secondo me manca il motivo per cui la protagonista cerca la morte.
Ed è "sfumata", dai contorni indefiniti, persino la sua "identità", mancando di questa "informazione".
E a una mancata ballerina alla Scala, che adorava la madre, cosa può essere accaduto di così grave da portarla in fondo a quella piscina pubblica?

Una come lei che dice:
ivalibri ha scritto: Quello che più mi manca qui è proprio il mare. Ma non per la sua bellezza, per passeggiare sulla riva al tramonto o altre simili sciocchezze romantiche, mi manca quella massa d'acqua scura e torbida delle giornate nuvolose, quando non si vede il fondo e il mare agitato odora di naufragio. Mi piacerebbe nuotare fino al largo, oltre le boe, e perdermi tra le onde.
Perché?
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab2] La piscina

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ivalibri ha scritto: Più che un uomo che nuota, sembra un naufrago che affonda
Riformulerei per evitare la ripetizione.

Non vado vavanti riga per riga come faccio di solito, quando il racconto mi piace e merita un bel commento. Mi limito a dirti quello che direbbe una persona che ho conusciuto. Una persona che scrive e edita romanzi e ogni tanto mi da ottimi consigli. Non posso dire il nome.

Qual'è il succo della storia?
Una donna depressa pensa spesso al suicidio, sente la mancanza della sua terra, e del mare. Non raccontarmelo, mostra il suo disagio con le azioni e i dialgoghi.
Questo per quanto riguarda la prima parte del testo @ivalibri  
Il tentativo di suicidio o meglio la prova generale è mostrato abbastanza bene, da quando arriva a bordo piscina, ma toglierei la vaschetta d'igene, è un dettaglio che non serve alla storia così come la fila di ciabatte. Buona la sensazione di comunanza con le altre donne e la metafora dell'ospedale.
Non mi piace quella del ventre della piscina, se ci pensi il ventre è la piscina, hai usato il termine e la sua metafora insieme.
Il passaggio tra i ricordi e il presente è un po' confuso, almeno io ho dovuto rileggere per capire che lei piange da adulta e non da bambina.
Altra cosa è, come fa lei da piccola a vedere sua madre sugli spalti se sta affogando davanti al maesto?
Ecco, io sto studiando e cerco di aiutare dicendo quello che sto imparando, naturalmente spero di essere stata utile, ma tu verifica le balordaggini che ti ho detto.

Re: [Lab2] La piscina

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Ho riletto il mio commento e penso di dover precisare questa frase, rileggendo vedo che può essere fraintesa.
Alba359 ha scritto: Non vado vavanti riga per riga come faccio di solito, quando il racconto mi piace e merita un bel commento.
Volevo dire: scusami se non vado avanti riga per riga come faccio di solito, quando il racconto mi piace e merita un bel commento. Il tuo racconto è fra quelli che meritano, questo è sicuro. Mi dispiace essermi spigata così male. Mi sembrava che si capisse, sono passata subito al consiglio perchè a me, quando mi è stata fatta notare la stessa cosa, ha fatto molto piacere, il mio pezzo è migliorato molto grazie al commento di quella persona.
Adesso me li vado a rileggere tutti, i miei commenti, non vorrei aver fatto alte figure.

Re: [Lab2] La piscina

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Ciao @ivalibri.
Il testo ha il pregio di appassionare il lettore. Tutto è pervaso da un senso di inquietudine, si capisce che la narratrice sta vivendo un momento di disagio.
Per contro, tutto risulta molto sfumato.  È come se tu avessi omesso il principio e la fine solo per concentrare la storia in un dato momento.
Risulta quindi meno potente di quanto avrebbe potuto, il contenuto drammatico. [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Mancano dei tasselli che il lettore non può immaginare o ricostruire.[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Mi ha stupita la scelta dell’ambientazione in un paese straniero di cui la protagonista non conosce bene la lingua. Perché proprio lì? [/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Cosa le è successo di tanto grave da portarla sull’orlo dell’autodistruzione? (A meno che io non abbia frainteso il tutto)[/font]

ivalibri ha scritto: Più che un uomo che nuota, sembra un naufrago che affonda mentre chiede aiuto.
Questa frase,  nella prima lettura, mi ha colpita. Una persona che va in piscina per farsi una nuotata non penso che farebbe mai l’associazione  con l’immagine di un uomo che sta annegando. Più avanti nel testo, ho capito che era un indizio del disagio della protagonista.
ivalibri ha scritto: Finalmente! - mi ha detto quando le ho chiesto se conoscesse una piscina vicino a casa - Ti sei decisa a fare qualcosa per te stessa, per tirarti su.
Quasi le ho riso in faccia. Mi sono trattenuta: altro che tirarsi su, l'idea era andare giù, semmai, sempre più giù, fino ad affondare
Qui il malessere si fa più palpabile.  Non avrei calcato così tanto sul conocetto quel “sempre più giù”, mi sembra eccessivo. Asciugherei. 
ivalibri ha scritto: mi manca quella massa d'acqua scura e torbida delle giornate nuvolose, quando non si vede il fondo e il mare agitato odora di naufragio.
La descrizione ha una veste fin troppo poetica considerato il “dramma interiore della donna” e il lettore ancora non ha alcun appiglio per comprendere bene lo stato d’animo. Quel mare agitato che odora di naufragio è una bella frase, molto poetica, ma a mio avviso non arriva emotivamente.
ivalibri ha scritto: Pochi passi a ritroso verso l'infanzia, la propria era preistorica.
Paragonare l’infanzia alla propria era preistorica è un po’ eccessivo. Magari l’infanzia era il tempo in cui ancora tutto poteva accadere, per esempio. 
La donna anche se avanti con l’età non mi pare proprio decrepita o anzianissima.
ivalibri ha scritto: Siamo larve impupate di cicala.
Altra bella frase a effetto che però non mi ha emozionata come avrebbe potuto.
La scelta della “cicala”  è particolare. Un messaggio un po’ ambivalente.
Le cicala vive una sola estate ma le larve rinascono in quella successiva direttamente dalla terra.  È una specie di emblema della risurrezione dopo la morte.  La cicala ė anche il simbolo di chi vive alla giornata.  
ivalibri ha scritto: nelle cuffie sono esseri ridotti a corpi, inermi e puri, tutti uguali come neonati appena usciti dal grembo materno. 
Anche in questo periodo c’è di nuovo un’immagine che, filtrata dagli occhi della narratrice, assume un valore “strano”.  La piscina ha un ruolo purificatore? 
il fatto di vedere “esseri ridotti a corpi” cosa significa esattamente? È perché non possono parlare?  
la descrizione è senz’altro d’effetto ma mi sfugge il significato profondo.
ivalibri ha scritto: Non si può annegare volontariamente, il corpo non te lo permette.
Su questo avrei qualche dubbio. Si può annegare volontariamente, non si può affondare perché la spinta dell’acqua tende a tenerti a galla, ma se hai la volontà di annegare, certo che puoi. Quindi direi che il verbo potresti modificarlo (se ho interpretato bene il senso della frase.)
ivalibri ha scritto: Sono solo le mani strette alla scala a tenermi giù. Ma non lo possono fare ancora per molto.
L’excipit mi ha mandata in confusione. Ricapitolando: la signora, per sue parole, dice che non si può annegare volontariamente. Quindi tenta di restare sott’acqua ma, in cuor suo, sa bene che la spinta dell’acqua la riporterà a galla. Dunque non è un tentativo di suicidio. Forse la ricerca del tempo perduto, l’origine della propria infelicità? Non so. Rimango nel dubbio. Di certo, la sua, è un’identità complessa.

Re: [Lab2] La piscina

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ivalibri ha scritto: - Finalmente! - mi ha detto quando le ho chiesto se conoscesse una piscina vicino a casa - Ti sei decisa a fare qualcosa per te stessa, per tirarti su.
Quasi le ho riso in faccia. Mi sono trattenuta: altro che tirarsi su, l'idea era andare giù, semmai, sempre più giù, fino ad affondare.
Per me questa é la chiave di volta di tutto il racconto: qualcuno si preoccupa, ma non nel modo corretto. Qualcun altro trova il modo di perseguire il proprio obiettivo.

Nel tuo racconto trovo la depressione di una donna che vuole fare a modo suo. Una depressione che si porta dietro fin da casa.
Ed é un suicidio perfetto e volontario che lascia un minimo margine alla salvezza. Morirá se le mani non cedono, e se cedono il suo gesto sará una tragica richiesta di aiuto.
Ben scritto, rende l'idea del lasciarsi andare, dell'arrendersi e del non volere piú.
Mi é molto piaciuto!

Re: [Lab2] La piscina

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ivalibri ha scritto: Mi soffermo a guardarlo un istante appena, giusto il tempo di notare quanto è brutto.
Toglierei uno dei termini o entrambi, il concetto è  chiaro
ivalibri ha scritto: mi abbia fatto convincere a fare un abbonamento
troppi verbi, basta "mi abbia convinta", così eviti la ripetizione



Trascuro altre imperfezioni, mi sembra già segnalate, ma non demoralizzarti, la scrittura  "si asciuga" con l'esercizio.

Quanto alla storia, c'è una donna depressa -anche perché straniera-  intenzionata, o forse no, a suicidarsi in piscina.
Più avanti sappiamo che ha imparato a nuotare perché costretta dalla madre mentre  avrebbe preferito il ballo. Oltre a ciò, informi con parsimonia  il lettore e il personaggio rimane un po'  vago. 

La narrazione riesce troppo "tell" in alcune parti,  altre scorrono meglio,  come i ricordi d'infanzia, e trovo alcune frasi poetiche e ben costruite , magari non sempre aderenti al contesto.

La caratteristica (o difetto) della trama, dal mio punto di vista, è l'artificiosità (non trovo un termine più adatto) della tensione. Credo voluta, perché scrivi 
Non si può annegare volontariamente, il corpo non te lo permette. ha scritto:
come sa ogni nuotatore anche mediocre, tant'è che Virginia Woolf si riempì le tasche di sassi, e infatti concludi
Non serve decidere se rimanere sotto o risalire. Una forza che non è la mia mi spinge verso la superficie. Sono solo le mani strette alla scala a tenermi giù. Ma non lo possono fare ancora per molto. ha scritto:
Quindi che senso ha avuto quel suo elucubrare nell'acqua? Simbolico: rientrare e uscire da un ventre o simili rinascite, immagino, e lo trovo un po' scontato.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [Lab2] La piscina

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Ciao @ivalibri 
Leggendo mi è venuto in mente il titolo di un romanzo di Robert H. Heinlein, Stranger in a Strange Land. La protagonista del tuo racconto è straniera in terra straniera anche lei, ha un’altra mentalità, vede e sente le cose in modo diverso.
Sono però rimasto con la curiosità di conoscere i motivi che la spingono al suicidio, che ovviamente possono essere innumerevoli, non vengono spiegati. Le congetture possono essere infinite.
Ho apprezzato molto la sua concezione del mare, per niente estiva e chiassosa ma cupa; acque scure e torbide, cielo nuvoloso, un’altra visione influenzata anche, presumo, dalla sua situazione personale.
Infatti prova il desiderio di nuotare in un mare così cupo, per lei invitante, e perdersi al largo.
Nemmeno la parziale comunanza negli spogliatoi della piscina con le altre donne la fa desistere dai suoi pensieri; qui avrei accentuato la sua difficoltà anche nel capire perfettamente la lingua del paese dove vive, difficoltà che hai riportato in un paio di occasioni ma che io avrei approfondito. Il non comprendere bene chi ti circonda, anche linguisticamente, può acuire il senso d’isolamento, diventare un problema che si aggiunge ad altri.
Ma certo non si tratta soltanto della lingua. Le sue successive azioni si alternano inframezzate dai ricordi di bambina. Avrei insistito di più sulla sua passione per la danza, non assecondata dalla madre. Immergendosi sotto l’acqua poteva figurarsi quasi come se stesse danzando, perfettamente in equilibrio e sospesa nell’acqua, senza gravità. Ci sarebbero state ulteriori suggestioni come un appagamento, ma forse il sommarsi di altri ricordi.
Alla fine non si capisce se resterà immersa nella piscina, con le mani strette alla scaletta. Viene da pensare che non sarà così, bisogna essere ottimisti. Molti aspiranti suicidi hanno cambiato idea all’ultimo momento ricordando alcune piccole abitudini della loro vita, questa donna poteva vedersi danzare nella piscina, “distrarsi” diciamo così. Subentrerà l’istinto di conservazione, ma non se ne è certi. Ci vorrebbe un’immagine, uno sguardo, un sorriso che ci dia la certezza che quella donna cambierà i suoi propositi, che uscirà davvero rinnovata, diversa da quell’acqua che nonostante tutto è il simbolo della vita.
Una lettura con dei tratti di drammaticità nella sua dimensione quotidiana.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab2] La piscina

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Ciao carissima @ivalibri 

 
Davvero molto bello questo racconto nel contenuto come nella scrittura.
La cronaca introspettiva ed empaticamente intensa di una crisi esistenziale che conduce la protagonista a tentare di togliersi la vita all’interno di una anonima piscina (credo, se non erro, ungherese).

Questa donna soffre il forte disagio di essere stata condotta a vivere in una realtà che le risulta aliena.
Non conosciamo gli antefatti di questo trasferimento, ma sappiamo che lei lo vive come una separazione violenta dalle sue radici, le restano solo frammenti di sensazioni e ricordi di una età felice perduta per sempre.
la sua vita trascorre in una sterile inerzia, priva di stimoli e speranze di futuro.
Una donna che vive una morte sociale e pertanto non ha più desiderio di vita.
La scelta di morire in una dimensione liquida, porta col senso di morte il desiderio di annullamento amniotico e primordiale, in fondo è il desiderio, per assurdo, di rigenerarsi in una nuova vita.

Il racconto riesce a donare in maniera fedele e credibile gli stati d’animo che accompagnano la protagonista nel suo disperato, ma allo stesso tempo lucido e quasi sereno di compiere il drammatico gesto estremo.

Grazie al cielo i tentativi di annegamento volontari, se poi si sa nuotare, difficilmente giungono a successo.

Ti faccio tutti i miei complimenti per questa perla che si aggiunge alla già nutrita collana di ottimi racconti che ci hai donato su queste pagine.

Un affettuoso saluto e un abbraccio.  <3

Re: [Lab2] La piscina

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Ciao @ivalibri, il tuo racconto mi è piaciuto molto. Il malessere che pervade l'animo della protagonista è trasmesso assai bene. E poco importa, secondo me, sapere da che cosa deriva, qual è il motivo; non è essenziale per riuscire a compartecipare ai sentimenti della protagonista.

Pro:
- Una buona gestione dei rimandi al passato di lei bambina e l'attinenza col presente
- Una scrittura precisa, senza sbavature
- Incipit invitante
- Manca l'aria a leggere il tuo racconto nelle parti dove la donna è sott'acqua, sei riuscita a trasmettere molto bene il senso di soffocamento
- Lo straniamento della protagonista è reso molto bene
- Brava a trasmettere il tema "straniera in terra straniera", con pure lo scoglio della lingua e la difficoltà di comunicazione
- Il finale da una parte solleva (perché non può affogare) e dall'altro inquieta per la delusione della donna a non riuscire a trattenersi ancora per molto alla scaletta e quindi la delusione a riemergere


Contro:
- boh!  :-)

Il tema dell'identità è centrato nel desiderio di voler annullare sott'acqua la propria identità?
Il POV in prima persona è gestito molto bene (a parte il piccolo inciampo quando la madre si alza mentre lei è sott'acqua)


Che la protagonista non stia andando a suicidarsi, si capisce da questa frase:
Ma, no, non è quello che cerco. Per ora voglio solo assaporare il preludio della morte, tastarne la temperatura, come si fa con i piedi prima di immergersi nell'acqua fredda.

Emerge semmai la volontà di annullarsi, o confondersi tra gli altri:
non sono più una külföldi, una straniera, e nemmeno un singolo essere umano, ma una libellula regredita a ninfa

Riuscitissimo il soffermarsi sul simbolo nell'insegna, visto attraverso gli occhi di chi vive un disagio:
con tanto di simbolo, una serie di linee ondulate da cui emergono un pallino e un segmento. Più che un uomo che nuota, sembra un naufrago che affonda mentre chiede aiuto

Re: [Lab2] La piscina

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@ivalibri ciao
Iniziò il mio commento con tre piccoli dettagli:
ivalibri ha scritto: Fedett medence": leggo nelll'insegna in ottone. Deve essere piuttosto vecchia, visto che riporta
Mi sembra che la frase sia un po’ spezzata, che perda di ritmo: “Fedett medence”: l’insegna sembra vecchia….
ivalibri ha scritto: Più che un uomo che nuota, sembra un naufrago che affonda mentre chiede aiuto.
Bello questo passaggio: sembra presagire l’umore della protagonista.
ivalibri ha scritto: Il disegno stilizzato mi dà la spinta definitiva per entrare.
Mi aspettavo, vista la descrizione sin qui, che fosse più un “Nonostante il disegno…”
ivalibri ha scritto: Cosa mi abbia fatto convincere
Mmm… “cosa mi abbia convinta”?

Finite le inezie il parere sul racconto: mi ha angosciato, quindi: brava. Non si sa perché la donna si trovi in quello stato d’animo e in fondo non importa: quello che conta è la tua descrizione del momento. Efficace e claustrofobica.

Attenzione ad alcune ripetizioni (ventre ventre, piedi piedi, piscina piscina)

Ciao!
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