[MI 169] I padri dei santi

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Traccia di mezzanotte
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Il primo passo era stato fatto. Sembrava che la cosa si fosse risolta con una scazzottata fra ubriachi in un paese impossibile da trovare, ma qualcuno che viveva a Riu Luggestra sapeva che non era così.
― Davvero il primo passo! ― diceva il maresciallo dei carabinieri Nerio, e a lui si poteva dare ascolto e credergli; era venuto in paese che aveva ventanni e adesso che si avvicinava ai sessanta ne conosceva tutte le pietre e tutte le anime.
― Ma voi don Eusteriu, non potevate immaginare?
Il vecchio parroco, anche lui venuto in paese appena ordinato e mai smosso da lì, perché nessuno voleva quella sede, si asciugava il sudore agitando un fazzoletto con gesti plateali che smuovevano le carte sulla scrivania del maresciallo.
― Ma come potevo sapere?
― Eh, ve lo sto chiedendo. Ma nemmeno in confessione avete avuto...
― No. No. Un momento. La confessione lasciamola...
― Ma sì, ma sì. Lo so. Non potete dirmi. Avete i vostri ordini anche voi.
― E anche voi, se per questo.
Il maresciallo ridacchiò bonario. Si rivolse al giovane vicebrigadiere alla sua prima destinazione che li guardava con occhi stralunati e che fra non molto avrebbe preso il suo posto. Beato lui. Ma il maresciallo aveva giurato a sé stesso già da molto tempo che non sarebbe mai andato via da Riu Luggestra e non certo adesso, dopo quello che era successo il giorno della processione.
― Senti Antò: vatti a fare un bicchiere
― Comandi maresciallo?
― Sì, prendi Nicola, se ha finito di sistemare la legna in cortile e fate una mezza pattuglia.
― Ma non è scritto nel brogliaccio.
― Lo scrivo io adesso. Vai, vai. È una così bella giornata… Vai.
Quando il maresciallo e il parroco rimasero soli cambiarono appena appena di fisionomia. Divennero molto consapevoli. Si guardarono in faccia, come due attori che recitano una parte.
― Però don Eusteriu mi dovete spiegare. Voi siete più addentro di me a queste cose.
― La cerimonia era perfetta. Bellissima. Mistica. C’eravate anche voi, avete visto.
― La cerimonia sì. Ma il bambino e la bambina che rappresentavano i santi Fierbesu e Jrmia…
Il prete sospirò.
― Quella è la tradizione.
― Erano davvero fidanzati?
― I santi?
― No, i vivi don Eustè. Non prendetemi in giro. I due bambini erano… Ci siamo ben capiti no?
― Ma sono bambini. O non sono bambini?
― Eh don Eustè! Voi siete rimasto ai tempi del cucco!
― E voi marescià, con rispetto parlando, siete ai tempi...
― Non me lo dite che lo so. Tanto i baffoni non li taglio.
― E vi stanno pure bene.
― Grazie. Ma la sera che si festeggiava in piazza di chiesa, cosa è successo? Sono intervenuto dopo, ma voi eravate lì da sempre. Come è successo? Chi ha iniziato?
Don Eusteriu si dimenava nella sedia. ― Il padre della santa Jrmja...
― Che sappiamo il suo nome ma non lo diciamo...
― Non lo diciamo.
― Ma lo scriviamo.
― Il padre della santa… è sbucato dal nulla. Non era con gli altri ad arrostire i maialetti sotto i vecchi olivastri...
― Parlate, parlate. Mi piace. Sento ancora il profumo.
― È venuto verso di me barcollando, pensavo fosse ubriaco e anche gli altri lo pensavano. Se non lo fermavano mi decapitava con un falcetto.
― Come mai?
― Ma penso che avete capito. Era sconvolto...
― Voi ditemi, non è una confessione. Siete testimone.
― Ma anche tutto il paese è testimone.
― Poi chiamo il paese.
Il prete sbuffò. Chiese un bicchiere d’acqua. Il maresciallo andò a prenderlo da un frigorifero nella cucina della caserma in fondo al corridoio, glielo servì con cura in un bel bicchiere di cristallo lucidato dalla perpetua. Dopo che don Eusteriu si fu dissetato continuò.
― Il padre della… santa, mi accusava con parole che non dico...
― Che poi mi direte.
― Che poi vi dirò, mi accusava che io avevo saputo in confessione che la figlia e il ragazzo santo, insomma, quello lì… praticamente avevano… si erano...
Il maresciallo cavò dalla tasca della divisa un taccuino nero per appunti di servizio, sfogliò, sorrise, lesse: ― Si erano “conosciuti”, nel senso biblico del termine. È giusta?
Il prete rimase a bocca aperta, non se l’aspettava.
― È perfetta maresciallo. Ma non si sono per niente “conosciuti” in quel senso. Non c’entra niente...
― Lasciamo perdere. Continuate.
― C’è poco da continuare. É poi intervenuto il padre del bambino.
― Chiamiamolo il padre del santo.
― Il padre del santo ovviamente, il quale ha riso in faccia al padre della santa che non ha sopportato e gli è saltato addosso.
― Con il falcetto?
― A mani nude. Altri uomini lo avevano disarmato, per così dire.
― E meno male. Poi cosa è successo?
― Se le sono date peggio di Bertoldo marescià e se ne sono dette sempre peggio di Bertoldo.
― Si sono minacciati a vicenda?
― Il padre della santa ha urlato al padre del santo che gli avrebbe castrato il figlio. Oltre a numerose dicerie di entrambi sulle rispettive mogli. Ma a un certo punto…
― A un certo punto?
― Ecco, si sono calmati. Si sono guardati in faccia. Come se avessero capito qualcosa. Hanno smesso di pestarsi e insultarsi. Se ne sono andati girandosi a guardarsi a ogni passo, sputando sangue per le ferite come se pregassero con devozione.
― Questa è da immaginare.
― E anche la gente intorno, che prima li aizzava, si sono calmati all’improvviso.
Il maresciallo annuiva. Si alzò dalla sedia e passeggiò per l’ufficio avvicinandosi alla finestra con le inferriate che affacciava in una via secondaria del paese, dove si scorgeva qualcuno che passava. Che calma.
― Voi sapete cosa significa davvero tutto questo, vero padre?
Don Eusteriu si alzò. Il viso si era fatto intenso. Non sudava più.
― Lo so.
― I padri dei santi non si sono calmati così per niente.
― Penso proprio di no.
― Così come anche noi non siamo cambiati così per niente.
― Chi prima chi dopo.
Il maresciallo si voltò lentamente, annuendo. Sembrava invecchiato.
― Ci ho messo tutta la vita per capirlo, padre.
― Anche io.
― Lo abbiamo sempre saputo tutti e due per primi e in tutti questi anni non ne abbiamo mai parlato.
― Con la voce no.
― Da quando ho saputo, e non è stato facile sapere, ho aspettato anno dopo anno che succedesse questo. E ogni volta tiravo un sospiro di sollievo quando la processione dei santi andava come doveva andare. Mi bastava guardare i bambini della rappresentazione per capire che erano innocenti. Ma questa volta ho capito che non sarebbe stato come sempre. Prima o poi doveva succedere. Voi padre lo sapevate anche prima.
― Sì.
― E adesso padre? Cosa succederà a Riu Luggestra?
― Apparentemente niente. In realtà cambierà tutto.
― Torneranno?
― Santa Jrmia e san Fierbesu sono già tornati.
― Quei bambini! È bello saperlo per me! 
 Poi il maresciallo alzò ieratico la testa e sorridendo disse ― Lo stato mi aveva condannato a prestare servizio nel posto più sperduto del mondo, dove nessuno vuole nemmeno passare e poi dopo tutta la mia vita scopro che sono diventato un carabiniere al servizio dei santi...
― E io prete di campagna ultimo del seminario, mandato ai confini del mondo, scopro che sarò sacerdote di santi...
― E i padri e le madri dei santi?
― Avranno modo di rendersi conto e con loro tutto il paese.
― Come si chiama questa cosa meravigliosa, padre?
― Non ho tutta questa conoscenza, ma la mia fede è sincera, i cieli non badano ai titoli. Penso che questa cosa sia l’inizio del ritorno della pace in terra. Ce n’è davvero bisogno. Noi, in questo posto sperduto, siamo stati i primi a cominciare a capire, a vedere con i nostri occhi mortali. È solo l’inizio della visione eterna. Sarà bellissimo.
― Sarà bellissimo padre. Facciamo peccato se beviamo un bicchiere di vino per festeggiare?
― Non è una cattiva idea. Ma non ubriachiamoci. Abbiamo tanto da fare.
― Faremo tanto padre. Se Dio vuole e...
― … e se i carabinieri lo permettono. 
― Ma lo permetteranno padre. Anche i santi hanno bisogno dei loro soldati.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 169] I padri dei santi

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@Alberto Tosciri  leggere un tuo racconto é sempre un grandisimo piacere.
Fin dalle prime battute si intuisce che i due uomini hanno un segreto. Il dialogo fuorivia il lettore in maniera gradevolissima. In un primo momento ho pensato a un omicidio di paese, poi alle ragazzine disonorate, a seguire stupro e pedofilia. Ma in nessun momento ho potuto immaginare la discesa in terra di santi della pace cosí potenti.
A maggiore ragione ho apprezzato questo sorpresa che ha reso la storia ancora piú godibile. È raro che una tensione narrativa cosí elevata si concluda con una bella sorpresa priva di violenza e sangue, e con un messaggio cosí bello e attuale.
Bravo, bravo, bravo!

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Alberto Tosciri ha scritto:
ne conosceva tutte le pietre e tutte le anime.
Che bella espressione!
Alberto Tosciri ha scritto: Quando il maresciallo e il parroco rimasero soli cambiarono appena appena di fisionomia. Divennero molto consapevoli. 
Non capisco quell'appena appena. Se lo togli non se ne avvantaggia il testo?
Alberto Tosciri ha scritto:
Voi ditemi, non è una confessione. Siete testimone.
― Ma anche tutto il paese è testimone.
― Poi chiamo il paese.
Divertente.  :D
Alberto Tosciri ha scritto:
Si erano “conosciuti”, nel senso biblico del termine. È giusta?
Il prete rimase a bocca aperta, non se l’aspettava.
Perché "giusta"? Si dice, in genere: E' giusto?
Alberto Tosciri ha scritto:
È giusta?
Il prete rimase a bocca aperta, non se l’aspettava.
― È perfetta maresciallo. 
Analogamente, qui si dovrebbe dire "perfetto".
Alberto Tosciri ha scritto: E anche la gente intorno, che prima li aizzava, si sono calmati all’improvviso.
la gente si è calmata all'improvviso.
Alberto Tosciri ha scritto: dom giu 05, 2022 10:37 pmMa non si sono per niente “conosciuti” in quel senso. Non c’entra niente...
I bambini impersonavano due santi che si sono, per miracolo, reincarnati in loro. Ma tu non dici nulla sulla vita dei due santi,
Erano contemporanei, si conoscevano in vita come Cosma e Damiano oppure come San Francesco e Santa Chiara?
Erano due persone del paese dove si svolge la vicenda?
Secondo me, hai dato troppo poche informazioni perché il lettore comune (come me) possa inquadrare bene la vicenda.
Alberto Tosciri ha scritto: dom giu 05, 2022 10:37 pm
E adesso padre? Cosa succederà a Riu Luggestra?
― Apparentemente niente. In realtà cambierà tutto.
― Torneranno?
― Santa Jrmia e san Fierbesu sono già tornati.
Questi due santi del paese si conoscevano in vita?
Inoltre, non riesco a capire l'equivoco avvenuto. E perché tu abbia scelto di narrarlo. E come possa essere stato travisata in quel modo l'incarnazione dei due santi nei due bambini che li raffiguravano.
La faccenda dell'intervento di pace dei due santi a porre fine alla lite dei due "padri di santi" è un episodio molto azzeccato e mi piace. Dà grande significato al tuo racconto. Bravo!

Lieta che tu sia dei nostri, @Alberto Tosciri    :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Grazie @Almissima 
Come faccio spesso, ho cercato di condensare in quattro cartelle circa una delle tante pazzesche storie che ho sempre in mente di scrivere per esteso (e accantonate nei file del pc).
Ho dovuto condensare e ridurre tantissimo, ma sono contento che comunque il racconto che ne è uscito ti sia piaciuto. Non sarei riuscito a scrivere storie violente però. Di violenza e sangue ne ho viste in passato e non voglio vederne più, neanche romanzate.

Grazie @Poeta Zaza 
Io nei dialoghi dei racconti e romanzi so che non si può scrivere come si parla, ma dovendo trasformare davvero in maniera letteraria un dialogo reale cerco di non esagerare troppo, nel senso che sono daccordo che di un dialogo reale non si può riportare tutto (qualcosa si però), perchè altrimenti non risulta veritiero, ma non si può nemmeno trasformare tutto in linguaggio letterario, perché stonerebbe.
Una cosa sulla quale ho difficoltà, ad esempio, è riportare parolacce. A volte sono davvero necessarie, come il cacio sui maccheroni, ma io non ce la faccio a inserirle, da sempre; faccio dei lunghi giri per evitarle e non si tratta di pudicizia o religione o altro. E pensa che ho vissuto tutta la vita in caserma... ne ho pur sentite, ma non ci riesco...

Ma tornando a noi... quell'appena appena ripetuto due volte vorrebbe essere molto colloquiale nelle mie intenzioni. Magari appesantisce, ma seconde me rende, almeno poco poco...  :)
(sono modi di dire mutuati dal dialetto sardo e trasposti all'italiano, usati comunemente dalle mie parti per far risaltare di più qualcosa...)
Poeta Zaza ha scritto: Perché "giusta"? Si dice, in genere: E' giusto?
Anche qui quasi stessa cosa. Il maresciallo dice quella frase tutto contento di averla pescata e chiede se è giusta riferendosi alla battuta. Dire giusto è giusto... ma per me suona troppo letterario in quell'ambito molto popolare, da strapaese.
Poeta Zaza ha scritto: Analogamente, qui si dovrebbe dire "perfetto".
Anche qui stessa cosa. Chiaro che "perfetto" è giusto, ma è "troppo" letterariamente perfetto in quel contesto popolare che intendevo...
Il prete dice che è perfetta la frase, la battuta, seguendo il filo logico del maresciallo.
Poi magari sbaglio di sicuro, secondo i manuali. Considera la mia pochezza...  :)
Poeta Zaza ha scritto: la gente si è calmata all'improvviso.
anche qui è più o meno come sopra con qualche particolarità in più, ma non voglio tediarti ancora...
Poeta Zaza ha scritto:
I bambini impersonavano due santi che si sono, per miracolo, reincarnati in loro. Ma tu non dici nulla sulla vita dei due santi,
Erano contemporanei, si conoscevano in vita come Cosma e Damiano oppure come San Francesco e Santa Chiara?
Erano due persone del paese dove si svolge la vicenda?
Secondo me, hai dato troppo poche informazioni perché il lettore comune (come me) possa inquadrare bene la vicenda.
Chiaramente san Fierbesu e santa Jrmja non sono mai esistiti come santi e nemmeno come nomi, ma solo nella mia fantasia. Non avevo spazio sufficiente per raccontare la loro lunga storia, perchè una storia ce l'hanno, già buttata giù e accantonata nel pc... Diciamo che sono due santi apocrifi, ma veri, santi per il popolo e per gli angeli, quindi esseri immortali.
Poeta Zaza ha scritto: Questi due santi del paese si conoscevano in vita?
Inoltre, non riesco a capire l'equivoco avvenuto. E perché tu abbia scelto di narrarlo. E come possa essere stato travisata in quel modo l'incarnazione dei due santi nei due bambini che li raffiguravano.
La faccenda dell'intervento di pace dei due santi a porre fine alla lite dei due "padri di santi" è un episodio molto azzeccato e mi piace. Dà grande significato al tuo racconto. Bravo!
Si conoscevano, si conoscevano... un giorno mi piacerebbe raccontare la loro storia.
Perché ho scelto di raccontarla? Difficile codificare il piacere dell'invenzione, dei desideri...
Ti posso dire che in questo paese c'era una leggenda, entrata nella tradizione, che i due santi, un bambino e una bambina, dovevano essere festeggiati in processione una volta all'anno, fino al giorno in cui sarebbero tornati nei loro luoghi di origine, prendendo le sembianze degli ultimi bambini che li avrebbero impersonati e sarebbero stati l'avanguardia della discesa o del ritorno degli angeli buoni a portare la pace nel mondo. Lo sanno tutti, ma il maresciallo e il prete ne sono in un certo senso quasi i custodi, seppure non abbiano avuto il coraggio di parlarne molto fra di loro.
Lo sanno anche i paesani, che però si azzuffano (i padri dei "santi") presupponendo il padre della ragazzina che  tra sua  figlia ci sia stato qualcosa con il ragazzino... Poi scatta la discesa dei santi nei corpi dei bambini e... plaff... tutti  diventano consapevoli e smettono di bisticciare.
Ah, naturalmente il paese di Riu Luggestra non esiste. L'ho inventato io. In sardo vuol dire "Fiume delle lucertole".  :)
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 169] I padri dei santi

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@Alberto Tosciri ciao. Ero certo che ti saresti lanciato a capofitto sulla traccia di Pale :D
Anche se sei stato lontano dalla nostra terra non ti sei perso niente delle nostre sagre. Una volta era il momento che si aspettava per tutto l'anno.
Un momento di gioia, di condivisione, di commozione dietro al santo di turno. Nei miei ricordi vi è la sagra di sant'Efisio ma, a differenza di quella di santa Greca, in cui si mangiava e ci si divertiva, era solo una lenta processione di carri trainati da possenti buoi.  Ma nei paesi sperduti dell'entroterra, le sagre sono sempre state l'occasione per regolare i conti. Tutti sparano per aria con "sa scupetta", e in quella confusione succede di tutto.
Qui ne hai tirato fuori un racconto sul fervore religioso dei nostri padri. Oggi si è perso il vero senso delle sagre. Sono diventate un momento per uscire di casa per comprare il torrone :D.  Che altro dirti? C'è sempre il richiamo della terra e della tradizione a far da cronice ai tuoi racconti. Un dialogo molto colloquiale tra un prete e un carabiniere, uniti in una unica sorte. Peccato non aver sentito il profumo del cisto! :D Ciao a presto
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Ciao @bestseller2020 

Grazie del passaggio.
Non sarei riuscito a scrivere un racconto, non secondo i canoni  globali almeno, sulla tua traccia  :D
In quanto alle sagre paesane... quelle che ho in mente io non hanno a che fare con le sagre odierne, pagliacciate per turisti con indigeni che si atteggiano a balli e vestono  costumi di cui ignorano il significato. E fanno i selfie...  :D
Ho visto sagre vere quando ero piccolissimo e ci andavo ancora con mio nonno, carabiniere reduce della Grande Guerra. Ma sono sicuro che si trattava di un altro mondo, perchè tutto era a misura d'uomo ed ero felice. Devo essere passato, per punizione dei miei peccati d'orgoglio, in una dimensione parallela che mi ha fatto poi vivere per sempre nell'attuale mondo di uomini miscredenti e beanti, discendenti dalle scimmie. :D
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Alberto Tosciri ha scritto: Ecco, si sono calmati. Si sono guardati in faccia. Come se avessero capito qualcosa. Hanno smesso di pestarsi e insultarsi. Se ne sono andati girandosi a guardarsi a ogni passo, sputando sangue per le ferite come se pregassero con devozione.
Ecco, @Alberto Tosciri , Questa cosa, che è il cardine su cui gira tutto il racconto, non sono riuscita a focalizzarla. Eppure la storia è ben scritta. Ho visto due cose che si potrebbero tagliare, come questa:
Alberto Tosciri ha scritto:
― Non me lo dite che lo so. Tanto i baffoni non li taglio.
― E vi stanno pure bene
Rimanda  Peppone e Don Camillo, e questa,
Alberto Tosciri ha scritto: Il primo passo era stato fatto.
Se un racconto comincia con un'azione, poi questa azione deve essere palesata.
Comunque, riguardo al perno del racconto, ha bisogno di più dettagli. Queste due righe: Se ne sono andati girandosi a guardarsi a ogni passo, sputando sangue per le ferite come se pregassero con devozione, evocano un'immagine troppo surreale, sovrannaturale. Io sono stata depistata, ho pansato che gli abitanti fossero posseduti da demoni capricciosi, e che all'improvviso abbiano ritovato la ragione. Poi ho finito di leggere, ma tutto rimane comunque vago. Che cosa sta succedendo in quel paese? che cosa sta iniziando?
L'idea che hai avuto è fresca e originale, ma infarcita da quel mistero che lascia una strana sensazione. Almeno a me, non credo che capiti a tutti, questa è davvero una impressione del tutto personale.
Un'ottima prova, come sempre!

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Ciao @Alberto Tosciri, anche in questo tuo racconto si sente la tua mano. la riscoperta delle tradizioni, le leggende, la fede, che descrivi sempre con la tua sensibilità. Questa è la parte che più ho apprezzato. Forse come accennavi, un racconto con tutti questi spunti avrebbe avuto bisogno di maggior respiro e spazio. Condensato in pochi caratteri si perde inevitabilmente qualcosa.
E' sempre un piacere leggerti

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Ciao @Alba359 
Grazie dell'apprezzamento, ammetto che certi passaggi, me lo hanno fatto notare anche altri, sono poco chiari, avrebbero bisogno di ulteriori spiegazioni e antefatti nel corpo del racconto.
Vero anche sulla battuta che rimanda troppo a don Camillo e Peppone; quando scrivo racconti di ambiente paesano non riesco mai ad andare olte gli anni Cinquanta del secolo scorso e inevitabilmente qualche rimando a quei personaggi viene.
Anche sul fatto dell'azione che deve essere palesata credo di aver capito il tuo punto di vista. Era nelle mie intenzioni palesare l'azione mano a mano che il racconto procedeva, per non dire tutto subito.
Poi anche quelle immagini di strani pestaggi e ancora più strani ravvedimenti o pacificazioni... possono confondere, certo, mi rendo conto.
il fatto è che voglio sempre mettere troppe cose in un testo e lo spazio non è mai sufficiente. Dovrei scegliere racconti più autoconclusivi.

Ciao @Kasimiro 
Ti ringrazio per l'apprezzamento, condivido le tue osservazioni sul fatto che a forza di condensare si possa perdere qualcosa sulla chiarezza.

@Joyopi 
Ciao, grazie. Sì, come ho detto anche sopra, ci voleva più spazio per chiarire meglio, voglio sempre raccontare troppe cose e le pagine/caratteri finiscono in un lampo.
Mi fa piacere che ti sia piaciuto il dialogo fra il maresciallo e il prete.
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Alberto Tosciri ha scritto:
Il primo passo era stato fatto. Sembrava che la cosa si fosse risolta con una scazzottata fra ubriachi in un paese impossibile da trovare, ma qualcuno che viveva a Riu Luggestra sapeva che non era così.
Bello questo incipito narrativo. Ci dici già tanto, il lettore individua l'esistenza di un mistero, una "vertità" che solo pochi sanno; in seguito scopriremo che questo qualcuno si riferisce al maresciallo e al prete. Le due istituzioni del paese.  
Alberto Tosciri ha scritto:
― Davvero il primo passo! ― diceva il maresciallo dei carabinieri Nerio, e a lui si poteva dare ascolto e credergli; era venuto in paese che aveva ventanni e adesso che si avvicinava ai sessanta ne conosceva tutte le pietre e tutte le anime.
― Ma voi don Eusteriu, non potevate immaginare?
Il vecchio parroco, anche lui venuto in paese appena ordinato e mai smosso da lì, perché nessuno voleva quella sede, si asciugava il sudore agitando un fazzoletto con gesti plateali che smuovevano le carte sulla scrivania del maresciallo.
 segue il paragrafo In media res. Comincia il botta e risposta che ancora non svela, anzi alimenta domande. Di cosa stanno parlando veramente? 
Alberto Tosciri ha scritto:
Qui ti faccio un appunto, la perpetua sa più di sagrestia che di caserma. Sostituirei con un termine più adatto.

Pezzo molto suggestivo, reso affascinante dal mistero. Di cosa si sta parlando veramente? La risposta non è semplice, si procede cambiando supposizione paragrafo dopo paragrafo. Solo alla fine arriveremo alla rivelazione: Due santi bambini, che Dio manda nello sperduto paese di Riu Lugestra – dove gli incarichi si prendono più per punizione che per merito – per riportare la pace sulla terra.
Ed ecco che senza accorgercene abbiamo assistito al  compimento del loro primo miracolo, placare gli animi di due uomini, nonché padri dei due ragazzini, venuti alle mani, furenti di rabbia. La pace scende su di loro e su tutti i presenti come un manto di grazia. Il miracolo è compiuto. (P.S. magari fosse accaduto questo miracolo durante i pestaggi che invece, in più occasioni, hanno causato la morte di un giovane fuori dalla discoteca).
Non ti nascondo che ho dovuto rileggerlo un paio di volte, volevo essere certa di avere capito. Ho letto le tue risposte quindi non aggiungo altro.
Bravo, hai saputo tenere il lettore sulla corda, scrivendo una trama 
Alberto Tosciri ha scritto:
Da quando ho saputo, e non è stato facile sapere, ho aspettato anno dopo anno che succedesse questo. E ogni volta tiravo un sospiro di sollievo quando la processione dei santi andava come doveva andare. Mi bastava guardare i bambini della rappresentazione per capire che erano innocenti. Ma questa volta ho capito che non sarebbe stato come sempre. Prima o poi doveva succedere. Voi padre lo sapevate anche prima.
― Sì.
― E adesso padre? Cosa succederà a Riu Luggestra?
Questo paragrafo è quello che mi ha messo più in difficoltà, e concordo sul fatto che qualche passaggio andrebbe chiarito meglio. Nel complesso, però, rimane un racconto particolare.
Complimenti.
 

Re: [MI 169] I padri dei santi

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Grazie @Adel J. Pellitteri 
sono contento che il racconto ti sia piaciuto.
Concordo moltissimo che dovevo spiegare meglio alcuni punti; parlo spesso di fatti e luoghi lontani dai contesti usuali e conosciuti, seppure inventando e modificando, e molte cose sono senz'altro astruse.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Qui ti faccio un appunto, la perpetua sa più di sagrestia che di caserma. Sostituirei con un termine più adatto.
Qui posso essere sicuro  :)
Fin da bambino ho sempre vissuto in caserme dei Carabinieri, mio padre lo era, e ricordo sempre con piacere e nostalgia delle donne di una certa età che venivano a fare le pulizie e sbrigare altre faccende nelle caserme (stazioni) carabinieri. All'epoca venivano pagate dai carabinieri, che si tassavano un tanto a testa poi in seguito mi pare ricevessero un vero e proprio stipendio statale.
Queste donne venivano proprio chiamate "perpetue",  come le perpetue dei sacerdoti e in un certo senso la loro ragion d'essere era simile, per quanto possa sembrare strano. La motivazione avrebbe bisogno di una lunga spiegazione che non penso interessi più a molti, ma aveva a che fare con il compito inizialmente considerato quasi "sacrale" dell'Arma, come i colori della loro divisa, il rosso e il nero, che  ricordava la talare e con la grande uniforme (quella con il pennacchio rosso-blu) hanno un colletto bianco rigido che visti da dietro, senza copricapo, sembrano seminaristi...
Le perpetue non si limitavano a fare le pulizie, talvolta cucinavano per i carabinieri scapoli che alloggiavano in caserma, facevano la spesa, tenevano i contatti con persone del paese che magari avevano qualche problema e liti, problemi di confini di terreni, liti fra familiari e cose simili ed erano restii a presentarsi ai carabinieri per esporre i loro problemi... le perpetue ne parlavano al maresciallo, in forma confidenziale e bonariamente si interveniva per sistemare tutto. Ma erano altri tempi. Erano amiche delle mogli dei carabinieri, conoscevano i loro figli, a me quando ero piccolo ricordo una perpetua che mi regalava dei dolci fantastici che faceva in casa sua per la sua famiglia, per le feste; ci si riuniva per le feste... ti parlo di molti anni fa, un'epoca in cui io più o meno ho ambientato la storia.
Trovi un esempio perfetto di perpetua dei carabinieri nel film "Pane, amore e fantasia" con Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida, nel 1953. La perpetua è interpretata dalla grande Tina Picca, Caramella, e si vede benissimo come prepara il pranzo per il "maresciallo" De Sica che essendo scapolone vive in caserma.
Personaggi fantastici in quel film e altri simili.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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