[MI 169] Meduse

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Traccia di mezzanotte

Il testo successivo all'edting di @GiorgiaScalise  lo trovate qui.

Il cielo è una coperta grigia e uniforme. Sembra di guardare all’infinito dentro allo spazio, ma in realtà non si sta guardando nulla, solo una coltre di fumo che nasconde anche le vette dei grattacieli. Me ne sto sdraiato sul cemento, le mani dietro la testa, una canna in bocca, giusto per staccare un attimo. Non che non mi stia divertendo, ho solo bisogno di scollegarmi da tutto e da tutti per un po’, per ricaricarmi. Sono fatto così. Faccio un ultimo fiato e la passo a Gabriele, poi mi metto a sedere.
Le luci della città si riflettono sul mare e si deformano con dolcezza seguendo le onde. Sono luci calde, placide, sembra che la città stia dormendo; ma conosco l’illusione, so che è sempre sveglia, e ci osserva. Come le meduse sotto la superficie dell’acqua, le ho viste, ce ne sono parecchie, ma il riflesso della città le nasconde.
«Posso finirla?» Chiede Gabri.
«Fai pure». Mi picchio un paio di volte le cosce per pulire i pantaloni e faccio per alzarmi, mentre Gabriele fa l’ultimo fiato della canna e schicchera il mozzicone in acqua. Simona allunga una mano per tirarmi su, ma io ormai sono a metà movimento, arrossisco e non la prendo. Mi sento stupido, ma non dico nulla. Avrei voluto accettare la sua mano, ma sarebbe sembrato innaturale, o no? Fa niente, ormai è tardi, sono uno stupido.
Il molo abbandonato è così pieno di gente che si fa quasi fatica a camminare. Non sembra importare a nessuno del vento freddo che soffia dal mare: il molo, oggi, è un ecosistema a parte, caldo e pulsante. La musica è così alta che si fa fatica a sentirsi parlare, e si balla come dei forsennati, e si canta.
«Ohi, sono arrivati i miei amici», fa Simona, indicando un gruppo di ragazzi che si sta avvicinando. Non riesco a vederne i lineamenti, le uniche fonti di illuminazione sono i lampioni della città, lontani dal molo, e la luna, nascosta oltre il cielo. Ma va bene così: è intimo, eppure collettivo.
Facciamo un giro di presentazioni, poi torniamo a sederci vicino all’acqua e stappiamo le birre. Siamo un gruppo numeroso, forse una ventina di persone. Chiacchieriamo un po’, le amiche di Simona ballano, rovesciano una birra, ridiamo tutti. Vedo Gabri che ha lo sguardo puntato sulla più rumorosa delle ragazze, nonostante sia fidanzato. Io non riesco a distogliere gli occhi da Simona, ma ormai mi sono messo il cuore in pace che lo sanno tutti.
Parlo poco, anche quando il discorso mi interessa, anche quando avrei tanto da dire. Mi chiedo: quello che sto per dire è intelligente? È interessante? Gli altri lo vogliono sentire? E finisce che non dico niente, ormai la conversione è andata avanti, e io mi pento, ma lo rifaccio subito dopo. Gabriele è diverso, e io lo lascio parlare e non intervengo. Non so perché.
Mi capita spesso di sentire il richiamo di fare grandi cose, ma non so mai cosa, ed è frustrante. È come con le persone. Non riesco a inserirmi nella conversazione, non riesco a lasciare andare, e allora mi blocco, mi chiudo, penso a un mucchio di cose da dire ma le tengo per me. Mi sento fuor d’acqua. Sono uno spettatore, posso solo registrare la vita che mi scorre accanto, ma mai afferrare la sua mano.
«Che fai?» Simona si siede accanto a me e mi passa la bottiglia.
Faccio un sorso. «Guardo le meduse». Scarpe e calze accanto a me, sto a gambe penzoloni sull’acqua, e ogni tanto mi allungo per toccare con l’alluce la cupola di una medusa. «Sono bellissime».
«Sembra che si muovano a ritmo di musica».
Sorrido. «Chissà». Le ripasso la bottiglia. Resto in silenzio a fissarle, ho una frase in testa ma non so se dirla ad alta voce. Mi decido. «Non hanno pensieri, non hanno un cervello, eppure vivono, mangiano, si accoppiano, e non hanno bisogno di nient’altro. Vedi quelle sul fondo, immobili? Secondo te sono vive o morte?»
«Mh, non lo so».
«Esatto, è così sottile il confine. Sono di pura acqua, e il passaggio da vita a morte è solo un soffio. È pacifico, non trovi?»
Fa un mezzo sorriso. «Anche il corpo umano è fatto per il 60% da acqua. Forse siamo meduse anche noi».
Ridiamo.
«Le birre mi stanno dando alla testa, ho bisogno di muovermi un po’. Vieni a ballare?»
Mi rialzo, mi rimetto le scarpe e la seguo. Mi sento in imbarazzo, ma il ritmo è più forte di me, e mi lascio andare. Ho il cuore a mille, ma passa a duemila ogni volta che Simona mi guarda con quel suo mezzo sorriso. Balliamo fino ad avere le gambe doloranti, e facciamo i cretini, non ce ne frega niente. «Come le meduse!» Mi grida all’orecchio, e si mette a imitare il loro battito ondulatorio, e iniziamo a ballare così.
Voglio solo divertirmi, cerco di non farmi paranoie se io le piaccia o meno. Qualsiasi cosa dovrà accadere, accadrà. Ma anche solo pensare di volere divertirmi mi sembra mi stia frenando, in qualche modo. È così che ci si comporta? Una persona normale si lascerebbe andare e basta, no? Senza pensare al doversi divertire, lo fa e basta. Io invece ci rimugino su. Perché sono così? Cosa c’è di sbagliato in me?
«Gli sbirri!» Sento gridare. Ovviamente, era solo questione di tempo. Molti stanno già sciamando dal molo, cercando di dribblare i poliziotti che stanno sbarrando l’unica uscita.
«Io non me ne vado», digrigno i denti. «Questa era la nostra serata».
Non sono l’unico a pensarla così. Si sollevano insulti, urla sopra la musica. Una bottiglia vola verso gli agenti. La gente si schiaccia verso la parte più lontana del molo, sgomita.
Ci riuniamo agli altri del nostro gruppo. «Che facciamo?»
«Si scappa, che altro?»
«Io non voglio farmi fermare. Dobbiamo per forza passare di là in mezzo agli sbirri?»
«Vedi alternative?»
Io e Simona ci guardiamo. La spuma si infrange sul bordo del molo. «Saltiamo», dice lei.
«Voi siete pazzi», ribatte Gabriele. Ma i poliziotti si stanno facendo strada, e la folla si sta accalcando in fondo al molo, e hanno iniziato a volare bottiglie e pietre. La situazione precipiterà da un momento all’altro, e allora saremo tutti fregati.
Simona fa un mezzo sorriso, e io mi lancio. L’acqua è gelida, e mi sveglia come uno schiaffo, mi sveglia davvero. Poco dopo un tonfo mi dice che Simona ha fatto lo stesso.
«Siete fuori di testa!»
Nuotiamo, i tentacoli delle meduse sono urticanti ma è sopportabile, e mentre dal molo gli altri ci insultano, gridando più forte della musica che ancora non si ferma, noi non possiamo fare a meno di smettere di sorridere. Indica col dito verso il basso, e si immerge in apnea. Faccio lo stesso, scendiamo, e mi sembra di star volando su un cimitero di meduse.
Raggiungiamo il fondale, ci fermiamo un attimo, ci giriamo verso l’alto. Altri ragazzi hanno avuto la nostra stessa idea, e vediamo le loro silhouette nuotare nel buio, in alto, come uccelli sgraziati. C’è pace, qui sotto, e in questo istante eterno tutto ha perso di significato. Non c’è bisogno di parlare.
Le meduse sopra di noi si muovono come fantasmi opachi nella notte. Le meduse immobili attorno a noi hanno i tentacoli che si toccano e si intrecciano. Allunghiamo le braccia e le nostre mani si stringono l’una all’altra.

Re: [MI 169] Meduse

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Eh sì, @Mina, molto bello questo tuo racconto. Anch'io ho vissuto le incertezze dei primi amori, attraversato la fase della ribellione contro l'Autorita' (che fossero gli uomini in divisa o semplicemente i genitori): credo che ci siamo passati tutti. È caratteristico di una certa età.
Poi ci mettiamo la testa a posto, conquistiamo un posto di lavoro e ci facciamo una famiglia;  come per magia, l'adolescenza è finita!
Grazie per avermi fatto riprovare quelle sensazioni.

Re: [MI 169] Meduse

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Ciao, @Mina  
Mina ha scritto: una canna in bocca,
Metterei la Canna in corsivo  e la toglierei dalla bocca per sportarla sulle labbra.
Mina ha scritto: Mi rialzo, mi rimetto le scarpe e la seguo.
Prima si mette le scarpe e poi si rialza, è perl l'immagine che si crea.

Bellissimo. Tutto quel parlare a se stesso senza una sola sbavatura, bello, e a me, è piaciuto così tanto perchè ho fatto gli stessi pensieri per così tanti anni quando ero una regazzetta... Mi sono sentita prorio come lui, e per così tanto tempo.
Ma torniamo al racconto. La trama è essenziale, le immagini delle meduse, a parte che è buio e non so se si riuscirebbe a vedere quelle in fondo, sono molto belle. Bellissimo il momento dell'arrivo degli amici di Simona; hai reso benissimo l'atmosfera mi sembrava di essere lì con loro.
Buono come hai inserito la traccia. L' l'epilogo, che mi pareva scontato, alla fine  ha un sapore di riabilitazione del protagonista introverso, fa la scelta che altri non avrebbero fatto, se non fosse stato lui per primo a buttarsi. Insomma, il testo ha un messaggio di crescita, ho provato, empatia.
In un racconto così piccolo è molto difficile matterci tutto quello che serve a una buona storia. Tu sei riuscito a farlo, Un incipit che acchiappa, il conflitto interiore, i difetto fatale del protagonista, eppoi, la prova finale che lo fa risorgere. A guardare il mondo da sotto il mare, alla fine, nel ragzzo è cambiato qualcosa. Che dire, mi sembra di avertelo già detto in un altro racconto, tu sai scrivere benissimo. Io boh, vedo queste cose ma mica riesco a farle.
Super complimenti a te!

Re: [MI 169] Meduse

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Mina ha scritto: Io e Simona ci guardiamo. La spuma si infrange sul bordo del molo. «Saltiamo», dice lei.
Avrei visto di più il gesto di coraggio da parte di lui, che si sblocca per amore e si lancia a proporre a lei una iniziativa al buio, rischiando un rifiuto e la derisione dei compagni.
Mina ha scritto: Nuotiamo, i tentacoli delle meduse sono urticanti ma è sopportabile,
Hai scelto bene le meduse...

Bravo, @Mina - è molto bello il tuo racconto, Lieta che tu sia tornato al MI.  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 169] Meduse

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Ciao @Mina 

Si respira un’aria di adolescenza, di libertà, di bellezza, di amore. Sono riuscito ad assaporare queste sensazioni, io che praticamente non ho potuto avere una un’adolescenza come tutti gli altri.
Non condivido tutto diciamo; ad esempio le canne, perché nel mio ambiente di lavoro dovevi essere lucido. Se guidavi un mezzo e non eri in possesso delle tue facoltà causavi un incidente e potevi farti male tu e a quelli che trasportavi. Hai presente Tom Cruise in Top Gun che al pub beve un bicchierone di un liquido trasparente pieno di ghiaccio? La ragazza ordina uguale e scopre che è acqua ghiacciata. Ma anche senza essere nei Top Gun bisogna essere consapevoli delle proprie azioni e delle conseguenze che potrebbero avere oltre che su di noi sugli altri.
Parlo da vecchio bacchettone perché da giovane ho dovuto assistere a molte tragedie, purtroppo.
Ma non fare caso alla mia incursione drammatica, in fondo apprezzo gli indios dell’Amazzonia che per superare la fatica masticano foglie di coca strappate nella giungla.
Ho apprezzato la poesia del tuo testo, la timidezza, la voglia di vivere e di amare dei protagonisti. Quando tutti scappano all’arrivo dei poliziotti e alcuni si tuffano nel mare notturno pieno di meduse ho avuto l’impressione come di una scena catartica, l’acqua purificatrice, una comprensione e un superamento delle passioni, delle trasgressioni, una nuova rinascita.
Poi magari non è così e tutto riprenderà come prima, ma è una bella scena finale, si può essere portati a credere così.
Una bella scrittura la tua, capace di far sentire, far provare delle sensazioni. Non scendo in particolari tecnici, non me ne intendo molto in queste esposizioni, ma amo la bellezza. Per questo dico che la tua è una bella scrittura.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 169] Meduse

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Bravissimo, Minuccio, uno dei tuoi testi migliori degli ultimi tempi.
Mi è piaciuto molto, mi accodo ai complimenti degli altri (pronostico un vincitore!). In particolare ho apprezzato proprio la scrittura, ottima davvero. Mi hai catturato dall'inizio alla fine senza doverti inventare chissà quale assurdità o colpo di scena, ed è un gran pregio. Vuoi una critica? Piccola piccola? Ma sì dai, sennò non sono io: cerca di non esagerare con i pensieri come questo:
Mina ha scritto: dom giu 05, 2022 9:40 pmParlo poco, anche quando il discorso mi interessa, anche quando avrei tanto da dire. Mi chiedo: quello che sto per dire è intelligente? È interessante? Gli altri lo vogliono sentire? E finisce che non dico niente, ormai la conversione è andata avanti, e io mi pento, ma lo rifaccio subito dopo. Gabriele è diverso, e io lo lascio parlare e non intervengo. Non so perché.
Mi capita spesso di sentire il richiamo di fare grandi cose, ma non so mai cosa, ed è frustrante. È come con le persone. Non riesco a inserirmi nella conversazione, non riesco a lasciare andare, e allora mi blocco, mi chiudo, penso a un mucchio di cose da dire ma le tengo per me. Mi sento fuor d’acqua. Sono uno spettatore, posso solo registrare la vita che mi scorre accanto, ma mai afferrare la sua mano.
mi spiego: in realtà è un pensiero molto bello, però essendo un racconto in prima persona metterne diversi così uno dopo l'altro rischia di fare effetto "confessione", non so se mi spiego. Vuoi farci arrivare il carattere del protagonista, perfetto. Una parte dei suoi "difetti" li fai dire a lui (così come fatto in questo pezzo) ma l'altra, secondo me maggioritaria, falla trasparire da quello che fa. Ha raccontato come si comporta nelle conversazioni, mettila in scena invece.
Comunque complimenti, gran bel pezzo! È sempre un piacere ritrovarti (chissà che un giorno non ripassino da queste parti @Plata@Simone Volponi...)

Re: [MI 169] Meduse

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@Poeta Zaza @Alberto Tosciri @Kasimiro @Joyopi @bestseller2020 grazie mille  :rosa:
Poeta Zaza ha scritto: Avrei visto di più il gesto di coraggio da parte di lui, che si sblocca per amore e si lancia a proporre a lei una iniziativa al buio, rischiando un rifiuto e la derisione dei compagni.
Sarebbe stato molto interessante in effetti. In questo modo lui avrebbe fatto la proposta e il gesto, compiendo un doppio atto di fede nei confronti di lei. Nel racconto invece lei fa la proposta e lui il gesto, e in tale modo il suo atto di fede è minore - sa già che lei è intenzionata a farlo perché ha fatto la proposta - ma sta anzi raccogliendo l'invito da parte di lei andando a confermare che la fiducia che lei ha riposto in lui fosse ben riposta

Alberto Tosciri ha scritto:
Non condivido tutto diciamo; ad esempio le canne, perché nel mio ambiente di lavoro dovevi essere lucido. Se guidavi un mezzo e non eri in possesso delle tue facoltà causavi un incidente e potevi farti male tu e a quelli che trasportavi. Hai presente Tom Cruise in Top Gun che al pub beve un bicchierone di un liquido trasparente pieno di ghiaccio? La ragazza ordina uguale e scopre che è acqua ghiacciata. Ma anche senza essere nei Top Gun bisogna essere consapevoli delle proprie azioni e delle conseguenze che potrebbero avere oltre che su di noi sugli altri.
Parlo da vecchio bacchettone perché da giovane ho dovuto assistere a molte tragedie, purtroppo.
Ma non fare caso alla mia incursione drammatica, in fondo apprezzo gli indios dell’Amazzonia che per superare la fatica masticano foglie di coca strappate nella giungla.
Sono d'accordissimo con te, ci mancherebbe: anche io aborro l'uso di sostanze psicotrope in situazioni in cui si ha una certa responsabilità, come al lavoro o alla guida. Grazie mille delle tue riflessioni, sono sempre stimolanti
Joyopi ha scritto: Ha raccontato come si comporta nelle conversazioni, mettila in scena invece.
Hai ragione! Ero così preso dal cercare di capire come spiegare a parole quelle sensazioni che non ho pensato al fatto che, invece di spiegarle, avrei potuto mostrarle
Joyopi ha scritto: chissà che un giorno non ripassino da queste parti @Plata@Simone Volponi...
Magari  :buhu:
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