[LAB 1] Il sole degli ultimi

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Il capitano Erich Weber entrò nella cella. Una stanza semioscura tagliata a metà da una fascia di luce che cadeva obliqua dall’alto di una finestra a bocca di lupo, formando un quadrato luminoso sul pavimento di cemento. All’angolo di un tavolaccio stava seduto un ragazzo con una mano appoggiata sulla fronte, invasa da un ciuffo di capelli biondi. Indossava pantaloni strappati, una camicia sporca; sopra le spalle una coperta militare. Non si mosse sentendo entrare qualcuno. Weber lo guardò in silenzio.
― Devo parlare con te ― disse con tono incolore.
Era la prima volta dopo molti anni che riprendeva a parlare tedesco. Il ragazzo alzò la testa di scatto, il ciuffo gli calò sugli occhi grigi. Weber immaginava che fosse giovane, gli era stato detto che i membri del Werwolf erano giovani, ma questo era poco più di un bambino.
― Quanti anni hai?
Il ragazzo non rispondeva. Il suo sguardo era smarrito. Non voleva darlo a vedere ma aveva paura.
― Sedici… ― rispose con voce rauca.
― Quasi… ― aggiunse abbassando lo sguardo.
Weber doveva procedere a quella sorta di inutile interrogatorio, sapeva che il destino del ragazzo era segnato, ma avrebbero dovuto informarlo che si trattava di un bambino, non era pronto a questo.
― Ho parlato con gli altri prigionieri.
― Perché sai parlare tedesco?
― Perché… i miei genitori erano tedeschi.
― Perché hai la divisa americana allora?
― Perché sono americano.
― Perché sei un traditore! ― urlò il ragazzo indignato.
― Non è così.
― Invece è così! Non voglio parlare con te!
― Invece devi. Non troverai molti americani che ti parleranno in tedesco!
Il ragazzo sbuffò attraverso le labbra screpolate.
― Quanti membri del Werwolf sono in questa zona? Dove sono? Che compiti hanno?
Il ragazzo sbuffò un’altra volta, lo sguardo fisso in un punto della parete. Weber diede uno sguardo a dei fogli dattiloscritti che teneva in una cartella.
― Le spie e i sabotatori vengono fucilati, lo sai? Sì?
― Siete voi che dovete essere fucilati! Io sono nella mia patria! Voi no!
― Tu non sei un soldato! Chi dovevi contattare? Dimmi i nomi, i posti, i compiti!
― Io sono un soldato invece! E non dico niente a un traditore!
Weber si accese una sigaretta. Ne offrì una al ragazzo, che fece cenno di no.
― Come ti chiami? Questo puoi dirmelo.
Il ragazzo si spostò in fondo al tavolaccio, sospettoso.
― Helmut ― disse con un filo di voce.
― Stammi a sentire Helmut. Devi dirmi dove sono i tuoi compagni…
― Non tradirò i miei camerati!
― Abbiamo trovato lungo il fiume due ragazzi più grandi di te. Si sono uccisi con il cianuro.
Helmut si morse le labbra. Due lacrime gli esplosero in faccia. Si pulì rabbiosamente con la mano.
― Li conoscevi?
― Non conosco nessuno.
― Abbiamo catturato altri ragazzi in borghese che non sono di qui. Alcuni sono soldati sbandati, altri no. Tu verrai con me e mi dirai se appartengono al Werwolf. Come te.
― Come fai a sapere che io…
― Me lo hai detto tu. Adesso.
Helmut si lanciò addosso a Weber con una rabbia insospettabile, digrignando i denti e alzando i pugni. Weber lo immobilizzò gettandolo a terra. La porta della cella si aprì, il sergente e un poliziotto irruppero ma il capitano fece cenno di uscire.
― Calmati adesso Helmut! Calmati ti ho detto!
Liberò Helmut dalla morsa delle sue braccia, il ragazzo si divincolò ansimando, accucciandosi verso il muro. Era rosso in faccia, aveva il fiato che sapeva di febbre. Piangeva. Weber stette un po’ in silenzio.
― Come si chiamavano?
― Gustav... Karl... ― rispose a bassa voce come chiamando i suoi amici, asciugandosi le lacrime, scostandosi il ciuffo che gli cadeva sugli occhi in continuazione.
― Va bene Helmut. Perché loro avevano il cianuro e tu no?
Helmut non rispondeva, lo sguardo abbassato, il naso che colava.
― Perché sei troppo giovane, vero? Non è una colpa.
― Volevo morire anche io.
― Ti hanno ordinato di non morire quindi? Perché?
― Per non… dimenticare.
― Cosa?
― Voi.
― Helmut, ascoltami. Gustav e Karl erano sporchi di sangue, ma non erano feriti. Sono stati loro a uccidere il borgomastro?
Il ragazzo non rispondeva.
― Sei uno di loro Helmut. Anche se non hai ucciso. Capisci cosa significa? Lo capisci vero?
Helmut taceva. Weber sospirò. Rimasero entrambi in silenzio.
Il capitano si voltò verso la porta, gli bastava dare una voce e si sarebbe aperta, se ne sarebbe andato, non poteva influire sul destino già segnato di quel bambino. Una goccia d’acqua cadeva a intervalli da una tubatura posta sul soffitto formando una pozza che riverberava dove cadeva la luce del sole. Perdersi in quell’idea di mare...
Weber si voltò verso Helmut.
― Vorrei aiutarti ma non posso. Io non posso. Hai una madre e un padre che ti aspettano?
― Sì.
― Vuoi scrivere loro una lettera? Ti prometto che gliela porterò io stesso.
Il ragazzo si passò la mano in faccia per asciugarsi le lacrime e scostarsi il ciuffo che ricadeva di continuo sugli occhi.
― La porterai tu da mamma e papà? Davvero?
Weber pensava che non avrebbe avuto difficoltà a farlo.
― Sì.
― Perché?
― Perché… Perché siamo tedeschi. No?
Weber si stupì nel dire questo. Ma non poteva dire a Helmut che odiava la guerra, che provava pietà per lui, che non poteva fare niente per salvarlo, che avrebbe preferito non conoscerlo. Parole che non sarebbero state capite. Ma un compatriota che porta ai genitori la lettera del figlio sì.
― Ma sei sempre con gli americani ― disse Helmut.
― Lo so. Sono sempre con gli americani. Fa parte della vita.
― Come ti chiami... capitano?
Weber glielo disse. Poi estrasse un foglio dalla cartella e glielo porse con una matita. Helmut posò il foglio sul tavolaccio e si mise a scrivere, la testa china, il ciuffo sugli occhi. Quando ebbe finito porse il foglio a Weber, come un allievo a un professore.
― È in gotico ― disse Weber con un lieve sorriso.
Anche Helmut sorrise.
― Sì. Ero bravo a scuola. Il paese e l’indirizzo sono in stampatello però, così non ti confondi e li trovi subito.
― Hai fatto bene. In America non mi hanno insegnato il gotico a scuola.
Il capitano mise il foglio dentro la cartella.
― Ti farò portare qualcosa di buono da mangiare. Cosa ti piace?
― Oh! ― Helmut sbuffò e sorrise. Aveva un sorriso bellissimo, velato di tristezza.
― Tanto io mangio tutto!
― Immagino ― disse Weber e stava per dire “alla tua età” ma si fermò. Perché non si decideva ad andarsene? Stava perdendo tempo. Sapeva che l’indomani Helmut sarebbe stato fucilato assieme ad altri, non poteva farci niente, la sua condanna era stata già firmata. Weber, si avviò stancamente alla porta.
― Capitano Weber! ― disse Helmut.
Weber si voltò.
― Se mangio buono questa sera vuol dire che… È domani. Sì?
― Sì, Helmut.
― Capitano Weber!
― Sì, Helmut.
― Domando un favore.
― Dimmi.
― Datemi una giacca da soldato. Della Wehrmacht!
― L’avrai.
― Capitano Weber! Signore! È una promessa, signore?
― È... una promessa.
Weber si voltò verso la porta.
― Capitano Weber!
Come Weber si voltò Helmut si irrigidì, sollevò la testa, batté il piede sinistro a terra, si mise sull’attenti e portò di scatto la mano destra sulla fronte nel saluto militare. Weber esitò. Rispose al saluto irrigidendosi anche lui sull’attenti.
***
Helmut saltò dal camion con le mani legate dietro la schiena, scortato dai soldati, scuotendo la testa per togliere il ciuffo dalla fronte. Indossava una giacca da soldato abbottonata fino al collo. Weber sospirò. Lo accompagnarono al palo di legno sbrecciato dove poco prima avevano fucilato altri sabotatori. Un piccolo gruppo di ufficiali, fra cui un allampanato prete in uniforme, stava intorno a lui. Un sergente si fece avanti per bendarlo, Weber prese la benda e si avvicinò a Helmut.
― Porterò la tua lettera a casa.
― Grazie capitano Weber. Di tutto.
― Mi dispiace.
― Adesso sono un soldato, vero?
― Sì Helmut. Sei un soldato.
Il plotone d’esecuzione si schierò.
Helmut sollevò il viso al cielo. Come sentì dare i primi ordini si mise sull’attenti. Gli alamari d’argento della sua giacca luccicarono al sole.
La scarica di fucileria fu secca e breve. Helmut cadde in avanti, con il suo ciuffo al vento che lo accompagnò per l’ultima volta.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto Tosciri , Bentrovato nel nuovo contest.
Mi ripeterò, ne sono certa, ma la tua scrittura ormai è una certezza.
Hai scritto un bellissimo racconto anche stavolta.
Mi ha colpito molto questa frase:
Alberto Tosciri ha scritto: Una goccia d’acqua cadeva a intervalli da una tubatura posta sul soffitto formando una pozza che riverberava dove cadeva la luce del sole. Perdersi in quell’idea di mare...
Non tanto per la bellezza della frase, quanto per la tecnica usata. Hai usato questa immagine per smorzare la tensione, spostare l'attenzione di chi legge su un dettaglio che richiama la libertà, il mare, il vento, insomma, tutto quello che c'è al di fuori di quella cella. Questa è una tecnica che ho riscontrato in molti film e tu la usi spesso nei tuoi racconti. Il tuo stile è ormai inconfondibile. Già ti avevo detto una cosa simile nel tuo racconto"Colombe di terra:" Erano i sandali di Giuda che mi colpirono, vero?
Il tema è molto attuale, non ho potuto fare a meno di pensare alla guerra in corso e a quante situazioni simili stiano accadendo, a quanti  uomini provano lo stesso odio di Weber Verso la guerra e la stessa sensazione di impotenza.

Ti dico giusto due cose che rivedrei:
Alberto Tosciri ha scritto: Una stanza semioscura tagliata a metà da una fascia di luce che cadeva obliqua dall’alto di una finestra a bocca di lupo, formando un quadrato luminoso sul pavimento di cemento.
Questa frase, a me sembra davvero lunga.
Alberto Tosciri ha scritto: Era la prima volta dopo molti anni che riprendeva a parlare tedesco. Il
Qui metterei le virgole dopo volta e anni,  a me sembra sia un inciso quello.
E niente, grazie per la bellissima storia

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alba359 
sempre molto gentile con quello che scrivo, ti ringrazio.
Son contento che ti sia piaciuta la mia "tecnica" (non so come poterla chiamare in altro modo ma hai ragione: la uso spesso) quella di spostare a un certo punto l'attenzione della scena su un dettaglio che in apparenza non serve a niente ma, visto che l'hai notata e ti è piaciuta, forse è utile, certo non sempre; bisogna calibrare senza eccessiva enfasi.
La usava moltissimo, però nei suoi film, Sergio Leone,  descrivendo, mostrando piccolissimi insignificanti particolari, spesso senza nessun dialogo e io ci andavo pazzo immergendomi in ogni sequenza fin da bambino e poi tornato a casa scrivendo, scrivendo... 
La usava anche, sempre nei film, un grande attore, Anthony Quinn ed era particolare perché lui non era un regista. Se vedi "Barabba" quando lui è gladiatore al Colosseo e altri gladiatori intorno a lui discutono dei cristiani addittandolo come colui che fu graziato al posto di Gesù, lui finge di non occuparsi del dialogo, sistemando con cura alcuni legacci della sua armatura, provandone la consistenza sul braccio e rispondendo a monosillabi, guardando da un'altra parte; un suo modo per sviare il dialogo.
Sempre Quinn, nel film "I cannoni di Navarone" mentre è in una caverna nascosto con dei sabotatori che discutono, lui è in silenzio da una parte, chino, intento a operazioni insignificanti: sistemare delle casse, spostare oggetti, avvolgere funi con cura meticolosa. Scene non indispensabili ma che aggiungono realismo, vita, come cerco di fare io scrivendo.

Trovo giustissima la tua notazione sulla frase troppo lunga e le virgole sull'inciso. Devo tenerne conto. Grazie.

Grazie @Almissima 
Vedo che anche tu sei rimasta colpita dalla pozzanghera/mare... però anche dai personaggi, son contento che ti siano piaciuti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto Tosciri

Mentre leggevo ho avuto la sensazione di aver già letto e apprezzato questo tuo racconto. Tutte le scene sono ben mostrate e le emozioni sono tangibili. È molto bella la figura del capitano Weber in cui, nella disumanità della situazione, riesci a far emergere una scintilla della sua personalità di (padre?) uomo dalla natura potenzialmente mite ma piegato dalla crudeltà della guerra e dal senso del dovere e dell’onore di essere un soldato. Quell’onore che Weber riconosce in Helmut, un adolescente che condivide l’amore per la propria patria, il rispetto per i propri compagni e la fierezza per quanto agito.
La caratterizzazione è ottima davvero e l’ambientazione è più che credibile, con pochi colpi di penna sei riuscito a portarmi prima dentro alla cella e poi davanti al plotone per l’esecuzione. Un racconto crudo e violento ma così delicato nei sentimenti da risultare commovente.
Alberto Tosciri ha scritto: Weber si stupì nel dire questo. Ma non poteva dire a Helmut che odiava la guerra, che provava pietà per lui, che non poteva fare niente per salvarlo, che avrebbe preferito non conoscerlo. Parole che non sarebbero state capite. Ma un compatriota che porta ai genitori la lettera del figlio sì.
Forse questo intervento del narratore lo avrei evitato. Il lettore avrebbe capito lo stesso, ne sono convinta.

Complimenti!

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Grazie 
@Monica ha scritto: Mentre leggevo ho avuto la sensazione di aver già letto e apprezzato questo tuo racconto.
Probabile. Avevo pubblicato una versione lunga il doppio, di 16.000 caratteri nel WD un paio d'anni fa, ho
dovuto riscriverla tutta eliminando  praticamente quasi tutto, limitandomi a ricostruire i dialoghi e  poco altro, nonostante io non ami tagliare quasi mai.
Per l'intervento del narratore ti do ragione; il fatto è che mi piace sempre dettagliare, ma quel punto che hai indicato si poteva leggere fra le righe, con qualche altro ritocco.

Il fatto che ho descritto  è avvenuto realmente, io ho  molto romanzato e cambiato nome.
Ci sono dei filmati americani dell'epoca che riprendono la scena, mi colpirono e andai a fondo, risalendo anche ai nomi e alle missioni di quei ragazzi, che furono fucilati nel giugno 1945, a guerra finita.
Di solito posto sempre qualcosa a suffragare quello che dico, i fatti su cui mi baso talvolta, ma in questo caso preferisco di no, sono scene che fanno male. Ti giuro che quelle mani legate dietro la schiena mentre il ragazzo scende dal camion e quel benedetto ciuffo mentre cade si vede eccome nei filmati. 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

7
@Alberto Tosciri , hai scritto un racconto davvero splendido. 
Lessico sensoriale, ritmo elegante e vivido, che non si limita a raccontare l'empatia, ma la induce irresistibilmente in chi legge. 
Ho ammirato la misura con cui hai gestito un materiale difficile come l'emotività.
Senza mai scadere nell'enfatico, hai saputo mantenerne un'intensità così alta da commuovere.
Una sola cosa: forse avrei chiuso con il saluto. 
La fine era nota, raccontarla, se pure regala la visione di quel ciuffo bambino, abbassa un poco la temperatura drammatica.
Grande prova, Alberto.
Chapeau!
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Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Grazie @aladicorvo 
Il finale forse tende al melodrammatico, la  scena della fucilazione intendo, amo il dramma,  non ho resistito a metterci alcuni particolari che per me apparivano importanti, come il breve  discorso fra Helmut e Weber, il riverbero del sole sugli alamari dell'uniforme, l'irrigidirsi sull'attenti di Helmut poco prima di essere fucilato, un comportamento figlio di un antico codice d'onore militare equiparabile, la sparo grossa, al  Bushido dei samurai giapponesi di un tempo, che non avrebbero mai mostrato paura nemmeno davanti alla loro prossima morte.
E il ciuffo ribelle.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto Tosciri e bentrovato. Intendo contribuire al labocontest con un "fuori concorso" e commentando, tempo permettendo,  quanti più lavori possibile tra quelli degli altri partecipanti. Inizierò dal tuo, se permetti.
Alberto Tosciri ha scritto:
Il ragazzo non rispondeva. Il suo sguardo era smarrito. Non voleva darlo a vedere ma aveva paura.
― Sedici… ― rispose con voce rauca.
Il senso è chiaro: il ragazzo è spaventato, sulla difensiva e risponde a monosillabi. Tuttavia le due frasi (il ragazzo non rispondeva/rispose con voce rauca), lette una dopo l'altra, sembrano in contraddizione. Tanto vale scrivere soltanto: "Il ragazzo aveva lo sguardo smarrito. Non voleva darlo a vedere ma aveva paura" e, poi, far dire al narratore l'età e che rispose con voce rauca. Il senso rimane inalterato, anzi secondo me viene intensificato.
Alberto Tosciri ha scritto: ― Gustav... Karl... ― rispose a bassa voce come chiamando i suoi amici
Rispose, chi? Ok, si capisce - eccome se si capisce - per l'alternanza delle battute, per il contenuto della risposta... però, per come la vedo io, se non si commentano le battute, basta l'alternanza, se si aggiunge qualche notazione, come in questo caso (rispose a bassa voce) dovrebbe essere specificato chi fa cosa. "Rispose Helmut, o il ragazzo, o il bambino, o l'imberbe soldato". Parere mio, s'intende.
Alberto Tosciri ha scritto: Ma non poteva dire a Helmut che odiava la guerra, che provava pietà per lui, che non poteva fare niente per salvarlo.
E, invece, glielo dice, che non può fare niente per salvarlo, appena nove righe più su, in discorso diretto.
Alberto Tosciri ha scritto: Se mangio buono
Se mangio "bene"? Buono mi fa un po' così...
Alberto Tosciri ha scritto: con il suo ciuffo al vento che lo accompagnò per l’ultima volta.
Non mi fa impazzire quest'ultima frase. 
"[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]La scarica di fucileria fu secca e breve. Helmut cadde in avanti,  il ciuffo a coprirgli gli occhi per l'ultima volta". Che ne dici? Abbi pazienza, non mi è venuto niente di meglio.[/font]

Allora, come avrai notato, le mie note sono bazzecole, più una questione di gusto personale che vere criticità. Vediamo adesso il testo, come storia raccontata ed efficacia dei dialoghi.
Cominciamo col dire che il tema della promessa è pienamente centrato. Il linguaggio usato è sobrio ma non arido, capace com'è di alcuni efficaci passaggi descrittivi, mi riferisco, ad esempio, alla luce della finestra che si delinea sul pavimento di cemento della cella.
La storia raccontata ha un buon impatto emotivo. Storia di camerati (e qui non fa differenza che i due protagonisti vestano una diversa divisa, è un cameratismo "trasversale"), del rispetto che maturano reciprocamente l'uno per l'altro e, se vogliamo, narrazione delle brutture (e delle spietatezze) che sono il portato di qualunque guerra. 
Sul fronte dei dialoghi, da dire che sono asciutti, del tutto funzionali alla storia raccontata e agli stati d'animo dei protagonisti.  Bandite le battute, le arguzie, le trovate brillanti, semplicemente perché qui sarebbero state fuori posto. Il tuo intento era quello di far emergere il dispiacere del più maturo capitano verso le sorti del ragazzino, coinvolto in qualcosa più grande di lui e destinato ad un epilogo, purtroppo drammatico, e il coraggio riconoscente di Helmut. Direi che la missione è pienamente compiuta.
Concludendo, ti faccio i miei complimenti per quella che si dimostra essere una storia dal forte impatto emotivo, raccontata decisamente bene.  

  
 

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Pulsar 
Pulsar ha scritto: Intendo contribuire al labocontest con un "fuori concorso" e commentando, tempo permettendo,  quanti più lavori possibile tra quelli degli altri partecipanti. Inizierò dal tuo, se permetti.
Eccome se permetto, è un piacere. Più persone commentano meglio è.
Pulsar ha scritto:
Il senso è chiaro: il ragazzo è spaventato, sulla difensiva e risponde a monosillabi. Tuttavia le due frasi (il ragazzo non rispondeva/rispose con voce rauca), lette una dopo l'altra, sembrano in contraddizione. Tanto vale scrivere soltanto: "Il ragazzo aveva lo sguardo smarrito. Non voleva darlo a vedere ma aveva paura" e, poi, far dire al narratore l'età e che rispose con voce rauca. Il senso rimane inalterato, anzi secondo me viene intensificato.
Sì, è una contraddizione il fatto che il ragazzo risponda se prima ho detto che invece non rispondeva. Bisognava spiegarla quella scena, analizzare il silenzio, l’esitazione, poi la risposta (con i puntini di sospensione). Avrei dovuto usare troppi caratteri che non potevo permettermi, ho inserito azione e la controazione senza specificarla.
Pulsar ha scritto:

Rispose, chi? Ok, si capisce - eccome se si capisce - per l'alternanza delle battute, per il contenuto della risposta... però, per come la vedo io, se non si commentano le battute, basta l'alternanza, se si aggiunge qualche notazione, come in questo caso (rispose a bassa voce) dovrebbe essere specificato chi fa cosa. "Rispose Helmut, o il ragazzo, o il bambino, o l'imberbe soldato". Parere mio, s'intende.
Sì, bastava l’alternanza delle battute, hai ragione. I personaggi sono talmente diversi che è difficile confonderli.
Pulsar ha scritto:
E, invece, glielo dice, che non può fare niente per salvarlo, appena nove righe più su, in discorso diretto.
Vero anche questo, ci avevo fatto caso ma ho lasciato. Secondo me in quei frangenti era comunque chiaro anche per Helmut che era stato condannato e Weber glielo aveva fatto capire prima, senza mai nominare la condanna. Poi Weber, dopo, nella sua mente, ribadisce a sé stesso il suo dispiacere per non poter far niente. È una spiegazione contorta se non è ben specificata. Ogni azione e pensiero di ogni scena andrebbe analizzato nelle intenzioni, proponimenti ed effetti.
Pulsar ha scritto:
Se mangio "bene"? Buono mi fa un po' così...
Giusta anche questa osservazione, “bene” è più che corretto. Ho voluto esagerare immaginando che un ragazzino come Helmut poteva anche usare un termine scorretto, elementare per definire un mangiare “buono”, nel senso di gustoso.


Anche il ciuffo vuole la sua parte in effetti. Ho visto questo ciuffo come una caratterizzazione di Helmut, che quando cade fucilato non gli copre però gli occhi, in quanto bendato. É stata una mia libertà di racconto, diciamo così, mi serviva per far avvicinare Weber a parlargli per l’ultima volta, tra l’altro in tedesco, davanti ad altri americani intorno.
Quella scena l’ho vista in un filmato americano del 1945, il ragazzo vero aveva 17 anni e conosco anche il suo vero nome e quello dei suoi… camerati. È un filmato di fucilazioni di sabotatori avvenuto a guerra finita e il ragazzo si vede scendere dal camion legato mani dietro la schiena, cammina verso il palo e il ciuffo che scende sulla fronte. Stranamente non viene bendato, forse rifiuta, mentre bendano soldati molto più maturi di lui. La cosa mi ha colpito. Ci vuole un grande coraggio. Lui sì, quando cade, il ciuffo gli va davanti agli occhi per un attimo. E la scena si vede in primo piano. Non l’ho messa perché immagino avrebbe creato problemi su problemi a persone sensibili che poi li avrebbero creati a me e poi di questi bellissimi tempi che stiamo vivendo apriti cielo, figuriamoci. Evito tutto allora.
Comunque, se sei vagamente curioso dal punto di vista storico posso mandarti il filmato in MP.

Un saluto e grazie per i complimenti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto Tosciri ti ringrazio per questo racconto. Come in tante altre occasioni, nei tuoi scritti, imparo qualcosa di nuovo: l'organizzazione Werwolf.
Un racconto che sprigiona l'assurdità e il non senso della guerra, considerando anche la realtà alla quale ti sei ispirato. Faccio fatica a capacitarmi come la crudeltà possa infierire anche verso dei ragazzini che probabilmente  non avrebbero avuto e voluto nulla a che fare con la guerra. Mi ha colpito anche il senso patriottico che hai trasmesso nei dialoghi. Realmente sentito o forzatamente influenzato? (Intendo per esempio con il lavaggio di cervello che veniva fatto in queste occasioni)
Alberto Tosciri ha scritto:
― Perché sai parlare tedesco?
― Perché… i miei genitori erano tedeschi.
― Perché hai la divisa americana allora?
― Perché sono americano.
― Perché sei un traditore! ― urlò il ragazzo indignato.
― Non è così.
― Invece è così! Non voglio parlare con te!
― Invece devi. Non troverai molti americani che ti parleranno in tedesco!
Il ragazzo sbuffò attraverso le labbra screpolate.
― Quanti membri del Werwolf sono in questa zona? Dove sono? Che compiti hanno?
Il ragazzo sbuffò un’altra volta, lo sguardo fisso in un punto della parete. Weber diede uno sguardo a dei fogli dattiloscritti che teneva in una cartella.
― Le spie e i sabotatori vengono fucilati, lo sai? Sì?
― Siete voi che dovete essere fucilati! Io sono nella mia patria! Voi no!
― Tu non sei un soldato! Chi dovevi contattare? Dimmi i nomi, i posti, i compiti!
― Io sono un soldato invece! E non dico niente a un traditore!
 Mi ha colpito questo passaggio. Questo ragazzino che ha la forza di rispondere con un certo tono ed esalta i valori di patria e fedeltà. Mi domando come possa avere ancora questa energia sapendo anche, (lo scoprirà a breve con il pasto) che la sua sorte è segnata. Riesci a trasmettere molta umanità, soprattutto nella figura del capitano Weber, allo scambio di dialoghi fra i due. Però non mi avrebbe stupito una reazione di paura o crollo psicologico da parte di questo ragazzino che vede finire la sua vita suo malgrado.
Mi ha colpito anche il passaggio della lettera scritta in gotico, particolare. Non ne sentivo parlare da tanto.
Nel finale rivedo il tuo grande stile. teatrale, crudo, implacabile.
L'ho letto con molta passione.
Alla prossima

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Grazie davvero tante @Kasimiro 
Il tuo entusiasmo verso il mio racconto mi ha piacevolmente spiazzato, ma non dovrei dirlo, perché sono di parte...
Kasimiro ha scritto: Mi ha colpito anche il passaggio della lettera scritta in gotico, particolare. Non ne sentivo parlare da tanto.
La calligrafia con lettere gotiche viene tuttora insegnata a scuola ai bambini tedeschi. Molte insegne di luoghi pubblici in birrerie, mercati, negozi eccetera sono scritte ancora oggi con l'alfabeto gotico, molto antico.

Le guerre, tutte, manifestano la follia totale, la malvagità dell'uomo nei confronti dei suoi simili.
L'epoca nel quale è inserito il racconto è come tutte le altre. Non è dissimile dalle guerre di religione europee del XVI - XVII secolo, dalle rivoluzioni e controrivolzioni varie che hanno funestato e continuano a funestare la Terra.
Poi ci sono le vittime inconsapevoli, gli innocenti, gli idealisti che poi vengono colti da disillusione, i rinnegati, i traditori, i fanatici... tutto il tremendo campionario umano.
Ragazzi come Helmut forse erano convinti di stare nel giusto, non me la sento di giudicarli col senno del poi. Ancora non tutto si conosce, non tutto è stato detto su di loro.
Come non tutto è stato detto su altri, cittadini europei di tutte le nazioni, che scelsero di militare volontariamente fino all'ultimo dalla parte "sbagliata", ieri come oggi.  Argomento sempre controverso, affrontato male, faziosamente, fonte di discordie, affascinante.
Negli ultimi giorni di Berlino del 1945 furono catturati soldati francesi con l'uniforme tedesca, che difesero fino a esaurimento munizioni le loro postazioni. Facevano parte della Charlemagne Division se non sbaglio, è da molto che non mi occupo di queste ricerche, un reparto belga comandato da Leon Degrelle. Al seguito degli americani c'era un generale francese che vedendo lo scudetto della bandiera francese sulle uniformi tedesche li apostrofò duramente chiedendo loro come mai dei francesi vestissero uniformi tedesche. Loro risposero sprezzanti come mai un generale francese vestisse l'uniforme americana. Furono fucilati sul posto per ordine del generale francese che si "adombrò" per questa lapalissiana osservazione.
Fra innumerevoli documenti redatti secondo me in maniera scientifica, al di fuori e al di sopra di qualunque ideologia,  mi permetto di indicarti questo recente saggio, vista la tua curiosità, ma la documentazione in proposito è davvero sterminata e la verità, per questo come per tutto, non sarà mai divulgata  e conosciuta completamente.
https://tesi.luiss.it/19066/1/073312_GO ... AMEDEO.pdf
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto è stato un piacere leggere il tuo racconto che è scivolato rapidamente verso l'ultima riga e del quale, peraltro, ero convinta di aver già pubblicato il mio commento ma che non ho trovato più, oibò   :facepalm: ...
A mio più che opinabile parere, il dialogo supporta perfettamente le caratteristiche dei due protagonisti, i quali, a loro volta esprimono le rispettive fazioni e, ad essere sincera, è la confidenza di una raffinata empatia  che viene evidenziata nel testo ad essere la parte che ho apprezzato di più, proprio perchè viene in superficie  laddove la miseria della crudeltà umana sembra avere sempre l'ultima parola.
Se posso permettermi un unico appunto, in alcuni parti del testo come nell'incipit avrei evitato l'uso di tutte quelle interruzioni con la punteggiatura, sebbene anche io ami questo tipo di cadenza per enfatizzare certe atmosfere, ci sono nel testo delle parti che, sempre a mio modestissimo parere, sarebbero potute essere ancora più fruibile se alleggerite. Per esempio:
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Il capitano E.W. entrò nell' oscurità della cella illuminata solamente da... [/font]
Alberto Tosciri ha scritto: Il capitano Erich Weber entrò nella cella. Una stanza semioscura tagliata a metà da una fascia di luce che cadeva obliqua dall’alto di una finestra a bocca di lupo, formando un quadrato luminoso sul pavimento di cemento. 

Ad ogni modo è stato un piacere leggerti e a presto (y)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ti ringrazio @Ilaria Piras 
Il tuo commento mi ha fatto molto piacere e ancora più questo punto
Ilaria Piras ha scritto: il dialogo supporta perfettamente le caratteristiche dei due protagonisti, i quali, a loro volta esprimono le rispettive fazioni e, ad essere sincera, è la confidenza di una raffinata empatia  che viene evidenziata nel testo ad essere la parte che ho apprezzato di più, proprio perchè viene in superficie  laddove la miseria della crudeltà umana sembra avere sempre l'ultima parola.
Avevo proprio in mente questa sorta di empatia fra due persone apparentemente diverse, due nemici, ma che avevano anche dei punti in comune che andavano  oltre il loro pur comune retaggio originario.
Questa empatia è naturale in tutti gli esseri umani. Se tutti gli uomini riuscissero  a mettersi nei panni dei loro simili non ci sarebbero più conflitti, in quanto l'idea stessa sarebbe assurda. Purtroppo ci sono esseri umani che hanno sempre lavorato perché gli uomini fossero uno contro l'altro e il più distanti possibili ognuno dalle verità e dalle esigenze dell'altro. 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto Tosciri , il tuo racconto è scritto molto bene. Padroneggi bene la tecnica in generale e nei dialoghi in particolare.

La resa dell'ambientazione è ottima e ben calibrate le parti che la descrivono, senza indugi di autocompiacimento che appesantirebbero la lettura.


Premetto che l'argomento non è nelle mie corde: mi urta l'assurdità della guerra in tutte le sue forme, sia reali che di finzione, la faziosità oltre ogni razionalità.
Forse proprio per questo mi pare troppo forzato il coraggio del ragazzo. A sedici anni - ma a qualsiasi età - si può andare incontro alla morte testa alta solo se ti hanno lavato bene bene il cervello, da qualsiasi parte uno stia.
E ci sta, una volta che ormai il ragazzo si trova di fronte al plotone d'esecuzione, perché tanto lì non ha più scampo, les jeux sont faits, non gli rimane altro che mostrare la testa alta. Ma durante l'interrogatorio non riesco a vederla come possibile l'incrollabile certezza del ragazzo. Paradossalmente, colui che più vacilla è il capitano... Mi suona innaturale un ragazzo che accetta tutto così. Un barlume di dubbio? Una molto umana fifa? Uno straccio d'istinto di sopravvivenza?
Prendile con le pinze le mie considerazioni, perché sono di una che non ama il genere.
Alberto Tosciri ha scritto:
Helmut si lanciò addosso a Weber con una rabbia insospettabile, digrignando i denti e alzando i pugni.
Non direi che la rabbia fosse insospettabile, visto che poco prima il capitano gli aveva teso un tranello. La frase manterrebbe il suo senso togliendo l'aggettivo.
Alberto Tosciri ha scritto:
Il capitano si voltò verso la porta, gli bastava dare una voce e si sarebbe aperta, se ne sarebbe andato, non poteva influire sul destino già segnato di quel bambino. Una goccia d’acqua cadeva a intervalli da una tubatura posta sul soffitto formando una pozza che riverberava dove cadeva la luce del sole. Perdersi in quell’idea di mare...
Bellissimo questo passaggio, dilata il tempo della lettura riflettendo i pensieri del comandante.
In una sequenza di dialoghi, il tempo corrisponde a quello reale. Ma non così il tempo percepito dai personaggi, che tu hai reso bene rallentando il ritmo del racconto in quel punto.
Alberto Tosciri ha scritto:
Weber si stupì nel dire questo. Ma non poteva dire a Helmut che odiava la guerra, che provava pietà per lui, che non poteva fare niente per salvarlo, che avrebbe preferito non conoscerlo. Parole che non sarebbero state capite. Ma un compatriota che porta ai genitori la lettera del figlio sì.
Mi sembra uno spiegone che stona un po' nell'economia del racconto.


Ho apprezzato molto la sequenza sul "gotico". Dona naturalezza al dialogo, verosimiglianza.

Avrei omesso l'ultima parte dell'esecuzione (come ti hanno già suggerito qui sopra), che trovo un po' un coltello che gira nella piaga. Si capirebbe benissimo la fine e anzi suonerebbe ancora più amara.

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Otta 
  
Ti ringrazio per il commento e l’apprezzamento. Anche io sono daccordo con te sull’assurdità della guerra, te lo dice uno che praticamente è nato e vissuto tutta la vita in uniforme e ha visto amici morire in varie missioni. 
Un’indottrinamento militare ideologico può anche portare al lavaggio del cervello, come dici, ma non proprio tutto si può spiegare così. Anche gli antichi romani agivano come falange compatta, non avrebbero potuto applicare le loro tecniche di combattimento per la salvaguardia di tutti come il “testudo” , se non fossero stati uniti e addestrati per uno scopo comune. Certamente poi i vari governanti hanno usato spesso i loro cittadini alle armi per i loro interessi e hanno sempre avuto bisogno di masse compatte che non discutessero o mettessero in dubbio gli ordini.
Questa è la storia umana, è sempre stato così, purtroppo.
Nel caso del racconto, inventato ma basato su episodi veri, si fucilavano comunque quei ragazzi perché si sapeva che difficilmente avrebbero cambiato idea e avrebbero rappresentato un pericolo anche in tempo di pace, come in effetti accadde in Germania fino agli inizi degli anni Cinquanta. La cosa che mi ha sempre colpito è che non invocarono mai pietà, erano consapevoli di come sarebbero potuti finire, tieni conto che potevano anche avere un condizionamento patriottico ma non erano condizionati come i ragazzi di oggi, assuefatti a ben altri condizionamenti.
Molti ragazzi di quei luoghi, di quell’epoca, pur consapevoli della sconfitta senza accettarla, rifiutarono di vivere nel mondo che sarebbe sorto dalle loro ceneri. Qualcuno gli aveva spiegato in che cosa sarebbe consistito quel mondo. Per loro era preferibile morire da soldati nonostante, credo, avessero una grande paura.
Otta ha scritto: A sedici anni - ma a qualsiasi età - si può andare incontro alla morte testa alta solo se ti hanno lavato bene bene il cervello, da qualsiasi parte uno stia.
Non sempre c'è un lavaggio del cervello. Saprai di certo che in Italia, dopo l'armistizio del 1943, i tedeschi operavano azioni di rappresaglia contro i civili; per ogni tedesco ucciso da chi non indossava un'uniforme riconoscibile, venivano fucilati dieci italiani innocenti presi a caso se non si presentava il colpevole.
In molti casi intervennero dei Carabinieri che si dichiararono colpevoli di attentati mai commessi e si fecero fucilare per liberare gli ostaggi. Non erano certo stati indottrinati a fare questo. 
Otta ha scritto: una volta che ormai il ragazzo si trova di fronte al plotone d'esecuzione, perché tanto lì non ha più scampo, les jeux sont faits, non gli rimane altro che mostrare la testa alta. Ma durante l'interrogatorio non riesco a vederla come possibile l'incrollabile certezza del ragazzo. Paradossalmente, colui che più vacilla è il capitano... Mi suona innaturale un ragazzo che accetta tutto così. Un barlume di dubbio? Una molto umana fifa? Uno straccio d'istinto di sopravvivenza?
Non credere che fossero tutti determinati. Venivano selezionati e addestrati duramente, chi non era considerato all’altezza veniva escluso.
Ci sarebbe da discutere sui “soldati bambini”, anche di altre latitudini.
Anche l’Italia nella prima Guerra Mondiale chiamò al fronte i famosi “ragazzi del 99”, molti diciassettenni e in alcuni casi anche meno.
Anche loro per difendere la patria dall’invasione, dalla sconfitta. Cosa potevano fare? Eppure fu qualcosa di tremendo. La guerra è orribile anche per queste imposizioni non tanto per eroismi senza senso, i soldati non sanno niente delle strategie economiche e territoriali che sono la causa delle guerre, i soldati sono un mucchio di uomini impauriti e raggruppati che obbediscono agli ordini e si difendono a vicenda. Combattono per loro stessi; naturalmente ti parlo di uomini normali, non considero gli uomini che sono psicologicamente criminali a prescindere fin da piccoli anche nella vita civile e che si nascondono dietro le guerre per dare sfogo ai loro istinti primordiali. Sarebbe un lungo discorso.
Condivido le tue utili osservazioni @Otta  molto pertinenti. Grazie ancora.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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I commenti sono vari e articolati -anche sul piano per così dire storico-  e io abbastanza indietro con i miei.  Sarò dunque piuttosto veloce.
Il tema, mi associo in ciò a Otta, non è tra i miei preferiti e neppure le storie troppo ricche di pathos. Ho comunque apprezzato alcuni spunti, come la madre lingua tedesca  dell'ufficiale americano e l'uso dell'alfabeto gotico; anche le sottolineature "visive" dell'ambiente e dei personaggi (un po' troppo insistito magari il ciuffo!).
I dialoghi riescono in genere  convincenti, la scrittura  scorrevole (uno "spiegone" è già nei commenti) e corretta, perciò ho "inciampato" con un po' di meraviglia in  due frasi  davvero circonvolute, causa principale dell'intervento. Ho letto un po' in fretta, vale per eventuali altre.
Una stanza semioscura tagliata a metà da una fascia di luce che cadeva obliqua dall’alto di una finestra a bocca di lupo, formando un quadrato luminoso sul pavimento di cemento.
Ci sono troppi termini , in parte superflui, come  la tipologia della finestra, o che alterano il ritmo -semioscura, tagliata a metà (poco importa precisarlo).  E "fascia" è improprio, non si usa riferendosi alla luce. Frequente il  maschile, ma qui "fascio" non renderebbe la scena, la tua è una "lama".

Una goccia d’acqua cadeva a intervalli da una tubatura posta sul soffitto formando una pozza che riverberava dove cadeva la luce del sole.
Anche qui... Non bastava al lettore "un tubo del soffitto, o solo dal soffitto"?  via il gerundio "e la pozza  rifletteva la luce del sole.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pmNon si mosse sentendo entrare qualcuno sentendolo entrare. Weber lo guardò in silenzio.
Hai già specificato di chi si tratta.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pmimmaginava che fosse giovane, gli era stato detto che i membri del Werwolf erano giovani, ma questo era poco più di un bambino.
La prima frase è lo stesso concetto della successiva, quindi una delle due è  superflua.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pm
― Come ti chiami? Questo puoi dirmelo.
Il ragazzo si spostò in fondo al tavolaccio, sospettoso.
Aggiungerei, per via dell'allontanarsi fisicamente, a sospettoso anche "repulsivo" insieme.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pmil ragazzo si divincolò ansimando, accucciandosi verso il muro. Era rosso in faccia, aveva il fiato che sapeva di febbre. Piangeva. Weber stette un po’ in silenzio.
Un bel paragrafo di descrizioni di emozioni coinvolgenti.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pm
― Vuoi scrivere loro una lettera? Ti prometto che gliela porterò io stesso.
Il ragazzo si passò la mano in faccia per asciugarsi le lacrime e scostarsi il ciuffo che ricadeva di continuo sugli occhi.
― La porterai tu da mamma e papà? Davvero?
Prima Promessa. Si capisce che la manterrà.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pm
― Domando un favore.
― Dimmi.
― Datemi una giacca da soldato. Della Wehrmacht!
― L’avrai.
― Capitano Weber! Signore! È una promessa, signore?
― È... una promessa.
Seconda Promessa. La manterrà.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pm Weber, si avviò stancamente alla porta.
Ti è sfuggita quella virgola.
Alberto Tosciri ha scritto: ven mag 13, 2022 8:55 pm
Adesso sono un soldato, vero?
― Sì Helmut. Sei un soldato.
Il plotone d’esecuzione si schierò.
Io l'avrei chiuso qui.
Un gran bel racconto, emozionante e commuovente, della tua vena letteraria principale.
Chapeau, grande @Alberto Tosciri   (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Alberto Tosciri 

Il racconto, come tua consuetudine, è scritto ottimamente e scorre assai bene.
La lettura è piacevole e l’argomento è altamente drammatico.

Riesci, attraverso elementi descrittivi e dialoghi molto credibili, a creare il complesso quadro di una situazione in cui gli uomini si pongono al limite
della loro umanità.
Narri un episodio, ovviamente di fantasia, della seconda guerra mondiale, ma che certamente può, nelle ragioni e nella logica disumana di quel conflitto (come di tutti gli altri conflitti passati, presenti e forse futuri), avere avuto luogo nella realtà.
E’ un racconto epico, che pone l’accento sul senso del dove e dell’onore militare, visto dal punto di vista di un giovane posto dalla parte sbagliata della storia.

Confesso, amico mio, che da ragazzino, passato dalle letture de “Il Monello” e “L’intrepido” ebbi un nutrito periodo di “Guerra d’eroi”, fumetto interamente imperniato sulle vicende belliche del conflitto mondiale.
Un racconto come il tuo, mi avrebbe allora commosso, facendomi anche inumidire gli occhi.
Ma poi crescendo sono diventato anarco_marxista e pacifista convinto, quindi quelle emozioni non mi toccano più :)
Ciò nonostante, complimenti per l’ottimo lavoro letterario di sicura qualità.

A si biri  (y)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Ciao @Nightafter 
Grazie del tuo commento e dell'ottima interpretazione che hai fatto del racconto.
Ricordo con piacere che già in passato discutemmo delle comuni letture fumettistiche della nostra infanzia... Ho ancora in un angolo della mia libreria  fumetti di "Guerra d'Eroi" che risalgono a partire dal 1967-1968, e poi  Capitan Miki, Blek, Tex, Diabolik, il Monello, Intrepido...
Mi appassionavo a quelle storie di fantasia; c'erano ottimi disegnatori, molto precisi nella rappresentazione della vita militare, nei dettagli delle divise, nonché dell'uso della lingua italiana. Inconsciamente fin da bambino seguivo un mio particolare metodo di lettura, "immergendomi" nelle varie tavole fumettistiche come in un quadro arrivando a "vedere" ulteriori scene, immedesimandomi, immaginando, arricchendo, inventando, ricercando e modificando. Era un mio mondo che non c'entrava nulla con la guerra o meglio la guerra c'era, ma io non stavo da nessuna parte della barricata, per me era solo una rappresentazione.
Anche se i fumetti di guerra erano ovviamente tutti di scuola inglese, quindi dalla parte degli Alleati, talvolta alcuni creatori di quei fumetti, dalle storie ai disegni, rappresentarono anche l'altra parte, quella definita "sbagliata". 
Non voglio tediarti con puerilità superate  abbondantemente da entrambi, ma ricordo parecchie storie che mi colpirono, come quella di un commando inglese di madre tedesca che per salvarsi da una missione andata male indossò l'uniforme di un soldato tedesco ucciso, assumendone l'identità e vivendo per anni con l'esercito tedesco. C'erano scene dove veniva rappresentato mentre lucidava i suoi stivali in una austera camerata e un soldato tedesco, che poi divenne suo amico fraterno,  che rideva e scherzava con lui. Per questo amico tedesco l'inglese rinuncerà alla fuga verso le linee inglesi, quando ne avrà la possibilità, in quanto, vedendolo ferito tornerà indietro per soccorrerlo e riportarlo nelle linee tedesche.
E io pensavo: ma allora anche "questi" nemici sono uomini come gli altri?
Caro @Nightafter starei ore a parlare di queste fantasie fumettistiche che se avessi studiato seriamente avrebbero contribuito a formarmi in qualcosa di artisticamente interessante e innovativo, nella sua vetustà, nel quale ogni tanto con le mie scarse forze tento di addentrarmi per rappresentare la mia patetica visione del mondo e della storia. Patetica perché non sono stato mai convinto di parti "giuste" e parti "sbagliate", ieri come ancora oggi e sempre.
Condivido che la guerra è orribile a prescindere. Tutte le più importanti dispute mondiali dovrebbero essere risolte mettendo i contendenti davanti a file di spiedi di carne arrosto e  damigiane di vino e far vincere chi alla fine della pantagruelica riunione è ancora in grado di stare in piedi.
E chi vuole "contrattaccare" organizzi un'altra mangiata e bevuta. E così via.

A si biri   :)
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Caro @Alberto Tosciri 

Qui fumetti che citi sono stati miei fidi compagni per anni, è su di loro che mi è nata quella passione per il disegno che mi ha poi condotto a un indirizzo artistico dei miei studi superiori.
In realtà coltivavo il sogno di divenire anche io un disegnatore di fumetti, per tanto mi dilettavo a creare piccoli album (nel formato a striscia come quelli di Capitan Miki e Black Macigno) creando piccole storie disegnate a matita e poi illustrate a china da me.
Trovai. intorno ai dieci anni, uno straordinario maestro del segno per la mia formazione autodidatta: "Magnus", al secolo Roberto Raviola, autore grafico dei fumetti (per adulti) Kriminal, Satanik, Denis Cobb, su soggetti di Max Bunker (Luciano Secchi).
Quei fumetti furono decisivi per indirizzare le mie scelte di studio future.
La cosa singolare, fu che mia madre, felice di avere un figlio con velleità artistiche, quando comprese quale fosse il materiale a cui mi ispiravo per le mie creazioni, mi prese a scapaccioni, perché si trattava (a suo dire) di fumetti violenti, diseducativi e infarciti di donnine seminude.
Così mi gettò nella spazzatura tutta la collezione dei miei amati fumetti.
Da quel momento seguitare la mia passione fumettistica divenne più difficoltosa, data la proibizione materna dovetti entrare in clandestinità per continuare a coltivarla fino all'età di tredici anni.

A si biri, amico mio.  (y) :D

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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Non sono riuscito a commentare subito dopo averlo letto, talmente forti le emozioni che mi ha lasciato. Rischio di dire solo banalità, ma è sempre un piacere leggere la tua penna. C'è qualche refuso, ma niente che non si possa sistemare con una rilettura con calma. Dal punto di vista tecnico il racconto è perfetto, e anche dal punto di vista del contenuto è eccezionale.
Grandissima amarezza l'inesorabilità di alcuni destini. Weber sa la fine che Helmut farà, lo sa da'inizio, e lo sappiamo noi lettori, così come lo sa Helmut. Ma quando accade esattamente quello che già sapevamo non è meno doloroso: sono comunque rimasto shockato e con gli occhi lucidi. In così poche righe, questo indica una splendida capacità narrativa. Nonostante la giovane età, quando Helmut capisce che il suo destino è ineluttabile, accetta la cosa nel modo che secondo me è più maturo e stoico. Certe tragedie sono già scritte, molto tempo prima che accadano, e non si può fare nulla, solo aspettare: ecco, secondo me è questo periodo, quello che va dalla scoperta che la tragedia accadrà al fatto stesso, che è quello più interessante, perché si può tracciare una similitudine con il periodo che la nostra vita rappresenta mentre attendiamo la morte. E non importa di tutto quello che c'è stato prima, l'innocenza di un ragazzo, la collaboratività con  il capitano: arriverà, come una fucilata

Re: [LAB 1] Il sole degli ultimi

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@Alberto Tosciri  ciao.
Come sempre un godibilissimo racconto fatto di una scrittura classica ed efficace, basata su un’ ambientazione che evoca ricordi di mille libri e mille film letti e visti (per chi non ne può avere memoria diretta).
Il procedere della storia, i dettagli che decidi di portare in evidenza, generano un effetto “bolla” dove il tempo è congelato: il lettore è lì, dentro alla bolla e non può che assistere agli eventi.
Anche i dialoghi scorrono fluidi. Sono anch’essi classici, poco gergali, e penso che sia giusto così: non devono essere obbligatoriamente colloquiali ma essere adatti al contesto di scrittura e ambiente. Essere coerenti al personaggio! 

A rileggerti!
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