I lupi di Kabul

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Commento a Bashir di @Adel J. Pellitteri

Gli uomini con la barba li svegliano all’alba. All’inizio non capiscono cosa sia. Sembra il ronzio lontano di insetti arrabbiati, il cingolare metallico di pentole accartocciate.
Mamma aiuta Aamir a vestirsi in fretta, infila il burqa, i fratelli e la sorella già pronti sulla porta. Escono di casa in silenzio.
La strada traballa sotto i loro piedi mentre corrono verso l’aeroporto con gli occhi nella polvere, una mano aggrappata a chi sta di fronte.
Quando la camionetta svolta l’angolo si trasformano in pietra, ma gli uomini con la barba frenano proprio di fianco a loro, scendono a terra con un salto e le armi in mano.
Le mani di mamma strengono poi spingono Aamir indietro, quelle del fratello grande lo afferrano e lo nascondono dietro le gambe, dove le mani della sorella lo infilano dietro le pieghe del burqa e lo passano alle mani dell’altro fratello.
Le ultime mani lo fanno rotolare dietro un bidone ribaltato.
Aamir cade nella polvere e tra i mattoni, rimane zitto e senza lacrime perché capisce e anche perché dentro di lui c’è solo la voce muta della paura. Gli uomini con la barba non lo vedono, perché lui è ancora basso, abbastanza da nascondersi dietro la sua famiglia.
Da quando sono scomparsi tutti si sveglia da solo. Si alza, si veste, si lava la faccia con l’acqua fredda, poi esce in strada e va a cercare del cibo, le mani premute sulle tasche dei pantaloni.
Aamir cammina veloce, lo sguardo basso, cerca i proiettili. Non è una ricerca che richiede pazienza, ce ne sono ovunque. Si china, li raccoglie, li mette in tasca e li fa suonare, sbatacchiandoli uno contro l’altro.
Aamir si nasconde, aspetta, scruta, sfreccia tra le bancarelle del mercato dove ruba del cibo. Nessuno lo insegue, qualcuno lo nasconde. La città è grigia e polverosa intorno ad Aamir, il cibo che si infila in bocca sa di terra e vento e non riempie la pancia.
Così, un giorno dietro l’altro.
Da quando sono tornati gli uomini con la barba si è aperto un buco che ha ingoiato risate e colori: gli uccellini cantano senza voce, i venditori al mercato osservavano le mosche banchettare sulla loro merce senza muovere un dito. Aamir ruba senza che nessuno lo sgridi.
I fiori, che prima bucavano i mattoni e spaccavano il cemento, ora sono solo crepe e buchi.
Aamir non ha fretta, non ha più una casa dove tornare. Calcia una lattina schiacciata, soffia contro l’aria ferma, rigira i proiettili che gli pesano in tasca. Li schiaccia tra le dita fino a sentire male.
Quando arriva in mezzo al viale si gira e fissa le punte bianche delle montagne, così lontane e tanto vicine. Un giorno andrà lassù, dove tutto sembra pulito e dove nessuno ti chiede cosa fai per strada. Se gli uomini con la barba lo fermassero e glielo chiedessero, che cosa risponderebbe? Aamir non lo sa.
Un fischio gli scaraventa il cuore nello stomaco e lo fa saltare. L’aria si mette a tremare di urla e di spari.
Aamir sa di dover correre, ma le gambe sono diventate colonne e i piedi mattoni.
Di nuovo il fischio, questa volta più vicino.
Aamir vuole schizzare via, sa che stanno arrivando e che gli chiederanno che cosa fa per strada, ma lui ancora non sa che risposta dare.
Non riesce proprio a spostarsi però e allora pensa: “Chi se ne frega, tanto prima o poi mi prenderanno e mi faranno crescere la barba.”
Aamir lascia cadere le braccia lungo i fianchi, il cuore smette di sbattere contro le costole come un uccellino in un camino.
Proprio mentre la camionetta svolta l’angolo, delle mani schizzano fuori dalla casa distrutta di fianco alla quale Aamir sta impalato, lo afferrano, lo tirano e lo fanno sparire.
La camionetta passa sulla strada vuota, la polvere a correrle dietro turbinando.
«Ma non hai sentito il fischio?»
«Che facevi là in mezzo?»
«Volevi farti prendere?»
I ragazzini sono una decina, alti e bassi, piccoli e grandi, ci sono anche delle femmine nota Aamir.
«Chi siete?»
«Siamo i lupi di Kabul.»
«Non ci sono i lupi a Kabul!» ridacchia Aamir, ma smette subito.
«Siamo imbattibili.»
«Siamo inafferrabili.»
«Siete stati voi a fischiare?» chiede Aamir.
«Abbiamo visto arrivare la camionetta.»
«Era un avvertimento.»
«Non avevo capito.» Aamir è confuso, perché l’hanno aiutato? «Grazie.»
Il ragazzino più basso di tutti si avvicina molto e lo studia strizzando gli occhi.
«Sei un lupo solitario?»
Aamir pensa che gli piacerebbe esserlo, i ragazzini sembrano felici, o almeno contenti. Non c’è traccia di paura o di solitudine nei loro movimenti.
Il ragazzino più alto si mette di fianco al più basso e anche lui scruta Aamir, risalendo dai buchi nelle scarpe fino all’ultimo granello di polvere che gli impasta i capelli.
«Credo proprio che tu abbia ragione, Karim.» Il ragazzino più basso annusce e quello più alto lancia ad Aamir un’ultima occhiata. Aamir sente la fame di essere guardato ancora, ma rimane immobile. «Noi siamo i lupi di Kabul, decidiamo noi come vivere. Questo è il nostro branco.» I ragazzini ululano insieme.
Aamir sente un fulmine nella pancia, pensa subito che sia paura, ma è diverso dal solito. Assomiglia al solletico.
«Se vuoi essere un lupo di Kabul c’è posto anche per te,» dice una ragazzina col velo legato intorno alla fronte.
Aamir non sa cosa fanno i lupi di Kabul, dove vivono o cosa mangiano, c’è tempo per scoprirlo; per il momento gli interessa avere un branco.
«Voglio essere un lupo come voi,» dice Aamir e i ragazzini ululano di nuovo.
Aamir segue i lupi nella tana sotto i buchi delle case e sotto la polvere delle strade, impara a fischiare, a vivere sgattaiolando tra i vicoli, impara a suddividere il cibo, ma anche la paura e la solitudine che insieme ai lupi non sembrano così terribili.
Una notte di luna piena, quando i fischi hanno raccolto troppi ragazzini per continuare a nascondersi nella polvere della città, Aamir, Karim e i lupi di Kabul partono ululando verso le montagne in fondo al viale.
Strisciano tra i vicoli e gli uomini con la barba: immobili mentre li seguono, velocissimi quando non guardano. Nessuno rimane indietro. Corrono di notte e si nascondono di giorno.
Lasciano i ricordi crepati e la polvere di Kabul, perché ogni cosa è meglio di quella.
La strada va dritta fino alla cima, loro la seguono fianco a fianco, gli occhi puntati sulla luna sopra di loro.
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Re: I lupi di Kabul

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Kikki ha scritto: mamma strengono poi 
Refuso: stringono
Kikki ha scritto:
Le mani di mamma strengono poi spingono Aamir indietro, quelle del fratello grande lo afferrano e lo nascondono dietro le gambe, dove le mani della sorella lo infilano dietro le pieghe del burqa e lo passano alle mani dell’altro fratello.
Qui mi pare ci siano troppe mani e il passaggio si legge con qualche inciampo, snellirei così: Le mani di mamma stringono poi spingono Aamir indietro, con gesti rapidi, quelle del fratello più grande lo afferrano e lo passano alla sorella che, da dietro le pieghe del burqua, lo passa all'altro fratello.
Oppure vedi tu.
Kikki ha scritto: Aamir non ha fretta, non ha più una casa dove tornare.
Poco prima hai scritto " si lava, si veste...esce con le mani in schiacciate sulle tasche", ho immaginato facesse questo nella sua stessa casa, rimasta vuota. Quindi vedrei meglio: non ha più una famiglia dalla quale tornare.

"Il ragazzino più alto si mette di fianco al più basso e anche lui scruta Aamir, risalendo dai buchi nelle scarpe fino all’ultimo granello di polvere che gli impasta i capelli."

Mi piace, descrizione impeccabile.
Kikki ha scritto: Aamir sente la fame di essere guardato ancora,
Bellissimo, la sete di esistere ancora. Brava
Kikki ha scritto: Aamir segue i lupi nella tana sotto i buchi delle case e sotto la polvere delle strade, impara a fischiare, a vivere sgattaiolando tra i vicoli, impara a suddividere il cibo, ma anche la paura e la solitudine che insieme ai lupi non sembrano così terribili.
Potrebbe avere imparato a suddividere il cibo, ma non credo vada bene lo stesso per la paura e la solitudine. Vedrei meglio condividere.

Il tuo racconto mi piace moltissimo, ho posto l'attenzione solo su qualche dettaglio sul quale farti riflettere. È pieno di speranza, descrivi la forza della giovinezza che grida alla vita, l'urlo che inneggia alla libertà.  (y)

P.s. Grazie per avere riesumato il mio Bashir, adesso vado a rileggere il tuo commento. 

Re: I lupi di Kabul

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Adel J. Pellitteri ha scritto: Qui mi pare ci siano troppe mani e il passaggio si legge con qualche inciampo,
L'affollamento di mani è voluto, ma evidentemente la ripetizione della parola e del movimento non ha ottenuto il risultato sperato, lo riguarderò  :)
Adel J. Pellitteri ha scritto: non ha più una famiglia dalla quale tornare.
giusto
Adel J. Pellitteri ha scritto: Potrebbe avere imparato a suddividere il cibo, ma non credo vada bene lo stesso per la paura e la solitudine. Vedrei meglio condividere.
avevo pensato a condividere, ma ho deciso per suddividere perché volevo proprio che l'idea fosse quella di ridistribuire i pesi, come di solito si fa in famiglia, condividere è più armonico e ha una connotazione più positiva che qui non volevo ancora inserire. In ogni caso, ci riguardo.
Sono contenta che si senta la speranza perché era proprio quello il messaggio che volevo. Trovo che il finale sia un po' troppo raccontato e affrettato, ma anche lì ci riguarderò.
Grazie, cara @Adel J. Pellitteri per gli spunti, molto centrati!
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Re: I lupi di Kabul

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Ciao Kikki, 
perché l'hai voluto raccontare al presente? Io avrei preferito leggerlo al passato.
Kikki ha scritto: Mamma aiuta Aamir a vestirsi in fretta, infila il burqa, i fratelli e la sorella già pronti sulla porta
Avrei inserito qualche avverbio in questa frase, per renderla più chiara. Ad esempio: Mamma aiuta Aamir a vestirsi in fretta, poi si infila il burqa, mentre i fratelli e la sorella sono già pronti sulla porta.
Kikki ha scritto: gli occhi nella polvere, una mano aggrappata...
Avrei inserito la congiunzione "e" al posto della virgola.
Kikki ha scritto: Da quando sono scomparsi tutti si sveglia da solo. Si alza, si veste, si lava la faccia con l’acqua fredda, poi esce in strada e va a cercare del cibo, le mani premute sulle tasche dei pantaloni.
Aamir cammina veloce, lo sguardo basso, cerca i proiettili. Non è una ricerca che richiede pazienza, ce ne sono ovunque. Si china, li raccoglie, li mette in tasca e li fa suonare, sbatacchiandoli uno contro l’altro.
Mi pacerebbe vivere un po' di più le emozioni di questo bambino costretto a cavarsela da solo in una zona di guerra.
Inoltre immagino che i proiettili li raccolga per giocarci, ma non lo chiarisci questo punto.
Kikki ha scritto: Aamir si nasconde, aspetta, scruta, sfreccia tra le bancarelle del mercato dove ruba del cibo. Nessuno lo insegue, qualcuno lo nasconde. La città è grigia e polverosa intorno ad Aamir, il cibo che si infila in bocca sa di terra e vento e non riempie la pancia.
Qui introduci il fatto che diventa un piccolo ladruncolo con troppa fretta, secondo me. Avrei approfondito questa sua condizione di essere obbligato a srubacchiare qualcosa per mangiare. Quel nessuno lo insegue a chi si riferisce? Ai talebani? O ai proprietari delle bancarelle? Se si tratta dei proprietari delle bancarelle perché non lo inseguono? Realisticamente in quelle situazioni i proprietari delle bancarelle odiano quei bambini "senza regole", che tolgono loro quel poco guadagno che farebbero vendendo cibo al mercato. O forse Aamir è diventato una specie di "mascotte" del mercato, e quindi viene "nutrito" tollerando quelle piccole ruberie? Sono dettagli che arricchiscono molto un racconto.

Kikki ha scritto: Aamir ruba senza che nessuno lo sgridi.
Qui sostanzialmente ripeti quello che hai raccontato prima.
Kikki ha scritto: I fiori, che prima bucavano i mattoni e spaccavano il cemento, ora sono solo crepe e buch
Dove un tempo c'erano fiori che bucavano i mattoni e coloravano il cemento, ora ci sono ruderi sporchi e calcinacci.
Kikki ha scritto: «Ma non hai sentito il fischio?»
«Che facevi là in mezzo?»
«Volevi farti prendere?»
I ragazzini sono una decina, alti e bassi, piccoli e grandi, ci sono anche delle femmine nota Aamir.
«Chi siete?»
«Siamo i lupi di Kabul.»
«Non ci sono i lupi a Kabul!» ridacchia Aamir, ma smette subito.
«Siamo imbattibili.»
«Siamo inafferrabili.»
«Siete stati voi a fischiare?» chiede Aamir.
«Abbiamo visto arrivare la camionetta.»
«Era un avvertimento.»
«Non avevo capito.» Aamir è confuso, perché l’hanno aiutato? «Grazie.»
Il ragazzino più basso di tutti si avvicina molto e lo studia strizzando gli occhi.
«Sei un lupo solitario?»
I dialoghi mi piacciono.
Kikki ha scritto: scruta Aamir, risalendo dai buchi nelle scarpe fino all’ultimo granello di polvere che gli impasta i capelli.
Bella immagine.
Kikki ha scritto: I ragazzini ululano insieme.
troppo didascalico.
Kikki ha scritto: Aamir segue i lupi nella tana sotto i buchi delle case e sotto la polvere delle strade, impara a fischiare, a vivere sgattaiolando tra i vicoli, impara a suddividere il cibo, ma anche la paura e la solitudine che insieme ai lupi non sembrano così terribili.
Anche qui passi da un tempo a un altro (cioè dal momento in cui aamir decide di unirsi a loro, al momento in cui è diventato un "ingranaggio rodat[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]o" del branco) con troppa fretta.[/font]
Kikki ha scritto: Lasciano i ricordi crepati e la polvere di Kabul, perché ogni cosa è meglio di quella.
La strada va dritta fino alla cima, loro la seguono fianco a fianco, gli occhi puntati sulla luna sopra di loro.
Il finale mi sembra un po' monco. Cioè, ci sta che la storia finisca quando loro lasciano Kabul per sperare in una vita migliore in montagna (perché poi dovrebbero avere una vita migliore in montagna?), ma hai sintetizzato il finale in troppe poche parole, secondo me.

Queste sono personali considerazioni e opinioni, quindi prendile per quello che sono.

Un saluto

Re: I lupi di Kabul

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edotarg ha scritto: Il finale mi sembra un po' monco.
è vero, lo è  :) In montagna starebbero meglio perché pensano che ogni cosa sia meglio di Kabul.
edotarg ha scritto: Quel nessuno lo insegue a chi si riferisce?
si riferisce ai venditori delle bancarelle, volevo dare l'idea che oltre alla povertà ci fosse della solidarietà e che questi venditori facessero quello che potevano per i bambini rimasti senza casa e senza famiglia.
edotarg ha scritto: troppo didascalico.
qui non capisco cosa intendi per didascalico
edotarg ha scritto: Mi pacerebbe vivere un po' di più le emozioni di questo bambino costretto a cavarsela da solo in una zona di guerra.
Inoltre immagino che i proiettili li raccolga per giocarci, ma non lo chiarisci questo punto.
speravo che si cogliessero le emozioni dal testo, ma hai ragione, Aamir rimane sullo sfondo. I proiettili non li raccoglie per giocarci, ma da tenere in tasca e fare sbattacchiare l'uno contro l'altro come se fosse musica. Questo è un dettaglio vero che ho letto su un reportage e ho trovato molto macabro nella sua semplicità.
edotarg ha scritto: perché l'hai voluto raccontare al presente? Io avrei preferito leggerlo al passato.
ho scritto due versioni, in realtà: una al passato dal pdv di Aamir e questa.
Grazie per le considerazioni, i pensieri e i commenti ben fatti  :)
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Re: I lupi di Kabul

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@Kikki

Ciao Kikki, ho letto il tuo racconto con grande interesse. Mi ha ricordato alcuni libri della resistenza italiana, uno su tutto "Il sentiero dei nidi di ragno" di Calvino, ma anche i lavori di Fenoglio e di altri. Sicuramente può essere un primo episodio per un interessante romanzo, in quanto mi è venuta voglia di conoscere l'eventuale proseguo della storia.

Prima di andare nello specifico, faccio un commento sul senso generale del racconto. Innanziatutto, ho trovato indovinato il senso di urgenza che trasmette il tuo racconto. Sappiamo come la cosa più fondamentale dei tempi di guerra e rivoluzione è che rovesciano la nostra esistenza, eliminano quel po' di agio che ci creiamo tramite i nostri sforzi, quei placidi momenti di pace e di quiete in cui possiamo, per esempio, dedicarci alla coltivazione delle arti (come facciamo in questo forum) per precipitarsi in un incubo concitato in cui rimane soltanto la necessità di sopravvivere. Questo è reso bene da te in questo racconto e, per questo, considero la storia riuscita.

Per quanto riguarda la trama, è molto semplice, perché è la storia di una fuga e di un ritrovameto, di una dimensione nuovamete sociale ma che non è la società tutto sommato "amena" della pace, ma è una società di lotta, di combattimento. Questo è reso in modo molto puntuale e avvincente da te nello scandire gli avvenimenti. Siamo contenti che il protagonista abbia trovato qualcuno con cui continuare la lotto, non più da lupo solitario ma da lupo che agisce in un branco, ma il finale ci trasmette un senso di amarezza perché, insomma, non è un lieto fine. Tante tribolazioni aspettano il protagonista e i suoi nuovi compagni.

Per quanto riguarda i personaggi: il protagonista, pur non spiccando per caratterizzazione psicologica, è ben delineato e credibile, così come ho trovato indovinato e accattivante il dialogo che ha con i suoi nuovi compagni. Pochi cenni tetri e mesti a una realta che questi ragazzi dovranno affrontare non dissimile da quella del "Signore delle mosche" di William Golding, per restare sempre sulla letteratura per ragazzi.

Contenuto. Sicuramente la tua storia trasmette un contenuto molto forte, molto vivido. Ho bene inteso le paure del protagonista e penso di aver colto il messaggio della tua storia, in cui un destino avverso si abbatte su ragazzi che vorrebbero soltanto vivere la loro vita, e che sono costretti in un gioco più grande di loro. E' forse consolatorio pensare che il protagonista della tua storia sembra avere l'intelligenza e il coraggio necessari per trionfare rispetto a un destino avverso.

Stile. Lo stile mi sembra asciutto con dosati tocchi di lirisimo, personalmente l'ho apprezzato. Di certo non abbiamo, come a volte accade, uno scrittore che si mette "di traverso" e non ti fa comprendere gli avvenimenti.

Conclusione. Racconto che raggiunge il suo scopo e che potrebbe anche essere il primo episodio di un buon romanzo. Grazie per averlo condiviso
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: I lupi di Kabul

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Ciao @Domenico S. grazie per aver letto il mio raccontino, mi ha fatto molto piacere.
Non credo che il racconto avrà un seguito, è stato pensato come unico e secondo me pecca nel finale, ma lo rimetterò a posto. Trovo anche che sia sbilanciato nella distribuzione dei dialoghi che vorrei non stessero tutti insieme in un punto, ma d'altronde non voglio nemmeno che Aamir trovi compagnia prima.
Insomma, al più presto ci rimetterò le mani. Grazie ancora.
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Re: I lupi di Kabul

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Ciao @Kikki 
Racconto interessante, mi è piaciuto; in certi punti mi ha risvegliato qualche ricordo doloroso... 
Anche Aamir da grande dovrà farsi crescere la barba ad ogni modo. Da quelle parti implica rispetto, non la portano solo i taliban, gli studenti integralisti del Corano. Molti soldati e operatori umanitari occidentali si sono fatti crescere la barba da quelle parti, erano più ben visti quando si approcciavano ai capi villaggio e in trattative varie. Le usanze.
Non spieghi i motivi per i quali la famiglia del bambino lo nasconda ai barbuti; probabilmente lo rapirebbero per diventare un bambino soldato, un kamikaze o altro... cose molto brutte, penso che avrai letto Il cacciatore di aquiloni...
Molto bella la scena dove Aamir si riempie le tasche dei bossoli dei proiettili per farli risuonare, per tormentarsi le mani... una scena su cui si poteva lavorare ancora secondo il mio punto di vista, ma solo per accentuare  scenicamente le descrizioni...  I bossoli di rame sparsi a  terra  a migliaia, alla luce del sole al tramonto si illuminano di un colore caldo fondendosi con la sabbia, con l'asfalto, colorano lo squallore di un ambiente arido, le pareti delle case sbrecciate, le tende a brandelli, l'aria mortale e calda dove da un momento all'altro può risuonare il colpo di un cecchino o un esplosione... Certe scene, particolari di nessuna apparenza o importanza assumono l'aspetto di fatti epocali quando sei sotto tiro, devi acquattarti in un anfratto e il tempo si dilata, sembra non passare mai.
Poi Aamir si disperde, uno dei tanti, e trova altri ragazzini sbandati come lui. Non sarà più solo ma che fine farà sulle montagne? Dove vanno? Se vanno alla ventura finiranno male, moriranno di fame o di freddo a seconda della stagione. Forse questa fine è preferibile in ogni caso.
Gli uomini, di tutte le parti, non sono sempre buoni.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: I lupi di Kabul

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Ciao @Alberto Tosciri grazie per essere passato a leggere il mio racconto.
Alberto Tosciri ha scritto: dovrà farsi crescere la barba ad ogni modo. Da quelle parti implica rispetto, non la portano solo i taliban,
sì, ma in questo frangente mi è piaciuto usarla come simbolo e come differenziatore tra i "buoni" e i "cattivi"
Alberto Tosciri ha scritto: Non spieghi i motivi per i quali la famiglia del bambino lo nasconda ai barbuti;
non spiego, no, ma speravo si capisse che i genitori vengono arrestati e che cercano di salvare i figli dall'arresto, non ci sono altre motivazioni
Il resto del tuo commento è quasi una poesia un racconto a se stante fatto di colori e tatto, molto bello. CRedo dovresti tenerlo e usarlo come tema per un racconto, davvero.
Grazie ancora per la lettura  :)
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