[MI163] Xenomelia

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Traccia di Mezzanotte: Amputazioni.
Xenomelia

La mano schizzò lontano dall’avambraccio, la lama intaccò il tagliere d’acacia, il sangue cominciò a inondare il tavolo. Elias riaprì gli occhi, alzò lo sguardo verso la ghigliottina: il marchingegno che, secondo lui, era stato ispirato direttamente dalla sua mano, aveva fatto il suo dovere. Finalmente ora si sentiva libero e in qualche modo completo.

Strinse il laccio emostatico, immerse il moncherino nella bacinella del disinfettante; il bruciore gli fece girare la testa. L’anestesia locale stava funzionando e l’euforia per non aver fallito lo aiutò a non cedere. Cominciò a usare il cauterio che aveva comprato su internet: sapeva che sarebbe stata un’operazione lunga e aveva bisogno di riposare ma continuò fino a che il dolore non divenne insopportabile. Si fece l’iniezione di antidolorifico, pulì bene i contorni della ferita, allentò il laccio emostatico e tirò la pelle in avanti, quindi lo strinse di nuovo, quando vide che perdeva meno sangue si fasciò come meglio poté e si sdraiò sul letto. Aspettava che il medicinale facesse effetto, dalla nebbia e la confusione degli ultimi eventi emerse il colloquio avuto con il chirurgo qualche settimana prima.
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«Che cosa significa per lei abbondanza? Per me, dottore, significa infelicità, è un pezzo del mio corpo che non mi appartiene. Vede, io le chiedo soltanto di separarmi da questa mano che non è mia, è di troppo, non posso vivere con questa propaggine scomoda, devo liberarmene.»

«Mi faccia capire, lei vuole che io le amputi la mano sinistra? ma la sua mano non ha nulla che non vada.»

Elias si arrotolò la manica fino al gomito, prese un pennarello dalla scrivania del chirurgo e disse.

«Guardi, è esattamente da questo punto che la mano non mi appartiene.» Fece una linea diritta due centimetri sopra il polso, girò con la punta del pennarello lungo la circonferenza e poi mostrò l’arto al medico.

«Vede, da qui alla punta delle dita io non riconosco la carne e le ossa che stanno attaccate al mio corpo, non mi appartengono. Lei deve aiutarmi, la pagherò molto bene.»

Il medico lo guardò preoccupato, conosceva quella malattia e il pericolo che correva il suo paziente. Sapeva che alcuni soggetti affetti da xenomelia arrivavano ad amputarsi, da soli, l’arto indesiderato. Per quanto facesse fatica a sopportare quella situazione, si disse che non poteva liquidare Elias dandogli solo delle pasticche. Per edulcorare un po' la sua diagnosi e rimandare a un altro giorno la sua decisione, si alzò, gli poggiò una mano sulla spalla e disse.

«Per adesso prendi queste compresse, Elias, una al mattino e una la sera. Tra due settimane torna qui e parleremo dell’amputazione.»

Elias si alzò lo squadrò e disse, «non cerchi di prendermi in giro, tra quattordici giorni lei mi opererà o mi rimpinzerà di nuovo di pasticche?»

«Elias, forse questa cura ti aiuterà, il tempo che ci vorrà aiuterà anche me a valutare una questione così rischiosa, lo sai che amputare arti sani è punito dalla legge. »

Elias non rispose. Usci dallo studio, nascose la mano aliena dentro la tasca dei pantaloni e si avviò verso casa.

Quella sensazione era dentro di lui da quando aveva otto anni, i suoi genitori non si erano mai spiegati la quantità d’incidenti alla mano sinistra che capitavano al loro bambino. La sofferenza era stata tanta, per tutti quegli anni lui non aveva mai parlato con nessuno del suo disagio, fino a che, abbastanza grande, decise che non era pazzo e che gli altri dovevano capire quello che provava.

Il chirurgo pensò di avvertire la polizia, o gli assistenti sociali, qualcuno che potesse sorvegliarlo ma il suo rimase un pensiero vago e per i successivi quattordici giorni e oltre si dimenticò completamente quello strano paziente.

Elias passò in farmacia, mostrò la ricetta alla ragazza dietro al bancone; gli sembrò che la donna lo stesse deridendo dentro di sé. Le vide il pensiero formulato stampato in fronte: “dove se ne va quest’uomo con quella sinistra che non è la sua?” Lui la guardò in viso e pensò la stessa cosa delle sue labbra al botulino. Ritirò la sua medicina e stava per andarsene, quando un uomo sulla settantina con un braccio solo gli si affiancò. Rimase affascinato da quella manica vuota e dall’andatura un po' sbilanciata, dalla mano destra, così agile da non aver nessun bisogno della sinistra per aprire il portafogli. L’uomo con il portamonete nella mano, si sentì osservato e gli lanciò un’occhiata eloquente, Elias si riscosse e lo aspettò fuori dal locale.

L’anziano se lo ritrovò davanti. « Mi scusi per prima.» Elias si propose senza lasciagli modo di protestare, « non voglio essere invadente, è che, forse, io ho la soluzione al problema del suo braccio mancante. Vede la mia mano sinistra? A me non serve, vorrei donargliela. Pagherei io tutte le spese, ma dobbiamo trovare un chirurgo disposto a…»

«Per carità» disse l’altro, «come potrei vivere con la mano di un'altra persona, la ringrazio per il pensiero ma non se ne parla proprio.» Scosse il capo “Oddio, ma che strana gente gira oggigiorno”se ne andò in un brontolio di parole incomprensibili.

Elias confuso e desolato tornò a casa. Si buttò sul divano, guardò con disprezzo la mano estranea, quel pezzo di carne e ossa non poteva essere suo; la tastò, cominciò a pizzicarla, la battè più volte sul tavolino da fumo. In un lampo di dolore qualcosa nel cervello si accese, “Fallo! Fallo!” Una voce interna gridava imperiosa, “fallo!” No, non era lui che formulava quelle parole. Spaventato, prese con la destra la mano indesiderata per lenire il dolore ma in quel gesto gli sembrò che quella non volesse essere toccata. “Fallo!” La voce gli imponeva di commettere un’azione che lui avrebbe dovuto sapere ma in quel momento non ricordava “Devi farlo da solo. Tagliami via da te e sarai finalmente felice.”

Andò in bagno di corsa, prese una lametta da barba e provò a eseguire una piccola incisione lungo la linea sbiadita che aveva fatto nello studio medico; stranamente al dolore si aggiunse piacere. Una sottile vena di felicità lo avvolse per un solo attimo e tanto bastò a riempirlo di consapevolezza e fiducia.

Ci volle poco, seguendo le istruzioni della voce: di lì a due giorni la ghigliottina era pronta, e finalmente era fatta.

Il moncherino gli faceva un male terribile ma doveva alzarsi a controllare la ferita, dare una ripulita in cucina, decidere cosa fare della mano che giaceva ancora sul tagliere e forse farsi anche un’altra iniezione.

Con l’asciugamano avvolto sull’avambraccio, si alzò e si diresse verso la cucina. Prese un bicchiere d’acqua dal rubinetto e lo bevve d’un fiato, aprì un cassetto e prelevò un sacchetto di plastica per metterci la mano. Non aveva ancora deciso come disfarsene quando il lampo nel cervello si riaccese, “cosa vorresti fare? Seppellirmi? Non pensarci nemmeno.” Elias si girò di scatto, guardò sul tagliere: la mano era sparita.

In seguito non passò un giorno o una notte che non la sentisse grattare in giro per casa, a volte si svegliava di soprassalto con la sensazione che qualcuno gli stesse toccando i capelli, mentre mangiava sentiva smuovere le stoviglie dentro gli stipetti o, a volte, se decideva di tirare le tende per far entrare il sole, la mano le richiudeva non appena lui usciva dalla stanza. Era iniziato un nuovo periodo della sua vita, senza dubbio era felice di non avere più quel pezzo di troppo attaccato al suo corpo ma era ancora più soddisfatto di quell’epilogo strano. Cavolo, come doveva essere stata male lei con un corpo intero appiccicato e estraneo alla sua natura? Aveva capito che anche la mano aveva avuto bisogno della sua libertà e che forse aveva sofferto quanto lui. Tutto ciò lo fece sentire in pace e in grado di sopportare i suoi scherzi per tutto il tempo necessario.

Re: [MI163] Xenomelia

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Ciao @Alba359,
Ho letto il tuo racconto tutto d'un fiato. 
Mi ha molto sorpresa l'epilogo che hai ideato.
Non mi aspettavo una fine così surreale e mi ha piacevolmente stupita.
L'inizio infatti, da grand Guignol, è molto d'impatto per le descrizioni truculente ma svia molto bene il lettore.
Infatti leggendo si pensa che la patologia di cui soffre il personaggio sarebbe terminata in una auto amputazione.
La parte del colloquio con il dottore fa Infatti presagire una tale fine.
Anche l'incontro con l'anziano senza braccio, perfetto contraltare del protagonista, ha una buona funzione narrativa. 
Alba359 ha scritto: moncherino gli faceva un male terribile ma doveva alzarsi a controllare la ferita, dare una ripulita in cucina, decidere cosa fare della mano che giaceva ancora sul tagliere e forse farsi anche un’altra iniezione.
Questa è l'unica parte del racconto che mi lascia un po' perplessa. Come mai il moncherino gli fa un male terribile?
Magari è possibile, nel senso che può darsi che con la patologia del tuo racconto, si avtebbe quella reazione a un'amputazione.  Ma allora, magari, insisterei su questo, mostrando anche la reazione emotiva del personaggio a una cosa per lui nuova: il dolore in un punto a lui estraneo.
Mi sono anche chiesta se questa patologia sia solo psicologica o abbia invece una causa fisica, dovuta ai nervi, suppongo.
Insomma il tuo racconto mi ha molto colpito, sia per la scelta dell'insolito tema che, soprattutto,  per la svolta inaspettata che hai saputo dare nel finale.
Non ho trovato imprecisioni formali. Forse qualche virgola mancante, ma niente che mi abbia distratto dalla storia. 
Alba359 ha scritto: osse il capo “Oddio, ma che strana gente gira oggigiorno”se ne andò in un brontolio
Ecco, qui aggiungerei una congiunzione prima di se ne andò. 
Ottima prova! Brava!
Alla prossima.

Re: [MI163] Xenomelia

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ivalibri ha scritto: Questa è l'unica parte del racconto che mi lascia un po' perplessa. Come mai il moncherino gli fa un male terribile
Ciao @ivalibri  non ho capito bene la tua perplessità: tu pensi che il moncherino sia la mano amputata, giusto?
Ma non è cosi, parlo di moncherino riferendomi all'avambraccio mutilato della mano. Quello è ancora attaccato al suo corpo e gli fa male nonostante l'anestesia e gli antidolorifici. Per motivi di carenza di caratteri ho tralasciatola parte dove lui si informa e studia a fondo le procedure di amputazione medioevali e i modi di cauterizzare le ferite. Beh stavo superando i mille e mi sono fermata. Gli studi affermano che possono essere entrmba le cause che tu citi.  Una sospetta carenza affettiva ma anche eventuali lesioni cerebrali.
Grazie per averlo letto e per il tuo apprezzamento.  A presto tra le righe del tuo.

Re: [MI163] Xenomelia

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Complimenti, @Alba359
Sia per il racconto, davvero ben strutturato, sia per l'evidente "studio" affrontato per poter scrivere con competenza di tale patologia. Mi è parsa un'idea eccellente, e altrettanto notevole considero il finale. Ancora congratulazioni per aver scritto con naturalezza un racconto che io non sarei riuscita neppure a concepire. Bravissima.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: [MI163] Xenomelia

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Uno dei vantaggi del MI è che sto scoprendo i nomi di molti autori che non conoscevo e che sto imparando cose sempre nuove. Qualche settimana fa ho scoperto che gli aironi sono ardeidi.  :D Ora scopro l'esistenza di questa patologia degna di un episodio di Criminal Minds (di cui sono grande fan). Credo che @Alba359 abbia trattato il tema in modo impeccabile, sia per quanto riguarda la scrittura che per lo stile, con una serie di variazioni che mi sono sembrate sempre efficaci. Anche a me alla fine è venuta in mente Mano della Famiglia Addams, e ci voleva proprio. per spezzare l'atmosfera di angoscia che dominava la parte precedente. Non mi aspettavo una trattazione del genere (ed è il motivo per cui ho scelto l'altra traccia, avevo un'idea in mente legata alla mia esperienza personale, ma mi era sembrata troppo banale), per cui complimenti sia per la scelta dell'argomento che per la  modalità di espressione. 
Tanto la notte capirà: http://www.argentovivoedizioni.it/scheda.aspx?k=capira
"Anna, non fare come quelle band che mi parlano del loro secondo disco quando devono ancora pubblicare il primo!" (cit.)

Re: [MI163] Xenomelia

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ciao @Alba359.

Traccia azzeccatissima... il finale della mano che va in giro in effetti è un po fuori contesto, ma l'idea è carina..
Ti segnalo solo qualche cambiamento di tempo che inizialmente hai staccato con le stelline ( a me piacciono un casino) ma poi hai lasciato al lettore stare attento a non perdere il filo.  Comunque un lavoro interessante... ciao e a presto :sss:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI163] Xenomelia

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Ciao @Alba359 
Confesso che non conoscevo questa patologia, mi ha scosso parecchio. Purtroppo se è una condizione mentale c'è poco da fare. Io non sarei riuscito a scrivere un racconto su questo argomento, ho provato a pensarci ma confesso che mi troverei in difficoltà.
Scritto molto bene tra l'altro e... a proposito della proposta del protagonista di "cedere" la sua mano al vecchio, mi sono venuti in mente alcuni episodi,  che vidi in programmi tv scientifici, di situazioni del genere, dove persone prive di una mano ne avevano avuta una da donatori morti, "attaccate" chirurgicamente. Queste operazioni però non erano andate a buon fine, gli arti non si muovevano normalmente ma con difficoltà e i riceventi sentivano questa mano come estranea, scomoda, tanto da pregare i chirurghi di amputarla, preferendo la loro condizione di prima.

C'è anche da dire, sempre sentita in tv, in quei programmi divulgativi sugli esperimenti medici dei nazisti, che proprio i medici nazisti, in esperimenti segreti, stavano lavorando a queste situazioni per curare i loro soldati feriti e amputati. Ma in maniera diversa. In una base segreta situata in Polonia si raccontava di un prigioniero polacco che lavorava assieme ad altri per la costruzione di missili. Era un operaio specializzato ed ebbe un incidente che gli ridusse in poltiglia la mano e il braccio destro. Alcuni testimoni che assistettero all'incidente lo persero di vista e lo rividero dopo un po' di tempo con il braccio perfettamente normale e funzionante. I medici nazisti non fecero nessun innesto. Glielo fecero "ricrescere", come le code delle lucertole che se tagliate ricrescono. Non lo fecero per umanità, ma perché quel prigioniero a loro serviva, era un tecnico indispensabile.
Non so se sia vero ma viste le clamorose invenzioni che fecero i tedeschi all'epoca, reputo che ci possa essere del vero.
I
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI163] Xenomelia

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@Alba359 
Ciao, è stato un piacere per me leggere il tuo racconto, crudo e spiazzante, dritto al punto e da cui traspare un evidente lavoro di ricerca. Cerco di aiutarti nel tuo lavoro di scrittrice con un commento che risulti, spero, puntuale e utile.

Trama. Ho trovato interessante la tua trovata di cominciare il racconto in media res, ossia mostrandoci subito il succo degli eventi. Io sono convinto che non sempre lo scrittore debba cercare "il finale a sorpresa," ma che possa giocare con gli elementi della trama  per accattivare il lettore, per spiazzarlo rispetto a quello che si aspetta di trovare (come hai fatto tu) o, semplicemente, per ottenere l'effetto richiesto della storia. Devo dire che questo "flash-forward" mi ha fatto venire in mente qualcosa forse ispirato dal cinema o dalla televisione, ma potrei sbagliare. Comunque è una trovata indovinata, secondo me quando scriviamo dobbiamo farci ispirare un po' da tutto. In ogni caso, da una storia che comincia con un'auto-amputazione ci si aspetta un proseguo che continui a stimolare la nostra curiosità e, perché no, il nostro effetto di sgomento. Perciò, nonostante il finale sia, e per forza di cose, meno "a effetto" dell'inizio, ma comunque piacevolmente sfumato, approvo la tua scelta. Anche il resto della trama mi sembra narrata logicamente, è introdotto il personaggio del medico per comprendere meglio la dimensione della patologia del protagonista.

Personaggi. Naturalmente la storia è imperniata su un solo personaggio. Ma, qui voglio girarla diversamente: la storia, come recita giustamente il titolo, è incentrata sulla malattia, che è la vera protagonista. Abbiamo quindi un protagonista con una fissazione ossessiva, ben resa dalla tua narrazione, che procede coattamente non potendo fare a meno di fare quel che fa. Sappiamo, già dall'inizio, che non ci sarà un lieto fine. O, se vogliamo essere più sinistri, forse abbiamo un "distorto" lieto fine, perché in fondo il protagonista ottiene quel che vuole. Naturalmente non parliamo di un personaggio assolutamente caratterizzato o a tutto tondo, ma è funzionale alla storia che hai raccontato. Certo, se permetti un piccola critica, forse con qualche dettaglio in più avresti potuto renderlo più "umano."

Contenuti. Qui, secondo me, veniamo al punto di forza di questa storia (che, come avrai capito, considero riuscita). Infatti il lettore viene a conoscenza di una dimensione patologica che prima forse non conosceva, e l'idea da cui scaturisce il congegno narrativo è sinistramente divertente. La tortura medievale a cui si sottopone il protagonista (e il tipo di storia in generale) mi ha fatto senz'altro venire in mente certe storie di Edgar Allan Poe. Come già detto, si nota un'ammirevole e approfondito lavoro di ricerca, che però non è evidente o spiattellatto, ma dà alla storia la giusta profondità.

Stile. Lo stile è asciutto e va dritto al punto. Non ci sono fronzoli particolari, lo ritengo adatto alla storia raccontata. A mio avviso è sempre piacevole quando non si vede uno "stile" particolare dell'autore o dell'autrice ma si vedono "solo" gli avvenimenti. Ciò non toglie che il finale abbia una sua tetra poesia.

Giudizio finale: Storia molto interessante, un piccolo horror che non sfigurerebbe in una raccolta di Edgar Allan Poe. Per me il giudizio è molto positivo, grazie per aver condiviso la storia e a rileggersi presto.
https://domenicosantoro.art.blog/
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