[MI 158] CR1570
Inviato: dom nov 14, 2021 8:33 pm
Il mio commento
Traccia di mezzanotte
Un basso russare risuona in tutta la caverna, rimbalzando in ogni anfratto.
D’un tratto una grossa goccia d’acqua scende lungo una stalattite e cade esattamente sulla Sindone, risvegliando l’uomo che, fino a un istante fa, vi russava sotto.
Quello si tira su, facendo leva sul braccio destro e resta per qualche istante semiseduto sul letto di pietra.
Si guarda intorno, lisciandosi la lunga barba castana e cerca di risvegliare la mente, dopo il corpo.
Ha dei ricordi vaghi e per la maggior parte offuscati.
Dolore.
Rabbia.
Pianti.
«Io sono stato… Ucciso.»
Le parole gli escono a fatica, dalla bocca impastata dal lunghissimo silenzio.
Poi un altro flash.
I… Chiodi.
Porta entrambe le mani davanti agli occhi e gli basta un rapido sguardo ai palmi, per far scendere delle calde lacrime di amarezza lungo le guance.
Due larghe cicatrici dalla vaga forma tondeggiante occupano quasi per intero lo spazio fra i pollici e le altre dita.
Sposta la Sindone con un gesto stizzito e osserva nella tenue luce della grotta, quello che ormai ricorda con estrema nitidezza: anche i piedi, nella zona subito sopra le dita, hanno la stessa identica cicatrice.
Decide di alzarsi.
La Sindone, da copertura funeraria, diventa veste improvvisata e l’uomo la fa passare prima sulle spalle e poi sui fianchi nudi.
Quindi si incammina verso l’uscita del sepolcro, chiusa da una grande roccia.
Prova a spingere quest’ultima di lato, per aprire un pertugio e uscire, ma è troppo massiccia e lui è troppo debole.
«C’è qualcuno? Aiuto! Sono… Bloccato qui!» urla.
Ma a parte l’eco nella grotta delle sue stesse grida sgraziate, non arriva nessuna risposta.
Prova a spingere anche con i piedi allora e una piccola lama di luce si apre nella parte più esterna del pesante fardello.
Incoraggiato dal risultato insperato, l’uomo dà una spinta ancor più feroce e la lama diviene un eccitante spiraglio.
Un’altra sferzata e può inserire la mano destra nel pertugio.
Un altro slancio e arriva fino al gomito.
«Manca poco» dice, un po’ per convincere sé stesso, un po’ per far capire alla pietra che non si arrende.
E infine ci riesce. Si riempie di graffi la pancia e la schiena, strusciando contro la pietra viva, ma è fuori.
Un freddo pungente lo coglie impreparato e gli mozza il fiato, già messo a dura prova dallo sforzo disumano.
Nella grotta la temperatura era decisamente più mite.
Il vento qui la fa da padrone e gonfia la Sindone in più punti, rendendola di fatto inutile alla finalità di veste che l’uomo aveva immaginato.
Deve trovare al più presto una copertura più efficace o morirà assiderato.
Non sa quanto ha camminato. A un certo punto è caduto e credeva di non avere le forze per rialzarsi. E infatti in un primo momento ha fatto perno sul ginocchio destro, che ha ceduto e l’ha fatto ripiombare con il mento a terra.
Solo sorreggendosi a un basso muricciolo, è riuscito a rimettersi in piedi.
Ha ripreso una marcia stentata, con passi via via meno convinti, prima di crollare definitivamente davanti all’ingresso di una grande tenda color kaki.
«Aiuto» è riuscito a dire con le ultime forze e un lembo della tenda è stato tirato di lato, permettendo a un uomo dalle vesti dello stesso colore della tenda di venire fuori.
«Chi… Sei?»
Una domanda secca e diretta. Dalla difficile risposta.
Una domanda che deve essere preceduta necessariamente da altri chiarimenti prima.
«Figlio mio, le tue vesti sono diverse dalle mie. C’è la possibilità che tu conosca Simon Pietro, pescatore di Cafarnao?»
«Dimmi chi sei!»
L’altro ha urlato, facendolo sussultare.
Dà l’idea di pretendere una risposta immediata.
«Il mio nome è Gesù di Nazareth, figlio del solo Dio onnipotente. Ho offerto il mio corpo in sacrificio per la salvezza degli uomini e dovevo ascendere al cielo, sedere alla destra del padre, ma…»
La voce dell’uomo è tremolante.
Ha paura che l’altro urli di nuovo.
«Fai la tua cosa. Vediamo se sei davvero chi dici di essere.»
L’uomo con le vesti kaki ha tirato fuori dalla sua veste imbottita una piccola bottiglia di quello che sembra vetro leggero, riempita per tre quarti di acqua.
«Avanti» aggiunge, con il tono di chi non ha intenzione di pazientare ancora.
L’uomo allora prende la bottiglietta tra le mani e la tiene per qualche secondo in posizione verticale. Il liquido trasparente si imbrunisce, fino ad assumere un colorito più scuro, dai riverberi rossastri e violacei.
L’altro recupera la bottiglietta e la osserva con attenzione, tenendola sospesa davanti agli occhi per qualche istante.
Quindi porta le dita della mano destra all’orecchio, dove ha un piccolo pallino nero, da cui cade una cordicina dello stesso colore.
«Missione compiuta, signore. L’intelligenza artificiale di CR1570 gli ha permesso di ritrovare la base nei tempi prestabiliti e di interloquire in modo convincente, reagendo perfettamente agli stimoli ambientali. Non rilevo danni da freddo ai biotessuti. Giusto qualche graffio dovuto allo sfregamento contro la roccia che chiudeva la grotta. Il drone che l’ha seguito ha immortalato ogni istante e…»
«Colonnello Chapman mi importa poco dei graffi. È convincente? Perché ci è stata commissionata la creazione di un dio e per nessuna ragione al mondo possiamo…»
«È estremamente convincente, signore. Io per un momento ho tentennato, glielo confesso.»
«Magari dovesse convincere solo lei, Chapman. Magari. Lo sa quanti cristiani ci sono là fuori? E quanti atei? La seconda venuta è un’operazione che avrà echi per almeno altri duemila anni. È un evento chiave e non possiamo farci trovare impreparati al nostro appuntamento con la storia.»
«Non lo saremo, signore.»
Chapman chiude la conversazione e ordina a CR1570 di entrare in modalità offline.
Quello chiude gli occhi e piega la testa in avanti, smettendo di essere senziente.
«Perché non un essere umano?» chiede ancora una volta il Papa. Ha fatto la stessa domanda neppure due minuti fa, ma nella sua posizione gli sono concesse tutte le domande uguali che vuole.
«Perché faremo un po’ di spettacolo per i più scettici, sua Santità. Nessun uomo può tramutare l’acqua in vino. Invece CR1570 ha dei sensori nei palmi che attivano un processo chimico rivoluzionario. Ed è anche un buon vino novello, leggermente acidulo, se lei volesse farci l’onore di assagg…»
«Avrei preferito un uomo.»
«Dovremo simulare l’ascesa al cielo e qualche altro effettino che un umano non può reggere, sua Santità. I test che abbiamo fatto purtroppo hanno portato sempre al decesso. Capisce bene che…»
«Capisco bene. Lasciatemi solo con l’essere e attivatelo.»
«Non vuole che rimanga nessuno di noi? È estremamente sicuro, lo voglio sottolineare. Però non…»
«Attivatelo e lasciateci soli.»
I due uomini in divisa impostano i comandi di CR1570 e lasciano la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
«Tu sei Pio XIV, vero?»
«Già» risponde il Papa.
«Me ne hanno parlato questa mattina. Mi hanno spiegato che tu sei l’essere umano che mi rappresenta in terra dopo la mia morte. È corretto?»
«Sì, esattamente.»
«E perché il tuo numero ha delle cifre romane? Me lo sono fatto scrivere per capire. Voglio dire, sono stati i romani a uccidermi e tu mi rappresenti in terra.»
Il Papa sorride. L’altro ha il tono di voce di un bambino curioso, ma ha fatto effettivamente una domanda ficcante.
«Il latino è la lingua ufficiale della Chiesa. È questa la ragione.»
«Ma è anche la lingua di chi mi ha ucciso.»
«Se vuoi, la cambieremo. Ricorda che il perdono è la nostra più grande forza.»
«Ci penserò. Cosa vuoi che dica, ora che ci affacceremo dalla finestra?»
«Quello che credi sia giusto. Credo che tu possa anche stare in silenzio. I video della tua uscita dalla grotta sono stati visti miliardi di volte. Non so quanta gente troveremo nella piazza, ma tutti gli occhi del mondo sono concentrati su di noi. Questo è certo.»
«D’accordo, andiamo.»
La finestra viene spalancata su una piazza San Pietro gremitissima.
A fine giornata solo in quella minima porzione di pianeta verranno contati duecentomila casi di sincopi vasovagali.
Traccia di mezzanotte
Un basso russare risuona in tutta la caverna, rimbalzando in ogni anfratto.
D’un tratto una grossa goccia d’acqua scende lungo una stalattite e cade esattamente sulla Sindone, risvegliando l’uomo che, fino a un istante fa, vi russava sotto.
Quello si tira su, facendo leva sul braccio destro e resta per qualche istante semiseduto sul letto di pietra.
Si guarda intorno, lisciandosi la lunga barba castana e cerca di risvegliare la mente, dopo il corpo.
Ha dei ricordi vaghi e per la maggior parte offuscati.
Dolore.
Rabbia.
Pianti.
«Io sono stato… Ucciso.»
Le parole gli escono a fatica, dalla bocca impastata dal lunghissimo silenzio.
Poi un altro flash.
I… Chiodi.
Porta entrambe le mani davanti agli occhi e gli basta un rapido sguardo ai palmi, per far scendere delle calde lacrime di amarezza lungo le guance.
Due larghe cicatrici dalla vaga forma tondeggiante occupano quasi per intero lo spazio fra i pollici e le altre dita.
Sposta la Sindone con un gesto stizzito e osserva nella tenue luce della grotta, quello che ormai ricorda con estrema nitidezza: anche i piedi, nella zona subito sopra le dita, hanno la stessa identica cicatrice.
Decide di alzarsi.
La Sindone, da copertura funeraria, diventa veste improvvisata e l’uomo la fa passare prima sulle spalle e poi sui fianchi nudi.
Quindi si incammina verso l’uscita del sepolcro, chiusa da una grande roccia.
Prova a spingere quest’ultima di lato, per aprire un pertugio e uscire, ma è troppo massiccia e lui è troppo debole.
«C’è qualcuno? Aiuto! Sono… Bloccato qui!» urla.
Ma a parte l’eco nella grotta delle sue stesse grida sgraziate, non arriva nessuna risposta.
Prova a spingere anche con i piedi allora e una piccola lama di luce si apre nella parte più esterna del pesante fardello.
Incoraggiato dal risultato insperato, l’uomo dà una spinta ancor più feroce e la lama diviene un eccitante spiraglio.
Un’altra sferzata e può inserire la mano destra nel pertugio.
Un altro slancio e arriva fino al gomito.
«Manca poco» dice, un po’ per convincere sé stesso, un po’ per far capire alla pietra che non si arrende.
E infine ci riesce. Si riempie di graffi la pancia e la schiena, strusciando contro la pietra viva, ma è fuori.
Un freddo pungente lo coglie impreparato e gli mozza il fiato, già messo a dura prova dallo sforzo disumano.
Nella grotta la temperatura era decisamente più mite.
Il vento qui la fa da padrone e gonfia la Sindone in più punti, rendendola di fatto inutile alla finalità di veste che l’uomo aveva immaginato.
Deve trovare al più presto una copertura più efficace o morirà assiderato.
Non sa quanto ha camminato. A un certo punto è caduto e credeva di non avere le forze per rialzarsi. E infatti in un primo momento ha fatto perno sul ginocchio destro, che ha ceduto e l’ha fatto ripiombare con il mento a terra.
Solo sorreggendosi a un basso muricciolo, è riuscito a rimettersi in piedi.
Ha ripreso una marcia stentata, con passi via via meno convinti, prima di crollare definitivamente davanti all’ingresso di una grande tenda color kaki.
«Aiuto» è riuscito a dire con le ultime forze e un lembo della tenda è stato tirato di lato, permettendo a un uomo dalle vesti dello stesso colore della tenda di venire fuori.
«Chi… Sei?»
Una domanda secca e diretta. Dalla difficile risposta.
Una domanda che deve essere preceduta necessariamente da altri chiarimenti prima.
«Figlio mio, le tue vesti sono diverse dalle mie. C’è la possibilità che tu conosca Simon Pietro, pescatore di Cafarnao?»
«Dimmi chi sei!»
L’altro ha urlato, facendolo sussultare.
Dà l’idea di pretendere una risposta immediata.
«Il mio nome è Gesù di Nazareth, figlio del solo Dio onnipotente. Ho offerto il mio corpo in sacrificio per la salvezza degli uomini e dovevo ascendere al cielo, sedere alla destra del padre, ma…»
La voce dell’uomo è tremolante.
Ha paura che l’altro urli di nuovo.
«Fai la tua cosa. Vediamo se sei davvero chi dici di essere.»
L’uomo con le vesti kaki ha tirato fuori dalla sua veste imbottita una piccola bottiglia di quello che sembra vetro leggero, riempita per tre quarti di acqua.
«Avanti» aggiunge, con il tono di chi non ha intenzione di pazientare ancora.
L’uomo allora prende la bottiglietta tra le mani e la tiene per qualche secondo in posizione verticale. Il liquido trasparente si imbrunisce, fino ad assumere un colorito più scuro, dai riverberi rossastri e violacei.
L’altro recupera la bottiglietta e la osserva con attenzione, tenendola sospesa davanti agli occhi per qualche istante.
Quindi porta le dita della mano destra all’orecchio, dove ha un piccolo pallino nero, da cui cade una cordicina dello stesso colore.
«Missione compiuta, signore. L’intelligenza artificiale di CR1570 gli ha permesso di ritrovare la base nei tempi prestabiliti e di interloquire in modo convincente, reagendo perfettamente agli stimoli ambientali. Non rilevo danni da freddo ai biotessuti. Giusto qualche graffio dovuto allo sfregamento contro la roccia che chiudeva la grotta. Il drone che l’ha seguito ha immortalato ogni istante e…»
«Colonnello Chapman mi importa poco dei graffi. È convincente? Perché ci è stata commissionata la creazione di un dio e per nessuna ragione al mondo possiamo…»
«È estremamente convincente, signore. Io per un momento ho tentennato, glielo confesso.»
«Magari dovesse convincere solo lei, Chapman. Magari. Lo sa quanti cristiani ci sono là fuori? E quanti atei? La seconda venuta è un’operazione che avrà echi per almeno altri duemila anni. È un evento chiave e non possiamo farci trovare impreparati al nostro appuntamento con la storia.»
«Non lo saremo, signore.»
Chapman chiude la conversazione e ordina a CR1570 di entrare in modalità offline.
Quello chiude gli occhi e piega la testa in avanti, smettendo di essere senziente.
«Perché non un essere umano?» chiede ancora una volta il Papa. Ha fatto la stessa domanda neppure due minuti fa, ma nella sua posizione gli sono concesse tutte le domande uguali che vuole.
«Perché faremo un po’ di spettacolo per i più scettici, sua Santità. Nessun uomo può tramutare l’acqua in vino. Invece CR1570 ha dei sensori nei palmi che attivano un processo chimico rivoluzionario. Ed è anche un buon vino novello, leggermente acidulo, se lei volesse farci l’onore di assagg…»
«Avrei preferito un uomo.»
«Dovremo simulare l’ascesa al cielo e qualche altro effettino che un umano non può reggere, sua Santità. I test che abbiamo fatto purtroppo hanno portato sempre al decesso. Capisce bene che…»
«Capisco bene. Lasciatemi solo con l’essere e attivatelo.»
«Non vuole che rimanga nessuno di noi? È estremamente sicuro, lo voglio sottolineare. Però non…»
«Attivatelo e lasciateci soli.»
I due uomini in divisa impostano i comandi di CR1570 e lasciano la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
«Tu sei Pio XIV, vero?»
«Già» risponde il Papa.
«Me ne hanno parlato questa mattina. Mi hanno spiegato che tu sei l’essere umano che mi rappresenta in terra dopo la mia morte. È corretto?»
«Sì, esattamente.»
«E perché il tuo numero ha delle cifre romane? Me lo sono fatto scrivere per capire. Voglio dire, sono stati i romani a uccidermi e tu mi rappresenti in terra.»
Il Papa sorride. L’altro ha il tono di voce di un bambino curioso, ma ha fatto effettivamente una domanda ficcante.
«Il latino è la lingua ufficiale della Chiesa. È questa la ragione.»
«Ma è anche la lingua di chi mi ha ucciso.»
«Se vuoi, la cambieremo. Ricorda che il perdono è la nostra più grande forza.»
«Ci penserò. Cosa vuoi che dica, ora che ci affacceremo dalla finestra?»
«Quello che credi sia giusto. Credo che tu possa anche stare in silenzio. I video della tua uscita dalla grotta sono stati visti miliardi di volte. Non so quanta gente troveremo nella piazza, ma tutti gli occhi del mondo sono concentrati su di noi. Questo è certo.»
«D’accordo, andiamo.»
La finestra viene spalancata su una piazza San Pietro gremitissima.
A fine giornata solo in quella minima porzione di pianeta verranno contati duecentomila casi di sincopi vasovagali.