Atlantide

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Commento a "Verso una nuova vita" di Angelico S.

Mio padre, dopo il lavoro, sedeva al grande letto matrimoniale. Toglieva la camicia e le scarpe. Mi guardava. Sorrideva.
«Me la porti una coca?»
«Col ghiaccio e limone?»
«Sì.»
Restava così seduto, in canottiera e bretelle, finché tornavo con la coca. Poi, credo, si stendeva per qualche minuto, finché i rumori del giorno (era autista di autobus) non fluivano via dalla mente. Dopo, ogni sera, prima di cena, apriva la cassapanca, prendeva le carte e i libri, li stendeva sul tavolo della stanza da letto (la casa era piccola. Non avevamo uno studio) e ricominciava a cercare Atlantide. 
Il mio aveva sempre affascinato mio padre. Avevamo anche una stampa, in cucina. Somigliava all’Australia. Si è detto che Atlantide, se in effetti era esistita, fosse un’isola del Mediterraneo, come Sardegna o Creta. Non so qualcuno abbia mai pensato all’Australia. Non se mio padre ci abbia mai pensato.
Dopo la cena, quando teneva compagnia a mia madre di fronte alla tv, si potevano vedere i suoi piedi battere impazientemente. “Atlantide” lo richiamava. Ci abbandonava, per immergersi nelle sue carte.
Ricordo che ero un bambino piuttosto spensierato, come forse dovrebbero essere tutti a quell’età. Dopo i compiti, andavo in cortile a giocare in palla con gli altri. La domenica, se non lavorava, papà mi portava allo stadio. Andavamo a piedi, era a due passi da casa. Se era freddo, papà, con le sue grandi mani, mi allacciava ben ben la sciarpetta gialla e blu, e mi teneva per mano all’ingresso.
Allo stadio ne sentivi di ogni, dalle persone sugli spalti. Tanti facevano commenti, per fare gli spiritosi, per mettersi in mostra. La palla che andava avanti e indietro e, ogni tanto, finiva in fondo alla rete. Papà non sembrava emozionarsi tanto per la partita, ma quando la squadra segnava, o andava bene, sorrideva. Era un uomo dalle emozioni contenute.
Dopo mi portava al bar, dove beveva un caffè e commentava la partita con qualche avventore. Io guardavo le foto degli eroi del passato, contornati di sciarpe e gagliardetti, dopo la cassa. Molti ora sono defunti, o dimenticati. Vivevano solo in quelle foto in bianco e nero.
La domenica mattina discutevamo sempre perché la mamma voleva andassimo in chiesa, ma lui spesso preferiva restare a casa a guardare la tv con me, o passare il tempo con Atlantide. 
Però quando la mamma stette male, quelle cinque settimane da incubo, papà mi diceva ogni giorno di andare in chiesa, o alla cappella dell’ospedale, per inginocchiarmi e pregare. Lui mi accompagnava di rado, ma ogni tanto veniva, e se non si metteva mai in ginocchio. Però chiudeva gli occhi, e forse mormorava una preghiera. Poi la mamma si riprese, e, per fortuna, è ancora tra noi.
Quando il tempo era bello, e non c’era la partita, la domenica ci svegliavamo presto per andare a pesca. Credo che, nel suo tempo libero, fosse la cosa che preferiva fare in assoluto, più che guardare il calcio e, forse, a pari merito con Atlantide, se non di più. Partivamo molto presto al mattino… ricordo certe levatacce, e un freddo tale che ci voleva un bel coraggio per uscire dal letto. Mi scuoteva con le sue manone, ancora in bretelle e canottiere, accendeva un piccolo sigaro vicino alla finestra aperta della cucina, quella che dava sul cortile dove giocavamo a palla, e aspettava che mi vestissi.
Quando eravamo a pescare ci dimenticavano completamente del giorno. Da quel che ho imparato, soltanto quando è immerso nella natura l’uomo può dimenticarsi completamente di sé, ed essere interamente sé stesso. Spesso non tornavamo in tempo neppure per la messa della sera, con grande dispiacere di mia madre. 
Un paio di volte all’anno, di Natale e Pasqua, si confessava e prendeva la comunione. Mamma, a volte, diceva che era un “pagano.” Per motivi di fede potevano anche arrabbiarsi e non parlarsi per giorni.
Allora, la maggior parte dei miei amici aveva perso la testa per Augusta, una ragazza di una famiglia bene che, per qualche motivo strano (credo legato a un divorzio) aveva iniziato a seguire la scuola con noi, a metà anno. C’era da perdere la testa per lei, così sempre ben vestita, con quelle acconciature da donna più grande e il volto perfetto. Non dava molte confidenza a nessuno e, anche per il suo modo di fare molto raffinato, tutti noi pensavamo che non fosse interessata a mischiarsi con noi. Poi, durante l’anno, emersero le seguenti cose: che era (in apparenza) timida, ma che in realtà aveva un carattere molto pepato. Che (in apparenza) solitaria, ma poi si era cominciata a fare un giro di amichette che, più o meno inconsapevolmente, la seguivano e la imitavano in ogni cosa. Che (in apparenza) era dedicata soltanto allo studio, ma, in realtà, aveva come fidanzato un universitario. Lo scoprimmo perché lui, una vita, venne a prenderla in auto sportiva sotto la scuola, e si diedero un bel bacio davanti a tutti. Era allampanato, aveva bei capelli corvini e un paio d’occhiali da sole.
Io, pur non coltivando alcuna realistica speranza in merito, ci rimasi malissimo, perché Augusta mi piaceva molto. Ero anche piuttosto deluso da me stesso, perché mi sembrava di aver gusti molto banali. Piaceva a mezza scuola. Comunque, dopo che la vidi uscire col suo fidanzato ufficiale smisi praticamente di studiare e mi chiusi in stanza a progettare cose assurde, come di scrivere un poema per fare innamorare Augusta di me.
Alla lunga, i miei genitori s’accorsero di questo stato di cose. Papà venne a parlarmi in stanza.
«Che ti prende?»
Lì per lì, non volli confessare, Non avevo mai parlato coi miei di sentimenti. on era qualcosa che si facesse in casa nostra. Ma, alla fine, glielo dissi.
«È molto bella, questa Augusta?» mi chiese.
«Molto.»
«Non bisogna mai innamorarsi delle persone belle. Si perde solo tempo» mi spiegò, semplicemente. Quindi, mi lasciò solo.
Lì per lì non capii bene cosa volesse dire. Di chi ci si deve innamorare, se non delle persone belle? I belli piacciono. Poi, più in là, stetti di nuovo molto male per una ragazza bella che mi piaceva e, allora, capii il consiglio di mio padre. Non ho più perso tempo, da allora.

Questo è quanto vi so dire di lui, per il ritratto che mi avete chiesto di scrivere per i numero, a lui dedicato, di “Annali di poesia.” Spero quanto ho scritto non risulti farraginoso e inconsistente. Ho saputo soltanto dopo la sua morte, quando ho conosciuto voi redattori al suo funerale, che papà da voi era molto ammirato. Che era un poeta con una bella lista di pubblicazioni, che corrispondeva con tanti altri poeti e che era rispettato nell’ambiente. Per noi, era solo un autista di bus che, in canottiera e bretelle, nel tempo libero, cercava Atlantide. Ho riletto tutti i numeri della vostra rivista, dove appaiono le sue poesie, e sono contento che vogliate anche dare alle stampe “Atlantide,” il poemetto a cui lavorò per tutta la vita. In effetti, se ci penso, non ci ha mai mento. Cercava Atlantide. Non faceva altro.
Però non so dirvi, come mi avete chiesto, se le poesie di papà mi piacciano o meno. Lui mi piaceva, al di là del fatto che era mio padre. Era una persona gentile. Non so perché ci nascondesse i suoi successi, la sua attività collaterali che, in qualche modo, doveva renderlo fiero. Forse non gli pareva che una autista d’autobus potesse dichiararsi poeta. Magari temeva che gli amici, i colleghi, la mamma (che pure qualcosa dove sapere) lo prendessero in giro. Io, a parte quel poco che ho studiato a scuola, di poesia non capisco nulla. Però, quando penso a papà, al suo modo di fare, di trattare con le persone e di vivere la vita, pensò: “Quello era il mio papà,” e poi a volte, penso: “Papà era un poeta,” e mi sembra di capire cosa s’intende, quando si dice di una persona: “Costui è un poeta,” ma non in senso denigratorio. Come un complimento.
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: Atlantide

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Domenico S. ha scritto: Il mio aveva
Forse il "mito"?
Domenico S. ha scritto: so qualcuno
Aggiungerei un "se"
Domenico S. ha scritto: veniva, e
Direi " ... veniva, anche se...
Domenico S. ha scritto: . C’era da perdere la testa per lei, così sempre ben vestita,
Direi " sempre cosí ben vestita"
Domenico S. ha scritto: era dedicata soltanto allo studio,
SI dedicava solo...
Domenico S. ha scritto: perché lui, una vita, venne a prenderla i
perché lui, una volta?
Domenico S. ha scritto: che mi avete chiesto di scrivere per i numero,
per il numero
Domenico S. ha scritto: la sua attività collaterali che, in
le sue attivitá...

Dopo averti fatto le pulci, ti con fesso che mi é molto piaciuta la storia del papá autista e poeta alla ricerca di Atlantide. Un papá romantico, di poca fede e piuttosto pratico.
Il personaggio é ben delineato nonostante lo stile della tua srittura sia un po' antiquato e incerto. Trovo le frasi un pochino fuori ritmo e alle volte cambi tema senza preavviso, cosa che mi disorienta in qualitá di lettrice.
Anche i piani temporali e i personaggi avrebbero bisogno di entrare con piú chiarezza nel rcconto.
Allo stesso tempo questo raccontare ingenuo coincide con lo stupore sincero del narratore alla scoperta di un padre letterato, che aveva tutta una sua vita intelletuale clandestina.
Credo sia necessario dar ancora una limatina qua e lá per renderlo un racconto davvero belo e soddisfacente.

Re: Atlantide

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@Almissima Ciao, sono contento che l'idea che sta alla base del racconto ti sia piaciuta. Sono anche d'accordo su fatto che il pezzo sia molto migliorabile. Del resto, lo sottopongo a voi per questo motivo :-) ! Nella mia idea, il narratore non è particolarmente letterato, perciò racconta la storia in modo un casuale, come tu dici "spiazzante." Nella mia idea, però, era il modo migliore per far emergere questo personaggio. Sicuramente però posso migliorare la narrazione... ti ringrazio davvero per l'utilissimo passaggio! Mi scuso per i tanti refusi dei miei scritti, è un difetto che devo migliorare. A presto!
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Re: Atlantide

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Domenico S. ha scritto: sedeva al sul grande letto matrimoniale. Toglieva la camicia e le scarpe. Mi guardava. Sorrideva.
«Me la porti una coca?»
Domenico S. ha scritto: «Me la porti una coca?»
«Col ghiaccio e limone?»
«Sì.»
Possibile che il dialogo venisse  ripetuto così ogni giorno? "Col ghiaccio e limone" è superfluo, se si sa.
Domenico S. ha scritto: Il mio mito aveva sempre affascinato mio padre.
Domenico S. ha scritto: come forse dovrebbero essere tutti a quell’età
Domenico S. ha scritto: Però quando la mamma stette male, 
virgola dopo "Però"
Domenico S. ha scritto: ma ogni tanto veniva, e se non si metteva mai in ginocchio.
Domenico S. ha scritto: canottiere
canottiera
Domenico S. ha scritto: Quando eravamo a pescare ci dimenticavano completamente del giorno del mondo esterno. 
Domenico S. ha scritto: di Natale e Pasqua
a Natale e a Pasqua
Domenico S. ha scritto: Che (in apparenza) era solitaria, ma poi 
Domenico S. ha scritto: Lo scoprimmo perché lui, una vita  volta, venne a prenderla in auto sportiva sotto la scuola, e si diedero un bel bacio davanti a tutti. Era allampanato, aveva bei capelli corvini e un paio d’occhiali da sole.
Domenico S. ha scritto: dopo che la vidi uscire col suo fidanzato ufficiale virgola smisi praticamente di studiare
Domenico S. ha scritto: on era qualcosa che si facesse in casa nostra.
Hai cancellato la prima n di non 
Domenico S. ha scritto: per i numero, a lui dedicato, 
qui manca la  l di il 
Domenico S. ha scritto: Spero che quanto ho scritto non
Domenico S. ha scritto: Per noi, era solo un autista di bus che, in canottiera e bretelle, nel tempo libero, cercava Atlantide. 
Sa parlando un figlio, per sé e per sua madre. Messa così, dimentichi il ruolo in famiglia.
Domenico S. ha scritto: non ci ha mai mento mentito. Cercava Atlantide. Non faceva altro.
Domenico S. ha scritto: la sua attività collaterali
collaterale
Domenico S. ha scritto: una autista
un autista
Domenico S. ha scritto: quando penso a papà, al suo modo di fare, di trattare con le persone e di vivere la vita, pensò penso: “Quello era il mio papà,” 
Ciao, @Domenico S.   :)

Devo dirti che mi pare tu sia stato precipitoso nel postare questo racconto, perché le tante segnalazioni di refusi sono di sicuro svarioni dovuti alla fretta che, a una seconda e attenta lettura, avresti sistemato da solo.
Per quanto riguarda la trama, trovo strano che il figlio, se non la moglie, non avesse mai avuto sentore della poetica doppia vita del padre.. Mah!
Detto questo, a parte l'originalità della mania della ricerca del continente sommerso, ho trovato uno stile un po' involuto (sai fare meglio, come al MI!)
e anche le frasi brevi o brevissime non mi sembrano al servizio di una buona lettura.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Atlantide

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Ciao @Domenico S. 
A parte qualche refuso (ne capitano anche a me nonostante legga e rilegga) ho letto il racconto con molto piacere, tutto d’un fiato.
Quando si rievoca un padre io sono sempre favorevole, si tratta di una figura indimenticabile. Mi è piaciuta la sua ricerca di Atlantide, forse inconsciamente cercava un mondo felice e perduto. 
E questo padre ci crede intensamente a quanto pare. E poi scrive poesie su riviste ed è in comunicazione con altri poeti come lui, un uomo veramente interessante, buono, anche nella sua dedizione al lavoro e alla famiglia, alle attenzioni verso il figlio piccolo quando si esce al freddo d’inverno, al suo pacato entusiasmo quando segna la squadra del cuore, una felicità normale, senza andare in escandescenze , chiacchierando semplicemente al caffè con gli avventori. E con la sua fissazione su Atlantide. Confesso che è anche la mia, in una certa misura; ho libri di studiosi che la mettono in Sardegna, dove vivo, per quanto non ne sia pienamente convinto, pur essendoci buone possibilità.
Capisco la ritrosia di questo padre a parlare della sua poesia, del suo amore per la scrittura. Non tutti gli ambienti sono favorevoli o prendono sul serio questa passione, io stesso che scrivo da anni su  forum non ne parlo mai con nessuno, perché non interessa, ognuno è preso dai fatti della vita e la scrittura non è molto contemplata.
Mi permetto di consigliarti una rilettura, ma solo per sistemare i refusi, dovuti  a fretta nel postare. Il tuo stile è particolare, si “sente” che hai qualcosa da dire e che sai dirlo con una scrittura molto accattivante. Il susseguirsi delle frasi, la collocazione degli avvenimenti non è mai banale ma molto ben studiata e costruita, con un giusto istinto, tale da rendere vivide le scene, le ambientazioni, le introspezioni dei personaggi. Il racconto è breve, ma questa cose risaltano.
Ah, anche se non c’entra niente e non è importante: pure io cerco da anni, da quando c’è internet diciamo, prima non ne avevo cognizione, cerco un mondo non tanto perduto ma scientemente nascosto agli uomini: le terre e i mari infiniti che si stendono oltre i ghiacci del Polo Sud che non è un polo, le terre oltre Antartide.
Ciao e a risentirci.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Atlantide

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Ciao, @Domenico s.
È tanto che non commento, provo a riprendere la mano col tuo racconto. 
Domenico S. ha scritto: Restava così seduto, in canottiera e bretelle, finché tornavo con la coca. Poi, credo, si stendeva per qualche minuto, finché i rumori del giorno (era autista di autobus) non fluivano via dalla mente. Dopo, ogni sera, prima di cena, apriva la cassapanca, prendeva le carte e i libri, li stendeva sul tavolo della stanza da letto (la casa era piccola. Non avevamo uno studio) e ricominciava a cercare Atlantide. 
Sono in tanti che non vedono bene l'utilizzo delle parentesi tonde in narrativa, forse ritenute anacronistiche. Io non ho nessun pregiudizio, ma quando fungono da inciso, come in questo caso, preferisco le virgole. Penso che le tonde interrompano il ritmo e ne vale la pena solo se contengono informazioni importanti che staccano un po' dalla narrazione. 
Domenico S. ha scritto: Avevamo anche una stampa, in cucina. Somigliava all’Australia.
Non capisco l'utilizzo della congiunzione "anche". Non c'è nessun elemento precedente a cui collegarlo 
Domenico S. ha scritto: Non so se qualcuno abbia mai pensato all’Australia. Non so se mio padre ci abbia mai pensato.
Domenico S. ha scritto: Allo stadio ne sentivi di ogni, dalle persone sugli spalti. Tanti facevano commenti, per fare gli spiritosi, per mettersi in mostra. La palla che andava avanti e indietro e, ogni tanto, finiva in fondo alla rete. Papà non sembrava emozionarsi tanto per la partita, ma quando la squadra segnava, o andava bene, sorrideva. Era un uomo dalle emozioni contenute.
Racconti troppo e mostri poco, avrei voluto leggere degli episodi, qualche episodio peculiare che mi mostrasse il carattere del padre
Domenico S. ha scritto: Lui mi accompagnava di rado, ma ogni tanto veniva, e se non si metteva mai in ginocchio.
Domenico S. ha scritto: Però quando la mamma stette male, quelle cinque settimane da incubo, papà mi diceva ogni giorno di andare in chiesa, o alla cappella dell’ospedale, per inginocchiarmi e pregare. Lui mi accompagnava di rado, ma ogni tanto veniva, e se non si metteva mai in ginocchio. Però chiudeva gli occhi, e forse mormorava una preghiera. Poi la mamma si riprese, e, per fortuna, è ancora tra noi.
Si dice spesso che la realtà è più spinta della fantasia. Sono d'accordo, la fantasia non può che impallidire con certi eventi della realtà. 
Questa premessa perché se mi racconti un male della madre (cinque settimane da incubo), e lo chiudi poche frasi dopo con "poi la mamma si riprese" mi risulta come un avvenimento importante ma annacquato da nessun interesse per la narrazione, un appiglio inutile per l'empatia del lettore che ha perso del tempo nella speranza di emozionarsi. O approfondisci o tralasci. Spero di essere riuscito a spiegarmi 
Domenico S. ha scritto: Quando eravamo a pescare ci dimenticavano completamente del giorno.
Refuso


Il testo ha, a mio modo di vedere, una ingenua modalità d'esposizione che si sposa col punto di vista del protagonista, è vero. Però il narratore dovrebbe farsi sentire di più e mitigare quella ingenuità per fare entrare di più il lettore nella storia. Io, perlomeno, non ci sono riuscito. Funziona ciò che succede ma meno l'esposizione. 
Un saluto e a presto. 
Barone sbracato che non chiede dazio né gabella.

Re: Atlantide

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Domenico S. ha scritto: finché i rumori del giorno (era autista di autobus) non fluivano via dalla mente
Ciao @Domenico S. 
molto bella questa immagine. Arricchita dall'informazione tra parentesi. Secondo me, sapere che il padre era un autista di autobus aggiunge significato a quei rumori che fluiscono via dalla mente. Se avesse fatto, che so, l'impiegato, l'immagine sarebbe stata molto meno potente (secondo me).
Domenico S. ha scritto: Dopo, ogni sera, prima di cena, apriva la cassapanca, prendeva le carte e i libri, li stendeva sul tavolo della stanza da letto (la casa era piccola. Non avevamo uno studio) e ricominciava a cercare Atlantide. 
In questo caso, invece, valuterei se omettere l'informazione tra parentesi. è un'informazione indispensabile? Oppure io lettore posso raggiungere la conclusione sulle dimensioni della casa senza?
Domenico S. ha scritto: Il mio aveva sempre
refuso, mito.
Domenico S. ha scritto: Non so qualcuno abbia mai pensato all’Australia.
mi sa che qui manca un "se".
Domenico S. ha scritto: Ricordo che ero un bambino piuttosto spensierato, come forse dovrebbero essere tutti a quell’età.
eliminerei la parte evidenziata: è una considerazione del narratore, che non c'entra con la storia, secondo me. Poi continuando leghi comunque bene il discorso.
Domenico S. ha scritto: in cortile a giocare in palla
refuso, giocare a palla.
Domenico S. ha scritto: Era un uomo dalle emozioni contenute.
anche questo, forse, puoi ometterlo. L'hai descritto già bene prima, il padre :) Valuta tu
Domenico S. ha scritto: se non si metteva mai in ginocchio
bella questa immagine :) mostra più di molte parole. Occhio solo al refuso "se" di troppo
Domenico S. ha scritto: completamente di sé, ed essere interamente
Forse potresti eliminare uno dei due avverbi :)
Domenico S. ha scritto: Poi, durante l’anno, emersero le seguenti cose: che era (in apparenza) timida, ma che in realtà aveva un carattere molto pepato. Che (in apparenza) solitaria, ma poi si era cominciata a fare un giro di amichette che, più o meno inconsapevolmente, la seguivano e la imitavano in ogni cosa. Che (in apparenza) era dedicata soltanto allo studio, ma, in realtà, aveva come fidanzato un universitario.
questa parte forse è un po' didascalica.
Domenico S. ha scritto:
Occhio a due refusi, qui: te li ho evidenziati.

Molto bello il finale con la rivelazione sulla passione segreta del padre. Mi ha fatto pensare alla realtà di ogni giorno, in cui molte persone nascondono le proprie passioni, anche quelle in cui risultano capaci, per il timore di essere fraintese, o peggio, offese, o peggio ancora, per il timore di mostrare apertamente una parte di sé di cui non si è molto sicuri.
Bello l'espediente dell'articolo-ricordo del padre. L'ho trovato dolce, ma in senso positivo ;)
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